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Giovedì 21 febbraio 2008

NOTE MINIME SUL REGIME FISCALE DELLE REMUNERAZIONI DERIVANTI DA UN CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE E DI COINTERESSENZA

a cura di: Bollettino Tributario d'Informazioni



1. Istituti non marginali nel contesto delle possibili erogazioni da una società di capitali a terzi sono il contratto di associazione in partecipazione ex 2549 c.c. e quello di cointeressenza ex art. 2554 c.c.; nell'associazione in partecipazione l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili e alle perdite previo un determinato apporto che ne costituisce una caratteristica necessaria ed il cui oggetto può essere sia di lavoro che di capitale che misto1; nella cointeressenza, al modello della cointeressenza impropria nella quale è esclusa qualsiasi partecipazione alle perdite ovvero agli esiti dell'impresa restando fermo l'apporto, si affianca quello della cointeressenza propria che, invece, conserva la partecipazione agli utili ed alle perdite senza, però, alcun apporto.

2. In ordine all'associazione in partecipazione, premessa la non autonoma soggettività dell'associazione in partecipazione in ragione della non più discussa natura non associativa ma corrispettiva/finanziaria del contratto2, in base al combinato disposto degli artt. 44, primo comma, lett. f), 53, secondo comma, lett. c), e 109, nono comma, lett. b), del TUIR così come novellati a seguito della riforma Tremonti (D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344), i relativi proventi hanno una disciplina alternativa3 in ragione della natura di quanto apportato.
a) Se l'oggetto dell'apporto non è esclusivamente costituito da opere e servizi ma anche (o solo) da capitale, ai sensi dell'art. 44, primo comma, lett. f), del TUIR le erogazioni sono qualificate per il percettore come redditi di capitale se non imprenditore e di impresa se imprenditore: in quest'ultimo caso, però, a seguito della riforma, sono equiparate ai dividendi e non più a interessi attivi e, quindi, sono assoggettati a tassazione nella misura ed alle condizioni previste per i dividendi così come non sono più deducibili per l'erogante.
Poiché si presuppone che a seguito dell'apporto sia attribuito all'associato un diritto partecipativo in tal caso il terzo associato o cointeressato dovrebbe, comunque, essere coinvolto nelle perdite fino alla misura di quanto apportato4.
b) Se l'apporto è esclusivamente di lavoro e l'apportante non è un soggetto imprenditore, le erogazioni sono qualificate come redditi di lavoro autonomo ex art. 53, secondo comma, lett. c), del TUIR5 e, di conseguenza, saranno deducibili per l'erogante ed integralmente tassati per il percettore, con i correlativi obblighi contributivi e previdenziali.
Tale assimilazione cede il posto a quella del dividendo per le remunerazioni di apporti in associazione in partecipazione di opere e servizi laddove a fronte dell'apporto di lavoro vi sia l'emissione di strumenti finanziari; ciò appare fondato dal momento che l'oggetto del conferimento in una società a responsabilità limitata può consistere non più solo e necessariamente di denaro o beni in natura ma anche di opere e servizi; si dovrebbe, altrimenti, ritenere condizionante l'effettivo adempimento della prestazione6.
Di conseguenza, si avrebbe un regime identico pur in presenza di forme di apporto non coincidenti (conferimento o apporto in associazione in partecipazione o cointeressenza) in ragione del comune ruolo della partecipazione all'esito dell'impresa, enfatizzato nella ricostruzione civilistica7, ruolo che non assumerebbe, così, rilievo solo quale mero criterio di determinazione della remunerazione ma anche al fine di garantire la neutralità fiscale nella scelta tra i diversi "strumenti" che possono permettere un trasferimento di utili8.
L'automatismo nella qualificazione della remunerazione quale dividendo a seguito dell'emissione di strumenti finanziari da parte dell'associante potrebbe essere temperato a fronte di una maggiore valorizzazione del contenuto precipuo dello strumento (nella triplice alternativa che sia costituito simile a quello delle tradizionali obbligazioni o a quello, invece, delle partecipazioni o, ancora, misto) nonché dell'oggetto dell'apporto ove consistente in opere e servizi9. La soluzione che risolverebbe, così, l'antinomia fra l'art. 53 cit. e l'art. 44, andrebbe, quindi, trovata nella natura speciale della disposizione che qualifica in ogni caso come dividendi i proventi derivanti dall'emissione di strumenti finanziari10.
Qualche attenzione merita il concetto di apporto di lavoro il cui significato non pare chiaro: il riferimento contenuto nell'art. 109, nono comma, lett. b), ad "opere e servizi" impone di stabilire se esso sia circoscritto alle sole prestazioni tipiche del lavoro autonomo ex art. 2222 c.c. oppure si estenda a quelle rese anche in forma di impresa aventi ad oggetto prestazioni di servizi non lavorativi come, ad esempio, il godimento di un bene mobile o immobile o, ancora anche a quelle lavorative rese in forma societaria.
Infine, un profilo attinente ad un eventuale concorso di norme è quello della possibile indeducibilità ex art. 60 del TUIR delle erogazioni effettuate dall'associante ad associati legati da rapporti familiari che abbiano apportato esclusivamente opere e servizi e, quindi, le cui remunerazioni siano classificate alla stregua di un reddito di lavoro autonomo deducibile per l'associante11. La conclusione dell'indeducibilità, sempre ove fondata nel caso dell'associante imprenditore individuale, pare non condivisibile laddove l'associante sia una società di capitali12 dal momento che l'equiparazione della stessa all'imprenditore individuale presupporrebbe un superamento della personalità giuridica, tale da equiparare, a tali fini, la situazione del socio unico o di maggioranza della società a quella dell'imprenditore individuale, al momento privo di un supporto normativo esplicito.

