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Circolare Agenzia Entrate n.33 del 28.12.2020
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Regime speciale per lavoratori impatriati - Articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, come modificato dall'articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 e successive modificazioni. Chiarimenti interpretativi.
INDICE
PREMESSA
1 REQUISITI SOGGETTIVI ED OGGETTIVI
2 MISURA, DURATA ED AMBITO TEMPORALE DI APPLICAZIONE DELL'AGEVOLAZIONE
2.1 FONDO CONTROESODO
3 ULTERIORE QUINQUENNIO AGEVOLABILE
3.1 PRESENZA FIGLI A CARICO
3.2 ACQUISTO UNITÀ IMMOBILIARE
4 TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA IN UNA DELLE REGIONI DEL CENTRO E SUD ITALIA
5 MANCATA ISCRIZIONE ALL'ANAGRAFE DEGLI ITALIANI RESIDENTI ALL'ESTERO (AIRE)
6 MODALITÀ DI FRUIZIONE DELL'AGEVOLAZIONE
7 CASI PARTICOLARI
7.1 CONTRIBUENTI CHE RIENTRANO A SEGUITO DI DISTACCO ALL'ESTERO
7.2 LAVORO SUBORDINATO SVOLTO A BORDO DI NAVI ED AEROMOBILI IN TRAFFICO INTERNAZIONALE
7.3 CONSEGUIMENTO DEL TITOLO DOPO IL PERIODO DI VENTIQUATTRO MESI
7.4 FUNZIONARI ED AGENTI DELL'UNIONE EUROPEA
7.5 DATORE DI LAVORO NON RESIDENTE
7.6 DIRITTI D'AUTORE
7.7 REDDITI SOGGETTI ALL'ALIQUOTA ADDIZIONALE DI CUI ALL'ARTICOLO 33 DEL DECRETO LEGGE N. 78 DEL 2010
7.8 EMOLUMENTI VARIABILI PERCEPITI NEL PERIODO DI IMPOSTA DI ACQUISIZIONE DELLA RESIDENZA FISCALE IN ITALIA, RIFERIBILI A PERIODI DI IMPOSTA IN CUI L'IMPATRIATO ERA RESIDENTE ALL'ESTERO
7.9 BONUS MATURATO NELL'ULTIMO ANNO DI FRUIZIONE DEL REGIME AGEVOLATO DEGLI IMPATRIATI MA PERCEPITO IN ANNUALITÀ SUCCESSIVE
7.10 LUOGO E MOMENTO DI TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA IN ITALIA
7.11 INCOMPATIBILITÀ TRA IL REGIME FORFETARIO E QUELLO DEGLI IMPATRIATI
7.12 CITTADINI STRANIERI
7.13 CONTRIBUENTI CHE RIENTRANO A SEGUITO DI ASPETTATIVA NON RETRIBUITA
Il «regime speciale per lavoratori impatriati», di cui all'articolo 16 del Decreto Internazionalizzazione[1]ha introdotto, a decorrere dal periodo di imposta 2016, una tassazione agevolata dei redditi prodotti dai contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia e che si impegnano a risiedervi per almeno due periodi di imposta, svolgendo attività lavorativa nel territorio italiano.
Il regime agevolativo in esame è stato oggetto di alcune modifiche normative apportate dal Decreto Crescita[2], che hanno ridefinito i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto (ovvero, dal periodo di imposta 2020). Tra le novità più importanti, si segnala l'incremento della percentuale di abbattimento dell'imponibile fiscale dei redditi agevolabili dal 50 al 70 per cento e l'estensione per un ulteriore quinquennio del periodo agevolabile in talune ipotesi espressamente previste dalla legge.
Con il successivo Decreto Fiscale[3]il legislatore, nell'intento di superare la disparità di trattamento tra i soggetti che avessero trasferito la residenza fiscale nel territorio dello Stato a decorrere dal 3 luglio 2019 (ovvero dal periodo di imposta 2020) e i soggetti rientrati a decorrere dal 30 aprile 2019, ha esteso anche nei confronti di questi ultimi le maggiori agevolazioni già disposte dal Decreto Crescita nei confronti dei lavoratori che avessero trasferito in Italia la residenza fiscale dal 2020.
Con la presente circolare si forniscono chiarimenti interpretativi in relazione alle modifiche normative che hanno ridisegnato il perimetro di applicazione del suddetto regime agevolativo a partire dal periodo di imposta 2019, con particolare riferimento: ai requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere all'agevolazione, ai presupposti per accedere all'ulteriore quinquennio agevolabile, all'ambito temporale di applicazione della sopra richiamata disposizione, alle modifiche normative concernenti il requisito dell'iscrizione all'anagrafe degli Italiani residenti all'estero (c.d. AIRE) per fruire dell'agevolazione fiscale de qua.
Per gli aspetti di carattere generale, non oggetto di modifica ad opera dei citati atti normativi, si rinvia ai chiarimenti forniti con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (Parte II, paragrafo 3).
1 Requisiti soggettivi ed oggettivi
L'articolo 16 del Decreto Internazionalizzazione definisce compiutamente i requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere al regime speciale in esame. In particolare, il comma 1 (integralmente sostituito dall'articolo 5 del Decreto Crescita), nella versione attualmente vigente, prevede che «I redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
b) l'attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano».
Con riferimento all'ambito soggettivo, dunque, il regime agevolato si applica, ai sensi dell'articolo 16, comma 1, al "lavoratore" che:
a) trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, secondo quanto previsto dal TUIR[4];
b) non è stato residente in Italia nei due periodi d'imposta antecedenti al trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno due anni;
c) svolge l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
In base al successivo comma 2, il cui contenuto è rimasto immutato rispetto alla versione dell'articolo 16 in vigore fino al 30 aprile 2019, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, inoltre, i cittadini dell'Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
a) siano in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto «continuativamente» un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
b) abbiano svolto «continuativamente» un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una «specializzazionepost lauream».
Per accedere al regime speciale, il citato articolo 16, comma 1, presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
Il comma 2, invece, non indica espressamente un periodo minimo di residenza estera; tuttavia, come chiarito con la risoluzione n. 51/E del 7 luglio 2018, considerato che il medesimo comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all'estero di due anni, si ritiene che anche per detti soggetti, la residenza all'estero per almeno due periodi d'imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire l'accesso al regime agevolativo.
I soggetti sopra elencati possono accedere all'agevolazione a condizione che trasferiscano la residenza fiscale in Italia e si impegnino a permanervi per almeno due anni a pena di decadenza[5].
Al riguardo, si ricorda che l'articolo 2 del TUIR dispone che «Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile». Le nozioni di residenza e domicilio contenute nell'articolo da ultimo citato sono mutuate dalla disciplina civilistica, che definisce la prima come il luogo di dimora abituale e il secondo come la sede principale dei propri affari e interessi[6].
Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative, pertanto, la sussistenza, per la maggior parte del periodo d'imposta, anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
In base alla normativa[7]il regime speciale ha carattere temporaneo e risulta applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.
