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Martedì 19 novembre 2013

Manca la buona fede contrattuale, banca condannata al risarcimento

a cura di: AteneoWeb S.r.l.


Istituto di credito condannato a risarcire un'impresa di costruzioni cui aveva rifiutato il frazionamento del mutuo conducendola in uno stato di crisi.
Un comportamento contrario alla buona fede può generare conseguenze risarcitorie: i rapporti fra soggetti giuridici non devono essere fondati solo sul timore della sanzione ma anche sulla correttezza. Un comportamento in mala fede può portare conseguenze risarcitorie.

Che cos'è la buona fede? La buona fede nel codice civile è menzionata in ben sessanta articoli. Possiamo qui definirla come la convinzione genuina del soggetto di agire in maniera corretta, nel rispetto degli altri soggetti. La si fa corrispondere all'agire di un soggetto che non intende ledere nessuno, e che non ha un minimo sospetto che il suo comportamento possa essere lesivo. E' il dovere di correttezza e di reciproca lealtà di condotta nei rapporti tra i soggetti.

Rappresenta la misura, il comportamento: le parti contrattuali devono sempre rimanere nell'ambito della corretta prassi commerciale.

La buona fede e la correttezza contrattuale sono valori socialmente tutelati, mutevoli nel tempo. La Cassazione, con la sentenza n. 23232/2013, interpreta il significato attuale del dovere di buona fede e correttezza contrattuale, adeguandolo a questo periodo di crisi nel settore dell'edilizia e delle imprese in genere, e condanna un istituto di credito a risarcire un'impresa di costruzioni cui aveva rifiutato il frazionamento del mutuo, conducendola così in stato di crisi.

Come sappiamo, la pratica del frazionamento del mutuo permette di "scomporre l'importo a debito" in base alle distinte unità abitative o proprietà, è una modalità che agevola e rende fluido il mercato immobiliare. Il frazionamento del mutuo è una pratica che agevola acquirenti e imprese costruttrici, in quanto favorisce il mercato e la compravendita immobiliare.

Nel caso esaminato dalla Corte, il mancato frazionamento del mutuo conduceva l'impresa costruttrice in una situazione di oggettiva difficoltà economica, rendendole impossibile la vendita degli immobili, circostanza sfavorevole che di conseguenza impediva all'impresa stessa di onorare i pagamenti nei tempi stabiliti. E' così emerso in sede giudiziaria che il contratto era strutturato in modo tale da essere fortemente squilibrato in favore della Banca

Come ribadito dalla sentenza, buona fede e correttezza sono regole di condotta e provvedono, in caso di grave squilibrio, a riportare equilibrio nel rapporto contrattuale, nei casi in cui la condotta di una parte si concretizzi in una scorrettezza a danno dell'altra; sono regole differenti dalle regole contrattuali espressamente previste dalle parti in un rapporto, le prime hanno la funzione di provvedere, in caso di grave squilibrio, a riportare equilibrio nel rapporto contrattuale, nei casi in cui la condotta di una parte si concretizzi in una scorrettezza a danno dell'altra.

Un comportamento contrario alla buona fede si sostanzia in una scorrettezza non scusabile, contraria al dovere di solidarietà e può comportare conseguenze risarcitorie; questo solitamente accade quando il comportamento dannoso è legato alla produzione dell'evento dal cd. nesso di causalità, per essere stato causa efficiente dell'effetto dannoso, per averlo provocato.

La Corte di Cassazione lo specifica richiamando espressamente la Costituzione, art. 2, ovvero il dovere inderogabile di solidarietà: « La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. »

Tra i riferimenti e i parametri di dottrina e giurisprudenza troviamo il dovere di cooperazione del creditore, inteso come dovere della parte di salvaguardare anche l'utilità altrui, la buona fede ha la funzione impedire la realizzazione di pretese che si tradurrebbero in un abuso del diritto di una parte sull'altra: l'esercizio del diritto è ritenuto inammissibile quando ha il solo scopo di provocare danno ad altri» Nella nozione di abuso di diritto rientra il comportamento mosso da motivi non solidali con l'altra parte, quindi, non meritevoli di tutela.

In relazione alle norme contrattuali il comportamento secondo buona fede e correttezza assume importanza particolare quando comportamenti e scelte di una parte conducono l'altra in una situazione di sofferenza e svantaggio, di grave squilibrio, mutando così l'iniziale equilibrio del rapporto originario.

La buona fede oggettiva (o correttezza): è il generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà di condotta nei rapporti tra i soggetti. Consiste nello sforzo che ogni contraente deve compiere per permettere all'altro contraente di adempiere correttamente.

E' obbligo dei contraenti di mantenere un comportamento leale e corretto in tutti i momenti del rapporto:

nella fase delle trattative (art. 1337). Esempio di mancanza di buona fede nelle trattative è l'improvvisa e immotivata rottura delle stesse quando la controparte aveva ormai motivo di credere che queste sarebbero giunte al termine. La violazione del dovere di buona fede comporta di regola l'obbligo di risarcire il danno causato alla controparte; nella fase di esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.); nella fase eventuale dell'interpretazione del contratto (art.1366).

La violazione del dovere di buona fede comporta di regola l'obbligo di risarcire il danno causato alla controparte, per cui, in sede di causa, tra i compiti dell'organo giudicante rientra anche quello di valutare il comportamento che un contraente corretto e leale avrebbe tenuto nel caso di specie in esame.

Detto orientamento giurisprudenziale in tema di buona fede è stato confermato in diverse altre sentenze. Così si è pronunciata la Corte di Cassazione, con sentenza 21 ottobre 2013, n. 23873: "L'obbligo di comportarsi secondo buona fede nelle trattative contrattuali si estende anche al contratto validamente concluso che tuttavia successivamente risulti pregiudizievole per una delle parti." La regola di cui all'art. 1337 c.c. non è inerente alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative, ha bensì valore di clausola generale, conseguentemente la violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto.

Avv. Gabriella Filippone


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