3. L'art. 47, secondo comma, del TUIR, richiamando la disciplina dei dividendi13, distingue la base imponibile per l'associato non imprenditore alla luce della natura qualificata o meno dell'apporto, individuando la prima presenza di un valore apportato superiore al 5% o 25% del patrimonio netto contabile dell'associante, così come risultante dall'ultimo bilancio approvato prima della stipula del contratto di associazione, a seconda che i titoli siano o meno negoziati in mercati regolamentati14, con regole diverse, invece, per le imprese minori.
Ove l'associato sia imprenditore, la natura qualificata o meno dell'apporto non avrà, invece, rilievo e l'erogazione verrà assoggettata alle regole di qualificazione e di determinazione del reddito di impresa: con riduzione, da un lato, per l'imprenditore individuale al 40% della base imponibile nel solo caso in cui l'apporto è di capitale o misto e base imponibile intera se l'apporto è di altro genere o se l'associante è residente in Paesi della c.d. black list15; per l'imprenditore collettivo societario soggetto passivo dell'IRES con riduzione al 5% e misura intera laddove, se configurabile da parte di una società assoggettata ad IRES, l'apporto sia stato di opere e servizi.

4. La disciplina non è omogenea fra associazione in partecipazione e cointeressenza in ragione del rilievo che assumono sia la mancata partecipazione ai risultati dell'impresa e con essa la diversa posizione dell'associato rispetto al cointeressato in punto di controllo sull'impresa o sullo svolgimento dell'affare e di rendiconto ex art. 2552 c.c. che l'assenza di qualsiasi apporto nella cointeressenza impropria. Se, in generale, la scelta di qualificare le erogazioni alla stregua di dividendi intende tutelare l'esigenza di colpire utili dissimulati da interessi passivi e, in quanto tali, deducibili, non dovrebbero, però, essere assimilate ai dividendi le remunerazioni dei contratti di cointeressenza impropria nei quali il terzo ha diritto solo agli utili e non anche alle perdite in assenza di qualsiasi apporto16; se così è, l'erogazione sarebbe qualificabile alla stregua di un interesse e, dunque, qualificabile come costo deducibile a fronte della sua imponibilità in capo al cointeressato17.