Con riferimento all'ambito oggettivo, sono agevolabili i redditi di lavoro dipendente e assimilati ed i redditi di lavoro autonomo, che derivano dall'esercizio di arti e professioni di cui all'articolo 53 del TUIR, svolte sia in forma individuale che associata (per esempio, nella forma dell'associazione professionale), prodotti nel territorio dello Stato.
Inoltre, per effetto delle modifiche introdotte dal Decreto Crescita[8], il regime speciale «si applica anche ai redditi d'impresa prodotti dai soggetti identificati dal comma 1 o dal comma 2 che avviano un'attività d'impresa in Italia a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019».
Al riguardo, si ritiene che, attesa la previsione normativa che fa riferimento ai soli redditi di impresa «prodotti» dai soggetti indicati, non siano oggetto di agevolazione i redditi prodotti dalle società di persone commerciali e imputati per trasparenza direttamente a ciascun socio, in proporzione alla propria quota di possesso ai sensi dell'articolo 5 del TUIR.
Parimenti è escluso dal regime agevolato il reddito di impresa prodotto dalle società a responsabilità limitata a «ristretta base proprietaria» i cui soci sono esclusivamente persone fisiche, ai sensi dell'articolo 116 del TUIR.
Ne consegue che il reddito di impresa agevolabile è unicamente quello dell'imprenditore individuale, poiché prodotto dalla persona fisica mediante l'esercizio della propria attività lavorativa in regime di impresa.
Dal tenore letterale della norma si evince, altresì, che, in presenza del collegamento tra il trasferimento della residenza in Italia e l'inizio di un'attività lavorativa (per la quale è prevista una tassazione agevolata dei redditi prodotti in Italia), possono essere oggetto di agevolazione anche gli ulteriori redditi derivanti da attività lavorative intraprese in periodi di imposta successivi al rientro (ma comunque entro il quinquennio agevolabile, nel rispetto dei limiti temporali di applicazione dell'agevolazione)[9].
Le categorie di reddito agevolabili possono, pertanto, derivare da attività di lavoro esercitate contemporaneamente al momento dell'impatrio o da attività aggiuntive intraprese in momenti successivi all'impatrio (sempreché sia soddisfatto il sopra richiamato collegamento).
Ne consegue che, non rileva la circostanza che una delle attività che produce redditi agevolabili sia stata avviata successivamente al trasferimento della residenza, rispetto a quella esercitata al momento dell'impatrio.
Esemplificando, qualora un soggetto trasferisca la residenza fiscale in Italia nel 2020, iniziando nel suddetto periodo di imposta un'attività di lavoro autonomo, e nel 2023 inizi a produrre anche redditi di impresa, potrà fruire del regime agevolato, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma, fino al periodo di imposta 2024 compreso, usufruendo della detassazione dei redditi di lavoro autonomo e dei redditi di impresa, indipendentemente dalla circostanza che l'attività produttiva di reddito di impresa sia stata avviata in un periodo di imposta successivo a quello del trasferimento della residenza fiscale in Italia.
Si segnala, inoltre, che l'articolo 16, comma 5-quater, inserito dall'articolo 5, comma 1, lettera d) del Decreto Crescita, ha esteso la platea dei beneficiari del regime speciale per lavoratori impatriati anche agli sportivi professionisti, prevedendo al comma 5-quinquies che «l'esercizio dell'opzione per il regime agevolato ivi previsto comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento della base imponibile. Le entrate derivanti dal contributo di cui al primo periodo sono versate a un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un apposito capitolo, da istituire nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il potenziamento dei settori giovanili. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'autorità di Governo delegata per lo sport e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma, definiti con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 3».
Al riguardo, su parere conforme del Ministero dell'Economia e delle finanze - Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 324497 del 9 ottobre 2020), si precisa che ai richiamati soggetti non può essere, tuttavia, riconosciuto il regime agevolato previsto nell'articolo 16, comma 5-quater, in esame finché non sarà adottato il d.P.C.M. di cui al successivo comma 5-quinquies del medesimo articolo 16.
Si segnala, infine, che l'accesso al regime agevolato non è subordinato alla presentazione, da parte del contribuente, di istanza di interpello ai sensi dello Statuto dei diritti del contribuente[10]. Si rileva, in merito, che è parimenti preclusa la possibilità di presentare istanza di interpello, laddove le questioni poste riguardino la sussistenza dei presupposti per stabilire l'effettiva residenza fiscale, nonché la verifica dei requisiti necessari ai fini dell'accesso al regime speciale in esame, posto che tali verifiche implicano valutazioni di fatto non esperibili in sede di interpello.
Come precisato nella circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, infatti, il legislatore ha inteso escludere dall'area dell'interpello tutte quelle ipotesi caratterizzate "da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dall'amministrazione finanziaria ma solo in sede di accertamento; si tratta, in altre parole, di tutte quelle fattispecie in cui rileva il mero appuramento del fatto (cd. accertamenti di fatto)".
2 Misura, durata ed ambito temporale di applicazione dell'agevolazione
Come anticipato, per effetto delle modifiche apportate dal Decreto Crescita, i redditi agevolabili concorrono alla formazione dell'imponibile complessivo nella misura del 30 per cento. Rispetto alla normativa previgente, la percentuale di esenzione del reddito prodotto è stata innalzata dal 50 al 70 per cento.
Sotto il profilo temporale, si evidenzia che dapprima il Decreto Crescita e successivamente il Decreto Fiscale hanno disciplinato la decorrenza delle nuove misure di detassazione.
In particolare, il Decreto Crescita[11], nella versione in vigore dal 1° maggio 2019, prevedeva la decorrenza delle modifiche «a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto», con la conseguenza che le nuove disposizioni si sarebbero dovute applicare nei confronti dei soli soggetti che acquisivano la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2020 e, dunque, nei confronti dei soggetti che si fossero trasferiti in Italia dopo il 2 luglio 2019.
Successivamente, il Decreto Fiscale[12]ha ridefinito la decorrenza della novella, prevedendo che le nuove misure agevolative si applicano «a decorrere dal periodo d'imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».
Al riguardo, su parere conforme del Ministero dell'Economia e delle finanze - Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 352447 del 12 novembre 2020), si ritiene che con tale modifica il legislatore ha inteso estendere le maggiori agevolazioni già disposte nei confronti dei lavoratori che trasferiscono la residenza nel Paese dal periodo di imposta 2020, anche nei confronti dei lavoratori rientrati in Italia a partire dal 30 aprile 2019 i quali in assenza della suddetta previsione normativa, avrebbero comunque goduto dell'agevolazione in parola ma nella versione meno favorevole (detassazione del 50% e non del 70% del reddito prodotto in Italia), correggendo una evidente disparità di trattamento tra i soggetti che sarebbero rientrati dal 2020 e quelli già rientrati a decorrere dal 30 aprile 2019.
Ne consegue che, in presenza dei requisiti e delle condizioni previste dalla normativa in commento, i contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia a partire dal 30 aprile 2019 possono beneficiare del regime agevolativo in questione, secondo le novellate disposizioni in vigore dal 1° maggio 2019:
? a partire dal periodo di imposta 2019, laddove abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia a partire dal 30 aprile ed entro il 2 luglio 2019; ovvero
? dal periodo di imposta 2020, laddove abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia a decorrere dal 3 luglio 2019.
