Giovedì 6 giugno 2013
Ristoranti, la ricostruzione dei ricavi passa dalle bevande
a cura di: AteneoWeb S.r.l.
Legittimo ricostruire i ricavi delle attività di ristorazione sulla base dei consumi di acqua e caffè.
Minerale e caffè annacquano il ‘tovagliometro'. La Corte di Cassazione fornisce nuovi chiarimenti in tema di ricostruzione dei ricavi per le attività di ristorazione. Con la sentenza n. 11622 del 15 maggio scorso, gli Ermellini hanno ritenuto legittimo l'utilizzo di indicatori legati alle bevande, in particolare acqua e caffè, scartando i dati sul consumo unitario dei tovaglioli risultanti dalla fatturazione dei lavaggi.
Il settore della ristorazione, per stessa ammissione della Corte, non presenta un indicatore di riferimento per la ricostruzione presuntiva dei ricavi. Il Fisco, in sede di accertamento, deve analizzare ogni singolo caso e considerare tutti gli aspetti che possono influire sul processo di identificazione quantitativa.
Nel caso di specie, il soggetto ricorrente - un ristorante piemontese - criticava l'utilizzo di indicatori quali il consumo di caffè e acqua minerale in quanto ‘più confacenti all'attività di bar che a quella di ristorante e comunque ritenuti non esaustivi'. Il contribuente, inoltre, aveva contestato il mancato ricorso a correzioni, quali autoconsumo o deperimenti, giudicate fondamentali in riferimento ai liquidi in oggetto.
La Corte ha però rigettato tutte le considerazioni esposte e ha difeso il giudizio emerso in sede di appello (il giudice di secondo grado aveva respinto il ricorso del contribuente). Il risultato ottenuto grazie all'analisi dei consumi di acqua e caffè, oltre a essere pienamente legittimo, è da approssimare addirittura per difetto. Le preferenze dei clienti, infatti, possono presumibilmente cadere su altre bevande, portando il Fisco ad ottenere, in fase di accertamento, un risultato finale perfino più favorevole al contribuente che all'Amministrazione.
Inutile, inoltre, aggrapparsi a ipotesi riduttive quali autoconsumo e deperimento. Nella fattispecie, l'utilizzo di caffè nelle preparazioni di cucina è da considerare risibile in termini quantitativi e il deperimento ‘non ha senso per le acque minerali ed è poco verosimile per un elemento di continuo consumo come il caffè'.
Nuovi spunti di riflessione, dunque, per ristoratori e addetti ai lavori in vista dell'imminente obbligo dichiarativo. L'elevata aleatorietà insita nell'identificazione della massa imponibile in questo settore anima da tempo i contenziosi tra contribuente e Amministrazione. La sentenza della Cassazione n. 17408 del 23 luglio 2010 aveva già avallato l'utilizzo della sola acqua minerale ai fini della ricostruzione reddituale delle attività di ristorazione, ‘costituendo un ingrediente fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni effettuate'.
La recente disposizione della Corte fortifica l'orientamento precedente e detta, in maniera chiara, le linee da seguire in fase di accertamento.
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