5. Una questione di valutazione attiene alla circostanza secondo cui l'apporto non abbia ad oggetto denaro ma tradizionali beni in natura, diritti o contratti.
In questo caso, ove si ritenesse applicabile l'art. 9 del TUIR all'atto di apporto19, si tratterebbe di stabilire se la normalizzazione del valore si estenda anche alla remunerazione dell'apporto considerandola, come non è, corrispettivo dell'apporto: il secondo comma dell'art. 9 sembra, a riguardo, disporre tale simmetria individuando il corrispettivo nella partecipazione ricevuta a seguito dell'apporto20. Se così fosse, il richiamo al secondo comma dell'art. 9 ed alla sua applicazione dovrebbe essere inteso come espressione della più generale scelta del legislatore tributario di considerare i contratti in esame come aventi natura non associativa ma, invece, sinallagmatica di modo che, da un lato, la condivisione, necessaria per l'associazione in partecipazione ma derogabile per la cointeressenza, del rischio imprenditoriale dovrebbe essere intesa quale mero criterio di remunerazione, mentre, dall'altro, sarebbero conformi l'assenza di altri diritti/doveri tipici del socio21 nonché di qualsiasi ente associativo con propria autonomia giuridica22.
6. In ordine alla determinazione della base imponibile in presenza di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza la cui remunerazione sia qualificabile alla stregua di un dividendo in quanto propria, occorre distinguere il relativo criterio in base alla natura imprenditoriale commerciale o meno dell'associato o del cointeressato23.
7. Poiché i contratti in esame, alla luce della funzione economica nuova loro riconosciuta dal legislatore tributario nell'averne assimilato la remunerazione ai dividendi, possono essere considerati alla stregua di beni plusvalenti, gli stessi, laddove ceduti, sono suscettibili di generare, in virtù della natura imprenditoriale o meno del cedente, plusvalenze o minusvalenze patrimoniali comprese nel reddito di impresa ex artt. 58, 86 e 87 del TUIR oppure plusvalenze o minusvalenze speculative classificate come redditi diversi ex art. 67 del TUIR24.

8. Si deve, peraltro, appurare se possa o meno dare luogo a reddito diverso assoggettato alla disciplina di cui agli artt. 67 e 68 del TUIR la cessione di un contratto di cointeressenza propria in cui l'apporto sia costituito da opere e servizi.

9. Nel senso della non imponibilità non sembra militare il rinvio che l'art. 67, primo comma, lett. c) e c-bis), del TUIR opera ai soli contratti di cui all'art. 109, comma nono, lett. d), del TUIR il quale nega la deducibilità per l'associante imprenditore della remunerazione della cointeressenza propria in cui l'oggetto dell'apporto sia diverso da opere e servizi25 dal momento che il rinvio stesso assimilerebbe la fattispecie a quella (della cessione) di una partecipazione ove vi sia un apporto tradizionale ovvero diverso da quello di opere e servizi; ma, forse, vi è di più nel senso che l'assimilazione potrebbe operare in ogni caso a condizione che vi sia un qualche apporto anche di opere e di servizi26, ipotesi, questa, di apporto che potrebbe frequentemente ricorrere nel caso di persone fisiche non imprenditori.

10. Pertanto, se la qualificazione come reddito diverso non pare dubbia per la remunerazione di cointeressenze proprie con apporto di capitale il dubbio resterebbe per gli apporti misti o di sole opere e servizi e per la cessione di contratti di cointeressenza impropria senza alcun apporto.

11. In ordine, infine, alla cessione del contratto da parte di un soggetto che possa accedere al regime della c.d. pex, ex art. 87 del TUIR, se, da un lato, la qualificazione della remunerazione alla stregua di un dividendo giustifica l'assimilazione del contratto alla plusvalenza derivante da una partecipazione societaria così come operata dall'art. 87, terzo comma, del TUIR, un elemento ostativo, almeno dal punto di vista formale, potrebbe essere la difficoltà di iscrivere il bene ceduto i.e. il contratto di cointeressenza, fra le immobilizzazioni finanziarie così come richiesto, in via generale, dall'art. 87, primo comma, del TUIR27; ad altra conclusione si potrebbe, però, giungere se si adottasse un approccio interpretativo più funzionale al ruolo che l'immobilizzazione svolge nella disciplina dell'esenzione e, quindi, al significato che la natura non speculativa dell'acquisto (ovvero della stipula del contatto) possa svolgere.