Per l'operatività della norma nei confronti di coloro che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile al 2 luglio 2019, si rinvia al paragrafo successivo.
Ad esempio, in presenza di tutti i requisiti richiesti dalla norma, un soggetto che ha trasferito la residenza fiscale in Italia:
? il 5 febbraio 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore fino al 30 aprile 2019 (con detassazione del reddito nella misura del 50 per cento per tutto il quinquennio);
? il 5 maggio 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore dal 1° maggio 2019 (con detassazione del reddito nella misura del 70 per cento per tutto il quinquennio), a decorrere dal periodo di imposta 2019;
? il 5 luglio 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore dal 1° maggio 2019 (con detassazione del reddito nella misura del 70 per cento per tutto il quinquennio), a decorrere dal periodo di imposta 2020.
Tenuto conto della formulazione del disposto normativo, si ritiene che la misura di detassazione del reddito deve essere applicata uniformemente per l'intero arco temporale e, dunque, la richiamata percentuale di detassazione dei redditi agevolati deve essere applicata in maniera costante per i cinque periodi di imposta di riferimento.
Ne consegue che, se il contribuente usufruiva del regime di detassazione del reddito nella misura del 50 per cento (in quanto, ad esempio, rientrato fiscalmente in Italia nel periodo di imposta 2018), non può usufruire del maggior regime di vantaggio (detassazione del 70 per cento) per i residui periodi di imposta del quinquennio agevolabile.
Con riferimento ai redditi d'impresa, occorre evidenziare che, mentre l'articolo 16, comma 1 bis, riconosce il regime agevolato nei confronti dei soggetti che avviano un'attività di impresa in Italia «a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019» (ovvero dal 2020), il comma 2 dell'articolo 5 del Decreto Crescita anticipa al periodo di imposta 2019 la decorrenza delle nuove disposizioni, richiamando esplicitamente il comma 1, lettera b) del medesimo decreto, in cui rientrano i redditi di impresa prodotti dagli imprenditori impatriati.
Ne consegue che, la modifica normativa si applica ai redditi di impresa prodotti, a partire dal periodo di imposta 2019, dai soggetti identificati dai commi 1 e 2 dell'articolo 16 che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
Il comma 2 dell'articolo 13 ter del Decreto Fiscale prevede che «Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo, denominato "Fondo Controesodo", con la dotazione di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per la richiesta di accesso alle prestazioni del fondo di cui al presente comma. I soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, possono accedere alle risorse del fondo fino ad esaurimento dello stesso».
La richiamata disposizione deve essere interpretata nel senso che possono accedere alle risorse del citato «Fondo Controesodo» solo i soggetti che abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019, per i quali - ai fini dell'aumento dell'agevolazione dal 50 al 70 per cento - è necessario che venga emanato il relativo decreto da parte del richiamato dicastero, al quale si rinvia per l'individuazione dei criteri per la richiesta di accesso alle relative prestazioni.
Pertanto, nelle more dell'emanazione di tale decreto si ritiene, su parere conforme del Ministero dell'Economia e delle finanze - Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 324497 del 9 ottobre 2020), che i soggetti che abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma, possono avvalersi dell'agevolazione nella minore misura del 50 per cento.
Resta inteso che, invece, per i soggetti rientrati a decorrere dal periodo di imposta 2020, il regime agevolato in esame è operativo indipendentemente dall'emanazione del citato decreto.
3 Ulteriore quinquennio agevolabile
Tra le novità introdotte dal Decreto Crescita[13]si prevede che «Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo. Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta anche nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l'unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà. In entrambi i casi, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare. Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10 per cento del loro ammontare».
La nuova disposizione introduce, dunque, un'estensione temporale del beneficio fiscale ad ulteriori cinque periodi di imposta, con tassazione nella misura del 50 per cento del reddito imponibile, in presenza di specifici requisiti quali, alternativamente:
- l'avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo; oppure
- l'acquisto di un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia direttamente da parte del lavoratore oppure da parte del coniuge, del convivente o dei figli, anche in comproprietà. Tale ultima ipotesi deve realizzarsi «successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento».
La percentuale di tassazione dei redditi agevolabili prodotti nel territorio dello Stato negli ulteriori cinque periodi d'imposta si riduce al 10 per cento se il soggetto ha almeno tre figli minorenni o a carico.
A tal proposito, si evidenzia preliminarmente che le condizioni sopra citate, al verificarsi delle quali è riconosciuto l'ampliamento dei periodi d'imposta agevolabili, nelle misure sopra indicate, non sono tra loro cumulabili, ciò in quanto le locuzioni «anche nel caso in cui» e «in entrambi i casi (...) negli ulteriori cinque periodi d'imposta», contenute dalla sopra citata norma, fanno sì che le condizioni richieste dal legislatore siano tra loro alternative e non concorrenti.
Pertanto, l'ampliamento del regime agevolativo è limitato solo ad ulteriori cinque periodi d'imposta, indipendentemente dalla sussistenza di una o più condizioni previste dalla norma.
Ne consegue che, la detassazione del reddito è fruibile su un arco temporale massimo di dieci periodi di imposta (cinque più cinque).
Ad esempio, se l'impatriato ha un figlio minorenne o a carico (anche in affido preadottivo) il beneficio della detassazione del reddito è prolungato per ulteriori cinque periodi d'imposta.
Analogamente, se l'impatriato ha un figlio minorenne o a carico (anche in affido preadottivo) e acquista un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, il beneficio della detassazione del reddito è prolungato comunque solo per ulteriori cinque periodi d'imposta.
Il contribuente non potrà, quindi - in presenza di entrambi i requisiti (uno o più figli e acquisto di un'unità immobiliare) - estendere ulteriormente il perimetro temporale di applicazione dell'agevolazione.
L'estensione del beneficio temporale in presenza di almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo, è riconosciuta sia qualora il figlio minorenne e/o a carico (ovvero in affido preadottivo) sia nato prima del trasferimento in Italia, sia successivamente, a condizione che tale presupposto sussista entro la scadenza del primo quinquennio di fruizione dell'agevolazione.
Ad esempio, per un soggetto che sia fiscalmente rientrato in Italia nel 2020, il primo figlio (ovvero il terzo figlio) deve essere nato entro il 31 dicembre 2024, ai fini dell'estensione dell'agevolazione per un totale complessivo di dieci periodi di imposta.
La circostanza che, successivamente al rientro, i figli diventino maggiorenni (ovvero fiscalmente non più a carico), non determina la perdita dei benefici fiscali di cui all'articolo 16, relativamente all'ulteriore quinquennio.
Si ritiene, infine, che l'impatriato abbia diritto all'agevolazione anche nell'ipotesi in cui i figli minorenni o a carico non siano residenti nel territorio dello Stato al momento del rientro, a condizione che gli stessi trasferiscano la residenza fiscale in Italia entro il primo quinquennio di fruizione dell'agevolazione da parte del genitore, poiché la ratio della norma è volta, tra l'altro, a far radicare in Italia gli impatriati, contrastando al contempo il calo demografico.
