La disposizione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, laddove vieta di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati in funzione della tutela della persona disabile.
Di conseguenza, il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando la disabilità del familiare che egli assiste non si configuri come grave, a meno che il datore di lavoro, a fronte della natura e del grado di infermità psico-fisica del familiare, provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive ed urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.
Il principio è stato richiamato dalla Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 25836 del 1 settembre 2022.