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Circolare Agenzia Entrate n. 106 del 21.12.2001
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Adempimenti fiscali derivanti dalla definitiva transazione all'euro
Circolare Agenzia Entrate n. 106 del 21.12.2001INDICE
Premessa
1. Disposizioni normative e istruzioni amministrative
1.1 La disciplina comunitaria
1.2 Le norme nazionali
1.3 Prassi amministrativa
2. Conversione in euro di importi espressi in lire in norme vigenti
2.1 Imposte sui redditi
2.1.1 Scaglioni di reddito e relative aliquote
2.1.2 Detrazioni
2.2 Adempimenti del sostituto d'imposta
2.2.1 Certificazione delle ritenute di lavoro autonomo
2.3 Imposta sul valore aggiunto
2.3.1 Adempimenti contabili
2.4 Altre imposte indirette
TABELLA A
2.5 Sanzioni
3. Problematiche in materia di scritture contabili e di bilancio
4. Dichiarazioni
4.1 Dichiarazioni relative all'anno 2001
4.2 CUD
4.3 Modello 730
5. Versamenti
5.1 Chiusura degli sportelli bancari e di banco posta
5.2 Modalità di effettuazione dei versamentiPremessa
Il 31 dicembre 2001 avrà termine il periodo transitorio di passaggio all'euro, previsto, a decorrere dal 1 gennaio 1999, per consentire un più agevole adeguamento alla nuova moneta. Nel corso della fase transitoria l'euro ha avuto pieno valore legale come moneta scritturale (senza circolare come moneta cartacea e metallica), mentre dal 1 gennaio 2002 sarà immesso in circolazione sotto forma di banconote e monete metalliche, sostituendosi totalmente alla lira, che potrà continuare ad essere utilizzata esclusivamente per pagamenti in contante fino al 28 febbraio 2002, data in cui avrà definitivamente termine il suo corso legale (Cfr. art. 155 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000).
L'euro costituisce la moneta dei dodici Paesi partecipanti all'Unione Europea Monetaria (UEM), vale a dire Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, e la sua circolazione avrà inizio contemporaneamente in tutti e 12 i Paesi, nei quali potranno essere usate indifferentemente anche le monete e le banconote in euro emesse dalle Banche centrali degli altri Stati aderenti. I valori circolanti, aventi lo stesso valore nominale, avranno una faccia comune, mentre l'altra si differenzierà a seconda del Paese di emissione. L'unità monetaria è un euro; l'euro è diviso in cento centesimi (scritto in minuscolo, e invariabile anche al plurale), denominati, in ogni lingua, "cent".
La parità delle valute nazionali rispetto all'euro è stata fissata irrevocabilmente, per tutti gli Stati aderenti, con decorrenza 1 gennaio 1999 dal Reg. (CE) n. 2866/98 del 31 dicembre 1998, tranne che per la Grecia, per la quale con Reg. (CE) n. 1478/2000 del 19 giugno 2000 la parità con l'euro è stata fissata con decorrenza 1 gennaio 2001. I tassi di cambio sono costituiti sempre da sei cifre significative, come stabilito dall'art. 4 del Reg.(CE) n. 1103/97 del 17 giugno 1997 e sono riportati nella seguente tabella:Paesi aderenti all'UEM Tasso di conversione per
1 euro delle valute nazionaliValute nazionali AUSTRIA 13,7603 Scellino austriaco BELGIO 40,3399 Franco belga GERMANIA 1,95583 Marco tedesco GRECIA 340,750 Dracma greca FINLANDIA 5,94573 Marco finlandese FRANCIA 6,55957 Franco francese IRLANDA 0,787564 Sterlina irlandese ITALIA 1936,27 Lira italiana LUSSEMBURGO 40,3399 Franco lussemburghese OLANDA 2,20371 Fiorino olandese PORTOGALLO 200,482 Escudo portoghese SPAGNA 166,386 Peseta spagnola 1. Disposizioni normative e istruzioni amministrative
La normativa di riferimento che ha disciplinato l'euro è piuttosto variegata e si articola su disposizioni regolamentari comunitarie e norme nazionali.
1.1 La disciplina comunitaria
La normativa comunitaria che ha definito il quadro del passaggio all'euro è costituita principalmente dai seguenti Regolamenti:
- Regolamento CE n. 1103 del 17 giugno 1997: enuncia principi e nozioni di carattere generale, che costituiscono il fondamento del passaggio all'euro;
- Regolamento CE n. 974 del 3 maggio 1998: si riallaccia direttamente al precedente, riprendendone e precisandone taluni principi, e definisce lo stato giuridico dell'euro. Il Regolamento, stabilisce, altresì, che a decorrere dal 1 gennaio 1999, l'euro sostituisce la moneta nazionale di ciascuno Stato membro aderente, al tasso di conversione irrevocabilmente fissato, consentendo, tuttavia, la circolazione delle monete nazionali durante il periodo di transizione come unità divisionali dell'euro stesso;
- Regolamento CE n. 975 del 3 maggio 1998 (modificato Regolamento CE n. 423/1999 del 22 febbraio 1999): definisce i valori unitari e le specifiche tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione;
- Regolamento CE n. 2866 del 31 dicembre 1998 (modificato Regolamento CE n. 1478/2000 del 19 giugno 2000): fissa i tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro.1.2 Le norme nazionali
Numerosi sono stati, a livello nazionale, gli interventi di natura normativa e regolamentare che hanno accompagnato l'introduzione dell'euro, tra queste vanno ricordate, in ordine cronologico:
- Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 giugno 1997, che affronta talune problematiche connesse all'introduzione dell'euro, definendo il quadro di riferimento, il piano di attuazione, l'assunzione del ruolo propulsivo della Pubblica Amministrazione e la formazione;
- Decreto Legislativo 24 giugno 1998, n. 213, recante disposizioni per l'introduzione dell'EURO nell'ordinamento nazionale, in attuazione della delega contenuta nella legge 17 dicembre 1997, n. 433, con il quale sono state emanate le norme generali dirette a disciplinare i comportamenti da tenere a seguito dell'introduzione dell'euro;
- Decreto Legislativo n. 206 del 15 giugno 1999, che ha modificato il Decreto Legislativo 24 giugno 1998, n. 213;
- Legge 23 dicembre 2000 n. 388 (legge finanziaria 2001), art. 155, che ha dettato disposizioni per la sostituzione della lira con l'euro;
- Decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, che, tra l'altro, ha dettato disposizioni in materia di passaggio all'euro del sistema bancario e finanziario e contro la falsificazione dell'euro;
- Legge 18 ottobre 2001 n. 383, art. 9, che ha modificato il Decreto Legislativo 24 giugno 1998, n. 213, dettando misure di semplificazione di adempimenti in vista dell'introduzione dell'euro.