3.2 Acquisto unità immobiliare
L'estensione temporale dell'agevolazione è riconosciuta in tutti i casi in cui l'impatriato acquisti un'unità immobiliare di tipo residenziale nel territorio dello Stato nei dodici mesi precedenti al rientro.
Al riguardo, si precisa che per individuare i «dodici mesi precedenti al trasferimento» tornano applicabili i chiarimenti resi con la circolare n. 14/E del 4 maggio 2012, richiamati dalla circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (Parte II, paragrafo 3.2), in cui si fa riferimento al concetto di anno secondo il calendario comune, inteso come periodo decorrente da un qualsiasi giorno dell'anno e fino al giorno antecedente dell'anno successivo.
Ad esempio, l'acquisto dell'unità immobiliare intervenuto in data 10 febbraio 2019 richiede che il trasferimento del soggetto in Italia avvenga entro e non oltre il 9 febbraio 2020.
La disposizione prevede, inoltre, che l'acquisto possa avvenire anche «successivamente» al rientro.
L'avverbio «successivamente», in linea con la ratiodell'agevolazione volta, tra l'altro, a favorire il radicamento dell'impatriato nel territorio dello Stato, deve essere interpretato nel senso che l'acquisto dell'unità immobiliare di tipo residenziale al rientro possa essere effettuato entro (e non oltre) i primi cinque periodi di imposta di fruizione del regime e permanere per tutto il periodo agevolato.
Ad esempio, per un soggetto che sia fiscalmente rientrato in Italia nel 2020, l'acquisto dell'immobile deve essere effettuato entro il 31 dicembre 2024, ai fini dell'estensione dell'agevolazione.
Si precisa, inoltre, che nell'ipotesi di acquisto di un'unità immobiliare di tipo residenziale, la circostanza di essere già proprietario di un altro immobile di tipo residenziale sul territorio dello Stato non impedisce l'accesso all'estensione dell'agevolazione, non essendovi esclusioni in tal senso nella norma.
Con riferimento al requisito relativo alla proprietà dell'unità immobiliare si precisa che detto requisito non è integrato se l'acquisto riguarda la sola nuda proprietà o il solo diritto di usufrutto.
Inoltre, stante la natura della disciplina in esame diretta ad agevolare i soggetti che trasferiscono la residenza in Italia, si ritiene che l'ulteriore quinquennio agevolabile può essere riconosciuto a condizione che l'intera proprietà, da intendersi come nuovo immobile acquistato nella misura del 100 per cento sin dalla stipula dell'atto, sia acquisita direttamente dal lavoratore a titolo oneroso, richiedendo la ratio dell'agevolazione un comportamento attivo da parte del contribuente intenzionato a radicare la propria residenza nel territorio dello Stato.
Nella ipotesi, invece, in cui l'unità immobiliare sia acquistata dal coniuge, dal convivente o dai figli dell'impatriato, il suddetto acquisto, con le modalità sopra richiamate, può essere effettuato anche in comproprietà con l'impatriato. Si precisa, infine, che la sottoscrizione di un preliminare di compravendita non è sufficiente ad integrare il presupposto per l'estensione del regime agevolato in quanto lo stesso produce, unicamente, effetti obbligatori in capo alle parti, che si impegnano a stipulare in un secondo momento un contratto definitivo, senza produrre l'effetto traslativo tipico della compravendita.
Ad esempio, non spetta l'estensione dell'agevolazione nella seguente ipotesi:
- trasferimento della residenza fiscale in Italia nel 2020;
- preliminare di acquisto stipulato nel dicembre 2024; - stipula atto di compravendita nel febbraio 2025.
4 Trasferimento della residenza in una delle Regioni del centro e sud Italia
Per effetto delle modifiche del Decreto Crescita[14]«la percentuale di cui al comma 1 è ridotta al 10 per cento per i soggetti che trasferiscono la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia».
Pertanto, in caso di trasferimento della residenza in alcune Regioni del Centro e Sud Italia, la percentuale del 30 per cento del reddito di lavoro dipendente e assimilati, di lavoro autonomo o di impresa prodotti nel territorio dello Stato, che concorrono alla formazione del reddito complessivo, si riduce al 10 per cento.
Al riguardo, si ritiene che la disposizione faccia riferimento alla nozione civilistica di "residenza", ovvero al luogo in cui la persona ha la dimora abituale[15], che coincide con il luogo dove il soggetto normalmente abita.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la nozione civilistica di residenza consiste in una situazione di fatto che presuppone l'esistenza di un duplice requisito, oggettivo e soggettivo, ovvero la permanenza in un determinato luogo e l'intenzione di abitarvi in modo stabile.
L'abitualità della dimora permane anche se il soggetto lavora al di fuori del Comune di residenza, purché conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l'intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.
Ne consegue che, nell'ipotesi in cui l'impatriato fissi la residenza in una delle suddette Regioni, avrà diritto alla detassazione dei redditi agevolabili nella misura del 90 per cento, anche qualora svolga l'attività lavorativa in un Comune diverso da quello di residenza.
Resta inteso che la suddetta condizione deve verificarsi a partire dal periodo di imposta in cui il contribuente trasferisce la residenza dall'estero in una delle suddette Regioni e permanere per tutto il periodo di fruizione dell'agevolazione.
5 Mancata iscrizione all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE)
Per accedere al regime speciale, la norma agevolativa presuppone che il contribuente non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro e si impegni a permanervi per almeno due anni, a pena di decadenza.
Come sopra rammentato, ai fini dell'individuazione della residenza, si applica l'articolo 2 del TUIR, secondo cui sono fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nell'anagrafe nazionale della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Devono, invece, iscriversi all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE)[16], i cittadini italiani che abbiano stabilito la propria dimora abituale all'estero.
In particolare, il cittadino italiano che intende trasferire la propria residenza all'estero per un periodo superiore a dodici mesi può dichiarare tale trasferimento direttamente al Consolato del Paese di emigrazione, oppure, prima di espatriare, può rendere tale dichiarazione al Comune italiano di residenza utilizzando un apposito modello.
Altra novità prevista dal Decreto Crescita è la previsione[17]secondo cui «I cittadini italiani non iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a)».
Tale disposizione consente ai soggetti che non risultano iscritti all'AIRE (o che vi risultano iscritti per un periodo inferiore a quello richiesto dall'articolo 16) di comprovare il periodo di residenza all'estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, al fine di evitare che restino esclusi dall'agevolazione i contribuenti che, pur avendo effettivamente trasferito la propria residenza all'estero, non abbiano provveduto a cancellarsi dall'anagrafe nazionale della popolazione residente o vi abbiano provveduto tardivamente.
