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Giovedì 25/08/2016
Simulazione della malattia e licenziamento: per Cassazione il datore di lavoro può incaricare un'agenzia per accertarne la sussistenza
a cura di: Studio Legale Mancusi
In tema di malattia in costanza di rapporto di lavoro è legittima la ricerca degli elementi utili a verificare l'attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore compiuta da un'agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro e pertanto è legittimo il licenziamento disciplinare conseguente a tale accertamento di malattia simulata.
E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, con sentenza del 16 agosto 2016, n. 17113, mediante la quale ha accolto il quinto motivo di ricorso e cassato quanto già deciso dalla Corte d'appello di Caltanissetta con sentenza n. 81/2015.
La pronuncia traeva origine dal FATTO che con sentenza del 6 febbraio 2015 la Corte di Appello di Caltanissetta, in riforma della pronuncia di primo grado ha rigettato la domanda proposta da EMME di impugnativa del licenziamento intimato per giusta causa in data 13 gennaio 2014 dalla ACCA Spa per «simulazione fraudolenta dello stato di malattia». La Corte territoriale ha ritenuto che dal materiale probatorio acquisito, anche attraverso filmati e fotografie nonché mediante deposizione testimoniale di un agente investigativo, risultasse accertato l'addebito e che il EMME avesse compiuto tutta una serie di azioni e movimenti del tutto incompatibili con la sussistenza della malattia impeditiva della prestazione di lavoro certificata come lombalgia.
Per la cassazione di tale sentenza EMME ha proposto ricorso affidato ad otto motivi.
Con il secondo motivo, che qui interessa, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4 e 5 dello Statuto dei Lavoratori e degli artt. 1 e ss. del d. lgs. n. 196 del 2003 per avere la sentenza impugnata ritenuto ammissibile che la ricerca degli elementi utili a verificare l'attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore era stata compiuta da un'agenzia investigativa incaricata dl datore di lavoro.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 17113/2016 ha ritenuto il motivo infondato. Questa Corte ha affermato (Corte di Cassazione, sentenza n. 6236 del 2001), con orientamento cui è stata data continuità (Corte di Cassazione, sentenza n. 25162 del 2014), che «le disposizioni della L. n. 300 del 1970, art. 5, non precludono che le risultanze delle certificazioni mediche prodotte dal lavoratore, e in genere degli accertamenti di carattere sanitario, possano essere contestate anche valorizzando ogni circostanza di fatto - pur non risultante da un accertamento sanitario - atta a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l'assenza».
È, altresì, naturalmente insito in tale giurisprudenza il riconoscimento della facoltà del datare dì lavoro di prendere conoscenza di comportamenti del lavoratore, che, pur estranei allo svolgimento dell'attività lavorativa, sono rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. In particolare, questa Corte si è già pronunciata in relazione al caso in cui, di fatto, «la ricerca degli elementi utili a verificare l'attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore era stata compiuta da un'agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro» (Corte di Cassazione, sentenza n. 3704 del 1987).
La Suprema Corte, inoltre, ritiene che vada ribadito, in ordine alla portata delle disposizioni (L. n. 300 del 1970, artt. 2 e 3) che delimitano, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali, la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi [e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell'attività lavorativa (art. 3)] che esse non precludono il potere dell'imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti (come, nella specie, un'agenzia investigativa) diversi dalla guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale, né, rispettivamente, di controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica.
Ciò non esclude che il controllo delle guardie particolari giurate, o di un'agenzia investigativa, non possa riguardare, in nessun caso, né l'adempimento, né l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l'inadempimento stesso riconducibile, come l'adempimento, all'attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza, ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione (cfr., in tali termini, Corte di Cassazione, n. 9167 del 2003).
Tale principio è stato ribadito ulteriormente, affermandosi che «le dette agenzie per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria, riservata, dall'art. 3 dello Statuto, direttamente al datare di lavoro e ai suoi collaboratori, restando giustificato l'intervento in questione non solo per l'avvenuta perpetrazione di illeciti e l'esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione» (v. Corte di Cassazione, sentenza n. 3590 del 2011).
Ciò posto è esente da censure la sentenza impugnata che ha ritenuto legittimo il controllo finalizzato all'accertamento dell'illecita simulazione della malattia, effettuato al di fuori dell'orario di lavoro ed in fase di sospensione dell'obbligazione principale di rendere la prestazione lavorativa (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 4984 del 2014; più di recente Corte di Cassazione, sentenza n. 9749 del 2016).Avv. Amilcare Mancusi