Inoltre, con Decreto Ministeriale 18 febbraio 1999 sono stati stabiliti in euro gli importi minimi di riferimento che consentono ai soggetti non residenti di ottenere il rimborso dell'IVA pagata in Italia per gli acquisti di beni e servizi e per l'importazione di beni. Il predetto decreto, in adesione agli ammontari stabiliti in ecu nelle direttive comunitarie in materia e sulla base del principio, contenuto nell'art. 2 del Reg (CE) n. 1103 del 1997, di equivalenza di un ecu con un euro, ha fissato i suddetti limiti in 200 euro ai fini dell'ottenimento del rimborso infrannuale e in 25 euro per l'ottenimento del rimborso annuale.1.3 Prassi amministrativa
Il principale riferimento di prassi amministrativa è costituito dalla Circolare 23 dicembre 1998 n. 291/E del Dipartimento delle Entrate, con la quale sono state impartite istruzioni in materia di adempimenti fiscali derivanti dall'introduzione dell'euro. In particolare, sono state fornite indicazioni sulle modalità di utilizzo dell'euro durante il periodo transitorio, sottolineando la facoltà del contribuente di continuare ad operare in lire, ovvero di utilizzare fin dal 1 gennaio 1999 l'euro.
In proposito, si ritiene di dover precisare che le predette istruzioni continuano ad esplicare i loro effetti, in quanto compatibili, anche successivamente alla data del 31 dicembre 2001, ovviamente tenendo conto che dal 1 gennaio 2002 sarà obbligatorio utilizzare in tutti i rapporti l'euro come unità di conto e salvo quanto verrà precisato più avanti in relazione a taluni casi particolari.2. Conversione in euro di importi espressi in lire in norme vigenti
Occorre preliminarmente rilevare che il Regolamento (CE) n. 1103/97, stabilisce all'articolo 5 le regole di arrotondamento che occorre seguire nel caso di conversioni in euro o nelle monete nazionali di importi monetari da pagare o contabilizzare.
Tali importi, se espressi in euro, devono essere arrotondati al centesimo (che costituisce l'unità divisionale minima della moneta in parola):
- per eccesso, se la frazione non è inferiore a 0,005 euro;
- per difetto, se la frazione è inferiore a tale ammontare.
Pertanto, in applicazione dell'enunciato criterio, si avrà, ad esempio, che un importo di 25,822 euro (pari a lire 50.000) va arrotondato a 25,82 euro mentre un importo di 28,405 euro (pari a lire 55.000) si arrotonda a 28,41 euro.
A tale proposito, è opportuno segnalare che il nuovo metodo differisce da quello costantemente usato, ad esempio, in materia di imposte sui redditi e di IVA, che prevede, al contrario, l'arrotondamento per difetto degli importi che si pongono nel mezzo, per cui lire 2.500 sono arrotondate a lire 2.000 mentre lire 2.501 sono arrotondate a lire 3.000.
Occorre, altresì, ricordare che l'art. 4 del d.lgs. n. 213 del 1998 stabilisce che, ai fini della conversione in euro, di un importo espresso in lire in norme vigenti, qualora non costituisca "autonomo importo monetario da pagare o contabilizzare", l'importo convertito va utilizzato con almeno:
- cinque cifre decimali per gli importi originariamente espressi in unità di lire;
- quattro cifre decimali per gli importi originariamente espressi in decine di lire;
- tre cifre decimali per gli importi originariamente espressi in centinaia di lire;
- due cifre decimali per gli importi originariamente espressi in migliaia di lire.
Ciò stante, in mancanza di norme specifiche che abbiano modificato direttamente gli attuali importi espressi in lire sarà necessario rifarsi a tale disposizione ai fini dell'individuazione dei nuovi valori in euro, secondo quanto sarà più avanti precisato.2.1 Imposte sui redditi
Tutti gli importi contenuti in disposizioni relative alle imposte sul reddito devono intendersi convertiti con due cifre decimali, vale a dire in centesimi di euro, atteso che trattasi, comunque di importi espressi in migliaia di lire.
Allo scopo di rendere più agevole l'individuazione degli importi derivanti dalla conversione in euro si riportano a titolo esemplificativo alcune tabelle concernenti gli scaglioni di redditi e detrazioni di imposta.2.1.1 Scaglioni di reddito e relative aliquote
L'articolo 2, comma 7, del disegno di legge finanziaria per il 2002, prevede la sospensione, per l'anno 2002, dell'applicazione della disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernente la riduzione delle aliquote dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.
In base alla relazione governativa di accompagno al menzionato disegno di legge, la sospensione della rimodulazione delle aliquote Irpef ha l'obiettivo di assicurare un regime più favorevole alle famiglie, in particolare a quelle più numerose e con redditi contenuti, nell'ottica di privilegiare le famiglie rispetto alla generalità dei contribuenti nell'attuazione dell'onere tributario.
Pertanto, per il 2002, restano in vigore le aliquote di imposta nella misura percentuale prevista per il 2001, esposte in euro e in lire nelle seguenti tabelle.Reddito (per scaglioni) Aliquota Imposta dovuta in euro Oltre euro E fino ad euro Importo base
(fino scaglione prec.te)sui redditi intermedi
compresi negli scaglioni0 10.329,14 18% 18% sull'intero importo 10.329,14 15.493,71 24% 1.859.25 + 24% sulla parte eccedente 10.329,14 15.493,71 30.987,41 32% 3.098,75 + 32% sulla parte eccedente 15.493,71 30.987,41 69.721,68 39% 8.056,73 + 39% sulla parte eccedente 30.987,41 69.721,68 45% 23.163,10 + 45% sulla parte eccedente 69.721,68 Reddito (per scaglioni) Aliquota Imposta dovuta in lire Oltre lire E fino a lire Importo base
(fino scaglione prec.te)sui redditi intermedi
compresi negli scaglioni0 20.000.000 18% 18% sull'intero importo 20.000.000 30.000.000 24% 3.600.000 + 24% sulla parte eccedente 20.000.000 30.000.000 60.000.000 32% 6.000.000 + 32% sulla parte eccedente 30.000.000 60.000.000 135.000.000 39% 15.600.000 + 39% sulla parte eccedente 60.000.000 135.000.000 45% 44.850.000 + 45% sulla parte eccedente 135.000.000 2.1.2 Detrazioni
Per quanto riguarda, gli ammontari delle detrazioni stabilite dall'articolo 12 e 13 del Tuir per l'anno 2001, si fa presenta che gli importi espressi in lire nei predetti articoli devono essere convertiti in euro secondo il tasso ufficiale di 1936,27 e arrotondati alla seconda cifra dopo la virgola, per eccesso o per difetto, se la terza cifra decimale è uguale o superiore a 5 ovvero inferiore a 5. Si riportano, a titolo di esempio, le detrazioni per carichi di famiglia espresse in lire e in euro.
Nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione dei redditi (modello 730 e UNICO persone fisiche) sono indicate in dettaglio tutte le detrazioni previste dagli articoli 12 e 13 del Tuir.- Detrazioni per coniuge a carico
Reddito complessivo
Da 0 fino a lire 30.000.000, pari a euro 15.493,71 Lire 1.057.552, pari a euro 546,18 Oltre lire 30.000.000, pari a Euro 15.493,71 fino a lire 60.000.000, pari a euro 30.987,41 Lire 961.552, pari a 496,60 Oltre lire 60.000.000, pari a euro 30.987,41 fino a lire 100.000.000, pari a euro 51.645,69 Lire 889.552, pari a 459,42 Oltre lire 100.000.000, pari a euro 51.645,69 Lire 817.552, pari a 422,23 - Detrazioni per figli a carico, da ripartire tra i genitori, in proporzione all'onere sostenuto da ciascuno
Reddito complessivo inferiore o Reddito complessivo superiore a lire uguale a lire 100.000.000, pari a euro 51.645,69 100.000.000, pari a euro 51.645,69 Per un figlio lire 552.000, pari a euro 285,08 Per un figlio lire 516.000, pari a euro 266,49 Per due figli lire 1.168.000, pari a euro 603,22 Per due figli lire 1.032.000, pari a euro 532,98 Per tre figli lire 1.784.000, pari a euro 921,36 Per tre figli lire 1.548.000, pari a euro 799,48 Per quattro figli lire 2.400.000, Per quattro figli lire 2.064.000, pari a euro 1.239,50 pari a euro 1.065,97 2.2 Adempimenti del sostituto d'imposta
Nel confermare le modalità operative già indicate nella circolare n. 291 del 1998 in riferimento agli adempimenti dei sostituti di imposta, si ricorda che gli stessi, sulla base delle tabelle sopra evidenziate, devono procedere all'individuazione degli ammontari delle ritenute e delle detrazioni.
Ai fini dell'applicazione delle ritenute di acconto sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e del riconoscimento delle detrazioni d'imposta spettanti, il sostituto d'imposta procede al ragguaglio al periodo di paga degli importi in euro e all'assoggettamento a tassazione della parte imponibile delle somme e dei valori corrisposti.
Tenuto conto che il ragguaglio al periodo di paga può generare ulteriori importi decimali, i sostituti d'imposta possono utilizzare un numero di decimali a piacere. Tutti gli importi che nei singoli periodi di paga non sono concessi a causa degli arrotondamenti e del numero di decimali prescelto (ovvero sono attribuiti in misura superiore) devono essere memorizzati per l'attribuzione (o la compensazione) in sede di conguaglio di fine anno o, in caso di cessazione del rapporto, alla data della cessazione medesima. Così, ad esempio, supponendo che il lavoratore abbia diritto, per l'intero periodo d'imposta, ad euro 490,63, quale detrazione per reddito di lavoro dipendente e ad euro 266,49, quale detrazione per figlio a carico, supponendo ancora che il periodo di paga di questo dipendente sia il mese, il sostituto d'imposta deve procedere nel modo seguente:
- 490,63 euro, rapportate al periodo di paga, sono pari a 40,885833
euro, che va arrotondato, essendo periodico, a 40,88583;
- 266,49 euro, rapportate al periodo di paga, sono pari a 22,2075 euro.
Come sopra precisato, il sostituto d'imposta, in ciascun periodo di paga può scegliere il numero di decimali conseguenti al ragguaglio al periodo di paga delle detrazioni spettanti, mentre all'atto dell'effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o alla cessazione del rapporto, deve procedere al riconoscimento degli importi effettivamente spettanti con arrotondamento al centesimo.
In riferimento al calcolo delle imposte dovute in sede di conguaglio di fine anno, si precisa che lo stesso può essere effettuato con gli importi in lire, realizzando la conversione in euro solo dell'Irpef dovuta.
Parimenti, i calcoli per determinare l'ammontare dei versamenti delle ritenute da effettuare nel mese di gennaio 2002 relativi alle retribuzioni corrisposte nel mese di dicembre 2001 in lire, possono essere effettuati con gli importi in lire, con la conversione in euro dell'ammontare dell'imposta da versare.
Per quanto riguarda le retribuzioni relative al mese di dicembre 2001 corrisposte nel mese di gennaio 2002, si precisa che gli importi devono essere indicati in euro nella busta paga e nel libro paga. Tuttavia, applicando il principio della c.d. "cassa allargata" di cui all'articolo 48 del Tuir, in base al quale si considerano corrisposti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere corrisposti dai datori di lavoro entro il 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono, possono essere ancora indicati in lire i redditi corrisposti entro il 12 gennaio 2002. I redditi corrisposti oltre la predetta data, dovranno essere dichiarati nell'anno d'imposta 2002 ed essere indicati in Euro.2.2.1 Certificazione delle ritenute di lavoro autonomo
La certificazione dei redditi e delle ritenute che i sostituti d'imposta sono tenuti a rilasciare in relazione ai compensi di lavoro autonomo erogati nel corso dell'anno 2001 può essere rilasciata sia in lire che in euro, ancorché i compensi siano stati erogati in lire.
Naturalmente tutti gli importi devono essere indicati nella medesima valuta. E' tuttavia possibile indicare, in aggiunta, nella diversa valuta anche gli importi totali degli imponibili e delle ritenute.2.3 Imposta sul valore aggiunto
In linea di principio la trasformazione degli importi in lire contenuti nelle disposizioni riguardanti l'imposta sul valore aggiunto seguono i criteri generali di conversione in euro secondo il criterio matematico sopra illustrato, con arrotondamento al centesimo.2.3.1 Adempimenti contabili
Dal 1 gennaio 2002 tutti gli adempimenti contabili devono essere effettuati in euro, a cominciare dalla emissione delle fatture e dalla certificazione dei corrispettivi.
Un primo aspetto peculiare riguarda la modalità con cui indicare gli importi espressi in tale valuta. Infatti, tenuto conto che l'unità divisionale minima dell'euro è il centesimo, gli importi dovranno essere sempre espressi anche con l'indicazione delle due cifre decimali (ovviamente precedute dalla virgola), anche quando queste sono pari a zero, in analogia a quanto è sempre stato fatto con l'indicazione dell'unità di lira.
La nuova valuta, perciò, va riportata nella sua interezza, vale a dire come importo composto da unità e centesimi. Questi ultimi non costituiscono un accessorio dell'euro, ma ne formano parte integrante, per cui tutti gli importi da contabilizzare autonomamente devono essere arrotondati al centesimo di euro.
In sede di emissione di fatture, peraltro, eventuali importi relativi a calcoli intermedi possono essere indicati anche con un numero maggiore di decimali, come nel caso del prezzo del singolo prodotto che moltiplicato per la quantità darà la base imponibile. Inoltre, con l'adozione della nuova moneta rimane inoperante la disposizione del secondo comma, n. 5), dell'art. 21 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, relativa alla indicazione dell'imposta "con arrotondamento alla lira delle frazioni inferiori". In adesione ai nuovi principi che regolano l'euro - come già chiarito con circolare n. 291 del 1998 - il predetto arrotondamento dovrà essere effettuato al centesimo di euro per eccesso se la terza cifra decimale è uguale o superiore a 5 e per difetto se la terza cifra decimale è inferiore a 5.