Al riguardo, si precisa che la disposizione in commento non ha inteso modificare il periodo di possesso del requisito della residenza all'estero, che nel caso dei soggetti di cui all'articolo 16 (nella versione in vigore dal 1° maggio 2019[18]) è pari almeno a due periodi di imposta, bensì consentire di dimostrarne il possesso sulla base degli elementi probatori di natura sostanziale, che consentano ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, di superare il requisito formale della mancata iscrizione all'AIRE, o della iscrizione per un periodo insufficiente.
Inoltre, sebbene la norma si applichi ai soggetti che trasferiscono la residenza a partire dal 2020, si ritiene che la stessa possa applicarsi anche ai contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il periodo di imposta 2019.
La suddetta interpretazione è, infatti, in linea con la previsione[19]secondo cui «Con riferimento ai periodi d'imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d'imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai cittadini italiani non iscritti all'AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al, comma 1, lettera a). Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo».
Con riferimento, invece, all'ipotesi del cittadino straniero che, dopo aver vissuto in Italia trasferendovi la residenza fiscale, si trasferisce nuovamente all'estero senza provvedere alla cancellazione dall'anagrafe nazionale della popolazione residente, si ritiene che lo stesso, al momento del rientro in Italia, non possa "acquisire" la residenza, attesa la circostanza che lo stesso non si è mai cancellato dall'anagrafe nazionale della popolazione residente in Italia.
Al riguardo, si fa presente che non può essere estesa ai cittadini stranieri la disposizione recata dal citato comma 5 ter essendo la stessa rivolta
specificatamente ai «cittadini italiani» non iscritti all'AIRE.
Tuttavia, attesa la ratio della norma, volta ad agevolare le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia per svolgervi un'attività di lavoro, si ritiene che il cittadino straniero, che non si sia cancellato dall'anagrafe nazionale della popolazione residente in Italia, ma sia in grado di comprovare di aver avuto effettivamente la residenza all'estero sulla base delle disposizioni contenute nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni nei periodi di imposta in cui era formalmente residente in Italia, possa comunque accedere al regime fiscale in esame.
Ad esempio, un cittadino straniero, residente in Italia dal 2010 fino al 2017, torna nel proprio Paese di origine nei primi mesi del 2018, senza provvedere a cancellarsi dall'anagrafe nazionale della popolazione residente in Italia e, nel 2020, ritorna in Italia per iniziare una nuova attività lavorativa.
Laddove lo stesso sia in grado di comprovare di aver avuto effettivamente la residenza in detto Stato nei due periodi d'imposta precedenti al rientro, sulla base delle disposizioni contenute nella Convenzione tra Italia e detto Stato per evitare le doppie imposizioni, e sempreché risultino soddisfatti tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa di riferimento, lo stesso può beneficiare dell'agevolazione fiscale in commento.
Infine, a completamento di quanto sopra, si evidenzia la modifica normativa concernente i tempi di definizione della procedura di iscrizione all'AIRE[20], secondo cui gli effetti della dichiarazione relativa al trasferimento della residenza da un Comune italiano, resa all'ufficio consolare competente, [21]decorrono dalla data di presentazione della stessa, qualora non sia stata già resa la dichiarazione di trasferimento di residenza all'estero presso il Comune di ultima residenza, a norma della vigente legislazione anagrafica.
6 Modalità di fruizione dell'agevolazione
Per beneficiare del regime agevolativo in esame, il lavoratore deve presentare una richiesta scritta al datore di lavoro, il quale applica il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell'assunzione, mediante applicazione delle ritenute sull'imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile.
Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l'agevolazione, il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi. In tale caso il reddito di lavoro dipendente va indicato già nella misura ridotta[22].
I lavoratori autonomi, invece, possono accedere al regime fiscale agevolato direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o, in alternativa, fruirne in sede di applicazione della ritenuta d'acconto operata dal committente sui compensi percepiti.
Il professionista è tenuto, in tale ultimo caso, a presentare a ciascun committente una richiesta scritta, così che il committente, all'atto del pagamento del corrispettivo, opera la ritenuta del 20 per cento sull'imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile[23].
Al riguardo, si precisa che nelle ipotesi in cui l'impatriato non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta in cui è avvenuto il rimpatrio, né ne abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione risultano scaduti, per detti periodi di imposta, l'accesso al regime è da considerarsi precluso.
Al riguardo, si fa presente che per «termine di presentazione» si intende quello ordinario di presentazione del Modello Redditi Persone Fisiche.
Nelle ipotesi in cui il contribuente non si sia avvalso dell'agevolazione al momento della presentazione della dichiarazione, ad esempio nel Modello 730 presentato nei termini, potrà avvalersene presentando nei termini ordinari il Modello Redditi Persone Fisiche (c.d. "correttiva nei termini").
Si considerano, inoltre, valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva l'applicazione delle sanzioni
amministrative per il ritardo (c.d. "dichiarazioni tardive"), pertanto, al fine della fruizione dell'agevolazione in commento, possono presentare la dichiarazione tardiva[24]i contribuenti che, per scelta o per errore, non hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro la scadenza, indicando i redditi agevolabili in misura ridotta. Peraltro, stante quanto chiarito dalla circolare n. 42/E del 12 ottobre 2016, secondo cui «anche la dichiarazione integrativa presentata, entro il medesimo termine di novanta giorni, per correggere errori od omissioni di una precedente dichiarazione tempestivamente presentata, si sostituisce a quella originaria, così rimuovendo, in tale breve "finestra temporale", l'infedeltà» (cfr. in tal senso anche la circolare n. 55/E del 14 giugno 2001 e la risoluzione n. 325/E del 14 ottobre 2002), i contribuenti hanno la possibilità di indicare i redditi agevolabili anche mediante una dichiarazione integrativa/sostitutiva, presentata entro il termine di novanta giorni, che "sostituisce" quella presentata nei termini (cfr. risposta ad interpello n. 488 pubblicata il 15 novembre 2019 nell'apposita sezione del sito della scrivente
www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agliinterpelli/interpelli). Trascorso il suddetto periodo, è preclusa la possibilità di indicare il reddito agevolabile in misura ridotta.
Trattandosi di un regime opzionale, è preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi c.d. "integrativa a favore"[25]oltre il termine di novanta giorni dalla scadenza ordinaria.
D'altronde in tale ultima evenienza non si configurano le condizioni per accedere all'istituto della remissio in bonis, che ammette la possibilità di esercitare tardivamente l'opzione per un beneficio fiscale o un regime agevolato quando il contribuente "abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l'adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente25.
Si precisa, infine, che nelle ipotesi in cui i termini di presentazione risultino scaduti, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fruire del regime in esame per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile, con le modalità su esposte, applicando il regime in base alle disposizioni in vigore nel periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia (ad esempio con detassazione del 50 per cento se ha trasferito la residenza fiscale nel 2018).
Pertanto, un lavoratore autonomo che ha trasferito la residenza fiscale in Italia nel periodo di imposta 2017, se non ha dato evidenza dell'agevolazione nella relativa dichiarazione dei redditi ed in quella relativa al periodo di imposta successivo (2018), i cui termini sono scaduti, non può fruire dell'agevolazione per dette annualità. Diversamente, con riferimento ai periodi di imposta dal 2019 al 2021, può fruire dell'agevolazione dandone evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi.
