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Circolare Agenzia Entrate n. 69 del 26.07.2001
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Regime fiscale agevolato degli enti gestori di servizi pubblici locali. Scadenza
Circolare Agenzia Entrate n. 69 del 26.07.2001INDICE
1 PREMESSA
2 NATURA DELLA MORATORIA FISCALE AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE
3 TRATTAMENTO FISCALE DEGLI ACCANTONAMENTI PER RISCHI ED ONERI E DELLE RISERVE DI UTILI
3.1 Svalutazioni ed accantonamenti per rischi su crediti eccedenti il 5 per cento del valore nominale dei crediti iscritti in bilancio
3.2 Distribuzione di riserve di utili formate in regime di moratoria: trattamento fiscale
3.3 Accantonamenti non previsti dal TUIR
4 APPLICAZIONE DELLE AGEVOLAZIONI " VISCO" E DIT
4.1 Riporto dei parametri dell'agevolazione "Visco"
4.2 Modalità di applicazione dell'agevolazione DIT
5 RIPORTO DELLE PERDITE FISCALI, ART. 102 DEL TUIR
6 NATURA DELLA MORATORIA FISCALE AI FINI DELL'IVA
6.1 Fatture con IVA ad esigibilità differita1 PREMESSA
La circolare affronta alcune problematiche relative alla scadenza del regime fiscale agevolato previsto dall'art. 66, comma 14, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, a favore degli enti che gestiscono servizi pubblici locali (di seguito enti gestori).
Trattasi, in altri termini, dei soggetti, dotati di personalità giuridica, costituiti dagli enti territoriali per la gestione di pubblici servizi, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e, in particolare, di società per azioni a prevalente capitale pubblico (art. 22), aziende speciali (art. 23), nuovi consorzi (artt. 25 e 60).
Il regime agevolato, comunemente definito di moratoria fiscale, che ha esteso agli enti gestori le "disposizioni tributarie applicabili all'ente territoriale di appartenenza", ha trovato applicazione nei confronti dei soggetti suindicati, ai sensi dell'art. 3, comma 70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, a partire dalla data di acquisizione della personalità giuridica fino al 31 dicembre del terzo anno successivo e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1999.
Per i consorzi nati a seguito della trasformazione di consorzi preesistenti ai sensi dell'art. 60 della legge n. 142 del 1990, l'agevolazione ha avuto decorrenza dalla data di trasformazione.
A partire dal 1 gennaio 2000, tutti gli enti in questione sono soggetti al regime ordinario d'imposizione.2 NATURA DELLA MORATORIA FISCALE AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE
Con riferimento all'imposizione diretta, l'agevolazione consisteva nella temporanea applicabilità del regime di esclusione dalla soggettività passiva IRPEG ed ILOR, previsto per l'ente territoriale di appartenenza dall'art. 88 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
In sostanza, durante il periodo di moratoria fiscale, agli enti gestori, pur svolgendo gli stessi un'attività sicuramente produttiva di reddito d'impresa ai sensi dell'art. 51 del TUIR, non si è reso applicabile il regime ordinario di imposizione di cui all'art. 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico.
Ai fini dell'individuazione della natura e delle conseguenze del regime di moratoria fiscale, assumono rilevanza le disposizioni contenute nell'art. 3, commi 70 e seguenti, della legge n. 549/95 che dettano specifiche regole per il passaggio dal regime agevolato al regime normale d'imposizione.
In particolare:
- i valori risultanti dal bilancio relativo all'ultimo esercizio di moratoria sono riconosciuti ai fini delle imposte dirette, previa attestazione della loro conformità alle norme del codice civile in materia di bilancio;
- gli ammortamenti e i fondi per rischi ed oneri previsti dal TUIR si considerano fiscalmente dedotti anche se eccedenti i limiti ivi previsti;
- gli utili e le perdite conseguiti negli esercizi cui si applica il regime di moratoria sono portati rispettivamente in aumento e diminuzione del costo fiscale della partecipazione e, in caso di distribuzione degli utili, si applicano le disposizioni dell'art. 44, comma 1, del TUIR.
