Pagare le tasse, o solo avere a che fare con gli uffici fiscali, ha sempre suscitato inquietudine in ogni individuo adulto coinvolto in attività produttive. Ciò ha contribuito, nell'immaginario collettivo, a generare una sorta di regola nelle persone, causa di riflessi più o meno condizionati tali da conferire al dovere di pagare le tasse un'aura fastidiosa.
Tutte le civiltà si sono servite di questa forma di autofinanziamento della cosa pubblica, anche se con altri nomi, ed è giocoforza pensare che col tempo ne sia maturata una naturale avversione, combattuta anche con mezzi atipici quali l'ironia e il ridicolo.
Un grande aiuto è arrivato dai grandi scrittori del passato, poiché è dalla nascita della Commedia dell'arte redatta su testi, appunto, scritti che si è potuto rinunciare alle facili buffonerie e inserire le varie azioni dell'opera nel concreto tessuto sociale, riferendosi non solo ai contemporanei ma anche alle istituzioni e alla loro gestione del potere.
Con la nascita del cinematografo le possibili storie da raccontare sono aumentate di numero e di genere e, con il passare del tempo, il dovere civico di pagare le tasse - sempre sopportato a fatica - è stato considerato un tema ispiratore di soggetti per film destinati al grande pubblico.
Nel panorama italiano è facile ricordare alcuni importanti titoli, quali "Accidenti alle tasse", un film del 1951, dove si racconta la storia di un povero diavolo, agente delle tasse, incaricato di fare indagini per stabilire l'imponibile di un conte che vive fastosamente e non paga un soldo al fisco. Usando uno stratagemma (si spaccia per un grande industriale...) il nostro, interpretato da Riccardo Billi, propone degli affari al conte. La vicenda si snoderà tra sontuose feste in onore del principe indiano Olì Kan (un improbabile Aroldo Tieri), crociere su lussuosi panfili, sotterfugi amorosi, ma alla fine la figlia del conte sposerà il principe Olì, il conte riuscirà a conquistare le ambite (ulteriori) ricchezze e l'agente del fisco potrà quindi tassarlo come si conviene ed evitare il licenziamento.
Un altro film sull'argomento è "I morti non pagano le tasse" del 1952, dalla commedia omonima di Nicola Manzari, con ottimi attori del livello di Gigi Bonos, Tino Buazzelli (nei panni del segretario comunale), Carlo Campanini (il sindaco), Titina De Filippo, Tino Scotti e Aroldo Tieri.
La storia è accentrata sul ragioniere Marco Vecchietti (Tino Scotti), modesto impiegato statale, che fra scherzi feroci dei colleghi, rimproveri della suocera, tasse, debiti e citazioni in tribunale, trascorre una vita assai grama. La vicenda, fin qui "fantozziana" ante litteram, diventa paradossale quando una sua istanza per ottenere un appartamento viene respinta dal ministero poiché risulta che "il rag. Marco Vecchietti è morto da sette anni". Questa disfunzione burocratica gli permette di cambiare il rapporto con la sua triste vita e, dopo aver subito ugualmente lo sfratto pendente ma anche non provvedendo più a onorare i suoi debiti, decide di tornare al suo paese natale dopo molti anni di assenza. Vecchietti, giunto a destinazione, scopre che è stato il sindaco a "farlo morire" per scopi poco puliti. Anche in questo soggetto la vicenda si evolve in una serie di avvenimenti che costringono il povero Vecchietti a trovare una nuova identità, quella del commendatore Giovanni Rossi. Purtroppo per il ragioniere, il commendatore altro non è che un ricercato per evasioni fiscali: sarà pertanto costretto a scontare le colpe altrui.
Un anno particolarmente significativo per il rapporto fisco-cinema è il 1971, che vede due film dedicati all'argomento: "Stanza 17-17 Palazzo delle Tasse Ufficio imposte" e "...scusi ma lei paga le tasse?".