Un tema di particolare attualità nel momento del definitivo passaggio all'euro riguarda i comportamenti da tenere da parte di talune categorie di contribuenti che effettuano attività di trattenimento in occasione di fine anno e certificano i corrispettivi attraverso i misuratori fiscali. In sostanza, si chiede di conoscere se sia possibile anticipare ovvero posticipare l'adeguamento all'euro dei misuratori fiscali.
Al riguardo va ricordato che durante il periodo transitorio, che verrà a scadere il 31 dicembre 2001, le norme consentono ai contribuenti di poter adottare l'euro quale unità di conto a partire da una qualsiasi data a propria scelta. Per quanto riguarda in particolare i misuratori fiscali, la circolare n. 291/E del 1998, ha evidenziato che i contribuenti hanno la possibilità di scegliere il momento a decorrere dal quale emettere gli scontrini fiscali in euro. Pertanto, i registratori di cassa potranno essere adeguati all'euro anche il 31 dicembre 2001, prima dell'inizio dell'attività di trattenimento.
Qualora, invece, non si intenda anticipare tale adeguamento, tenuto conto della particolarità della situazione, si ritiene che possa essere consentito di passare all'euro non alla mezzanotte, ma al termine dell'intrattenimento, ciò allo scopo di evitare che alle ore 24,00 il soggetto interessato sia costretto a dover procedere alle attività di chiusura in lire e riapertura del misuratore fiscale in euro, proprio nel momento di presumibile maggior afflusso di clienti. In analogia con la disposizione dell'art. 1 del DPR n. 544 del 1999, il documento riepilogativo potrà essere emesso al termine del trattenimento.
Un ulteriore questione da risolvere riguarda la compilazione della distinta di incasso per il settore degli spettacoli ai fini della determinazione dell'IVA dovuta, in particolare se gli importi unitari dei tributi relativi a ciascun biglietto d'ingresso debbano essere arrotondati con due o più decimali, per eccesso o per difetto al centesimo più vicino, o, se invece tale operazione debba essere effettuata sull'importo complessivo, con facoltà di esprimere gli importi unitari con un numero di cifre decimali a piacere, ai sensi dell'art. 3 del D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213 (c.d. calcolo intermedio).
Nella distinta di incasso vengono riepilogati il numero dei biglietti venduti distinti per ciascuna tipologia e viene indicato l'importo netto di ciascun biglietto, la relativa imposta, dai quali, attraverso la moltiplicazione per il numero di biglietti si ottiene l'incasso netto e l'imposta totale. Da ciò si evince che è il singolo biglietto ad assumere rilevanza ai fini della determinazione dell'imposta da versare. Pertanto, gli importi unitari dei tributi relativi ai singoli biglietti d'ingresso vanno considerati "autonomi importi monetari", da indicare in euro con solo due cifre decimali.2.4 Altre imposte indirette
Le modalità di conversione dell'euro illustrate fin qui valgono anche per le altre imposte indirette e per le tasse.
Tuttavia l'imposta di registro, dovuta in misura proporzionale, deve essere arrotondata all'unità di euro per difetto se la frazione è inferiore a 50 centesimi e per eccesso se è pari o superiore; in tal senso con d.P.R. 18 agosto 2000, n. 308 è stato modificato l'articolo 41, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
Anche le imposte ipotecaria e catastale devono essere arrotondate all'unità di euro come stabilito dal relativo testo unico all'articolo 18 approvato con d. Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 (modificato dal d.P.R. n. 308 del 2000).
Gli importi delle altre imposte indirette e tasse devono essere arrotondati al centesimo di euro secondo il più volte richiamato criterio previsto dal Regolamento CE n.1103/97 e ribadito dalla circolare 291/E del 1998.
Anche nell'ipotesi di un valore che non costituisca autonomo importo monetario da pagare o contabilizzare (calcolo intermedio) valgono le regole generali (precisate al punto 2).
Nel caso delle imposte che si pagano cumulativamente (ad esempio: il pagamento virtuale dell'imposta di bollo e della tassa sui contratti di borsa; quello periodico delle tasse per le concessioni governative - art. 21 della tariffa) il contribuente deve arrotondare al centesimo di euro ogni singolo ammontare, perché questo costituisce autonomo importo monetario da contabilizzare per definire il versamento.
Le dichiarazioni e comunicazioni relative a tali tributi, che si riferiscano all'anno 2001, possono essere espresse in lire, la relativa imposta, invece, deve essere versata in euro.
Un caso particolare è costituito dai tributi corrisposti con i valori bollati (marche, cambiali, fissati bollati per contratti di borsa ecc.). Sono già in distribuzione quelli che recano l'indicazione del valore sia in lire che in euro e dal 1 gennaio 2002 verranno messi in circolazione anche quelli riportanti solo l'indicazione del valore in euro. I valori, che riportano esclusivamente l'indicazione in lire, potranno essere impiegati solo fino al 28 febbraio 2002, anche per integrare valori (quali ad esempio le cambiali) che riportino la sola indicazione euro. Successivamente a tale data potranno essere utilizzati solo valori bollati con doppia indicazione lire/euro ovvero con la sola indicazione euro.
La legge 23 novembre 2001, n. 409, all'articolo 1- bis, comma 1, ha previsto per i tabaccai e gli altri rivenditori autorizzati alla vendita al pubblico dei valori bollati, la possibilità di restituire al loro punto di approvvigionamento i valori (compresi i foglietti cambiari) privi dell'indicazione in euro. Il periodo nel quale si potrà effettuare tale restituzione è compreso tra il 1 gennaio ed il 28 febbraio 2002. Entro tale data i soggetti autorizzati alla vendita al pubblico potranno ottenere la contestuale sostituzione con valori bollati il cui importo sia espresso anche in euro e l'ammontare complessivo corrisponda al totale di quanto riconsegnato.
L'espressa indicazione dei tabaccai e degli altri rivenditori autorizzati (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, articolo 39), che possono avvalersi della sostituzione, lascia chiaramente intendere che è escluso il cambio di valori bollati (e il rimborso) per tutti gli altri soggetti, anche perché l'articolo 37 del d.P.R. n. 642 del 1972 dispone: "Non è ammesso il rimborso delle imposte pagate in modo ordinario (carta bollata) o straordinario(marche da bollo), salvo il caso in cui si tratti di:
a) imposta assolta con bollo a punzone su moduli divenuti inutilizzabili per sopravvenute disposizioni legislative o regolamentari;
b) imposta corrisposta anche parzialmente, mediante visto per bollo".
Pertanto al fine di evitare inservibili giacenze, i contribuenti avranno cura di utilizzare entro il 28 febbraio 2002 i valori bollati in lire in loro possesso.
Va comunque precisato che anche successivamente a tale data continueranno ad esplicare piena efficacia atti, documenti e registri con l'indicazione dell'imposta di bollo assolta, precedentemente, in lire.
