1. La diffusione dei mezzi di pagamento sostitutivi del denaro contante
Nell'odierno contesto economico accade sempre più spesso di trovarsi di fronte a cessioni di beni e prestazioni di servizi che il cliente regola, invece che in denaro contante, con strumenti di pagamento alternativi alla moneta (assegni, bonifici, ecc.).
Tale tendenza sarà sempre più accentuata in futuro per effetto delle recenti innovazioni legislative che, in certi casi, già impongono (e in altri comunque imporranno fra breve tempo) forzate modifiche al comportamento degli operatori economici: il pensiero corre, in prima battuta, alle stringenti norme, introdotte dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248)1 , le quali, al fine di prevenire fenomeni elusivi e/o evasivi, impongono ai lavoratori autonomi di tenere uno o più conti correnti bancari o postali utilizzati per la gestione dell'attività professionale, in cui far affluire obbligatoriamente i compensi riscossi nell'esercizio della propria attività e da cui prelevare le somme necessarie al pagamento delle spese sostenute 2, nonché, soprattutto, di riscuotere i compensi professionali solo mediante strumenti finanziari "tracciabili", ovvero, come nota la circolare 4 agosto 2006, n. 28/E 3, tramite «gli assegni non trasferibili; i bonifici; le altre modalità di pagamento bancario o postale; i sistemi di pagamento elettronico», con divieto di percezione di contanti, fatta eccezione per somme che, a regime, siano inferiori ai 100 euro 4.
Tuttavia forti ripercussioni, in questo campo, potranno aversi, per la generalità dei contribuenti (e, quindi, non solo per quanto riguarda i lavoratori autonomi), anche per effetto delle disposizioni recate dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, di recepimento della terza Direttiva comunitaria sull'anti-riciclaggio (Direttiva 2005/60/CE): l'art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007, infatti, prevede una serie di restrizioni all'utilizzo del contante e degli assegni con, in particolare, l'abbassamento della soglia di rilevanza prima dettato dall'art. 1 del D.L. 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197 5, che, a far data dal 1° aprile 2008, è passato da 12.500 euro a 5.000 euro e l'impossibilità di utilizzare assegni (bancari o postali) non trasferibili, laddove il loro importo sia pari o superiore a 5.000 euro.
Le novelle legislative, già introdotte o di prossima introduzione, si affiancano quindi ai tradizionali motivi in base ai quali i soggetti preferiscono ricorrere a mezzi alternativi al denaro per regolare le reciproche pendenze (dalla comodità, nel caso dell'utilizzo di assegni o bonifici per grossi importi, alla richiesta di garanzie, che porta il fornitore a chiedere al cliente il rilascio di cambiali, nel caso di vendita a credito), provocando, tuttavia, nei soggetti passivi IVA, una corrispondente sempre più pressante necessità di chiarire quale sia il momento impositivo rilevante ai fini del tributo, così da emettere fattura nei termini di legge e non incorrere nelle sanzioni per tardiva emissione del documento 6, a fronte di pagamenti non immediati in moneta della controparte. In certi casi, inoltre, potrebbe essere contestato al fornitore pure il tardivo versamento periodico dell'imposta a debito 7: da quando l'operazione si considera effettuata, l'IVA corrispondente diventa infatti esigibile per l'erario e sorge quindi, in tale momento, il debito di imposta e l'obbligo di versamento del tributo entro la scadenza di legge (ordinariamente: giorno sedici del mese successivo, per i contribuenti mensili).
La situazione, del resto, risulta complicata dall'assenza di una disposizione specifica, nella normativa dell'imposta sul valore aggiunto, che disciplini la fattispecie, nonché dai differenti criteri sanciti dall'Amministrazione finanziaria in relazione ai diversi mezzi di regolamento sostitutivi del denaro contante e, talvolta, dall'assenza di pronunce ministeriali in materia o dal contrasto tra tali pronunce e quelle espresse dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.
2. Il momento di effettuazione dell'operazione ai fini IVA
Punto di partenza imprescindibile per valutare quando deve essere emessa la fattura da parte del cedente del bene o prestatore del servizio è l'analisi delle previsioni recate dall'art. 6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di momento di effettuazione dell'operazione ai fini IVA.
Come noto, infatti, ogni operazione rientrante nel campo di applicazione dell'imposta comporta, in via generale e fatte salve le esclusioni espressamente contemplate dalla normativa (quale, a titolo esemplificativo, la dispensa dall'onere in parola per i soggetti che effettuano operazioni esenti e si sono avvalsi dell'opzione ex art. 36-bis del D.P.R. n. 633/1972), l'obbligo di emissione di fattura, in duplice esemplare, datata e numerata progressivamente per anno solare, comunque entro il giorno di effettuazione dell'operazione 8.
