Mercoledì 24 luglio 2013
Sfratto per morosità, rinvio d'udienza e appello contro l'ordinanza di convalida
a cura di: Studio Avvocato Zago
La crisi economica generale, ed in particolare quella del settore immobiliare, hanno generato negli ultimi anni un costante ed inesorabile aumento delle procedure di sfratto per morosità sia ad uso abitativo che diverso pendenti avanti i Tribunali italiani.
A tale aumento però non è corrisposto un contestuale aumento di attenzione e studio della procedura di sfratto per morosità e del suo particolare iter processuale, disciplinato dell'art. 663 c.p.c., tanto da parte degli avvocati quanto dei Giudici, con la conseguenza che in taluni casi le ordinanze di convalida risultano essere affette da vizi procedurali.
L'art. 663 c.p.c. regola in maniera precisa e puntuale l'iter processuale della convalida di sfratto, delineandone gli elementi essenziali, che, in quanto tali, devono essere oggetto di attenta valutazione da parte del Giudice della nominato all'atto della pronuncia dell'ordinanza di convalida dell'intimato sfratto.
Infatti, l'art. 663 c.p.c. configura un'ipotesi procedurale autonoma e indipendente dalle altre figure tipiche del processo civile, ovverosia un procedimento rapido e immediatamente decisorio che, per sua natura, deve necessariamente esaurirsi all'atto dell'udienza indicata in intimazione di sfratto per morosità o tuttalpiù in quella diversa disposta per esigenze dell'Ufficio.
Invero, il legislatore, proprio per la natura peculiare dell'oggetto regolato della procedura ex art. 663 c.p.c., in deroga a quanto normalmente previsto nel codice di procedura civile in tema di contumacia del convenuto - resistente, pone come elemento necessario e centrale proprio l'udienza (unica) fissata per la convalida dello sfratto per morosità, dando rilevanza alla comparizione o meno dell'intimato stesso, ai fini della decisione sulla domanda di convalida proposta dall'intimante.
Da ciò deriva, come affermato unanimemente dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e dalla dottrina (sul punto si veda in particolare R. Frasca Il procedimento di convalida di sfratto UTET), che l'iter processuale previsto dall'art. 663 c.p.c. deve espletarsi completamente all'interno di quell'unica udienza non potendo il Giudice adito acconsentire ad alcun rinvio. In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione: "Il procedimento per convalida di sfratto è caratterizzato da "tipicità ed immediatezza" che non consentono alternative oltre all'adozione o non adozione del provvedimento di convalida alla prima udienza. Ciò comporta che non sono possibili rinvii di sorta (fatta eccezione ovviamente per i rinvii d'ufficio disposti per la mancata tenuta dell'udienza), che snaturerebbero siffatto procedimento". (Cass. Civ. sent n. 3889/2000)
Contrariamente alle indicazioni del codice di procedura civile e a quanto indicato dalla Corte di Cassazione, è, invece, diffusa la prassi da parte degli avvocati, in caso di trattative pendenti o parziali pagamenti dell'intimata morosità, di chiedere al nominato Giudice un rinvio dell'udienza di convalida dello sfratto, nelle più svariate forme: rinvio semplice, rinvio impregiudicati i diritti di prima udienza, rinvio pendenti trattativi. La prassi della richiesta di rinvio e l'accoglimento da parte del Giudice, come visto poc'anzi, non solo, è assolutamente contraria tanto al dettato normativo quanto alle indicazione della Corte di Cassazione, ma potrebbe addirittura dare il " la" impugnazioni dell'ordinanza di convalida di sfratto per morosità pronunciata in successiva udienza, con la proposizione di un ricorso in appello nelle forme del rito locatizio.
Infatti, il provvedimento di convalida di sfratto per morosità assunto dal Giudice adito, in seconda o ulteriore udienza, indubbiamente genera un vulnus all'iter previsto dall'articolo 663c.p.c., mutando conseguentemente la natura della decisione adottata da ordinanza a sentenza, così come confermato dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione. I Giudici di Piazza Cavour sul punto ritengono che: "L'ordinanza di convalida della licenza o dello sfratto, pur essendo in linea di principio impugnabile soltanto con l'opposizione tardiva, ex art. 668 c.p.c., è, tuttavia, soggetta al normale rimedio dell'appello se emessa in difetto dei presupposti prescritti dalla legge e, quindi, al di fuori dello schema processuale ad essa relativo, essendo, in tal caso, equiparabile, nella sostanza, ad una sentenza anche ai fini delle impugnazioni". (Cassazione civile sez. III 25/07/2001Numero:10146)
Dunque, potendo assumere l'ordinanza di convalida di sfratto pronunciata in seconda udienza la natura di sentenza, saranno esperibili nei suoi confronti tutte le normali forme di impugnazione previste dal Codice di Procedura Civile avverso una sentenza di primo grado.
Pertanto, il Giudice adito per evitare di incorrere in un'errata applicazione dell'art. 663 c.p.c., dovrebbe, se ve ne sono le condizioni, pronunciare i provvedimenti di cui al 665 c.p.c., e contestualmente pronunciare ordinanza di mutamento del rito ex art. 426 c.p.c., con la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito locatizio.
Va da sé che, anche l'atteggiamento degli avvocati, all'atto della proposizione della intimazione di sfratto per morosità con contestuale citazione per la convalida, dovrebbe allinearsi alle indicazioni del dettato codicistico, evitando la prassi della sequenza di rinvii, che potrebbe indurre la parte intimata ad attendere l'ordinanza "tardiva" di convalida per poi impugnare la stessa del vizio di forma e ottenere una riforma della sentenza - ordinanza di convalida di sfratto, rendendo così doppiamente vano, sia lo sforzo in senso transattivo sia l'attesa del locatore intimante.
Avv. Antonio Zago
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