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Martedì 29/11/2011
DANNO DA TRASFUSIONE: INDENNIZZO EX LEGGE N. 210 DEL 1992 E RIVALUTAZIONE PER INTERO
a cura di: La Previdenza.itCon sentenza del 9 novembre 2011, n, 293, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 11, commi 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,della legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui non prevedevano il diritto a riscuotere la rivalutazione monetaria, sulla base del tasso di inflazione programmato, dell'indennità integrativa speciale di cui all'art. 2, comma 2, della medesima legge, costituente parte integrante dell'indennizzo in godimento.
La questione di legittimità era stata sollevata, con distinte ordinanze di rimessione, dai Tribunali di Alessandria, Reggio Emilia, Parma, Pausania, Tempio, a seguito dei contenziosi intrapresi dai danneggiati da emotrasfusioni, per contrasto:
- con l'art. 3, comma 1, sotto il profilo della ragionevolezza e dell'uguaglianza, per l'illegittima disparità di trattamento;
- con l'art. 117, primo comma, Cost., stante la violazione delle norme convenzionali di cui all'art. 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali(CEDU);
- con l'art. 32 Cost. che tutela il diritto alla salute, nonché l'art. 117, primo comma, Cost., stante la violazione dell'art. 35 CEDU;
- con gli artt. 25, primo comma, 101, 102, 104, 111 Cost., per l'ingerenza attraverso le disposizioni censurate del potere legislativo su quello giudiziario. Inoltre, il ius superveniens comporterebbe, di fatto, una estinzione dei processi in corso e, dunque, una sostanziale vanificazione della via giurisdizionale quale mezzo per attuare un diritto preesistente, con violazione del diritto di azione;
- l'art. 38, primo comma, Cost., sotto il profilo della adeguatezza delle prestazioni assistenziali;
- con l'art. 111 Cost., in quanto l'estinzione automatica di tutti i giudizi pendenti comporterebbe una illegittima interferenza del potere legislativo nella sfera della giurisdizione.
Le sei ordinanze di rimessione hanno sostanzialmente censurato la medesima normativa (art. 11, commi 13 e 14, d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010), con argomentazioni identiche o analoghe. Pertanto, i relativi giudizi di legittimità costituzionale sono stati riuniti, per essere definiti con unica decisione.
La questione, concernente la rivalutazione della indennità integrativa speciale, componente prevista dall'art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, e pari a circa il 95% dell'intero indennizzo, è stata oggetto in giurisprudenza di decisioni contrastanti. In particolare, con la sentenza del 28 luglio 2005, n. 15894, la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha affermato la necessità della rivalutazione, secondo il tasso annuale di inflazione programmata, dell'indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, anche con riferimento alla componente di cui al comma 2, dell'art. 2 della medesima legge, rilevando che una diversa interpretazione non sarebbe conforme ai principi costituzionali, in quanto la misura dell'indennizzo, se non rivalutata per intero nelle sue componenti, non sarebbe equa rispetto al danno subito, da rapportare al pregiudizio alla salute, tanto più che gli aumenti Istat dell'indennizzo - al netto dell'indennità integrativa speciale - sono modesti e l'indennità stessa e' rimasta ferma a lire 1.991.765, pari a euro 1.028,66 (corrispondente al valore di due mensilità, in quanto l'indennizzo e' corrisposto ogni due mesi).
Diversamente, con la sentenza del 13 ottobre 2009 n. 21703, la Corte di cassazione, sezione lavoro, si e'discostata dal precedente orientamento, ritenendo non rivalutabile la componente di cui all'art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992.
I rimettenti sottolineano che, nonostante quest'ultima interpretazione, le Corti di merito continuano ad adeguarsi al precedente orientamento, riconoscendo la rivalutazione monetaria dell'intero indennizzo.
Secondo i giudici rimettenti, in questo quadro non si giustifica, e risulta, quindi, fonte di una irragionevole disparità di trattamento in contrasto con l'art. 3, comma primo, Cost., la situazione venutasi a creare, a seguito della normativa censurata, per le persone affette da epatite post-trasfusionale rispetto a quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide.
A questi ultimi e' riconosciuta la rivalutazione annuale dell'intero indennizzo, mentre alle prime la rivalutazione (sulla base del tasso di inflazione programmato: art. 2, comma 1, legge n. 210 del 1992) e' negata proprio sulla componente diretta a coprire la maggior parte dell'indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l'altro, che soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione. E ciò ad onta delle caratteristiche omogenee come sopra riscontrate tra i due benefici.
Osserva la Corte che le scelte del legislatore, nell'esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità, della misura, della gradualità e dei modi di erogazione delle provvidenze da adottare, rientrano nella sfera della sua discrezionalità. Tuttavia, compete a questa Corte verificare che esse non siano affette da palese arbitrarietà o irrazionalità, ovvero non comportino una lesione della parità di trattamento o del nucleo minimo della garanzia (sentenze n. 342 del 2006 e n. 226 del 2000).
Orbene, come già chiarito dalla Corte, non e' ravvisabile irrazionale disparità di trattamento dei soggetti danneggiati in modo irreversibile da emotrasfusioni rispetto a quanti abbiano ricevuto una menomazione permanente alla salute da vaccinazioni obbligatorie, trattandosi di situazioni diverse che non si prestano ad entrare in una visione unificatrice (sentenza n. 423 del 2000 e ordinanza n. 522 del 2000).
Non altrettanto, però, può dirsi per la situazione delle persone affette da sindrome da talidomide. Invero, la ratio del beneficio concesso a tali persone e' da ravvisare nell'immissione in commercio del detto farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari sui suoi effetti, sicché esso ha fondamento analogo, se non identico, a quello del beneficio introdotto dall'art. 1, comma 3, della legge n. 210 del 1992. Nella sindrome da talidomide, come nell'epatite post-trasfusionale, i danni irreversibili subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici non legalmente imposti e neppure incentivati e promossi dall'autorità nell'ambito di una politica sanitaria pubblica. Entrambe le misure hanno natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost.
In questo quadro non si giustifica, e risulta, quindi, fonte di una irragionevole disparità di trattamento in contrasto con l'art. 3, comma primo, Cost., la situazione venutasi a creare, a seguito della normativa censurata, per le persone affette da epatite post-trasfusionale rispetto a quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide.
A questi ultimi è riconosciuta la rivalutazione annuale dell'intero indennizzo, mentre alle prime la rivalutazione (sulla base del tasso di inflazione programmato: art. 2, comma 1, legge n. 210 del 1992) e' negata proprio sulla componente diretta a coprire la maggior parte dell'indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l'altro, che soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione. E ciò ad onta delle caratteristiche omogenee come sopra riscontrate tra i due benefici.
E' proprio sotto questo profilo di disparità di trattamento che la Corte costituzionale ha ritenuto di dover dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, commi 13 e 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122, con conseguente diritto alla rivalutazione annuale dell'indennizzo anche per i danneggiati da emotrasfusioni in tutte le sue componenti e, quindi, nell'intero importo, secondo il tasso di inflazione programmato.
Avv. Daniela CarboneFonte:
www.laprevidenza.it