Da una prima lettura del complesso di tali disposizioni si osserva che il periodo di moratoria, se pure non ha generato reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, tuttavia assume rilievo fiscale; infatti, i valori del bilancio redatto alla fine dell'agevolazione costituiscono base di partenza per l'applicazione delle norme sulla determinazione del reddito d'impresa.
In sostanza, allo scadere dell'agevolazione, le norme fiscali rimaste sospese torneranno ad applicarsi non ai medesimi valori fiscali riferiti al periodo precedente la moratoria, ma a nuovi e diversi valori che si assumono conformi ai valori del bilancio dell'ultimo esercizio di moratoria, redatto secondo corretti principi contabili.
Una conferma di tale impostazione si ricava anche dalle istruzioni al Modello 760/98 che indica i criteri per la redazione del bilancio ai fini della dichiarazione dei redditi del periodo d'imposta successivo alla scadenza dell'agevolazione.
Con riferimento alle disposizioni della legge n. 549/95, le istruzioni allegate al modello di dichiarazione chiariscono che:
- per i beni ammortizzabili o soggetti a rettifiche di valore mediante la costituzione di fondi per rischi ed oneri previsti dal TUIR, si assumono ai fini fiscali i valori come risultanti dal bilancio, ancorché gli ammortamenti e gli accantonamenti siano stati operati in misura superiore a quella fiscalmente consentita;
- per i componenti positivi o negativi di reddito per i quali è prevista rispettivamente la tassazione differita (ad esempio plusvalenze rateizzate) o la deduzione frazionata (ad esempio spese di rappresentanza o di pubblicità), gli stessi si considerano sottoposti ad imposizione o a deduzione anche per la parte riferibile ai periodi d'imposta agevolati;
- con riferimento al riporto delle perdite fiscali, ai sensi dell'art. 102 del TUIR, il periodo di moratoria rileva ai fini del computo del quinquennio entro cui la perdita di un periodo d'imposta può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi;
- le riserve o fondi in sospensione d'imposta costituiti anteriormente al periodi di moratoria e non utilizzati in conformità alla vigente disciplina fiscale devono risultare, a pena di decadenza dal beneficio, dal bilancio relativo al periodo d'imposta nel quale trova nuovamente applicazione l'ordinario regime d'imposizione.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte, si forniscono ulteriori chiarimenti in merito a specifiche problematiche in parte rappresentate anche dalla Confederazione Nazionale dei Servizi.3 TRATTAMENTO FISCALE DEGLI ACCANTONAMENTI PER RISCHI ED ONERI E DELLE RISERVE DI UTILI
3.1 Svalutazioni ed accantonamenti per rischi su crediti eccedenti il 5 per cento del valore nominale dei crediti iscritti in bilancio
Nel caso in cui, al termine dell'esercizio in cui cessa il periodo di moratoria, gli accantonamenti e le svalutazioni dei crediti eccedano il limite del 5 per cento del valore nominale dei crediti risultanti in bilancio, nell'esercizio successivo tale eccedenza deve continuare ad essere considerata indeducibile ai fini fiscali e, pertanto, non concorrerà, alla formazione del reddito ai sensi dell'art. 71, comma 2, del TUIR.
Ai sensi dell'art. 3, comma 72, della legge n. 549 del 1995, infatti, sono fiscalmente riconosciuti i valori risultanti dal bilancio relativo all'ultimo esercizio di moratoria, compresi quindi i valori dei crediti iscritti in bilancio e del fondo rischi relativo, a condizione che ne sia attestata la conformità alle norme del codice civile. Inoltre, il medesimo comma prevede che "... i fondi per rischi ed oneri previsti dal TUIR ... si considerano fiscalmente dedotti anche se eccedenti i limiti ivi previsti."
In sostanza, per garantire il permanere dell'agevolazione è necessario che l'eccedenza degli accantonamenti e delle svalutazioni rispetto al limite di cui all'art. 71 del TUIR mantenga, anche nei periodi d'imposta successivi allo scadere della moratoria, il regime di sospensione che gli attribuisce l'art. 3 della legge n. 549 del 1995.