Sono previste, tuttavia due eccezioni a tale momento ordinario di formazione e spedizione del documento, ovvero:
a) se viene emesso il documento di trasporto, è possibile emettere una fattura differita, entro il giorno quindici del mese seguente, anche riepilogativa delle operazioni intercorse in uno stesso mese solare nei confronti del medesimo cliente, con riferimento puntuale ai documenti di trasporto relativi alle diverse consegne;
b) la fattura può essere emessa entro il mese successivo all'effettuazione dell'operazione, se si tratta di una vendita tramite commissionario o da parte di una sede secondaria dell'impresa.
Ciò premesso, l'operazione si considera eseguita, ai fini IVA, in momenti diversi a seconda dell'oggetto dell'operazione.
Infatti, nel caso di cessione di beni mobili, l'operazione è da considerarsi effettuata alla data di spedizione o consegna del bene, non rilevando quindi la data di firma del contratto, mentre, al contrario, se si tratta di beni immobili, il momento rilevante ai fini del tributo è quello in cui avviene la stipula dell'atto di trasferimento della proprietà: in entrambi i casi, tuttavia, qualora siano previsti effetti traslativi differiti, l'effettuazione dell'operazione viene spostata al momento in cui avverrà effettivamente il trasferimento della proprietà e, comunque, se lo scambio ha ad oggetto beni mobili, entro un anno dalla stipula del contratto.
Laddove si sia in presenza di cessioni periodiche, invece, l'esecuzione dell'operazione è alla data del pagamento dei corrispettivi.
Anche per le prestazioni di servizi, infine, vale la data di pagamento del dovuto al fornitore.
Con norma ad hoc, tenuto conto dei tempi particolarmente lunghi con cui tale tipologia di cliente procede a saldare il prezzo delle forniture ricevute (e, quindi, per andare incontro alle esigenze finanziarie del fornitore stesso, che si troverebbe ad anticipare all'erario l'ammontare di un'imposta che si vedrebbe corrisposta, dalla controparte, solo dopo qualche mese o anno), la normativa consente tuttavia di posticipare, rispetto al consueto, il momento di effettuazione dell'operazione, qualora si sia in presenza di una cessione di beni ai soggetti pubblici e assimilati di cui all'ultimo comma dell'art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 (Stato, università, ospedali, ecc.) 9: in tal caso, preferibilmente apponendo sul documento la dicitura di "fattura a esigibilità differita" 10, il debito d'imposta sorge solo al momento del pagamento effettivo da parte dell'ente.
In linea generale, tuttavia, è previsto che, indipendentemente da quanto illustrato in precedenza, la data di effettuazione dell'operazione è anticipata, rispetto al momento sopra individuato, qualora, prima di tale momento, il soggetto passivo riceva il pagamento o emetta fattura: in quel giorno, infatti, deve considerarsi in ogni caso eseguita la transazione, sia pur limitatamente all'importo pagato o fatturato.
Premesso quanto sopra, pertanto, il problema della corretta individuazione del momento rilevante per pagamenti con mezzi sostitutivi del denaro è questione che tipicamente coinvolge il prestatore di servizi (e, in primo luogo, quindi, il professionista, anche per il suo sostanziale obbligo di ricevere versamenti solo con strumenti tracciabili), ma anche chi procede a cessioni periodiche di beni [tipicamente sulla base di un contratto di somministrazione 11] oppure, ancora, a chi effettua vendite verso soggetti pubblici o assimilati di cui all'art. 6, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972: non sono però estranei al dibattito neppure gli altri soggetti passivi IVA, dato che anch'essi, ad esempio, possono richiedere acconti sul prezzo finale, circostanza in cui, come visto, diviene rilevante, ai fini dell'individuazione del momento impositivo IVA, quello in cui il versamento in parola può considerarsi eseguito.
3. Il pagamento tramite bonifico bancario
Un primo strumento di pagamento alternativo all'utilizzo del denaro contante è il bonifico bancario, ossia l'ordine che il correntista impartisce, al proprio istituto di credito, di trasferire una determinata somma dal proprio conto corrente a quello di un altro soggetto.
L'individuazione del momento rilevante ai fini IVA comporta, nell'occasione, problemi di non facile soluzione: nel caso del bonifico, infatti, può aversi (e di solito si ha) uno sfasamento temporale tra la perdita delle somme da parte dell'ordinante e la disponibilità delle stesse da parte del beneficiario, per effetto sia dei tempi tecnici di comunicazione fra la banca del debitore e quella del creditore che, soprattutto, a causa dei giorni valuta applicati dagli istituti di credito sugli accreditamenti. A ciò si aggiunga che la valuta di pagamento richiesta dal cliente può essere differente dal giorno dell'ordine inoltrato alla banca.
In altri termini, nel caso di una prestazione di servizi, ad esempio, può aversi una situazione quale la seguente:
- nel tempo X (esempio: 27 dicembre 2007), il cliente inoltra la richiesta di bonifico a favore di terzi alla propria banca, con valuta al tempo X+1 (esempio: 28 dicembre 2007);
- nel tempo X+2 (esempio: 31 dicembre 2007), la banca emette il bonifico, comunicando alla banca del prestatore le somme trasferite e la valuta accordata dall'ordinante;
- nel tempo X+3 (esempio: 3 gennaio 2008) vi è l'accredito delle somme sul conto corrente del beneficiario, con valuta retrodatata al tempo X+1;
- nel tempo X+4 (esempio: 4 gennaio 2008) il beneficiario riceve notizia dalla propria banca dell'avvenuto accredito delle somme in parola.