12. In ragione della natura non associativa ma sinallagmatica del contratto di associazione in partecipazione che di cointeressenza, la prestazione dell'associato o del cointeressato sarebbe imponibile ai fini IVA salva, se del caso, la sua natura esente28 o esclusa29.
La non applicazione dell'IVA discenderebbe, allora, dall'accertamento che la partecipazione comprende anche le perdite e che, quindi, la prestazione dell'associato non sia un servizio verso corrispettivo reso in una logica sinallagmatica e di scambio; se, però, come si è detto, il contratto non ha natura associativa, la non imponibilità potrebbe essere fatta discendere dalla scelta che il legislatore compie, nell'art. 3, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, laddove non considera prestazioni di servizi i conferimenti.
In ogni caso, perché si realizzi il presupposto soggettivo dell'IVA occorre che la cessione o la prestazione di cui all'apporto sia effettuata nell'esercizio di un'arte, professione o di un'impresa soddisfacendo il presupposto soggettivo dell'imposta: ci si potrebbe, peraltro, chiedere se il requisito dell'abitualità e della programmaticità economica possa essere accertata con esclusivo riferimento alle specifiche modalità di svolgimento della cessione o prestazione o debba, invece, come sembra, essere verificata aliunde rispetto al singolo contratto.

Prof. Valerio Ficari
UNIVARSITA' DI SASSARI

Note:

