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Lunedì 30 marzo 2009

CRITICA ALLA TESI APRIORISTICA DELLA INDEDUCIBILITA' DELLE CONTRAVVENZIONI STRADALI

a cura di: Dott. Danilo Sciuto


Il Fisco procede al recupero a tassazione delle contravvenzioni stradali in quanto, trattandosi di violazioni, sono estranee all'attività dell'impresa

Nel silenzio della norma, il Fisco, procede al recupero a tassazione delle contravvenzioni stradali, sulla motivazione che trattandosi di violazioni, esse sono a priori estranee all'attività dell'impresa, nonché sulla considerazione che la eventuale deducibilità contrasterebbe con la funzione afflittiva tipica della sanzione.
La tesi è assai criticabile per una serie di ragioni.

Innanzitutto, è contestabile la tesi della mancanza del requisito dell'inerenza. Il comma 5 dell'art. 109 del Tuir prevede per la deduzione di un costo, che esso si riferisca ad attività da cui derivano proventi tassabili; in altre parole, il concetto di inerenza è collegato non più ai ricavi, ma alla più generale attività d'impresa. Interpretazione, questa, già da tempo fatta propria anche dall'Amministrazione finanziaria (RM n. 158/98).
E' evidente dunque che la legge non prevede una definizione di inerenza atta a distinguere tra costi "leciti" e costi "illeciti" ai fini del relativo trattamento tributario. Inoltre, proprio perché manca una esplicita previsione di indeducibilità, anche le sanzioni possono essere dedotte dal reddito d'impresa qualora siano presenti tutti i presupposti giuridici tributari coincidenti con i noti principi della competenza, inerenza, certezza, oggettiva determinazione o determinabilità. Se il legislatore avesse voluto impedirne la deducibilità avrebbe dovuto sancirlo espressamente, in quanto per ammettere la deducibilità di un costo non è necessario un espresso intervento legislativo, mentre serve, al contrario, una norma specifica per escluderla. Altrettanto criticabile la tesi dell'Amministrazione Finanziaria che sostiene che la eventuale deducibilità contrasterebbe con la funzione afflittiva tipica della sanzione; prevedendo la indeducibilità della sanzione, la si viene di fatto a duplicare: l'indeducibilità delle sanzioni pecuniarie afflittive comporterebbe una ulteriore punizione non prevista da alcuna disposizione tributaria e quindi violerebbe il principio costituzionalmente sancito secondo cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso, e mutuato dal decreto sulle sanzioni amministrative (art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 472/97). Infine, a favore della deducibilità, possono essere citate delle fattispecie sostanzialmente analoghe, per le quali però il Fisco non ha negato la deducibilità. Basti citare la riconosciuta deducibilità delle penalità derivanti da responsabilità contrattuali (RM 27/4/91 n. 9/174). Inoltre, si pensi alla circostanza per cui, per effetto di infrazioni, si subisca il sequestro dell'automezzo. Il contribuente dovrà versare oneri di dissequestro, nonché spese per la custodia come nel caso di circolazione di autoveicoli sottoposti a fermo amministrativo; in questa ipotesi, a fronte di uno stesso avvenimento aziendale dovremmo avere la medesima rilevanza fiscale sia per gli oneri di dissequestro e custodia, sia per la contravvenzione. Poiché la deducibilità delle predette spese non è sottoposta a restrizioni specifiche, anche la connessa sanzione dovrà essere dedotta dal reddito d'impresa in eguale misura. Infine, si pensi che se i proventi di fonte illecita sono attratti a tassazione, e se il legislatore ha successivamente dovuto intervenire per escludere la deduzione dei costi sostenuti per commettere il reato, mentre nulla ha indicato per gli oneri derivanti da illeciti di tipo diverso e dalle sanzioni di qualunque natura, non si vede perché nel reddito d'impresa dovrebbero essere implicitamente ed automaticamente esclusi gli effetti derivanti dal sostenimento di oneri di natura sanzionatoria se inerenti all'attività dell'impresa.
Accertata l'inerenza fiscale delle contravvenzioni va evidenziato che, qualora relative ad autovetture di agenti, vanno comunque dedotte nella misura dell'80%.

a cura del Dott. Danilo Sciuto, collaboratore de Il commercialista telematico e di AteneoWeb.


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