7.1 Contribuenti che rientrano a seguito di distacco all'estero
Il Decreto Internazionalizzazione[26]non disciplina esplicitamente la posizione del soggetto distaccato all'estero che rientri in Italia, a differenza di quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, concernente il regime di favore per i c.d. "controesodati", che escludeva espressamente dal beneficio ogni forma di distacco.
Al riguardo, la circolare n. 17/E del 2017 (Parte II) ha precisato i requisiti e le modalità di accesso al regime di favore in esame, chiarendo, altresì, che i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all'estero non possono fruire del beneficio di cui al citato articolo 16 in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia.
Con successiva risoluzione n. 76/E del 5 ottobre 2018, è stato chiarito che tale posizione restrittiva, finalizzata ad evitare un uso strumentale dell'agevolazione in esame, non in linea con la vis attrattiva della norma, non preclude, tuttavia, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa. Ciò si può verificare, ad esempio, nella ipotesi in cui:
- il contratto di distacco sia più volte prorogato e la sua durata nel tempo determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
- il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, in quanto il dipendente al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all'estero.
In tali ipotesi, in presenza di tutti gli elementi richiesti dalla norma, le peculiari condizioni di rientro dall'estero del dipendente - sopra riportate a titolo esemplificativo - rispondendo alla ratio della norma, non precludono al lavoratore in posizione di distacco l'accesso al beneficio previsto dal citato articolo 16.
Pertanto, non spetta il beneficio fiscale in esame nell'ipotesi di distacco all'estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.
Diversamente, nell'ipotesi in cui l'attività lavorativa svolta dall'impatriato costituisca una "nuova" attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l'impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia..
Al riguardo, si precisa che l'agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un "nuovo" contratto per l'assunzione di un "nuovo" ruolo aziendale al momento dell'impatrio, rientri in una situazione di "continuità" con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell'espatrio.
Ciò accade, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal "nuovo" ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura, quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell'espatrio.
A titolo meramente esemplificativo, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale:
- il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;
- il riconoscimento dell'anzianità dalla data di prima assunzione;
- l'assenza del periodo di prova;
- clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
- clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell'ambito dell'organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.
Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l'impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.
7.2 Lavoro subordinato svolto a bordo di navi ed aeromobili in traffico internazionale
L'applicazione del regime agevolativo richiede, tra l'altro, che l'attività lavorativa sia prestata «prevalentemente» nel territorio italiano[27].
Con riferimento al suddetto requisito, l'articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto ministeriale recante le disposizioni di attuazione del regime speciale in esame[28], precisa che tale condizione deve essere verificata in relazione a ciascun periodo d'imposta e risulta soddisfatta se l'attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco dell'anno.
Al riguardo, come precisato nella circolare n. 17/E del 2017 (paragrafo 3.3), nel computo dei 183 giorni rientrano non solo i giorni lavorativi ma anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi. Non possono essere, invece, computati i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni, o il distacco all'estero, essendo l'attività lavorativa prestata fuori dal territorio dello Stato.
Il lavoratore, qualora non rispetti il predetto requisito temporale, pur essendo fiscalmente residente in Italia, non potrà fruire del beneficio sul reddito prodotto nel territorio dello Stato per tale periodo di imposta, che sarà quindi ordinariamente assoggettato a tassazione sull'intera base imponibile.
Qualora l'attività lavorativa risulti prevalentemente prestata in Italia, i redditi agevolabili possono comprendere anche le somme corrisposte per l'attività di lavoro prestata in trasferta all'estero, naturalmente se di durata inferiore a 183 giorni nel periodo d'imposta.
Restano esclusi, invece, dal regime agevolativo i redditi prodotti all'estero, per individuare i quali si rinvia ai criteri di collegamento con il territorio dello Stato previsti dall'articolo 23 del TUIR, il quale considera prodotti in Italia i redditi di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo se prestati nel territorio dello Stato, anche se remunerati da un soggetto estero[29].
Nelle ipotesi di lavoro subordinato svolto a bordo di navi ed aeromobili in traffico internazionale, si ritiene che il suddetto requisito sia integrato nelle ipotesi in cui l'attività lavorativa sia prestata nel territorio dello Stato italiano, ovvero svolta su tratte aeree nazionali o a terra sul territorio italiano, per un periodo pari o superiore a 183 giorni nell'arco dell'anno.
Ne consegue che, qualora l'attività lavorativa non sia stata prestata dall'impatriato, che svolge la suddetta attività lavorativa, prevalentemente nel territorio italiano, l'accesso al regime agevolativo in esame deve considerarsi precluso in assenza di uno dei requisiti previsti.
Diversamente, se l'attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano, nell'accezione sopra delineata, in presenza anche degli altri requisiti previsti dalla sopra richiamata disposizione di cui all'articolo 16, l'impatriato può essere ammesso al regime agevolativo in esame, mentre restano esclusi dal regime agevolativo i redditi prodotti all'estero.
7.3 Conseguimento del titolo dopo il periodo di ventiquattro mesi
Come precisato con circolare n. 17/E del 2017 (Parte II, paragrafo 3.2), per i soggetti di cui al comma 2, in relazione al requisito relativo all'attività di studio o lavoro svolta all'estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non si deve necessariamente fare riferimento all'attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l'interessato abbia svolto all'estero un'attività di lavoro per un periodo minimo e ininterrotto di almeno ventiquattro mesi o, in caso di attività di studio, che il soggetto consegua la laurea o altro titolo accademico post lauream aventi durata di almeno due anni accademici.
Al riguardo, si chiarisce che in presenza di tutti gli altri requisiti previsti dalla norma, l'impatriato può accedere al beneficio in commento anche nell'ipotesi in cui il mero "conseguimento" del titolo di studio si verifichi successivamente al completamento del suddetto periodo di ventiquattro mesi (ovvero dei due anni accademici).
Ad esempio, un impatriato, residente all'estero dal 1° gennaio 2018 fino al 31 dicembre 2019, frequenta un corso di studi post lauream avente durata biennale che termina il 31 dicembre 2019. Il relativo titolo di studio viene conseguito nel mese di febbraio 2020, in data successiva al suo rientro in Italia (15 gennaio 2020). In presenza di tutti i requisiti richiesti dalla disciplina agevolativa, lo stesso potrà beneficiare del regime di esenzione a decorrere dal periodo di imposta 2020.
7.4 Funzionari ed agenti dell'unione europea
L'articolo 13 del Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell'Unione Europea prevede che «Ai fini dell'applicazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio, dei diritti di successione, nonché delle convenzioni concluse fra gli Stati membri dell'Unione al fine di evitare le doppie imposizioni, i funzionari e gli altri agenti dell'Unione, i quali, in ragione esclusivamente dell'esercizio delle loro funzioni al servizio dell'Unione, stabiliscono la loro residenza sul territorio di uno Stato membro diverso dal paese ove avevano il domicilio fiscale al momento dell'entrata in servizio presso l'Unione, sono considerati, sia nello Stato di residenza che nello Stato del domicilio fiscale, come tuttora domiciliati in quest'ultimo Stato qualora esso sia membro dell'Unione. Tale disposizione si applica ugualmente al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività professionale, nonché ai figli ed ai minori a carico delle persone indicate nel presente articolo e in loro custodia».