L'imposta di bollo dovuta fin dall'origine (tariffa parte prima del d.P.R. n. 642 del 1972), se è assolta entro il 28 febbraio 2002 con l'applicazione di marche solo in lire, è correttamente corrisposta se gli atti sono stati formati e rilasciati entro tale data, anche se gli stessi sono sottoposti ad adempimenti successivi.
L'articolo 1-bis, comma 3, della legge n. 409 del 2001 stabilisce che dovrà essere emanata la nuova tariffa del bollo in euro e che con le medesime modalità sopra precisate - previste dal comma 1- avrà luogo la sostituzione dei valori con indicazione sia in lire che in euro con quelli che recheranno la sola indicazione in euro. Tale sostituzione sarà effettuata dal giorno successivo dell'entrata in vigore della tariffa in euro e fino all'ultimo giorno del secondo mese successivo.
Una delle questioni più rilevanti in materia di imposta di bollo riguarda la modalità di calcolo e di arrotondamento dell'imposta sulle cambiali. La difficoltà deriva da diverse circostanze:
i nuovi valori bollati (marche, cambiali, fissati bollati per contratti di borsa, etc.) recano l'importo espresso in Euro anche con l'indicazione di due cifre decimali (centesimi), perché corrispondono a quelli già in circolazione con gli importi esclusivamente in lire;
non esiste la marca da un centesimo;
la differenza di imposta tra il taglio della cambiale (apposita carta bollata) e l'importo dovuto deve essere corrisposto con "visto per bollo" (attualmente con F23) soltanto quando il suo importo supera il valore di dieci marche di taglio massimo;
la cambiale e il vaglia cambiario "non hanno la qualità di titoli esecutivi se non sono stati regolarmente bollati sin dall'origine" (articolo 20 del d.P.R. n. 642 del 1972);
Occorre innanzitutto precisare che l'imposta di bollo corrisposta per le cambiali non può essere inferiore a quella dovuta affinché le stesse mantengano la qualità di titolo esecutivo; pertanto deve essere applicata l'aliquota prevista dall'articolo 6 della tariffa (ad esempio il 12 i) all'importo della cambiale espresso in euro con l'arrotondamento al centesimo di euro superiore, perché l'imposta dovuta per la frazione di lire 1000 comporta tale arrotondamento (ad esempio 12 lire corrispondono ad euro 0.0062).
Il contribuente paga l'imposta usando l'apposita carta bollata per cambiali e, se necessario, per ottenere la somma, almeno pari a quella dovuta, applica le relative marche. Dal 1 gennaio al 28 febbraio 2002, nonostante l'importo della cambiale è espresso solo in euro, per l'integrazione dell'imposta possono essere utilizzare anche le marche che espongono il valore solo in lire.
Sempre in tema di cambiali si precisa che sull'apposita carta bollata, con riferimento all'importo, deve essere cancellata con una riga la dizione lire o euro che non si intende utilizzare (ad esempio: se la cambiale è di 1.500,00 euro deve essere cancellato il termine lire); peraltro, considerato che dal 1 gennaio 2002 non possono più essere emessi titoli di credito in lire, da tale data dovrà sempre essere barrata la dicitura "lire".
Per quanto riguarda la tassa sui contratti di borsa, considerato che gli ammontari indicati nella tabella non costituiscono "autonomo importo da contabilizzare o da pagare" e tenuto conto dell'esiguità di talune voci, in sede di conversione in euro dovranno essere utilizzati anche un numero di cifre decimali superiori a due (cfr. art. 4 del d.lgs. n. 213 del 1998).
Si riporta di seguito la tabella, allegata alla legge 10 novembre 1954, n. 1079 come da ultimo sostituita dal d.Lgs. 21 novembre 1997, n. 435, convertita in euro:TABELLA A
Tabella delle tasse per i contratti di trasferimento di titoli o valori espressi ovvero ridenominati in euro(*)Per ogni 51,65 euro o frazione di 51,65 euro
a) Conclusi direttamente tra i contraenti o con 'intervento di soggetti diversi da quelli di cui alla lettera c): 1) azioni, quote e partecipazioni in società di ogni tipo 0,072 2) valori in moneta o verghe 0,052 3) titoli di Stato o garantiti, obbligazioni 0,0083 b)Conclusi tra privati e soggetti di cui alla lettera c), ovvero tra privati con l'intervento dei predetti soggetti: 1) azioni, quote e partecipazioni in società di ogni tipo 0,0258 2) valori in moneta o verghe 0,0465 3) titoli di Stato o garantiti, obbligazioni 0,00465 c) Conclusi tra banche o soggetti abilitati all'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi di investimento di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415 o agenti di cambio 1) azioni, quote e partecipazioni in società di ogni tipo 0,0062 2) valori in moneta o verghe 0,0207 3) titoli di Stato o garantiti, obbligazioni 0,00465 (*) La tassa non si applica ai contratti di importo non superiore a 206, 58 euro.
(**) La misura della tassa dovuta per i contratti, ivi compresi i contratti pronti contro termine, non può superare 929, 62 euro.Per una migliore comprensione si fornisce un esempio di calcolo della tassa sui contratti di borsa.
Si ipotizzi che vengano trasferiti titoli per un valore di 2.500,00 euro. Poiché gli importi indicati nella tabella sono dovuti per ogni lire 100.000 (pari a euro 51,65) o frazione di 100.000, si divide l'ammontare del contratto per 51,65 euro (2.500,00: 51,65) e quando il risultato ottenuto presenta dei decimali (48,40) deve essere arrotondato all'unità superiore (49), tale numero va moltiplicato per l'importo indicato nella voce della tabella corrispondente al trasferimento (esempio: euro 0,072 X 49 = A 3,528 arrotondato a A 3,53).
Da ultimo, per quanto riguarda il trattamento, ai fini dell'imposta di bollo dovuta per le deliberazioni del consiglio di amministrazione e dell'assemblea dei soci, adottate al solo scopo di convertire il capitale sociale in EURO, si ribadisce quanto già affermato con risoluzione 124/E del 3 agosto 2001, ove è stato precisato che tutte le deliberazioni del consiglio di amministrazione, se esclusivamente conseguenti all'introduzione dell'Euro, sono esenti dall'imposta di bollo e di registro. Gli adempimenti connessi - ad esempio l'iscrizione nel registro delle imprese - sono esenti dall'imposta di bollo; ovviamente se per gli adempimenti presso il registro delle imprese è prevista la presentazione di una domanda anche quest'ultima non è soggetta all'imposta di bollo.2.5 Sanzioni
L'articolo 51, comma 2, del d.lgs. n. 213 del 1998, prevede che, a decorrere dal 1 gennaio 2002, ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire nelle vigenti disposizioni normative è tradotta in euro secondo il tasso di conversione irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato.
Al successivo comma 3, stabilisce che se l'operazione di conversione produce un risultato espresso anche con decimali, la cifra è arrotondata eliminando i decimali.
Pertanto, le sanzioni espresse in lire nell'ordinamento (c.d. sanzioni in misura fissa) sono convertite in euro con il sistema del troncamento (eliminazione delle cifre decimali).