In tal caso, quale deve essere considerato il momento rilevante ai fini IVA?
Non soccorrono, al riguardo, le disposizioni dettate dal Codice Civile, secondo le quali per "pagamento" deve intendersi l'adempimento di un'obbligazione pecuniaria, di norma tramite la consegna di una somma di denaro 12: in applicazione del tenore letterale della norma, sarebbe infatti da ritenersi che la data di pagamento rilevante ai fini IVA sia quella della valuta con cui il cliente dà ordine al proprio istituto di credito di bonificare le somme al creditore, visto che in tale data egli può considerare estinto il proprio debito; del resto, in pari data (28 dicembre 2007, nell'esempio di cui sopra) avviene l'operazione di accreditamento del conto corrente del prestatore.
Una tale soluzione, tuttavia, comporterebbe inevitabili problemi in capo al prestatore o cedente: questi, infatti, potrebbe (come avviene nell'esempio proposto) avere notizia dell'intervenuto saldo del debito solo successivamente (in data 4 gennaio 2008, nella fattispecie proposta) alla data di valuta e, del resto, lo stesso movimento bancario sarebbe registrato solo a distanza di qualche giorno (il 3 gennaio 2008, nell'esempio) da quello di effettiva valuta attribuita dal debitore. In tale situazione, quindi, il fornitore potrebbe vedersi contestata la tardiva fatturazione dell'operazione, nonché il tardivo versamento delle somme in questione (a meno che egli, contribuente mensile, nell'esempio, non proceda a comprendere l'IVA relativa alla transazione nel versamento da operarsi il 16 gennaio 2008, nonostante la fattura attiva sia datata, appunto, dicembre 2007).
In fattispecie simili a quella di cui all'esempio sopra proposto, inoltre, il trascorrere dello spartiacque rappresentato dal 31 dicembre (in questo caso: del 2007) fra la data supposta di effettuazione dell'operazione e quella di sua reale fatturazione da parte del fornitore comporterebbe, altresì, in capo a quest'ultimo, problemi in tema di inclusione del corrispettivo (e relativa imposta) nella dichiarazione IVA di un anno (il 2007) piuttosto che in un altro (2008), esponendolo quindi anche alla possibile contestazione di infedele dichiarazione IVA annuale.
Del resto, egli non potrebbe agevolmente ovviare a tale situazione, dato che la propria banca ha effettuato la registrazione contabile solo dopo la data di valuta attribuita dal debitore: l'unica alternativa sarebbe chiedere informazioni tempestivamente al debitore stesso, ma tale onere di monitoraggio della clientela, già di per sé oltremodo gravoso, diverrebbe pressoché impossibile per le grandi imprese con centinaia o migliaia di clienti.
Tenendo presumibilmente conto di tali circostanze (nonché, probabilmente, anche al fine di evitare contenziosi che, a fronte delle violazioni loro contestate, i contribuenti avrebbero potuto instaurare nel presupposto dell'impossibilità di adempiere tempestivamente al dettato legislativo), l'Amministrazione finanziaria ha abbracciato una soluzione che, pur se a rigore non perfettamente rispettosa della lettera della norma, ha però un indubbio taglio di ordine pratico: così, con risoluzione 25 gennaio 1978, n. 363519, successivamente confermata dalla risoluzione 6 dicembre 1989, n. 551041 13, è stato affermato che, ai fini dell'emissione della fattura, il pagamento può ritenersi eseguito nel momento in cui il beneficiario interessato riceve comunicazione dell'avvenuto accreditamento delle somme a lui dovute.
Si risolvono, così, i problemi di discrasia temporale sopra evidenziati e il fornitore potrà considerare saldata l'operazione nel momento in cui riceverà dal proprio istituto di credito comunicazione di avvenuto accredito delle somme, per mezzo di invio di apposita contabile bancaria, oppure dell'estratto conto periodico (nell'esempio di cui sopra, pertanto, l'effettuazione dell'operazione potrà ritenersi fissata al 4 gennaio 2008).