Nella prima produzione si racconta di un incorruttibile funzionario fiscale, il dottor Ugo La Strizza (un formidabile Ugo Tognazzi), che costringe quattro contribuenti etichettati come evasori, il costruttore edile Ranteghin (Gastone Moschin), il principe Giordano Del Cacco (Franco Fabrizi), l'attore Romolo Moretti in arte Sartana (Philippe Leroy) e l'inventore Leonardo Rossi (Raymond Bussieres), in apparenza ricchi ma in realtà senza una lira, a svaligiare nientemeno che un palazzo del fisco. Con l'aiuto di Katanga, esperto scassinatore marsigliese (Lionel Stander), i quattro riusciranno a compiere il furto e prendere i soldi che gli permetterebbero di sanare i loro debiti con il fisco. Ma il giorno dopo il furto scoprono dai giornali che dalla cassaforte sono spariti molti più soldi di quanto effettivamente trafugati, più di due miliardi: proprio l'integerrimo La Strizza, ben a conoscenza del loro criminoso piano, ha sottratto una notevole somma per compensarsi del mal pagato lavoro compiuto per lo Stato. Delusi, accettano tuttavia l'ospitalità di La Strizza che, a bordo di un lussuoso panfilo appena acquistato, salpa verso la Polinesia.
Meno importante sul piano della satira di costume è "...Scusi ma lei paga le tasse?", dove si racconta la storia di Ciccio Cavaterra, zelante funzionario dell'Ufficio imposte di Roma, che aspira a una brillante carriera perseguendo astutamente e senza debolezze gli evasori fiscali. Malauguratamente, arriva a Roma, dalla Sicilia, il nipote Franco, il quale, assunto come usciere nello stesso ufficio dello zio, riesce a entrare nelle simpatie di un dirigente, diventando in breve tempo aiutante di Ciccio. Una serie di incidenti provocati da Franco costringono però il dirigente a degradare i due impiegati al ruolo di facchini. Deciso a riconquistare le posizioni perdute, Ciccio si propone di scoprire il fortunato vincitore di una lotteria nazionale, il quale è riuscito a restare anonimo, evitando così l'intervento del fisco. E' però Franco a scoprire l'evasore, riguadagnandosi così la fiducia del superiore e ottenendo la promozione al grado che era stato dello zio Ciccio. Il film non fu trattato bene dalla critica del tempo, malgrado la presenza dei magnifici Franco Franchi (il nipote) e Ciccio Ingrassia (Ciccio Cavaterra).
Altra produzione sull'argomento "tasse" è quella del film "Panic button... operazione fisco", anno 1964, interpretato, tra i tanti, da Carlo Croccolo, Leopoldo Trieste, Maurice Chevalier e nientemeno che Jayne Mansfield. Qui si racconta dei fratelli Pagano, i quali devono giustificare al fisco una infedele dichiarazione dei redditi: si potranno salvare, evitando così una grossa multa, soltanto se troveranno il modo di perdere molti soldi. Perciò si impegnano nella realizzazione di un telefilm pubblicitario, ingaggiando un vecchio attore, un'attrice priva di talento e un regista dallo scarso mestiere. Contrariamente alle previsioni, il telefilm ha grande successo e consente ai fratelli Pagano guadagni tali da pagare la multa senza problemi.
Rimanendo sul piano della commedia, non si può non ricordare lo spassosissimo "I tartassati", del 1959, con Totò e Aldo Fabrizi come protagonisti e Steno come regista. La storia è nota: il maresciallo della Tributaria Topponi (Fabrizi) deve compiere un accertamento fiscale presso il grande negozio di tessuti del cavalier Pezzella (Totò). Questi, dietro consiglio del proprio consulente fiscale (Luis De Funes), tenta di corrompere inutilmente lo scrupoloso e probo maresciallo. Dopo una serie di divertentissime peripezie che rendono i due sempre più reciprocamente conflittuali, il maresciallo e il cavaliere finiscono nella stessa stanza di un ospedale. Costretti dalla forzata coabitazione, si scambiano una serie di confidenze e scoprono che la figlia di Topponi e il figlio di Pezzella si amano. Il maresciallo non vuol sentir parlare di questo idillio e, dimesso dall'ospedale, riprende il suo accertamento fiscale, raccogliendo un'esauriente documentazione. Pezzella, che ha ragione di temere il peggio, riesce a impadronirsi, con uno stratagemma, della borsa di pelle in cui il maresciallo ha racchiuso il verbale dell'inchiesta e i documenti. Topponi, che vede irreparabilmente compromessa la sua carriera, è disperato. Tutto però s'accomoda: il negoziante, seguendo il consiglio del parroco, restituisce la borsa al maresciallo, e questo gesto ristabilisce tra i due relazioni amichevoli, cosicché i rispettivi figli potranno coronare il loro sogno. La multa, quando verrà, sarà in qualche modo sistemata.