Considerato che l'intero ammontare degli accantonamenti e delle svalutazioni si assume complessivamente dedotto e non assoggettato a tassazione, ne consegue che:
- occorrerà tenere memoria dell'ammontare delle svalutazioni ed accantonamenti fiscalmente riconosciuti e considerati dedotti ai sensi dell'art. 3 della legge n. 549/95, quali risultano dal bilancio relativo all'ultimo esercizio di moratoria;
- sarà possibile dedurre fiscalmente ulteriori svalutazioni ed accantonamenti deducibili solo per la parte non eccedente il limite previsto dalla legge;
- le perdite su crediti, determinate con riferimento al valore nominale, saranno deducibili limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo del fondo e delle svalutazioni dedotti o che si considerano tali;
- ogni utilizzo del fondo fiscalmente dedotto o considerato tale ai sensi del citato art. 3, comma 72, diverso dalla copertura di perdite su crediti, ne determinerà il concorso alla formazione del reddito.3.2 Distribuzione di riserve di utili formate in regime di moratoria: trattamento fiscale.
L'art. 3, comma 73, della legge n. 549 del 1995 prevede che gli utili e le perdite conseguiti dagli enti gestori negli esercizi in regime di moratoria, sono portati rispettivamente in aumento e in diminuzione del costo fiscale della partecipazione e, in caso di distribuzione degli utili ai soci, si applicano le disposizioni dell'art. 44, comma 1, del TUIR.
In sostanza, gli utili conseguiti negli esercizi agevolati non costituiscono reddito di capitale ai sensi dell'art. 41 del TUIR. In caso di distribuzione, la legge riserva a tali utili il medesimo trattamento della ripartizione tra i soci delle riserve di capitale: ai sensi dell'art. 44, comma 1, del TUIR, la loro distribuzione riduce il costo fiscale delle azioni o quote.
Con la norma in esame, il legislatore ha voluto evitare che al momento della distribuzione degli utili generati nel periodo di moratoria fosse vanificata l'agevolazione: infatti, in assenza di specifica disposizione di legge, la distribuzione degli utili comporterebbe per il socio il realizzo di un reddito di capitale, senza alcuna attribuzione da parte dell'ente del credito d'imposta. Infatti, nel periodo di moratoria l'ente non versa imposte e, pertanto, non alimenta i "canestri" da utilizzare ai fini dell'attribuzione del credito d'imposta ai soci, ai sensi dell'art. 105 del TUIR. In base alle originarie previsioni dell'art. 105 del TUIR, invece, in caso di distribuzione degli utili l'ente gestore avrebbe dovuto versare la maggiorazione di conguaglio.
Equiparando la distribuzione degli utili alla ripartizione delle riserve di capitale, gli effetti fiscali sono limitati alla riduzione del costo fiscale della partecipazione. Di conseguenza, la distribuzione degli utili formati in periodo di moratoria non costituisce reddito di capitale e non dà diritto all'attribuzione del credito d'imposta ai sensi dell'art. 14 del TUIR a favore dell'ente locale o degli altri soci, neanche in ipotesi di capienza dei canestri.3.3 Accantonamenti non previsti dal TUIR
Gli accantonamenti a fondi per rischi ed oneri non previsti dal TUIR, operati dall'ente gestore nel corso del periodo di moratoria, mantengono la medesima natura che essi avrebbero se operati in regime normale di imposizione.
Occorre premettere, al riguardo, che tali accantonamenti sono irrilevanti fiscalmente e che, se imputati a conto economico, comportano l'obbligo di effettuare in dichiarazione dei redditi una variazione in aumento per neutralizzarne gli effetti sul reddito imponibile.
L'art. 3, comma 72, della legge n. 549 del 1995 dispone il riconoscimento ai fini delle imposte dirette dei valori risultanti dal bilancio relativo all'ultimo esercizio agevolato. Tale riconoscimento spiega efficacia sia per i valori fiscalmente rilevanti ai fini della formazione del reddito (come gli ammortamenti e i fondi per rischi ed oneri disciplinati dal TUIR) che per quelli non rilevanti.
Il riconoscimento fiscale dei fondi in esame comporta una sostanziale equiparazione degli stessi ai fondi liberi, costituiti con accantonamenti assoggettati a tassazione. In sostanza, al fine di garantire l'effettività dell'agevolazione, la disposizione in argomento ammette la possibilità che i fondi esistenti alla chiusura dell'ultimo esercizio di moratoria siano liberamente utilizzati in franchigia fiscale.