Tale principio, ribadito dalla successiva circolare 5 agosto 1994, n. 134/E 14, secondo la quale «per quanto concerne la precisa individuazione della data del pagamento … si precisa che, analogamente a quanto già chiarito in precedenza, nei casi di pagamenti effettuati tramite mandati o accreditamenti, gli stessi devono ritenersi eseguiti il giorno in cui il creditore riceve la comunicazione dell'avvenuto accreditamento delle somme a lui dovute», deve tuttavia essere contemperato, si ritiene, con l'evoluzione che si è avuta nei rapporti tra banca e cliente: il diffondersi di procedure quali il remote banking, infatti, permette al cliente della banca (e, quindi, al fornitore che intrattenga tale rapporto) di conoscere in tempo reale le movimentazioni del proprio conto corrente, cosicché potrebbe apparire non più necessario lo spostamento del momento rilevante ai fini IVA alla data in cui l'ente creditizio comunica formalmente al creditore l'avvenuto accredito delle somme. Un simile comportamento attivo da parte della banca, infatti, risulta superabile dall'attenta consultazione dei dati del conto corrente da parte del cliente: non è quindi escluso che, in virtù dell'evolversi degli strumenti per mezzo dei quali il fornitore può avere notizia, dall'istituto di credito, dell'avvenuto pagamento da parte del debitore, l'Amministrazione finanziaria ritorni sulle posizioni espresse dalle citate (e, peraltro, non proprio recenti) pronunce.
Potrebbe così essere anticipato il momento in cui è richiesta l'emissione della fattura per tutte quelle situazioni in cui, tramite collegamenti via Internet in tempo reale con l'ente creditizio, il soggetto può essere immediatamente informato dell'avvenuto saldo dell'ammontare a suo credito, senza dover attendere il momento formale della ricezione della contabile o dell'estratto conto periodico: in via prudenziale, può pertanto essere consigliabile implementare fin d'ora una procedura interna che consenta al fornitore di emettere fattura nel giorno stesso in cui può constatare direttamente, a terminale, che l'istituto di credito ha rilevato l'incasso delle somme in parola.
4. Il pagamento tramite cambiali
Ancor più complicato del pagamento mediante bonifico è quello che interviene tramite cambiali.
La primaria finalità dello strumento in parola è quella di rendere più rapida la circolazione dei diritti di credito, per effetto della loro incorporazione in un titolo che può essere scambiato senza le formalità proprie della classica "cessione del credito" (di cui agli artt. 1260 ss. c.c.) e con garanzie e una disciplina peculiari, che tutelano il creditore a fronte della dilazione di pagamento consentita al debitore: quest'ultimo, infatti, entro la scadenza stabilita nel titolo, può procurarsi il denaro necessario per estinguere l'obbligazione contratta (per lui, quindi, la cambiale diviene uno strumento di finanziamento), mentre il creditore può smobilizzare le somme cedendo il diritto di riscossione ad un altro possessore semplicemente cedendogli il titolo.
Per quanto attiene alla scadenza, la cambiale può essere alternativamente emessa con obbligo di pagamento:
- a vista: in tal caso, il possessore del titolo ha diritto fin da subito al pagamento della somma (la cambiale non assume pertanto la qualità di strumento di finanziamento del debitore);
- a certo tempo vista: l'obbligo di pagamento è efficace a partire da un determinato lasso di tempo rispetto all'emissione o accettazione della cambiale;
- a certo tempo data: la cambiale è pagabile dopo un periodo di tempo predeterminato rispetto alla data di emissione;
- a giorno fisso: la somma recata dalla cambiale potrà essere riscossa dalla data indicata sul titolo.
La legge cambiaria disciplina due forme di cambiale: la cambiale tratta ed il vaglia cambiario (detto anche "pagherò").
Nello specifico, la cambiale tratta contiene l'ordine incondizionato del sottoscrittore (traente) ad un terzo (trattario) di pagare al prenditore la somma portata dal titolo, sicché il traente sarà sempre obbligato in via di regresso se il trattario non adempie all'ordine di pagare; il pagherò reca invece una promessa incondizionata di pagamento fatta dal sottoscrittore (emittente) al terzo portatore, e quindi l'emittente assume sempre la veste di obbligato principale.
Nel caso di emissione di cambiale, da parte del cliente, per regolare il proprio debito con il fornitore, la posizione dell'Amministrazione finanziaria, espressa con risoluzione 14 marzo 1981, n. 330541 15, è quella di ritenere che il momento impositivo, ai fini IVA, coincida con quello del rilascio del titolo da parte del debitore, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga pro soluto o pro solvendo: non importa, quindi, l'effettivo incasso da parte del fornitore, essendo sufficiente la consegna del titolo per considerare soddisfatte le condizioni che, nella disciplina Iva, presiedono all'individuazione della data di effettuazione dell'operazione.
Del resto, sostiene il Ministero nella citata pronuncia, il beneficiario, una volta ottenuto il possesso della cambiale, può realizzare immediatamente il corrispettivo dalla stessa recato, mediante girata del titolo a un suo creditore o attraverso l'operazione di sconto bancario: inoltre, va considerato che, se il titolo venisse girato, il cedente o prestatore si troverebbe, sostanzialmente, nella materiale impossibilità di conoscere quando il suo debitore concretamente effettuerà il pagamento delle somme dovute, con la conseguenza che non potrebbe così rispettare i termini di emissione della fattura previsti dalla disciplina dell'IVA.