Al fine di facilitare la giusta conversione, a titolo esemplificativo, nella tabella che segue si indica la traduzione in euro di alcune delle sanzioni previste nella norme tributarie.Comportamento sanzionato Sanzione amministrativa in lire Sanzione in euro Art. 1, comma 1, d.lgs. 471/97 - Omessa presentazione della dichiarazione dei redditi Da 500.000 a 2 milioni (se non sono dovute imposte) Da 258 a 1032 Art. 2, comma 3, d.lgs. 471/97- Omessa presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta Da 500.000 a 4 milioni (se le ritenute sono state versate) Da 258 a 2065 Art. 2, comma 4, d.lgs. 4sostituti d'imposta 71/97- Omessa presentazione della dichiarazione dei 100.000 (per ogni percipiente non indicato) 51 Art. 3, comma 1, d.lgs. 471/97- Omessa denuncia dei redditi fondiari Da 500.000 a 4 milioni Da 258 a 2065 Il medesimo troncamento opera anche quando la base su cui calcolare la sanzione a seguito di riduzioni derivanti ad esempio, da ravvedimento, risulta espressa in lire.
Quando, invece, la misura della sanzione risulta espressa nelle vigenti disposizioni in percentuale, si applicano le regole ordinarie dell'arrotondamento al centesimo di euro.
Ad esempio, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi nel termine previsto, l'articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997, prevede la sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di lire 500.000, pari a 258,00 euro (derivante da 258,23 per troncamento).
Nell'ipotesi in cui non siano dovute imposte, è prevista l'applicazione della sanzione da lire 500.000 a lire 2.000.000 (da 258,00 a 1032,00 euro).
Se dalla dichiarazione non emerge il pagamento di imposte, ed il contribuente intende regolarizzare la mancata presentazione della dichiarazione, può presentare la dichiarazione entro 90 giorni dalla scadenza con il pagamento della sanzione pari a un ottavo del minimo edittale previsto e cioè 32,00 euro (32,278 con troncamento delle cifre decimali). L'importo da versare sarà pari a 32,00 euro, risultante dalla eliminazione delle cifre dopo la virgola.
Invece, in caso di omesso versamento o di versamento effettuato in misura ridotta rispetto al dovuto, l'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997, prevede la sanzione nella misura del 30 per cento per l'importo non versato.
Qualora il contribuente, che intende avvalersi del ravvedimento. esegue il versamento entro 30 giorni dalla data in cui è stata commessa la violazione, la sanzione è ridotta ad un ottavo della misura minima prevista.
Se è stato omesso un versamento IVA a dicembre 2001 lire 10 milioni, occorre prima di tutto effettuare la conversione dell'imposta da versare in 5.164,57 euro.
La sanzione è di lire 5.164,57 X 30% : 8, uguale a 193,671 euro.
L'importo della sanzione da versare è pari a 193,67 euro.3. Problematiche in materia di scritture contabili e di bilancio
Per le imprese che adottano l'euro come moneta di conto a decorrere dal 1 gennaio 2002, le scritture di assestamento e rettifica saranno contabilizzate in lire e stampate sul libro giornale dopo le registrazioni, in euro, dei fatti di gestione intervenuti dopo il primo gennaio. Sul libro giornale, quindi, potranno alternarsi scritture in monete diverse, purché quelle in lire siano riferite al periodo d'imposta precedente in cui era adottata la lira come moneta di conto.
L'art. 2423, comma 5, del c.c., come modificato, con effetto dal 1/1/2002, dall'art. 16, comma 8, lettera a), del d.lgs. n. 213/98, stabilisce che il bilancio delle società per azioni e delle altre imprese cui si applica il medesimo articolo 2423 deve essere obbligatoriamente redatto in euro, senza cifre decimali. Le imprese in contabilità ordinaria, diverse da quelle cui si applica l'art. 2423 del c.c, possono redigere il bilancio in unità di euro ovvero in centesimi di euro.
Sul libro inventari deve essere riportato il bilancio approvato i cui valori, per i soggetti cui si rende applicabile l'art. 2423 del c.c., sono obbligatoriamente espressi in unità di euro. Gli altri soggetti in contabilità ordinaria, che hanno scelto di redigere il bilancio in unità di euro, dovranno comportarsi in modo analogo e riportare il bilancio approvato espresso in unità di euro.
In sede di redazione del bilancio, la trasformazione dei dati contabili (espressi in centesimi di euro) in dati di bilancio (espressi in unità di euro), può avvenire o mediante arrotondamento o mediante troncamento.
Tuttavia, posto che in ogni caso restano immutati i saldi contabili, si ritiene più idonea ad offrire una rappresentazione fedele della situazione patrimoniale ed economica, la tecnica dell'arrotondamento.
In ogni caso, la somma algebrica dei differenziali che si generano ha solo rilevanza extracontabile e potrà essere allocata tra le riserve per gli arrotondamenti dello stato patrimoniale, oppure tra i proventi o gli oneri straordinari per gli arrotondamenti del conto economico, senza influenzare il risultato d'esercizio. Questa impostazione è coerente con le indicazioni fornite dalla Banca d'Italia e dall'ISVAP, rispettivamente per le banche e le imprese di assicurazioni.
Nel passaggio dai valori di conto ai valori di bilancio, l'arrotondamento deve essere effettuato dopo aver sommato algebricamente tutti i valori di conto ricompresi nelle singole voci evidenziate in bilancio. Ad esempio deve essere arrotondato il saldo complessivo dei conti compresi nella voce C.II.1 Crediti verso clienti.
Naturalmente i prospetti di bilancio devono essere in pareggio. Come già indicato, il pareggio può essere ottenuto allocando i differenziali, calcolati in modo extracontabile e senza influenzare il risultato d'esercizio, in una riserva per lo stato patrimoniale e tra i proventi e oneri straordinari per il conto economico.
Per quanto riguarda i prospetti di bilancio contenuti nella nota integrativa, si premette che gli stessi, ai sensi dell'art. 2423, comma 5, modificato d.lgs. n. 213/98, possono essere espressi in migliaia di euro.
Nel caso in cui gli importi in questione siano espressi in unità di euro, si ritiene che i saldi iniziali e finali debbano corrispondere esattamente a quelli risultanti dal bilancio. Inoltre il saldo finale non può che corrispondere alla somma algebrica del saldo iniziale e dell'eccedenze in Dare e Avere. Possono ritenersi valide le soluzioni con le quali viene evidenziato e corretto - per maggiore chiarezza - il differenziale derivante dall'arrotondamento, apportando un'apposita integrazione col segno positivo o negativo accanto ai valori di incremento o decremento del saldo iniziale.
Per quanto riguarda la conversione da lire in euro dei saldi contabili, si fa presente che la stessa deve essere analitica per ciascuna delle posizioni aperte che derivano da specifici documenti (fatture, pagamenti con ri.ba, ecc.). Ad esempio, tutti i singoli crediti verso ogni singolo cliente costituiscono importi monetari autonomi da pagare o contabilizzare e vanno arrotondati, ciascuno, al centesimo di euro.
