Sostanzialmente, il verdetto della Direzione Centrale dell'Agenzia delle Entrate conferma quanto già espresso nel lontano 2002 con la Risoluzione 28 novembre, n. 375/E, in cui si chiariva (chiariva?) che i prodotti finiti d'oro usati, ceduti a soggetti passivi che effettuano lavorazione di oro industriale, anche se non qualificabili sotto il profilo merceologico come "oro industriale" - nell'accezione delineata dalla legge n. 7 del 2000 -, potevano essere assimilati, ai fini IVA, a quest'ultimo prodotto, in considerazione dell'univoca destinazione del metallo prezioso alla lavorazione da parte del cessionario.
Il meccanismo del "Reverse Charge" è dunque sicuramente applicabile da parte dei commercianti all'ingrosso e/o al dettaglio di preziosi, che acquistano (anche da gioiellerie) oggetti d'oro usati per poi rivenderli, sotto forma di rottami d'oro, a soggetti che operano nel settore dell'affinazione e del recupero di metalli preziosi. Il citato documento di prassi ha pertanto chiarito che la cessione di oggetti d'oro, non più idonei ad essere inseriti nel circuito commerciale e insuscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, in quanto impiegati in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione industriale, è assimilata alla cessione di "materiale d'oro" o "semilavorato". Ne consegue che per tale cessione l'imposta è assolta mediante il meccanismo dell'inversione contabile, previsto dall'articolo 17, comma quinto, del DPR n. 633 del 1972.
Fin qui, nulla viene aggiunto a quanto non si sapesse già.
Tralasciando la dissertazione sulle diverse tipologie di oro, l'Agenzia però si spinge oltre, introducendo una nuova terminologia mutuata dal suo sconfinato bagaglio lessicale di cui ha dato prova recentemente (nda - si ricordino le recenti "finestre temporali"): "la destinazione per vocazione".
Quasi religiosamente: un bene risulta destinato "per vocazione" ad un processo intermedio di lavorazione non solo qualora sia inidoneo oggettivamente ad essere inserito nel circuito commerciale, perché rotto o difettoso (come nel caso dei rottami), ma anche ogni qual volta - pur essendo un monile sano e non definibile in senso stretto come ‘rottame' - sia ceduto ad un operatore che effettua su di esso l'attività industriale di trasformazione e affinazione del metallo prezioso e lo lavora alla stregua di oro industriale. In sostanza, la destinazione al processo di lavorazione e trasformazione industriale, che rende applicabile il regime dell'inversione contabile alle relative cessioni, riguarda non solo i rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di oro usato, a prescindere dalle condizioni in cui si trova (sia esso integro ovvero rotto o difettoso, riparabile o meno), in considerazione della destinazione di tali materiali al ricondizionamento industriale proprio dei semilavorati dell'oro industriale.
Ma come si fa a stabilire questa vocazione?
Viene precisato che: i beni d'oro usati possono essere ritenuti per vocazione destinati ad un processo di trasformazione industriale ogniqualvolta il cessionario è un azienda che effettua esclusivamente l'attività di lavorazione industriale dei metalli preziosi, ovvero ogniqualvolta il cessionario è un'azienda di fabbricazione, titolare di marchio di identificazione ai sensi del D.lgs. 251 del 1999, che effettua l'attività di affinazione industriale del metallo prezioso al fine di immettere in produzione nuovi oggetti d'oro recanti il proprio marchio di identificazione. Diversamente, l'esercizio da parte di un'azienda dell'attività di trasformazione e, contestualmente, di commercializzazione dei beni usati esclude che i beni d'oro usati possano essere ritenuti per vocazione sempre destinati ad un processo di trasformazione industriale. Non si applicheranno quindi in tal caso le disposizioni di cui al citato articolo 17, comma quinto, del DPR 633 del 1972.
Purtroppo, chi quotidianamente opera nel settore, sa benissimo che tale argomentazione prescinde dalla realtà e dalle pratiche commerciali degli operatori e ciò che, paradossalmente, si può ricavare da tali indicazioni, limitandomi a citare l'intelligente osservazione del Dott. Nunzio Ragno, Presidente Associazione Nazionale "Tutela I Compro Oro" è che "l'atteggiamento fiscale (IVA) da adottare debba essere ricondotto alla condizione soggettiva e oggettiva del soggetto cessionario di turno, che potrebbe, liberamente e per motivi anche sconosciuti, astenersi dal rivelare la propria e completa attività aziendale svolta, causando, indirettamente, uno scompenso al cedente. È come dire che prima di agire bisognerebbe fare i conti in casa di altri".
Per la serie: Πάντα ῥεῖ καὶ οὐδὲν μένει (tutto scorre e nulla rimane).
Dott. Michele Scirpoli