Tali argomentazioni sono state condivise da una parte della giurisprudenza 16, mentre un'altra corrente di pensiero ritiene non corretto tale assunto: in particolare, è stato sostenuto che «con la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 6 del D.P.R. [633/1972, pro tempore vigente, N.d.A.], che ha statuito, tra l'altro, che col pagamento del corrispettivo, in tutto od in parte, prima della stipulazione del relativo contratto l'operazione, ai fini fiscali, si considera effettuata limitatamente all'importo pagato, con conseguente obbligo di fatturazione, il legislatore ha attribuito prevalenza al pagamento avvenuto, quale elemento determinante del sorgere dell'obbligo impositivo in considerazione dell'effetto economico, che la norma tributaria vuole colpire. Perché si verifichi l'effetto economico occorre che vi sia un effettivo pagamento, che comporta contemporaneamente il sorgere dell'obbligo tributario. L'effetto economico, l'entrata di danaro, non avviene per effetto del pagamento del corrispettivo da parte dell'obbligato ma per effetto di un'operazione diversa (cessione pro soluto e pro solvendo del titolo di credito). In ogni caso, non potrebbe giammai affermarsi che "il pagamento del corrispettivo" si è verificato al momento di rilascio della cambiale, ma al più al momento dello sconto e della cessione, con la conseguenza che l'emittente le cambiali non essendo a conoscenza di tale operazione non sarebbe in condizione di conoscere il momento in cui deve assolvere l'obbligo di autofatturazione» 17. La Corte di Cassazione ha condiviso tali perplessità, postulando che «Il vaglia cambiario contiene la promessa incondizionata di pagare una somma ad una determinata scadenza (art. 100 r.d. 14.12.1933 n. 1669). Ne consegue che la pretesa - su cui si basa la sentenza impugnata - di voler riconoscere verificato il presupposto impositivo al momento della sottoscrizione delle cambiali, per l'importo integrale di esse, anche per quelle a scadere, è erronea: l'emissione di pagherò cambiari può configurare obbligo di emissione di fattura, per il prenditore, solo nella parte in cui l'obbligo di pagamento sia attuale, non anche per la parte dell'importo per cui il debitore abbia semplicemente promesso il pagamento. Né appare rilevante la considerazione circa l'autonomia e astrattezza del rapporto cambiario, che consentirebbe al prenditore di avere benefici economici dall'emissione, attraverso la cessione del titolo o lo sconto bancario: l'obbligo di fatturazione è fatto derivare dalla legge dal pagamento, non dalla semplice promessa della prestazione» 18.
Nel discordante contesto sopra evidenziato, parte della dottrina, in ciò confortata anche da quanto affermato dalla risoluzione 29 marzo 1983, n. 352856 19, ha individuato una terza strada ai fini dell'identificazione del momento di effettuazione dell'operazione ai fini IVA. In base a tale orientamento, in particolare, occorre distinguere tra cambiale immediatamente negoziabile e cambiale priva di tale requisito: nel primo caso, infatti, anche per evitare la citata impossibilità di conoscere l'effettiva data di pagamento della cambiale una volta che questa è stata girata, è stato ritenuto che il momento impositivo si verifichi non appena il titolo viene consegnato al creditore e indipendentemente dal fatto che questi proceda successivamente allo sconto o alla girata della cambiale medesima 20.
Viceversa, in presenza di cambiale munita di clausola "non all'ordine" o simili, che impediscono la circolazione del titolo di credito, detto strumento rappresenta solo una forma di garanzia per il beneficiario (che potrà procedere ad azione esecutiva nel caso di mancato pagamento a scadenza da parte del debitore), ma non un immediato mezzo di pagamento: pertanto, in tale eventualità, il momento impositivo IVA si avrà solo nel momento in cui il debito verrà onorato dal cliente e per la somma da questi effettivamente versata (posizione al riguardo coincidente con quella espressa dalla Corte di Cassazione con la sentenza citata) 21.
5. Il pagamento tramite assegno bancario o circolare
Come noto, esistono essenzialmente due tipologie di assegno contemplate dall'attuale disciplina: quello bancario e quello circolare. Attualmente, entrambe le tipologie, se recano un importo superiore a euro 12.500, devono obbligatoriamente recare la clausola "non trasferibile": tale clausola comporta che l'assegno è pagabile solo al primo beneficiario e le eventuali girate apposte sono nulle, salvo quella all'incasso a favore della banca. A partire dal 1° aprile 2008, tale limite è stato ridotto a euro 5.000, secondo quanto disposto dall'art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007 (cfr. supra, par. 1).