1Si pensi anche all'assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere: ad esempio, al godimento di un bene mobile o immobile oppure all'obbligo di fornire all'associante beni al prezzo di costo o ad un prezzo inferiore a quello di mercato.
2Più ampiamente sul punto da ultimo PIERRO, L'associazione in partecipazione e i contratti di cointeressenza, in AA.VV., Imposta sul reddito delle società (IRES), Bologna, 2007, 348 ss. e 356 ss.; e FERLAZZO NATOLI - MARTELLA, Regime fiscale punitivo per l'associazione in partecipazione?, in Boll. Trib., 2004, 405 ss.; nonché, se si vuole, FICARI, Presupposto oggettivo dell'IVA e utili percepiti dall'associato nell'associazione in partecipazione fra imprenditori, in Giur. it., 1999, 653 ss.
3Per il caso in cui la remunerazione sia erogata da un associante non residente l'assimilazione ad un utile è regolata dalle stesse norme di cui all'art. 44, secondo comma, citato in ragione del rinvio operato dal successivo art. 47, secondo comma, del TUIR (vedi circ. 18 gennaio 2006, n. 4/E, § 1.2., in Boll. Trib., 2006, 125).
4Così GALLO, Riforma del diritto societario e imposta sul reddito, in Giur. comm., 2004, 289.
5Assoggettabile ad una ritenuta alla fonte a titolo di acconto pari al 20% ex art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
6Per approfondimenti sia permesso rinviare a FICARI, I conferimenti in società a responsabilità limitata nella riforma tributaria, in Rass. trib., 2005, 726 ss. spec. 743 ss.
7Su cui senza pretesa di esaustività COTTINO - SARALE, L'associazione in partecipazione, in Trattato di diritto commerciale, Padova, 2004, III, passim.
8In tal senso anche BELLI CONTARINI, Il regime fiscale dei contratti di cointeressenza dopo la riforma tributaria, in Riv. dir. trib., 2004, I, 1164.
9Per tali perplessità GALLO, Riforma del diritto societario, cit., 288 ss., contra PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 355, nota 49, e 359.
10Cfr. anche ESCALAR, Il nuovo regime di tassazione degli utili da partecipazione e dei proventi equiparati nel decreto legislativo di riforma dell'imposizione sul reddito delle società, in Rass. trib., 2003, 1937.
11Nel senso dell'indeducibilità Cass., sez. trib., 25 novembre 2003, n. 17963, in Boll. Trib., 2004, 1109 ss.
12Sulla limitazione dell'indeducibilità al solo caso dell'associante imprenditore individuale, cfr. ris. 27 maggio 2002, n. 158/E, in Boll. Trib. On-line.
13Base imponibile ridotta al 40% se l'associato è residente in Italia ed applicazione della ritenuta del 27% se residente all'estero; applicazione della ritenuta del 12,5 % per apporti non qualificati ed erogazioni a favore di associato residente in Italia e del 27% se residente all'estero.
14Cfr. per tutti PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 363 ss.
15Amplius in PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 374 ss.
16In tal senso GALLO, Riforma del diritto societario, cit., 289.
17Cfr. BELLI CONTARINI, Il regime fiscale dei contratti di cointeressenza dopo la riforma tributaria, cit., 1164 e 1165.
18Più ampiamente in PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 382 ss.
19Così PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 346 e 347 anche per le indicazioni attinenti alla valutazione a fini contabili.
20Così ris. 16 maggio 2005, n. 62/E, in Boll. Trib., 2005, 1132.
21Il punto è evidenziato, tra gli altri, da ESCALAR, Il nuovo regime di tassazione, cit., 1954; FILIPPI, Brevi osservazioni sui profili tributari del contratto di associazione in partecipazione, in Dir. prat. trib., 2004, I, 206. La legge delega 7 aprile 2003, n. 80, lasciava al legislatore delegato la scelta fra procedere all'assimilazione delle remunerazioni di tali contratti agli utili, come accaduto, e, invece, ricondurre gli apporti ad incrementi del capitale di debito.
22Un elemento di fatto meritevole di essere valorizzato per meglio individuare termini di confine è l'eventualità che a fronte dell'apporto faccia seguito l'emissione di titoli partecipativi circolabili che incorporino il rapporto contrattuale. In questa ipotesi l'assimilazione al dividendo sarebbe logica ma la regola dell'indeducibilità dovrebbe seguire, in ragione di un rapporto di specialità, i criteri fissati dall'art. 109, nono comma, lett. a), del TUIR per gli strumenti finanziari e, dunque, solo per la misura che deriva dalla partecipazione ai risultati economici dell'emittente. Così FILIPPI, Brevi osservazioni, cit., 213.
23Nel primo caso, senza richiedere alcuna soglia quantitativa, l'art. 59, secondo comma, del TUIR circoscrive la base imponibile al solo 40%; qualora, poi, l'associato sia un soggetto IRES o una società di persone commerciale ex art. 56, primo comma, del TUIR la base è ridotta al 5% ex art. 89, secondo comma. Nel secondo l'art. 47, secondo comma, limita l'imposizione al 40% dell'ammontare se il valore di quanto apportato sia superiore al 5% o al 25% del valore del patrimonio netto contabile in base all'ultimo bilancio approvato a seconda che si tratti di società quotate o meno: laddove l'apporto non superi tale soglia, alla stregua dei dividendi in senso proprio, vi sarà una ritenuta a titolo di imposta del 12,50% su di una base imponibile piena ex art. 27 del D.P.R. n. 600/1973.
24Cfr. PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 342 e 384 ss.
25Come afferma, invece, se non erriamo, PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 386 e 387.
26Così la circ. 4 agosto 2004, n. 36/E, § 2.2.2.2, in Boll. Trib., 2004, 1165.
27Nel senso della non applicabilità, cfr. PIERRO, L'associazione in partecipazione, cit., 392.
28La circostanza che il cointeressato non risponda delle perdite potrebbe indurre a ritenere che l'assunzione della garanzia si atteggi non come motivo ma vera e propria causa contrattuale tale da avvicinarla a quella propria dei contratti assicurativi di modo che essa potrebbe dar luogo ad una prestazione di servizi esente ai fini IVA.
29L'art. 5, secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non considera realizzato il presupposto soggettivo dell'imposta laddove la prestazione di servizi dedotta nel contratto di associazione in partecipazione sia resa da un soggetto non già lavoratore autonomo abituale; nel senso della natura associativa e non sinallagmatica vedi, però, Cass., sez. trib., 2 luglio 1998, n. 6466, in Boll. Trib., 1999, 86, e, anche in Giur. it., 1999, 653 ss. con nota di FICARI, Presupposto oggettivo dell'IVA ed utili percepiti dall'associato nell'associazione in partecipazione fra soggetti imprenditori, cui si rinvia per indicazioni; nel senso della natura corrispettiva cfr. ris. 30 luglio 2002, n. 252/E, in Boll. Trib., 2002, 1330.

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