Ne consegue che:
- qualora i valori dei fondi siano stati ritenuti esuberanti nel corso del periodo di moratoria oppure al termine dello stesso periodo, sulla base dell'apposita perizia prevista dall'art. 3, comma 72, della legge n. 549 del 1995, ed abbiano costituito oggetto di riduzione con evidenziazione di una sopravvenienza attiva, i relativi utili generatisi in periodo di moratoria devono intendersi assoggettati alla disciplina del comma 73 dell'art. 3 citato e pertanto, in caso di distribuzione, non costituiranno reddito di capitale in capo ai soci;
- qualora i fondi siano stati ricostituiti nel bilancio successivo a quello di scadenza della moratoria, in quanto necessari per dare copertura a passività, il loro utilizzo continuerà ad essere fiscalmente irrilevante. Pertanto, a fronte della sopravvenienza attiva rilevata a conto economico in caso di utilizzo del fondo, occorrerà effettuare una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi. La distribuzione degli eventuali utili generatisi in conseguenza, tuttavia, concorrerà al reddito complessivo del socio, come reddito di capitale, con attribuzione del credito d'imposta di cui all'art. 14 del TUIR solo in caso di capienza dei canestri.4 APPLICAZIONE DELLE AGEVOLAZIONI " VISCO" E DIT
A decorrere dal 1 gennaio 2000, gli enti gestori, con l'acquisto della soggettività passiva IRPEG, possono fruire delle agevolazioni "Visco" e DIT. A tale riguardo si forniscono alcuni chiarimenti in merito al trattamento degli elementi rilevanti ai fini dell'applicazione delle suddette agevolazioni (conferimenti in denaro, accantonamenti di utili a riserva, investimenti), relativi ad atti amministrativi realizzati nel corso del periodo di moratoria.
4.1 Riporto dei parametri dell'agevolazione "Visco"
Gli investimenti, i conferimenti in denaro e gli accantonamenti di utili a riserva, rilevanti ai fini dell'agevolazione "Visco" ed effettuati nel 1999 in pendenza della moratoria, non possono generare eccedenze di parametri da riportare nel calcolo dell'agevolazione per il 2000, ai sensi dell'art. 2, comma 8, della legge 13 maggio 1999, n. 133, così come modificato dall'art. 3, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342.
E ciò in considerazione del fatto che in quel periodo d'imposta tali enti, essendo disciplinati dall'art. 88 del TUIR, erano esclusi dal campo di applicazione dell'agevolazione "Visco", limitata ai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettere a), b) e d), del TUIR.
D'altro canto, riconoscendo l'integrale riporto dei parametri generatisi nel 1999, si potrebbe verificare una duplicazione delle agevolazioni a favore di tali soggetti, il cui reddito per quel periodo d'imposta era già escluso da imposizione a diverso titolo.4.2 Modalità di applicazione dell'agevolazione DIT
Per quanto riguarda l'applicazione dell'agevolazione DIT, si evidenziano due ordini di problemi: il primo riguarda la rilevanza delle variazioni in aumento del capitale investito intervenute durante il periodo di moratoria; il secondo riguarda l'eventuale possibilità di riporto della quota di remunerazione ordinaria non utilizzata ai fini del calcolo dell'agevolazione.
Con riguardo al primo problema si ritiene che, ai fini dell'applicazione della DIT al periodo d'imposta successivo a quello di scadenza della moratoria, le variazioni in aumento del capitale investito rilevano indipendentemente dal periodo d'imposta della loro formazione, purché successivo a quello in corso al 30 settembre 1996.
L'agevolazione DIT, infatti, si applica per ogni periodo d'imposta con riferimento all'ammontare complessivo delle variazioni in aumento del capitale investito intervenute a partire dall'esercizio successivo a quello in corso al 30 settembre 1996. Pertanto, come già chiarito nella circolare n. 61/E del 19 giugno 2001 con riferimento alle banche ed imprese di assicurazione, in precedenza escluse dall'agevolazione DIT, al momento in cui cessano le cause di esclusione, occorrerà tenere conto anche delle variazioni in aumento del capitale investito intervenute nel periodo di esclusione.