Per quanto riguarda la cinematografia mondiale, il fatto che un ragioniere delle tasse abbia fatto finire Al Capone dietro le sbarre è stato uno spunto utilizzato molto spesso dagli sceneggiatori di Hollywood che, inoltre, in tutte le loro pellicole di azione, o di denuncia, hanno sovente considerato seriamente i riferimenti ai doveri fiscali e all'uso dei soldi dei contribuenti da parte delle istituzioni statunitensi. Negli Usa, infatti, non pagare le tasse è un reato federale, di grande gravità, ed è forse per questo motivo che Hollywood non ha usato spesso lo spunto fiscale per i soggetti da commedia.
Tuttavia, se si ricorre all'aiuto del sito www.imdb.com, cioè "The Internet Movie Database", monumentale archivio dei titoli cinematografici statunitensi, scopriremo che esistono molti titoli dedicati all'aspetto fiscale, seppure con netti distinguo.
Si passa dal documentario del 1953 "The Case Against the 20% Federal Admissions Tax on Motion Picture Theatres", prodotto dalla Entire Motion Picture Industry e dedicato alle ripercussioni negative che la creazione della tassa del titolo causò sia alla vendita dei biglietti di ingresso nei cinema, molto diminuite, sia al sistema fiscale Usa, penalizzato dal minor introito, al pessimo (così definito dalla critica) "Tax season", una demenziale storia di servizi fiscali, spacciatori e tristi figuri, assemblata in una produzione del 1989.
Tra i vari film dedicati all'argomento fiscale, spicca il rumeno "Iancu Jianu, zapciul", un film del 1980 imperniato sulle vicende di un esattore fiscale, e il tedesco (allora ancora dell'Ovest) "Wochenend im Paradies" (1952), tradotto per il mercato Usa con un eloquente "Love in the Tax Office".
Da segnalare anche la serie "Skattefri lørdag" (che potrebbe suonare come "Sabato esentasse"), una seguitissima serie Tv danese in onda dal 1997 al 1999, dove i concorrenti gareggiavano per ottenere come premio finale la possibilità di non pagare lecitamente le tasse per un intero anno solare.
Anche Bollywood, la prolifica e forte industria cinematografica indiana, ha affrontato il filone fiscale per un suo film. Il riferimento è a "Lagaan", una produzione del 2001 di grande successo e non solamente localizzato alla realtà indiana. La storia narra delle traversie di un villaggio di poveri contadini, cui viene imposto dal loro re di pagare doppia tassa con il raccolto (appunto la "Laagan" del titolo). La decisione arreca grande sconforto tra gli abitanti del villaggio, poiché ormai non hanno più da mangiare e non piove da tre anni. Il protagonista della storia, Bhuvan, organizza una delegazione del villaggio per recarsi a parlare con il re e tentare di convincerlo a desistere dalla sua volontà impositiva; ma il re assiste a una partita di cricket degli inglesi e non può riceverli. I contadini, costretti all'attesa, guardano la partita, cercando di capirne i meccanismi. A causa di una palla, finita vicino a loro, inizia un battibecco con gli inglesi. La lite aumenta di intensità e allora il capitano inglese Russel dichiara che se i contadini vogliono pagare meno tasse dovranno imparare il cricket e fare una partita contro gli inglesi: se vinceranno, non pagheranno alcuna tassa per tre anni. Se, invece, perderanno, dovranno pagare una tassa tre volte superiore a quella usuale per altrettanti anni. Inutile dire che "vissero tutti felici e esentasse".
In conclusione, ecco la fiction televisiva, presente nientemeno che con un episodio della fortunatissima serie della Fox, "C.S.I. Miami". L'episodio, appartenente alla recente terza serie, si intitola "Sex & taxes" (facilmente traducibile in "Sesso e tasse") e inizia con il ritrovamento di due cadaveri, appartenenti a due ufficiali del fisco americano. Il primo è rimasto ucciso nel tentativo di confiscare lo yacht di un tipo poco raccomandabile, in debito con lo stato per 60mila dollari: l'uomo dichiara di aver sparato per legittima difesa. L'altro agente dell'Internal Revenue Service, la loro Agenzia delle Entrate, viene trovato morto all'interno di un'auto con un proiettile in corpo. Sulla vittima ci sono però anche segni di avvelenamento. Inutile dire che la squadra comandata dal "rosso" Horatio Caine, un sempre intenso David Caruso, troverà i colpevoli e dipanerà la complicata matassa dell'ufficio della Irs dove lavoravano le due vittime.
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