Venerdì 1 agosto 2014
TFR dal fondo di garanzia anche se il datore di lavoro non è fallito
a cura di: Studio Dott.ssa Giorgia Signaroldi
Legge 29 maggio 1982 n. 297, Corte di Cassazione Sentenza 4 luglio 2014 n.15369.
La legge n. 297 del 1982, art. 2, comma 5, prevede il pagamento del T.F.R. da parte dell'INPS qualora il datore di lavoro, non soggetto a fallimento, non adempia, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, a detto pagamento, sempreché il lavoratore abbia infruttuosamente esperito l'esecuzione forzata per la realizzazione del credito.
La Corte di Cassazione ha più volte affermato (cfr. Cass. n. 7466/2007, Cass. n. 1178/2009, Cass. n. 7585/11) che una lettura della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla direttiva CE n. 987 del 1980 consente, secondo una ragionevole interpretazione, l'ingresso ad un'azione nei confronti del Fondo di garanzia, quando l'imprenditore non sia in concreto assoggettato al fallimento e l'esecuzione forzata si riveli infruttuosa.
Questo significa che l'azione della citata L. n. 297 del 1982, ex art. 2, comma 5, trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo (cfr. Cass. 15662/10 e Cass. 8529/12).
Tra tali ipotesi, la sentenza in commento fa rientrare anche quella di rigetto dell'istanza di fallimento per la esiguità del credito. Da un lato, la interpretazione estensiva trova piena giustificazione nella facoltà data dalla direttiva comunitaria ai legislatori nazionali di assicurare la tutela dei lavoratori anche in casi di insolvenza accertati con modalità e in sedi diverse da quelle tipiche delle procedure concorsuali; dall'altro, la medesima interpretazione esclude quella situazione di non-copertura assicurativa che altrimenti si verificherebbe quando il datore di lavoro è astrattamente assoggettabile a fallimento, ma il fallimento non può essere dichiarato, mentre il lavoratore abbia intrapreso un'esecuzione forzata e questa non dia esito (cfr. Cass. n. 11379 del 2008). L'esigenza di tutela effettiva, infine, è coerente con la finalità del Legislatore del 1982, che, mediante l'istituzione di un Fondo di garanzia affidato all'ente previdenziale pubblico, ha inteso compensare la peculiarità della disciplina del T.F.R., in cui il sistema degli accantonamenti fa sì che gli importi spettanti al lavoratore vengano trattenuti e utilizzati dal datore di lavoro, con la previsione di una tutela certa del credito, realizzata attraverso modalità garantistiche e non soggetta alle limitazioni e difficoltà procedurali previste, invece, per la tutela delle ultime retribuzioni (ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1992).
Pertanto, ai fini della tutela prevista dalla L. n. 297 del 1982 in favore del lavoratore, per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro, quest'ultimo, se è assoggettabile a fallimento, ma in concreto non può essere dichiarato fallito per la esiguità del credito azionato, va considerato non soggetto a fallimento, e pertanto opera la disposizione dell'art. 2, comma 5, della predetta Legge, secondo cui il lavoratore può conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia costituito presso l'INPS alle condizioni previste dal comma stesso, essendo sufficiente, in particolare, che il lavoratore abbia esperito infruttuosamente una procedura di esecuzione, salvo che risultino in atti altre circostanze le quali dimostrino che esistono altri beni aggredibili con l'azione esecutiva.
Dott.ssa Giorgia Signaroldi
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