Per le voci dell'attivo immobilizzato possono essere convertiti solo i saldi ovvero può procedersi ad una più precisa conversione analitica stratificata. Per semplificare le successive operazioni di cessione o dismissione dei singoli cespiti, si ritiene opportuno convertire il costo storico di ciascun cespite, i fondi di ammortamento per anno di formazione, e i valori relativi agli altri elementi che concorrono a determinare il valore dell'attivo immobilizzato, procedendo poi a sommare i singoli importi.4. Dichiarazioni
4.1 Dichiarazioni relative all'anno 2001
Come è noto già nel corso del periodo transitorio i contribuenti hanno avuto la facoltà di presentare in euro le proprie dichiarazioni fiscali, secondo quanto già chiarito nella circolare n. 291 del 1998. Pertanto i contribuenti che abbiano già adottato l'euro quale unità di conto sono tenuti a presentare nel 2002 le relative dichiarazioni in euro. Trattasi in particolare delle imprese che nel periodo transitorio hanno redatto il bilancio o il rendiconto in euro ovvero dei soggetti diversi dalle imprese (ad esempio contribuenti che adottano la contabilità semplificata, lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, ecc.) che già abbiano redatto in euro una delle dichiarazioni di cui all'art. 47 del D.Lgs. n. 213 del 1998 (dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'IVA, all'IRAP, nonché quella del sostituto d'imposta).
Per tutti gli altri soggetti, invece, le dichiarazioni fiscali da presentare nel 2002 (modello 730 e Unico, relativi al periodo d'imposta 2001, dichiarazione periodica IVA relativa al mese di dicembre e al quarto trimestre 2001), relative a periodi di imposta chiusi entro il 31 dicembre 2001, possono essere compilate sia in lire che in euro.
I contribuenti possono presentare il modello in lire, anche se in possesso di un CUD in euro, senza essere costretti a convertire e poi arrotondare gli importi da indicare nella dichiarazione, come ad esempio le fatture e le ricevute relative agli oneri deducibili e detraibili. In questo caso, ovviamente, resterà l'obbligo di convertire in lire (moltiplicando per 1936,27) eventuali fatture o documenti ricevuti in euro.
Per consentire in modo adeguato questa scelta i modelli di dichiarazione cartacei saranno predisposti nella doppia versione: lire ed euro. I modelli in lire, di colore verde, avranno i tre zeri finali prestampati per l'arrotondamento alle mille lire. Quelli in euro, di colore azzurro, avranno due zeri prestampati dopo la virgola per l'arrotondamento all'unità di euro.
In particolare, si precisa che:
- per le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, Irap e Iva, coerentemente con quanto previsto dai comunicati stampa del 23 ottobre u.s. del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia delle Entrate, tutti gli importi da indicare nelle dichiarazioni (redditi, Irap, Iva) compilate in euro saranno espressi in unità di euro mediante arrotondamento dei decimali; per le dichiarazioni compilate in lire il relativo modello recherà la richiesta di indicazione degli importi da versare nella doppia valuta lire/euro. Ciò allo scopo di garantire omogeneità di arrotondamento per tutti gli importi provenienti da dichiarazioni fiscali, atteso che la delega di versamento (mod. F24) dovrà essere compilata esclusivamente in euro a partire dal 1 gennaio 2002, ancorché fino al 28 febbraio 2002 sia possibile utilizzare la lire per pagamenti in contanti;
- ai fini della indicazione in dichiarazione in unità di euro si fa presente che qualora l'importo contenga più di due cifre decimali occorre prima esprimerlo al centesimo di euro e poi procedere all'arrotondamento all'unità. Infatti, a norma dell'art. 5 del Reg. CE n. 1103 del 1997, gli importi da pagare o contabilizzare, risultanti da conversione, devono essere arrotondati al centesimo più vicino.
Pertanto, l'arrotondamento al centesimo di euro si configura come passaggio intermedio obbligatorio, prima di procedere all'arrotondamento all'unità di euro da riportare in dichiarazione. Ad esempio, se l'importo da dichiarare è pari a 77,4999 euro è necessario prima arrotondare al centesimo di euro (= a 77,50) e poi ricondurlo ad unità indicando in dichiarazione il valore di 78 euro;
- gli importi da indicare nelle dichiarazioni dei sostituti d'imposta (770/S semplificato e 770 ordinario), in conformità a quanto previsto dalla vigente normativa, devono essere indicati all'unità di euro, mediante il troncamento dei decimali, come già previsto per le dichiarazioni in lire.
La facoltà di presentare le dichiarazioni in lire viene meno qualora sia stata presentata una dichiarazione relativa al periodo d'imposta chiuso al 31 dicembre 2001 in euro. E' il caso ad esempio del contribuente che, pur potendo presentare in lire la dichiarazione periodica Iva, relativa al mese di dicembre 2001, abbia ritenuto di presentarla in euro.4.2 CUD
Per la certificazione relativa ai redditi di lavoro dipendenti e assimilati a quelli di lavoro dipendente (compresi i redditi di collaborazione coordinata e continuativa) e le altre certificazioni rilasciate dai sostituti d'imposta, sarà approvato un unico stampato (CUD), ma con la possibilità di esprimere gli importi in lire o in euro, a scelta del sostituto. Nelle certificazioni in euro, gli importi dovranno essere indicati al centesimo di euro.4.3 Modello 730
In caso di presentazione ad un Caf del mod. 730 compilato in lire, il Caf deve consegnare al contribuente:
- copia del modello 730 base in lire;
- il prospetto di liquidazione modello 730-3 in lire (che, comunque, da quest'anno prevede un riepilogativo in euro).
Per il rilascio della copia elaborata della dichiarazione e del modello 730-3 sarà, però, consentito utilizzare un modello privo degli zeri prestampati che saranno apposti direttamente nella fase di compilazione.
La comunicazione 730-4 al sostituto d'imposta deve, invece, essere compilata sempre in euro.5. Versamenti
5.1 Chiusura degli sportelli bancari e di banco posta
L'art. 155, comma 3, della l. 388 del 2000, ha stabilito che:
" Sono prorogati di diritto al 2 gennaio 2002 tutti i termini scadenti il 31 dicembre 2001, anche se di prescrizione e di decadenza, cui sia soggetto qualunque adempimento, pagamento od operazione, da effettuare per il tramite della Banca d'Italia, delle banche, della società Poste italiane S.p.a., delle imprese di investimento degli agenti di cambio, delle società di gestione del risparmio, delle società di investimento a capitale variabile (SICAV), delle società fiduciarie, delle imprese assicurative, degli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e degli organismi che svolgono i servizi e le attività di cui agli articoli 69, 70 e 80 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, o che sono disciplinati dalle disposizioni della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e della Banca d'Italia del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 27 marzo 1992, concernenti l'istituzione, l'organizzazione ed il funzionamento della Cassa di compensazione e garanzia prevista dagli articoli 22 e 23 della legge 2 gennaio 1991, n. 1, nonché degli altri soggetti, abilitati al regolamento di operazioni finanziarie nell'ambito del sistema di pagamenti denominato "TARGET", eventualmente individuati con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica."