Con riguardo al secondo problema si ritiene che non sia possibile riportare al primo periodo d'imposta successivo a quello di scadenza della moratoria le quote di remunerazione ordinaria delle variazioni in aumento di capitale realizzate nel periodo di moratoria e non utilizzate ai fini del calcolo dell'agevolazione a causa dell'esclusione dalla stessa. In questa ipotesi, infatti, valgono le medesime considerazioni già svolte in merito alla possibilità di riporto dei parametri dell'agevolazione "Visco".5. RIPORTO DELLE PERDITE FISCALI, ART. 102 DEL TUIR
Con riferimento al riporto delle perdite fiscali previsto dall'art. 102 del TUIR, nelle istruzioni al Mod. 760/98 è stato chiarito che, ai fini del calcolo del quinquennio entro cui la perdita conseguita in un periodo d'imposta può essere computata in diminuzione dal reddito dei periodi successivi, gli enti gestori devono tenere conto anche dei periodi d'imposta in regime di moratoria.
Al riguardo si precisa che, ai sensi dell'art. 102 del TUIR, le perdite riportabili sono solo quelle determinate "con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito" e, quindi, solo quelle che derivano da eventuali periodi d'imposta, precedenti alla moratoria, in regime ordinario di determinazione del reddito d'impresa.6. NATURA DELLA MORATORIA FISCALE AI FINI DELL'IVA
Con riferimento all'IVA, si afferma che, in linea generale, il regime di moratoria di cui all'art. 66, comma 14, del d.l. n. 331 del 1993 non ha comportato per gli enti gestori alcuna sostanziale modifica rispetto agli ordinari presupposti impositivi del tributo.
La soggettività passiva IVA è, infatti, strettamente collegata all'esercizio di attività commerciali.
Gli enti gestori, così come l'ente territoriale di appartenenza, anche durante il periodo di moratoria, hanno assunto piena soggettività IVA limitatamente a quelle operazioni di cessioni di beni e prestazioni di servizi poste in essere nel territorio dello Stato nell'esercizio di attività commerciali, ai sensi del quarto comma dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Come chiarito dal Dipartimento delle Entrate nella circolare n. 131/E del 16 giugno 1999 e nella risoluzione n. 81/E del 5 giugno 2000, ai fini IVA, l'agevolazione a favore degli enti gestori è consistita nella possibilità di applicare quelle particolari disposizioni di legge previste per gli enti territoriali, ferma restando comunque la loro autonoma rilevanza soggettiva d'imposta, sia formale che sostanziale, fin dal momento dell'acquisizione della personalità giuridica.6.1 Fatture con IVA ad esigibilità differita
Una particolare disposizione che si è resa applicabile agli enti gestori nel corso del periodo di moratoria è quella di cui all'art. 6, ultimo comma, del DPR n. 633 del 1972.
Essa prevede, per le operazioni effettuate nei confronti - tra gli altri soggetti - degli enti territoriali, che l'imposta divenga esigibile al momento del pagamento del corrispettivo, salva la facoltà di applicare il regime ordinario di esigibilità dell'imposta al momento dell'effettuazione dell'operazione.
Dal 1 gennaio 2000, venendo meno il regime di moratoria, questa disposizione non è più applicabile. Di conseguenza, per le operazioni poste in essere nei confronti degli enti gestori, l'imposta diviene esigibile al momento in cui le operazioni si considerano effettuate secondo le ordinarie disposizioni contenute nell'art. 6 del DPR n. 633 del 1972.
Va, tuttavia, precisato che, per le operazioni poste in essere nel periodo di moratoria, il differimento dell'esigibilità dell'IVA permane comunque fino al momento del pagamento del corrispettivo, anche se successivo alla scadenza del regime di moratoria. Ovviamente resterà ugualmente differito al momento del pagamento del corrispettivo anche il corrispondente diritto alla detrazione dell'imposta.
Ed infatti, al momento in cui l'operazione è stata effettuata, essa aveva tutti i presupposti richiesti dalla norma per l'applicazione del regime di esigibilità differita dell'imposta; né la norma prevede la possibilità che l'esigibilità dell'imposta possa configurarsi in un momento diverso rispetto all'effettuazione dell'operazione o al pagamento del corrispettivo.Le Direzioni Regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti istruzioni.