In due anni anche nel Bel Paese abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione dei costumi dei clienti e di conseguenza dei professionisti.
I social, dapprima snobbati dai liberi professionisti, stanno vivendo una nuova stagione. L'approccio iniziale per chi non ha confidenza con queste piazze virtuali è legata alla gratuità: non costa nulla e chissà mai…
NegIi ultimi mesi i due social più professional oriented, Twitter e LinkedIn, hanno vissuto un vero e proprio boom di nuove presenze di professionisti che non solo sono entrati nella grande piazza virtuale dei social, ma si sono anche strutturati aderendo a gruppi già esistenti e in molti casi creando essi stessi nuovi gruppi di discussione e condivisione.
Così su LinkedIn i gruppi di avvocati, commercialisti, professionisti del marketing, della comunicazione si sono moltiplicati. E che dire dei nuovi gruppi di condivisione di offerte di lavoro, di occasioni di partnership e simili che stanno spopolando, sintomo probabilmente dei tempi.
I più gettonati e visitati sono i profili dei responsabili HR delle aziende, i responsabili affari legali, i business developper che rappresentano spesso, almeno nell'immaginario collettivo, la porta di accesso all'azienda per consulenze e attività in outsourcing.
Che questo sia il trend è indubbio. Ciò che va acquisito a questo punto sono un po' di tecniche di comunicazione su questi strumenti, sia per quel che riguarda la netiquette, le buone maniere, sia per ciò che riguarda modalità efficaci di comunicazione, non invadenti e nello stesso tempo accattivanti, che abbiamo appeal sul lettore.
La regola base è che bisogna prima dare in termni di servizi, contenuti, informazioni per poi pensare di ricevere contatti. Prima bisogna "catturare l'interesse del lettore" e instaurare una relazione con loro, fornire spunti e informazioni utili che dimostrino l'esperienza e la perizia sui contenuti. A nessuno piace leggere di offerte, proposte, annunci, dichiarazioni e tutto ciò che gravita intorno al classico modo push di fare pubbblicità.
Qui non si tratta infatti di fare pubblicità, ma di condividere contenuti, di creare relazioni durature che poi, se sono fiori, sbocceranno in rapporti di lavoro e di collaborazione. Non si vende, non si piazza, ma si condivide, si porta a conoscenza fornendo contemporaneamente un servizio.
Chiediamoci sempre quando progettiamo un intervento diretto al pubblico social cosa a noi stessi infastidisce ricevere, cosa cestiniamo immediatamente, cosa non ci colpisce neppure per un istante e ci fa tirare avanti come se niente fosse. Ecco quelle stesse cose, per il più antico principio aristotelico del "non fare agli altri ciò che non vuoi sua fatto a te", sarebbe meglio evitarle e pensare di produrre solo contenuti e messaggi che a noi stessi farebbe piacere ricevere.
E a questo punto, buona giornata a tutti!
Dott. Mario Alberto Catarozzo