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Martedì 8 luglio 2014

La problematica gestione fiscale dei conguagli fra società nelle scissioni

a cura di: Dott. Massimo De Nardi


Costituisce prassi invalsa nelle operazioni di scissione prevedere la regolazione finanziaria tra società (scissa e beneficiaria/e, se parziale, o solo beneficiarie, se totale) delle variazioni di consistenze patrimoniali assegnate occorse nel periodo intercorrente tra l'approvazione del progetto di scissione da parte degli organi amministrativi (o dell'organo amministrativo se la/e beneficiaria/e è/siano neocostituita/e) e il momento in cui la stessa operazione assume efficacia.
Oltre ad una "debole" tenuta civilistica, solo apparentemente e recentemente avallata dalla introduzione all'art. 2501-quinquies del Codice civile del comma 3 (art. 1, co. 3, del D.Lgs. n. 123/2012) - articolo riguardante la disposizioni in materia di fusione ma applicabile anche alle scissioni per effetto del rinvio operato dall'art. 2506-ter, co. 1, del medesimo Codice civile - e non condivisa dal Comitato Triveneto dei notai (orientamento L.A.32, il quale ammette l'utilizzo dei conguagli - per i soci - al solo fine di evitare la formazione di resti), tale impostazione presenta delle sensibilità dal lato tributario non di poco momento.

Nell'imposizione diretta, infatti, la gestione dei conguagli è regolata dall'art. 173, co. 3, del "Tuir" mediante un rinvio agli articoli 47, co. 7, e - ricorrendone le condizioni - 58 e 87 del medesimo testo unico, rinvio che consente di assimilare la fattispecie ad utili (ciò per le persone fisiche) o a plusvalenze (eventualmente "pex", ciò per i soggetti - anche persone fisiche - che detengano la partecipazione in regime d'impresa) e limitatamente al caso in cui le somme o il valore normale ricevuti siano superiori al prezzo pagato per (o al costo fiscalmente riconosciuto del) la frazione di partecipazione al capitale soggetta a conguaglio.

La normativa, tuttavia, regolamenta l'ipotesi tipica - cioè quella civilisticamente inconfutabile - di conguaglio per i soci e non quella, di altra angolatura e generalmente adottata nella prassi professionale, di conguaglio fra società. In tale ultimo caso l'effetto "fluidificante" del conguaglio, a favore della funzionalità dell'operazione straordinaria generalmente avente natura riorganizzativa, viene ad essere snaturato mediante la creazione di rapporti di debito/credito tra società che non sono tipizzati nel "Tuir".

A favore di una completa neutralità potrebbe deporre la considerazione che se l'operazione viene ritenuta valida da un punto di vista civilistico non può mutare la propria natura - anche se solamente pro-quota - da un punto tributario; ciò nonostante, pare piuttosto fragile la suddetta impostazione in ragione della previsione del Codice civile che legittima le regolazioni finanziarie solo per i soci e non tra società (peraltro dalla dottrina ammessa solo qualora si tratti di importi modesti che non snaturino il progetto e il cambio ivi determinato in ossequio, ove sussistente, della situazione patrimoniale appositamente redatta), oltre che della eventuale sottrazione dal prelievo tributario di somme che il legislatore ha considerato essere assimilate ad ipotesi di dismissione/realizzo. In altre parole, la sostituzione del conguaglio per i soci in conguaglio tra società (in ipotesi di scissione non proporzionale, evidentemente) consentirebbe di evitare l'assoggettamento a tassazione dell'eventuale plusvalore connesso alla frazione di partecipazione cui pertiene il conguaglio stesso.

Dal lato dell'imposizione indiretta la fattispecie non è meno "delicata" in relazione al trattamento da riservarvi in quanto, per ciò che attiene in particolare all'imposizione di registro, la scissione potrebbe essere (ri)qualificata come operazione realizzativa in forza dell'art. 20 del "Tur" e della sua più recente - anche se meno condivisibile - interpretazione giurisprudenziale (con qualche eccezione, quale la sentenza della Corte di Cassazione n. 15319/2013) di previsione idonea ad individuare il presupposto impositivo in ragione degli effetti economici complessivi degli atti portati a registrazione anziché degli effetti meramente giuridici degli stessi.

Si pensi, ad esempio, al caso frequente di "spin-off" immobiliare in cui il valore contabile del comparto (che può essere costituito anche da un solo immobile, in tal caso escludendosi, in linea di principio, la configurabilità di ramo aziendale) può essere molto modesto a motivo dell'esercizio del diritto di riscatto di contratti di locazione finanziaria. Introdurre un conguaglio da regolarsi tra società per effetto, ad esempio, della variazione del saldo del mutuo attribuito congiuntamente ad un immobile potrebbe comportare un'incidenza notevole in termini di raffronto con il patrimonio netto contabile (quello effettivo, beninteso, sarebbe ragionevolmente meno inciso dalla composizione tra entità) e, in conseguenza, una configurabilità sostanziale quale trasferimento - a titolo oneroso - d'immobile.

Per quanto concerne l'Iva, invece, pare difficilmente superabile - a meno che non si consideri giuridicamente inammissibile l'impostazione civilistica - il dettato dell'art. 2, co. 3, lett. f), del "decreto Iva", il quale non considera quali cessioni di beni i passaggi degli stessi in dipendenza - tra l'altro - di scissioni. La previsione comunitaria (art. 19, par. 1, della Dir. n. 112/2006), tuttavia, lasciando ai Paesi membri facoltà di non considerare - come ha fatto l'Italia - cessione di beni i trasferimenti correlati ad operazioni riorganizzative, a parere di chi scrive non è stata adeguatamente recepita in quanto, nella stessa, si riferisce di "universalità totale o parziale" di beni e non, meramente, di beni (nello stesso senso Corte di Giustizia UE, causa C-497/01, del 27 novembre 2003, con riferimento al precedente ma equivalente testo normativo di cui alla "Sesta Direttiva Iva", art. 5, par. 8). Pertanto, nel limitato caso in cui la scissione avesse per oggetto un singolo immobile (o, anche, più immobili senza coordinamento funzionale per l'esercizio d'impresa), la normativa nazionale parrebbe escludere da imposizione Iva una fattispecie non consentita dalla direttiva e, pertanto, ove fosse presente anche un conguaglio tra società, lo stesso potrebbe essere qualificato quale corrispettivo del trasferimento.

Dott. Massimo De Nardi

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