Sulla base della citata disposizione, i cittadini italiani fiscalmente residenti in Italia ai quali - in qualità di funzionari e altri agenti dell'Unione Europea - si applica il citato articolo 13, sono considerati ex lege fiscalmente residenti in Italia, anche nelle ipotesi in cui siano in possesso del requisito formale dell'iscrizione all'AIRE nei due periodi di imposta precedenti il rimpatrio, con la conseguenza che l'accesso al regime agevolativo per gli stessi, in carenza di uno dei presupposti richiesti dalla norma, deve considerarsi precluso.
7.5 Datore di lavoro non residente
Mentre l'articolo 16, comma 1, nella versione in vigore fino al 29 aprile 2019, richiedeva, tra le altre condizioni, che l'impatriato svolgesse l'attività lavorativa presso un'impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllassero la medesima, ne fossero controllate o fossero controllate dalla stessa società che controllava l'impresa, tale requisito non è più richiesto ai fini dell'accesso al regime agevolativo come modificato dal Decreto Crescita.
Ne consegue che, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma agevolativa in commento, possono accedere all'agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).
Analogamente, nell'ipotesi in cui gli impatriati, precedentemente assunti presso sedi secondarie ubicate in diversi Paesi in cui opera il datore di lavoro estero non residente, vengano a svolgere la loro attività lavorativa presso la sede secondaria italiana del medesimo datore di lavoro, possono accedere al regime fiscale in commento, non essendoci preclusioni in tal senso nella norma.
Il lavoratore impatriato, peraltro, potrebbe configurare una stabile organizzazione nel territorio dello Stato del datore di lavoro non residente, ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa dall'Italia, ove esistente, o ai sensi dell'articolo 162 del TUIR.
In tal caso, il regime in commento non si estende al reddito d'impresa imputabile al datore di lavoro estero, che sarà, pertanto, assoggettato a tassazione ordinaria.
La norma considera agevolabili, tra gli altri, i redditi di lavoro autonomo. Al riguardo, si rammenta che l'articolo 53 del TUIR, rubricato «Redditi di Lavoro autonomo», elenca in modo tassativo alcune attività che, pur derivanti da fattispecie reddituali eterogenee, presentano i caratteri della sostanziale autonomia nello svolgimento dell'attività e la natura intellettuale o comunque legata a capacità personali della medesima attività, che danno luogo agli altri redditi di lavoro autonomo, tra i quali vi sono i c.d. "diritti di autore"[30].
Si tratta, nello specifico, dei redditi derivanti dalla utilizzazione economica di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico.
Tali redditi sono configurabili come redditi di lavoro autonomo se l'utilizzazione economica dell'opera, sia effettuata dall'autore o inventore (diversamente rientrano nei redditi diversi[31], se sono conseguiti al di fuori dell'esercizio di un'impresa commerciale).
Al riguardo, si ritiene che gli stessi siano agevolabili, al pari di quelli di cui al comma 1 dell'articolo 53 del TUIR, se derivanti dall'esercizio di arti e professioni, non essendovi preclusioni in tal senso nella disposizione di cui all'articolo 16.
L'articolo 33 del decreto legge n. 78 del 2010[32]ha introdotto un'aliquota addizionale del 10 per cento applicata al momento della erogazione dal sostituto d'imposta, sui compensi variabili che eccedono la parte fissa della retribuzione nei confronti dei dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti e collaboratori di imprese che operano nel settore finanziario, sotto forma di bonus o stock option.
Come chiarito dalla circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011 (paragrafo 13.4), l'aliquota addizionale è disciplinata da una norma autonoma e non è inserita tra le aliquote IRPEF previste dal TUIR in quanto non riguarda la generalità dei contribuenti, ma soltanto alcune categorie. Detta misura, pertanto, si configura come un prelievo d'imposta indipendente dall'IRPEF, anche se ne mutua la disciplina per quanto concerne l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso.
Trattandosi di una tassazione aggiuntiva ma distinta dall'applicazione dell'IRPEF ordinaria, l'addizionale:
? non concorre all'importo sul quale possono essere fatte valere le eventuali detrazioni d'imposta;
? non rileva nella determinazione dell'aliquota media da applicare ai fini della tassazione separata;
? non deve essere considerata nell'imposta italiana che costituisce il limite entro cui può essere attribuito il credito d'imposta per l'imposta pagata all'estero.
Alla luce di tale inquadramento, tenuto conto che ai fini dell'applicazione del regime agevolato di cui articolo 16 in esame, oggetto di agevolazione sono i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia che concorrono alla formazione del reddito complessivo secondo le ordinarie disposizioni del TUIR (mediante la confluenza degli stessi nelle misure ridotte previste), si ritiene che i redditi assoggettati alla tassazione aggiuntiva del 10 per cento non possano godere delle misure agevolative di cui all'articolo 16. In altri termini, il richiamato regime agevolativo non si applica nella determinazione della base imponibile degli emolumenti soggetti all'aliquota addizionale del 10 per cento, prevista dall'articolo 33 del decreto legge n. 78 del 2010.
Il regime degli impatriati non può trovare applicazione con riferimento agli emolumenti percepiti nei periodi d'imposta in cui l'impatriato ha acquisito la residenza fiscale in Italia, ma che si riferiscono a prestazioni lavorative svolte in periodi d'imposta precedenti al rientro, durante i quali è fiscalmente residente all'estero.
Indipendentemente dal luogo in cui la prestazione lavorativa è stata resa nei periodi di imposta antecedenti il rimpatrio, ciò che rileva è la ratio della norma di favore volta ad agevolare i redditi prodotti in Italia successivamente al rientro nel territorio dello Stato.
In ogni caso, in base al criterio ordinario di tassazione su base mondiale in virtù della residenza fiscale nel territorio dello Stato, tutti gli emolumenti variabili, percepiti nei periodi d'imposta in cui l'impatriato è fiscalmente residente in Italia, sono qui soggetti ad imposizione, ancorché gli stessi si riferiscano a prestazioni lavorative svolte mentre lo stesso era residente all'estero.
Tali emolumenti, pertanto, sono assoggettati a imposizione ordinaria in Italia, senza fruire dell'agevolazione in commento, fatta salva la concessione del credito per le imposte pagate all'estero, al ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 165 del TUIR, per risolvere l'eventuale doppia imposizione.
Le remunerazioni sotto forma di bonus annuale sono riconducibili alla categoria dei redditi di lavoro dipendente, prevista dall'articolo 49 del TUIR e disciplinata dal successivo articolo 51 del TUIR. Tali redditi sono costituiti, oltre che dalle somme, anche da «i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, nel periodo d'imposta (...) in relazione al rapporto di lavoro».
