Notizie | Approfondimenti | Scadenze

Lunedì 4 febbraio 2013

La responsabilità civile del revisore

a cura di: Studio Dott. Antonio Cavaliere


Prima del D.Lgs. 39/2010, il quadro normativo di riferimento sulla responsabilità civile del soggetto incaricato del controllo contabile/della revisione contabile era fondato essenzialmente su due norme (oggi abrogate):
l'art. 2409-sexies c.c., che richiamava le disposizioni dell'art. 2407 c.c. e dichiarava i soggetti incaricati del controllo contabile "responsabili nei confronti della società, dei soci e dei terzi per i danni derivanti dall'inadempimento ai loro doveri"; l'art. 164 del Tuf, applicabile solamente a tale contesto particolare, che pure richiamava le disposizioni dell'art. 2407 c.c., e dichiarava i soggetti partecipanti alla revisione contabile "responsabili (…) per i danni conseguenti da propri inadempimenti o da fatti illeciti nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati".

Dopo il D.Lgs. 39/2010, il Legislatore ha trattato il tema della responsabilità nell'art. 15:

Viene confermata l'impostazione dell'art. 2409- sexies c.c., ossia viene esplicitata la responsabilità nei confronti della società, dei suoi soci e dei terzi. Viene meno il richiamo all'art. 2407 c.c., norma che si riferisce al Collegio Sindacale, e probabilmente tale impostazione è riconducibile sia all'esigenza di creare un sistema normativo uniforme e autonomo che disciplini la revisione legale, sia alla consapevolezza della sostanziale diversità di doveri esistenti in capo ai revisori rispetto a quelli applicabili ai Sindaci. È esplicitamente affermata la responsabilità solidale tra revisori e amministratori, ma con la precisazione che, nei rapporti interni, ciascun debitore solidale è responsabile nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato. Si statuisce la prescrizione quinquennale per agire contro il revisore, ma con la precisazione che la decorrenza del termine parte dalla data della relazione di revisione sul bilancio.

Si tratta di una norma che ha una portata drammatica perché, come noto, spesso accade che, tra tutti i soggetti coinvolti, sono solo i revisori (e a maggior ragione le società di revisione) a possedere beni o attività aggredibili dai soggetti danneggiati, mentre i diretti responsabili (Amministratori e management in generale) spesso risultano nullatenenti ….

Sempre in tema di responsabilità civile, si ricorda che l'art. 14, comma 6, secondo periodo, del D.Lgs. 39/2010 attribuisce al revisore del bilancio consolidato l'intera responsabilità per l'espressione del relativo giudizio, estendendo a tutte le società la medesima previsione che prima era prevista solamente dall'art. 165, comma 1-bis, del Tuf.

La norma, quindi ha l'effetto di innalzare il grado di diligenza esigibile dal revisore.

E questo perché, a differenza degli Amministratori e - in parte - del Collegio Sindacale, il revisore deve sempre operare nell'ambito di un quadro di comportamento professionale oggettivo, codificato e rigoroso: i principi di revisione !!!

Riguardo poi alla fattispecie di Sindaco+Revisore, la riforma del diritto societario ha modificato la disciplina del Collegio sindacale, tanto da attribuire una maggior responsabilità di tale funzione.
Infatti i sindaci:

devono essere responsabili della verità delle loro attestazioni; rispondono solidalmente con gli amministratori per i fatti di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero diligentemente osservato gli obblighi che facevano loro carico.

La diligenza che si deve pretendere dai componenti del Collegio è quella propria di un verificatore della gestione del patrimonio aziendale, sulla quale fanno affidamento i soci e i terzi in generale; proprio perché organo interno all'azienda.
Quindi sia per i sindaci, sia per i soggetti legittimati ai controlli di tipo contabile, la responsabilità è illimitata, tuttavia, nella nuova versione, si prevede che i sindaci (e i revisori) debbano adempiere i loro doveri non più con la diligenza del mandatario ma con «la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell 'incarico».
Il riferimento normativo è lìArt. 2407 c.c.

il primo comma dell'art. 2407 c.c. individua una fattispecie di responsabilità diretta, attribuita in via esclusiva al Collegio sindacale, perché attinente all'inadempienza di doveri autonomi rispetto a quelli di altri organi, il secondo comma prevede invece una responsabilità solidale dei sindaci con gli amministratori per fatti illeciti commessi da questi ultimi e non impediti dall'attività di vigilanza (art. 2407, co. 2, c.c.).

Ne deriva che la responsabilità del sindaco riguarda principalmente la violazione dell'obbligo di vigilare, sia che dipenda da un comportamento doloso, sia che derivi da un comportamento colposo.

Va comunque rilevato che l'eventuale azione di responsabilità contro i sindaci per colpa in vigilando necessita di alcune condizioni:

l'atto di cattiva gestione degli amministratori; il verificarsi di un danno; il nesso di causalità tra il compimento dell'illecito e il danno che si è prodotto; l'omessa e insufficiente attività di vigilanza dei sindaci che avrebbero potuto impedire il danno se avessero adempiuto agli obblighi della loro funzione.

Quindi i sindaci rispondono in quanto sono venuti meno all'obbligo di vigilare con la diligenza richiesta dalla natura del loro incarico. Essi, infatti, avrebbero dovuto svolgere una azione preventiva e successiva per eliminare o quantomeno attenuare gli effetti lesivi dell'illecito.

Ricordiamo che resta comunque aperta la possibilità, per ciascun componente dell'organo collegiale, di escludere la propria responsabilità rendendo noto ufficialmente il proprio dissenso a mezzo di annotazione nei verbali delle verifiche periodiche riportati nel Libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale, ai sensi dell'art. 2404, co. 4, c.c.

Dott. Antonio Cavaliere

AteneoWeb

Via Nastrucci, 23 | 29122 Piacenza | Italy
staff@ateneoweb.com