Fino al 31 dicembre 2006 infatti, qualora vi fosse uno scostamento tra ammontare di ricavi stabiliti da Gerico per raggiungere la congruità e valore dichiarato dal contribuente, seppur di modesta entità, per l'Agenzia delle Entrate bastava a costituire una grave incongruenza tale da ricorrere all'applicazione dell'art. 39, comma 1, lettera d) del DPR 600/1973, che riconosce all'Amministrazione finanziaria la possibilità di desumere l'esistenza di attività non dichiarate, o l'inesistenza di passività dichiarate, anche sulla base di presunzioni purché gravi, precise e concordanti. Tale presunzione qualificata - scaturente dallo scostamento tra il dato presunto dei ricavi (Gerico) e il corrispondente dato contabile - che è il fondamento del temuto accertamento analitico-presuntivo da Studi di Settore con inversione dell'onere della prova, nella prassi professionale di questi anni in realtà non ha mai convinto né dottrina né giurisprudenza, se è vero che nella maggior parte dei casi l'Agenzia delle Entrate è stata soccombente in pendenza di giudizi tributari.
Il Legislatore fiscale, memore delle sconfitte nel dibattito giurisprudenziale in tema di Studi, ha provveduto a stabilire normativamente che l'accertamento da Studi di Settore possa applicarsi "...qualora l'ammontare dei ricavi o compensi risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabile sulla base degli stessi." In concreto, sarebbe oggi il mero scostamento, indipendentemente dalla relativa entità, la grave incongruenza che legittima l'applicazione degli Studi di Settore. Se a questo si aggiunge che le nuove disposizioni potrebbero applicarsi in modo retroattivo, si capisce come più che mai lo scenario non sia dei più tranquillizzanti e, comunque, ancora pieno di dubbi da chiarire.
Di certo vi è che a compensare la stretta sugli accertamenti il Legislatore fiscale ha inibito la possibilità di effettuare accertamenti analitico-presuntivi a quei contribuenti:
- che sono congrui (anche per adeguamento in dichiarazione) al risultato di Gerico,
- che sono coerenti in relazione ai nuovi indicatori economici previsti, - che hanno compilato gli Studi di settore con dati corretti.
Per tali soggetti opera il blocco degli accertamenti, purché (condizione da non sottovalutare) "...l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50mila, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati."
La soglia di sbarramento, rappresentata dai 50.000 euro in valore assoluto, non sembra affatto tutelare i contribuenti più dimensionati, ma solo quelli di modestissima entità, in quanto l'esperienza porta a credere che in sede di rettifica presuntiva, gli Uffici applicano delle percentuali di ricarico sul volume d'affari dichiarato che determinano, nella gran parte dei casi, riprese di ammontare ben superiore a tale soglia di tolleranza. A ciò si aggiunga che dal 2007 gli Studi di Settore si applicheranno ai soggetti con un volume di ricavi non superiore a 7.500.000 euro, contro i precedenti 5.164.000 circa. Ad una platea così allargata di contribuenti passibili di applicazione degli Studi non resterebbe che propendere per un comportamento virtuoso, che si traduce in una compilazione corretta dei modelli e nel tendere alla congruità, anche mediante adeguamento. Il condizionale è d'obbligo, in quanto ai molti dubbi sull'applicazione delle nuove disposizioni sopra menzionate si affianca la problematica degli indici di coerenza, ossia gli indicatori di normalità economica che dovrebbero influire anche sui parametri che determinano la congruità, assumendo un ruolo ben più rilevante dei precedenti, la cui incoerenza comportava il semplice inserimento nelle liste di controllo.
Al momento non è dato sapere quali saranno gli indicatori prescelti, anche se da molto tempo se ne parla, ma una cosa è certa: gli stessi saranno elaborati (se e quando avverrà) unilateralmente dall'Amministrazione finanziaria, senza il consueto obbligo di consultazione della commissione di esperti.
Ad ampliare ulteriormente il bacino di utenza dei soggetti obbligati alla compilazione degli Studi di Settore si segnala, in ultimo, che la Finanziaria ne ha disposto la compilazione anche per i soggetti con periodo d'imposta diverso dai 12 mesi. Di fatto il legislatore, con decorrenza 1° gennaio 2007, ha azzerato una serie di situazioni per le quali, fino all'esercizio 2006, gli studi non trovavano applicazione. Non si applicano gli Studi di Settore, per i contribuenti che:
- hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare superiore a 7,5 milioni di euro;
- hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta (salvo nel caso in cui lo stesso soggetto abbia cessato e iniziato l'attività entro sei mesi dalla data di cessazione nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti);
- contribuenti che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività.
In conclusione si segnala l'inasprimento delle sanzioni applicabili in caso di dichiarazioni infedeli in conseguenza di omissioni o errori nei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché in caso di indicazione di cause di esclusione o inapplicabilità non sussistenti. L'intento evidente è quello di contrastare l'evenienza che i contribuenti possano adattare i dati comunicati in dichiarazione dei redditi al fine di raggiungere una congruità fittizia. A questo scopo si assiste ormai da tempo ad una serie di controlli sul campo, i cosiddetti "accessi brevi".