Nel caso di pagamento mediante assegno, mancano esplicite direttive ministeriali ai fini di individuare il momento rilevante ai fini IVA: viene quindi spesso citata una pronuncia giurisprudenziale nella quale si nota che «l'assegno è un mezzo di pagamento e come titolo di credito, non costituisce quietanza liberatoria dell'obbligazione se non dopo il suo incasso. […] il R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, distingue chiaramente le fasi in cui concettualmente si scompone la vita dell'assegno bancario. In ogni caso costituiscono momenti distinti la traenza, il prendimento, la presentazione ed il pagamento fatto dal trattario. Il pagamento può anche non avvenire con la facoltà di esercitare l'azione di regresso per il portatore. Il che sta a significare l'autonomia della fase del pagamento rispetto alle altre che precedono. Alla luce di quanto esposto ritiene pertanto il collegio che nella fattispecie non possa dirsi violata la norma che impone la fatturazione al momento del pagamento del corrispettivo dovendosi individuare tale momento con quello dell'effettivo incasso della somma portata dal titolo o dall'esecuzione di operazioni equipollenti (girata), e non quello della consegna del titolo» 22.
Non sono tuttavia mancate critiche a tale orientamento, che si sostanziano nella considerazione della natura stessa dell'assegno e della funzione che a tale strumento attribuisce il nostro ordinamento.
Sia l'assegno bancario che quello circolare sono infatti concepiti con la funzione di strumento di pagamento alternativo alla moneta legale: essi sono, pertanto, nettamente differenti dalla cambiale, il cui compito è quello tipico di uno strumento di credito (cioè, di dilazione del pagamento), dotato di una rilevante funzione di garanzia riservata al beneficiario e rappresentata dall'esecutività del titolo, in caso di inadempimento da parte del debitore.
In considerazione di ciò, non possono pianamente riproporsi, in relazione al pagamento tramite assegno, le stesse considerazioni avanzate riguardo al regolamento dei debiti per mezzo di cambiali: occorre, invece, stabilire norme di comportamento specifiche, che tengano conto delle caratteristiche e funzioni peculiari dello strumento di pagamento in esame.
Tenuto conto, quindi, che si tratta di un titolo che permette, al creditore che ne è in possesso, di recarsi presso la banca ed esigere il pagamento immediato ("a vista") delle somme recate dall'assegno, esso deve essere considerato, ai fini di cui trattasi, alla stessa stregua del denaro contante: ne deriva, per la dottrina maggioritaria, che il momento impositivo rilevante, in campo IVA, è quello della consegna del titolo al creditore, il quale, da quel momento, potrà infatti disporre dell'ammontare indicato sull'assegno.
In tal senso, del resto, ha avuto modo di esprimersi anche la Commissione tributaria Centrale 23 la quale ha precisato che, nel caso in cui un soggetto riceva, come pagamento in acconto per la fornitura di merce, assegni, esso deve tempestivamente emettere fattura per il medesimo importo: ove, successivamente, risultasse che tali assegni siano in parte protestati, il fornitore potrà provvedere all'emissione di una nota di credito a correzione di quanto inizialmente fatturato.
6. Il pagamento tramite carta di credito
Per quanto concerne il pagamento, da parte del cliente, tramite carta di credito, in assenza di precise e più specifiche indicazioni giurisprudenziali e/o di prassi, si ritiene di potersi fare ragionevolmente riferimento a quanto chiarito dall'Agenzia delle entrate nel campo dell'imposizione diretta e, in particolare, a proposito del momento in cui i professionisti possono considerare effettivamente sostenuto il costo per contributi previdenziali saldati con il predetto mezzo di pagamento negli ultimi mesi dell'anno e con addebito sul conto corrente nell'anno seguente: disciplinando tale ipotesi, l'Amministrazione finanziaria ha avuto infatti modo di argomentare che «il momento maggiormente rilevante, nel caso in cui i contributi vengano versati con carta di credito on-line, è quello in cui viene utilizzata la carta di credito. In questo momento, infatti, il professionista dà di fatto l'ordine di pagamento alla banca, ottenendo contestualmente il rilascio della ricevuta telematica di avvenuto pagamento, firmata digitalmente dalla banca stessa che versa quindi l'importo sul conto dell'ente. […] Da quanto esposto si evince che i contributi si considerano versati dal professionista nel momento stesso in cui manifesta la volontà di sostenerne l'onere dando ordine di pagamento alla banca. Il momento, diverso e successivo, in cui avviene l'addebito sul conto corrente del professionista da parte della banca attiene ad un rapporto interno che coinvolge esclusivamente il delegante ed il delegato, irrilevante ai fini fiscali» 24.
Il richiamo all'orientamento ministeriale in tema di reddito professionale trova motivo nel fatto che, come noto, nella determinazione della base imponibile del lavoratore autonomo, vige il c.d. "principio di cassa", dettato dall'art. 54 del TUIR, a mente del quale hanno rilievo, in linea di principio, solo i proventi incassati e le spese comprovate da uscite finanziarie intervenute nel corso dell'anno. Tenuto conto di ciò, appare coerente individuare il momento del "pagamento" della fattura, da parte del cliente che utilizza la carta di credito, nello stesso momento in cui l'Agenzia delle entrate ritiene che la spesa sia stata "sostenuta" (cioè: abbia effettivamente generato un'uscita finanziaria) in ambito professionale: tale ragionamento acquisisce ancora maggior forza laddove il cliente che salda il debito mediante carta di credito è, in effetti, un lavoratore autonomo.