Al riguardo, considerato che per il reddito di lavoro dipendente vale il principio di cassa, in base al quale detto reddito assume rilevanza fiscale al momento della percezione dei compensi, siano essi in denaro o in natura, ne consegue che qualora il suddetto bonus venga erogato in un periodo di imposta in cui l'impatriato è fuoriuscito dal regime agevolativo, concorrerà alla formazione del reddito complessivo secondo le regole ordinarie, e non potrà di conseguenza godere del citato regime agevolato ratione temporis.
7.10 Luogo e momento di trasferimento della residenza in Italia
Nell'ipotesi in cui un soggetto rientri in Italia iscrivendosi presso l'anagrafe nazionale della popolazione residente di un Comune situato in una Regione diversa da quelle indicate dalla norma[33]non potrà godere della detassazione pari al 90 per cento del reddito, neanche nell'ipotesi in cui successivamente, anche nel medesimo periodo di imposta, lo stesso trasferisca la residenza in una delle regioni incluse nel sopra richiamato comma 5 bis. Ciò che rileva ai fini dell'accesso al regime agevolato di maggior favore è il luogo di acquisizione della residenza al momento dell'impatrio. Ne consegue che, in detta ipotesi il contribuente non potrà godere della tassazione agevolata del solo 10 per cento del reddito.
7.11 Incompatibilità tra il regime forfetario e quello degli impatriati
Il contribuente che rientra in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo.
Resta ferma la possibilità per il contribuente di rientrare in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo, beneficiando, in presenza dei requisiti, del regime fiscale previsto per gli impatriati, laddove venga valutata una maggiore convenienza nell'applicazione di detto regime rispetto a quello naturale forfetario (optando per la fuoriuscita da tale regime naturale).
Mentre ai sensi del comma 2 dell'articolo 16 possono accedere al regime degli impatriati i cittadini dell'Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, il comma 1 non pone alcun tipo di limitazioni al riguardo, con la conseguenza che tutti i lavoratori che rispondono alle caratteristiche delineate dalla norma, indipendentemente dalla loro cittadinanza, possono accedere al regime in esame.
7.13 Contribuenti che rientrano a seguito di aspettativa non retribuita
Con riferimento all'aspettativa non retribuita, si fa presente che la stessa, richiesta dal lavoratore e concessa dal datore di lavoro, è causa di sospensione del rapporto di lavoro dipendente per uno o più periodi, se goduta in modo frazionato, già determinati dall'inizio della sospensione stessa.
Nel periodo di sospensione il dipendente conserva il diritto al posto di lavoro e, di regola, il rientro avviene in continuità con la precedente posizione lavorativa assunta prima dell'espatrio, con la conseguenza che il contribuente viene reintegrato con lo stesso inquadramento professionale ed alle medesime condizioni contrattuali in essere prima dell'espatrio.
In considerazione dei meri effetti sospensivi che l'istituto della aspettativa non retribuita produce sul rapporto di lavoro, si ritiene che il rientro in Italia al termine del periodo di aspettativa, con conseguente prosecuzione del rapporto di lavoro "sospeso" durante tale periodo, non sia in linea con la visattrattiva sottesa all'articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, in quanto la posizione lavorativa assunta dal lavoratore al rientro si pone in "continuità" con quella precedente al trasferimento all'estero, in considerazione del medesimo datore di lavoro e delle medesime condizioni contrattuali, e pertanto, per i contribuenti che rientrano a seguito di aspettativa non retribuita è precluso l'accesso al regime fiscale in commento.
[1] Cfr. decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
[2] Cfr. articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, in vigore dal 1° maggio 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2019, n. 151 ed in vigore dal 30 giugno 2019.
[3] Cfr. articolo 13 ter del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 2019, n. 301.
[4]Cfr. articolo 2 del TUIR.
[5] Cfr. articolo 3 del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 26 maggio 2016, ai sensi del quale «Il beneficiario degli incentivi di cui al predetto art. 16, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, decade dal diritto agli stessi laddove la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni. In tal caso si provvede al recupero dei benefici già fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi».
[6] Cfr. articolo 43 del Codice Civile.
[7] Cfr. articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
[8] Cfr. articolo 16 comma 1 bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 come sostituito dall'articolo 5, comma 1, lett. b), del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.
[9] Con riferimento al "collegamento tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e lo svolgimento della attività lavorativa nel territorio dello Stato", si rinvia ai chiarimenti forniti al paragrafo 3.1, Parte II, della circolare n. 17/E del 23 maggio 2017.
[10] Cfr. articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212.
[11]Cfr. articolo 5, comma 2 del decreto legge n. 34 del 2019.
[12] Cfr. articolo 13 ter del decreto legge n. 124 del 2019 che modifica il comma 2 dell'articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019.
[13] Cfr. articolo 16 comma 3 bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 come inserito dall'articolo 5, comma 1, lettera c), decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.
[14] Cfr. articolo 16 comma 5 bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 come inserito dall'articolo 5, comma 1, lett. d), del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.
[15]Cfr. articolo 43, comma 2, del Codice Civile.
[16] Istituita dalla legge 27 ottobre 1988, n. 470.
[17] Cfr. articolo 16 comma 5 ter del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147come inserito dall'articolo 5, comma 1, lett. d) del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.
[18] Nella diversa ipotesi in cui l'impatriato voglia accedere ai benefici di cui all'articolo 16, comma 1, nella versione in vigore fino al 30 aprile 2019, dovrebbe dimostrare su base convenzionale la residenza all'estero nei 5 periodi di imposta precedenti al rimpatrio.
[19] Cfr. articolo 16 comma 5 ter del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 come inserito dall'articolo 5, comma 1, lett. d) del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.
[20] Cfr. articolo 16, comma 2, del decreto legge 25 marzo 2019, n. 22 che ha inserito il comma 9 bis nell'articolo 6 della legge n. 470 del 1988. La norma interviene sui tempi di definizione della procedura, ed al successivo comma 3 dell'articolo 16, che ha abrogato l'articolo 7 del d.P.R. 6 settembre 1989, n.
[21] (concernente il regolamento per l'esecuzione della legge n. 470 del 1988), che fissava la decorrenza dalla data di ricezione della dichiarazione da parte dell'ufficiale dell'anagrafe.
[22] Cfr. circolare 17/E del 2017, Parte II, paragrafo 4.2.1.
[23]Cfr. circolare n. 17/E del 2017, Parte II, paragrafo 4.2.2.
[24] Cfr. articolo 2, comma 7 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322: «Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l'applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d'imposta.».
[25] Cfr. articolo 2, commi 8 ed 8 bis del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. 25 Cfr. circolare n. 38/E del 28 settembre 2012.
[26]Cfr. articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
[27] Cfr. articolo 16, comma 1, lett. b) del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
[28] Cfr. decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 26 maggio 2016, recante disposizioni di attuazione del regime speciale per lavoratori impatriati, di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
[29]Cfr. circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, paragrafo 4.1.
[30]Cfr. articolo 53, comma 2, lett. b) del TUIR.
[31] Cfr. articolo 67, comma 1, lett. g) del TUIR.
[32]Cfr. decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
[33]Cfr. articolo 16, comma 5 bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.