Inoltre, il decreto-legge 25 settembre 2001 n. 350 - convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 409 - concernente, tra l'altro, disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro, all'art. 2, ha stabilito che il 28 dicembre 2001 sia considerato come ultimo giorno lavorativo ed ha introdotto alcune norme per consentire al sistema bancario e postale di affrontare le difficoltà degli ultimi giorni del 2001 modificando il calendario dei versamenti di dicembre, che sarà caratterizzato da una serie di anticipazioni e slittamenti dei termini.
In particolare, l'articolo 2 del predetto decreto-legge n. 350 del 2001, ha stabilito che:
- gli sportelli della Banca d'Italia, della Tesoreria provinciale dello Stato, della Tesoreria centrale dello Stato, della Cassa depositi e prestiti, delle banche e degli uffici postali, per le attività di bancoposta di cui al DPR n. 144/2001, restano chiusi al pubblico il 31 dicembre 2001;
- il 29 dicembre 2001 non saranno effettuate presso gli sportelli degli uffici postali le operazioni di prelievo o di accredito ovvero di movimentazione in tempo reale dei conti correnti postali;
- gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio restano chiusi al pubblico i giorni 29 e 31 dicembre 2001;
- agli effetti di quanto previsto dall'articolo 24, secondo comma, della legge n. 52/1985, il giorno 28 dicembre è considerato ultimo giorno lavorativo;
- limitatamente all'anno 2001, le somme dovute a titolo di acconto dell'imposta sul valore aggiunto devono essere versate dai contribuenti entro il 24 dicembre (in luogo del 28 dicembre) e i concessionari del servizio nazionale della riscossione, le banche e le Poste Italiane Spa riversano entro il 28 dicembre le somme riscosse allo stesso titolo;
- il pagamento delle somme di cui all'articolo 28, comma 7, della legge n. 388/2000, in scadenza il 27 dicembre (tassa sull'emissione di anidride solforosa, imposta di consumo sul carbone indicati nell'articolo all'articolo 28, comma 6, della citata legge n. 388/2000) non può essere effettuato mediante versamento unitario;
- i termini per il pagamento dei diritti doganali e di ogni altra somma pagata in dogana in scadenza dal 28 al 31 dicembre, sono stabiliti al 31 dicembre 2001;
- per la Tesoreria dello Stato, la chiusura dell'esercizio finanziario è fissato al 28 dicembre e alla medesima data cessano di avere validità i titoli di spesa la cui perenzione matura il 31 dicembre 2001.
Pertanto, i versamenti scadenti nelle giornate dal 28 al 31 dicembre 2001 sono considerati tempestivi se effettuati entro il 2 gennaio 2002.
Conseguentemente i versamenti relativi ad oneri per i quali spetta la deducibilità o la detraibilità ai sensi delle disposizioni in materia di imposte sui redditi, da effettuarsi entro il 31 dicembre 2001 e, di fatto, eseguiti il 2 gennaio 2002, sono rilevanti ai fini della determinazione del reddito o dell'imposta relativi al periodo di imposta 2001.5.2 Modalità di effettuazione dei versamenti
Con provvedimenti del 14 novembre 2001, il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha approvato i nuovi modelli per i versamenti F23 ed F24, da utilizzare a partire dal 1 gennaio 2002, con l'indicazione esclusiva degli importi in euro. Ciò non di meno il materiale pagamento delle somme dovute può essere effettuato fino al 28 febbraio 2002 anche in lire, se vengono utilizzati contanti, a nulla rilevando la circostanza che il debito tributario sia riferibile all'anno 2002 ovvero ad una annualità precedente, né alla valuta usata (lira o euro) nella eventuale relativa dichiarazione.
I nuovi modelli consentono di effettuare i versamenti al centesimo di euro, al contrario dei modelli in uso fino al 2001 nei quali gli importi dovevano essere riportati con l'arrotondamento all'unità di euro.
Tuttavia, gli importi delle imposte che scaturiscono dalle dichiarazioni fiscali, tenuto conto che in sede di dichiarazione tutti gli importi devono essere indicati all'unità di euro, devono essere versati arrotondati all'unità di euro, così come determinati nelle dichiarazioni.
Se, invece, gli ammontari indicati in dichiarazione devono essere successivamente elaborati (es. acconti, rateazioni o somme dovute per avvalersi del ravvedimento operoso) prima di essere versati, si applica la regola generale dell'arrotondamento al centesimo di euro, trattandosi di ammontari che non si indicano in dichiarazione ma direttamente nel modello di versamento F24.
Nel caso in cui, ad esempio, il contribuente decide di avvalersi della facoltà di effettuare il versamento del saldo e dell'acconto Irpef in modo rateale, qualora l'importo della singola rata risulti con cifre dopo la virgola, il relativo versamento deve essere effettuato con l'arrotondamento al centesimo di euro.
Qualora all'importo espresso in unità di euro (importo che compare sul modello) deve essere applicata una percentuale (o si deve effettuare un particolare calcolo) e il risultato ottenuto va confrontato con un parametro o con un altro dato indicato in dichiarazione, espresso in unità di euro anche l'importo da confrontare con il parametro va arrotondato ai centesimi in euro.
Si prenda ad esempio l'acconto Irpef: il versamento deve essere effettuato in un'unica soluzione, a novembre, se l'importo dovuto è inferiore a lire 502.000, pari a 259,26 euro; in due rate, se l'importo dovuto è pari o superiore a tale importo. Pertanto, se il 95% dell'acconto dovuto è pari a 259,254 euro, l'acconto deve essere versato in un'unica soluzione (importo arrotondato ai centesimi 259,25 è < di 259,26).
I valori espressi in centesimi nella delega di versamento devono essere esposti nella dichiarazione secondo le regole generali stabilite per indicare nelle dichiarazioni gli importi in euro e, cioè, arrotondati per eccesso o per difetto all'unità di euro.
Per quanto riguarda i versamenti periodici IVA, riferibili all'anno 2001 ed in scadenza nel 2002 si precisa che:
- nel caso che si utilizzi come valuta l'euro, poiché il modello di dichiarazione e le relative istruzioni riferite al 2001 prevedevano l'arrotondamento all'unità di euro, nel modello di pagamento F24 gli stessi importi saranno indicati nella medesima misura;
- egualmente, se si utilizza la lira come valuta in cui viene redatta la dichiarazione periodica, gli importi (indicati in lire) relativi alla liquidazioni degli ultimi mesi del 2001 sono indicati in euro, nel modello F24, con arrotondamento all'unità, ciò allo scopo di evitare disparità di trattamento rispetto al caso precedente;
- per i contribuenti non obbligati alla dichiarazione periodica, i medesimi versamenti saranno effettuati convertendo in euro (secondo le regole generali di arrotondamento al secondo decimale) l'importo originario in lire risultante dalle liquidazioni periodiche.