Ciò premesso, si reputa, dunque, che il momento di pagamento, ai fini IVA, dei pagamenti effettuati tramite carta di credito si realizza all'atto dell'uso effettivo della carta stessa, indipendentemente dalla valuta di addebito effettiva sul conto corrente dell'utilizzatore: del resto, il fornitore avrà l'immediata soddisfazione del proprio credito in detto momento e non successivamente.
Indirettamente, tale convincimento è del resto confermato dalle suddette pronunce ministeriali riguardo i bonifici bancari e le cambiali: in particolare, nella fattispecie, il fornitore, se ha gli strumenti per ricevere il pagamento tramite carta di credito, ha anche la possibilità di avere immediata contezza del buon esito o meno della transazione e, quindi, dell'avvenuto pagamento o meno da parte del suo cliente.
7. Il pagamento tramite ricevuta bancaria
Infine, un breve cenno merita l'individuazione del momento impositivo, ai fini IVA, relativo al pagamento di forniture da parte del cliente tramite rilascio di ricevute bancarie: si tratta, come noto, di semplici documenti di quietanza, che vengono emessi a fronte di fatture di vendita e che sono affidati alle banche, affinché esse ne curino la riscossione, ma che usualmente sono altresì presentate allo sconto da parte del cliente.
Si tratta dunque, come evidenziato anche dai Principi contabili nazionali 25, di documenti che non rappresentano il pagamento effettivo da parte del debitore, bensì unicamente un mezzo attraverso cui è usualmente formalizzato un mandato all'incasso rilasciato dal correntista-creditore alla propria banca: nel caso di sconto delle ricevute bancarie, questo avviene "salvo buon fine".
Secondo una parte della giurisprudenza, «l'inadempienza ascritta al ricorrente [nella fattispecie, si trattava di omessa fatturazione, N.d.A.] pertanto in tanto sussiste in quanto egli abbia riscosso il corrispettivo pattuito per la propria opera. Questa circostanza non può essere provata, in assoluto, dalla presentazione all'incasso di ricevute bancarie. Tali documenti che vengono presentati all'incasso o altrimenti negoziati presso aziende ed istituti di credito non sono vincolanti per il debitore e quindi non hanno valore di cambiale, mancando oltre tutto qualsiasi firma di accettazione e conferma del debito da parte del presunto obbligato. In altre parole, la loro emissione non presuppone necessariamente l'esistenza di un debito né l'obbligo del loro pagamento, per cui non può concludersi che per il solo fatto che una ricevuta è presentata all'incasso, l'emittente ha conseguito l'introito della relativa somma» 26.
Non può, tuttavia, non vedersi come tale posizione contrasti apertamente, nel caso di presentazione allo sconto presso l'istituto di credito, con quella illustrata supra (cfr. par. 4) in relazione alle cambiali: a parere di chi scrive, deve pertanto ritenersi che, a fini cautelativi (in assenza di pronunce ministeriali specifiche in merito alla fattispecie) e quantomeno nel caso delle ricevute bancarie scontate presso la banca, il momento di pagamento (e, quindi, quello di emissione della fattura) debba rinvenirsi, al più tardi, nella data di accreditamento del netto ricavo sul conto corrente del creditore, a nulla rilevando il fatto che il debitore proceda, da parte sua, al versamento di quanto dovuto a distanza di tempo da tale data rilevante.
Dott. Elia Orsi
Per abbonarsi al Bollettino Tributario e ricevere l'omaggio di AteneoWeb cliccare qui.Note:
1 Cfr., in particolare, l'art. 35, commi 12 e 12-bis, del D.L. n. 223/2006.
2 Cfr. l'art. 19, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. La circolare 4 agosto 2006, n. 28/E, in Boll. Trib., 2006, 1285, ha al riguardo opportunamente precisato che «i conti correnti bancari o postali, da tenere obbligatoriamente sia per il prelievo di somme finalizzate al pagamento delle spese sostenute sia per il versamento dei compensi riscossi, non necessariamente devono essere "dedicati" esclusivamente all'attività professionale, ma possono eventualmente essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l'esercizio dell'arte o della professione».
3 In Boll. Trib., 2006, 1267.
4 Cfr. l'art. 19, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973. Tuttavia, con norma transitoria, introdotta dapprima dalla legge n. 248/2006, in sede di conversione del D.L. n. 223/2006, e poi modificata dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), l'art. 35, comma 12-bis, del D.L. n. 223/2006, stabilisce che «il limite di 100 euro di cui al quarto comma dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal comma 12 del presente articolo, si applica a decorrere dal 1° luglio 2009. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sino al 30 giugno 2008 il limite è stabilito in 1.000 euro. Dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2009 il limite è stabilito in 500 euro. Entro il 31 gennaio 2008 il Ministro dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento una relazione sull'applicazione del presente comma. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad emanare apposito decreto che individua le condizioni impeditive del soggetto tenuto al pagamento, che consentono di derogare ai limiti indicati nel presente comma». Con D.M. 3 ottobre 2007 sono poi state previste alcune specifiche cause di esclusione soggettiva dall'onere in parola: in base a tale provvedimento, infatti, coloro che vivono dell'assegno sociale, i residenti all'estero e i diversamente abili non sono comunque obbligati a saldare, con strumenti di pagamento tracciabili, i loro debiti verso lavoratori autonomi in relazione a prestazioni professionali.
5 L'art. 1, comma 1, del D.L. n. 143/1991, nella formulazione attualmente in vigore, sancisce che «è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in lire o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore da trasferire è complessivamente superiore a lire venti milioni. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite degli intermediari abilitati […]». A norma dell'art. 1, D.M. 17 ottobre 2002, il limite di importo di lire 20.000.000 è oggi determinato in euro 12.500.
6 In particolare, l'art. 6, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, stabilisce che «Chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero all'individuazione di prodotti determinati è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il cento e il duecento per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all'imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta».
7 Violazione punita con una sanzione ordinaria pari al 30% dell'importo tardivamente versato (fatta salva la possibilità di avvalersi dell'istituto del ravvedimento operoso) e che si somma a quella per tardiva fatturazione.
8 L'effettiva emissione della fattura, inoltre, si ha nel momento di sua consegna o spedizione al cliente, cosicché non basta la semplice compilazione del documento da parte del fornitore.
9 Ai sensi dell'art. 6, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972 «L'imposta relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi diviene esigibile nel momento in cui le operazioni si considerano effettuate secondo le disposizioni dei commi precedenti e l'imposta è versata con le modalità e nei termini stabiliti nel titolo secondo. Tuttavia per le cessioni dei prodotti farmaceutici indicati nel numero 114) della terza parte dell'allegata tabella A effettuate dai farmacisti, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti, di cui al quarto comma dell'articolo 4, nonché per quelle fatte allo Stato, agli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, agli enti pubblici territoriali e ai consorzi tra essi costituiti ai sensi dell'articolo 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, agli istituti universitari, alle unità sanitarie locali, agli enti ospedalieri, agli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, agli enti pubblici di assistenza e beneficenza e a quelli di previdenza, l'imposta diviene esigibile all'atto del pagamento dei relativi corrispettivi, salva la facoltà di applicare le disposizioni del primo periodo. Per le cessioni di beni di cui all'articolo 21, quarto comma, quarto periodo, l'imposta diviene esigibile nel mese successivo a quello della loro effettuazione».
10 La dicitura è richiesta dalla circolare 24 dicembre 1997, n. 328/E, par. 2.2.3, in Boll. Trib., 1998, 106: anche in assenza di tale specifica, comunque, vale il principio dell'esigibilità differita come criterio generale, tenuto conto della natura del cliente, cosicché solo una diversa volontà del fornitore deve invece essere manifestata espressamente.
11 Ai sensi dell'art. 1559 c.c. «La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose».
12 Cfr. artt. 1188 ss. c.c.
13 Rispett. in Boll. Trib., 1978, 459, e 1990, 136.
14 In Boll. Trib., 1994, 1269.
15 In Boll. Trib., 1981, 520.
16 Cfr., in particolare, Comm. trib. centr. 6 maggio 1997, n. 2115, in Foro it., 1998, III, 590.
17 Cfr. Comm. trib. centr. 13 maggio 2002, n. 3932, in Rep. Foro it., 2002, Valore aggiunto (imposta) [6980], n. 325.
18 Cfr. Cass., sez. trib., 13 maggio 2003, n. 7348, in Boll. Trib., 2003, 1111.
19 In Boll. Trib., 1983, 851.
20 Posizione al riguardo coincidente con quella espressa dall'Amministrazione finanziaria nella citata ris. 14 marzo 1981, n. 330541.
21 In ogni caso, occorre ricordare quanto sostenuto dalla giurisprudenza di merito, trovatasi a decidere su cambiali "particolari": così, ad esempio, è stato precisato che «il rilascio della cambiale costituisce, in via di massima, titolo di pagamento, a meno che il rilascio non sia avvenuto a semplice titolo di garanzia»; in questo senso, cfr. Comm. trib. 1° di Udine, sez. V, 18 novembre 1980, n. 811, in Boll. Trib., 1981, 305.
22 Cfr. Comm. trib. 1° di Belluno, sez. I, 17 novembre 1988, n. 2331, in Rep. Foro it., 1989, Valore aggiunto (imposta) [6980], n. 80.
23 Cfr. Comm. trib. centr. 18 gennaio 1996, n. 106, in Boll. Trib. On-line.
24 Cfr. ris. 23 aprile 2007, n. 77/E, in Boll. Trib., 2007, 1881.
25 Cfr. Principio contabile OIC n. 15.
26 Così Comm. trib. 1° grado di Livorno, sez. V, 4 ottobre 1990, n. 2393, in Boll. Trib. On-line.