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Circolare Agenzia Entrate n. 57 del 25.06.2002
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Rivalutazione dei beni d'impresa ai sensi dell'art. 3, commi da 1 a 3, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Circolare Agenzia Entrate n. 57 del 25.06.20021. Premessa
2. Coordinamento con le disposizioni della legge n. 342 del 2000
2.1 Coordinamento temporale
2.2 Riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio
2.3 Irrilevanza del saldo attivo ai fini DIT
3. Effetti fiscali della rivalutazione
3.1 Considerazioni generali
3.2 Ammortamento dei beni rivalutati
3.3 Spese di manutenzione
3.4 Cessione, assegnazione ai soci, autoconsumo o destinazione a finalità estranee al regime di impresa dei beni rivalutati prima della decorrenza degli effetti fiscali
3.5 Svalutazione di partecipazioni nell'esercizio precedente a quello di decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione eseguita
3.6 Attribuzione del saldo attivo di rivalutazione ai soci
3.7 Utilizzo del saldo attivo a copertura di perdite
4. Memorizzazione dell'imposta sostitutiva
5. Versamento dell'imposta sostitutiva
Allegato1. Premessa
I commi da 1 a 3 dell'art. 3 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), recano disposizioni tributarie in materia di rivalutazione facoltativa dei beni di impresa e delle partecipazioni. Le disposizioni in esame si avvalgono dell'impianto normativo della rivalutazione dei beni disciplinata dalla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342.
Ai sensi del comma 12 dell'art. 3 citato, con decreto ministeriale del 19 aprile 2002, n. 86, sono state dettate le modalità d'attuazione della rivalutazione. L'art. 1, comma 2, del decreto richiama espressamente gran parte delle disposizioni attuative della precedente rivalutazione (articoli da 1 a 6 del decreto ministeriale 13 aprile 2001, n. 162).
Le principali novità sono le seguenti:
- sono rivalutabili anche i beni risultanti dal bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2000;
- i maggiori valori attribuiti a seguito della rivalutazione sono fiscalmente riconosciuti a decorrere dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;
- per espressa deroga contenuta nel decreto attuativo, i maggiori valori attribuiti ai beni sono riconosciuti fiscalmente anche in caso di distribuzione del saldo attivo prima della decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione;
- l'imposta sostitutiva liquidata è memorizzata ai fini dell'attribuzione del credito d'imposta ai sensi dell'art. 105, commi 2 e 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Rimangono immutati gli obiettivi e le altre caratteristiche fondamentali della disciplina della rivalutazione contenuta nella legge n. 342/2000. In particolare, è confermato il carattere economico di tale rivalutazione, finalizzata a garantire una maggiore rappresentatività dei dati di bilancio.
La rivalutazione è facoltativa e deve essere effettuata per categorie omogenee di beni, salvo che per i beni immateriali. Essa ha per oggetto i beni risultanti dal bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2000 e che, ai sensi dell'art. 2 del d.m. n. 162/2000 [2001], siano ancora posseduti alla fine dell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita.
Il maggiore valore attribuito ai beni non può eccedere il loro valore economico calcolato, in modo uniforme per ogni categoria omogenea, in base al valore di mercato, al valore di utilizzazione per l'impresa, ovvero ad uno degli altri criteri indicati nel comma 2, dell'art. 11, della legge n. 342/2000.
Nel rispetto di tale limite economico, per effettuare la rivalutazione possono essere liberamente utilizzati i diversi metodi previsti dall'art. 5 del d.m. n. 162/2001. A tal fine si precisa che tali metodi possono essere utilizzati anche contestualmente per rivalutare il medesimo bene.
Il riconoscimento fiscale dei nuovi valori conseguenti alla rivalutazione è subordinato al pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive. Le aliquote dell'imposta sostitutiva rimangono quelle indicate dall'art.2. Coordinamento con le disposizioni della legge n. 342 del 2000
2.1 Coordinamento temporale
L'art. 3, comma 1, della legge finanziaria per il 2002 prevede che la rivalutazione possa essere eseguita, anche con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all'esercizio chiuso entro la data del 31 dicembre 2000, nel bilancio dell'esercizio successivo, per il quale il termine di approvazione scade successivamente al 1 gennaio 2002, data di entrata in vigore della legge finanziaria.
Tuttavia, se a tale data il bilancio è già stato approvato, la rivalutazione può essere eseguita anche nel bilancio dell'esercizio successivo.
Ai fini del coordinamento delle due discipline di rivalutazione, si ricorda che, ai sensi dell'art. 1 del d.m. n. 162/2001, le società e gli enti di cui all'art. 87, comma 1, lett. a) e b), del TUIR che hanno approvato il bilancio entro la data di pubblicazione dello stesso decreto (8 maggio 2001), possono eseguire la rivalutazione nel bilancio dell'esercizio successivo.
Per tali soggetti le due diverse discipline coesistono; di conseguenza, essi potranno ancora effettuare la rivalutazione secondo le regole della legge n. 342/2000 ed eventualmente avvalersi delle disposizioni della legge n. 448/2001.
Si osserva, infatti, che l'art. 1, comma 1, della legge n. 448/2001, stabilisce che la rivalutazione di cui alla legge n. 342/2000 "può essere eseguita anche con riferimento ai beni risultanti dal bilancio relativo all'esercizio chiuso entro la data del 31 dicembre 2000". L'espressione utilizzata non esclude la possibilità che, ove consentito dalla disciplina della rivalutazione ai sensi della legge n. 342/2000, continuino ad applicarsi le disposizioni della medesima legge. Ciò, ovviamente, solo con riferimento ai beni risultanti dal bilancio chiuso entro il 31 dicembre 1999.
Tenendo conto del quadro normativo in vigore, le diverse opzioni a disposizione dei contribuenti possono essere così schematizzate:
- contribuenti che non hanno eseguito la rivalutazione ex lege n. 342/2000 e che non possono più eseguirla (soggetti non tenuti all'approvazione del bilancio e società ed enti che hanno approvato il bilancio dopo l'8 maggio 2001). Tali soggetti possono eseguire la rivalutazione solo con le modalità previste dalla legge n. 448/2001, sui beni risultanti dal bilancio chiuso entro il 31/12/2000 e ancora presenti nel bilancio nel quale la rivalutazione è eseguita.
- contribuenti che hanno eseguito la rivalutazione ex lege n. 342/2000. Tali soggetti possono eseguire la rivalutazione solo con le modalità previste dalla legge n. 448/2001. Si ricorda che la rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea e quindi, eventualmente, anche quei beni già rivalutati in base alla precedente disciplina e suscettibili di ulteriore rivalutazione. Si pensi, ad esempio, ad un soggetto che intende rivalutare un bene acquisito nell'esercizio successivo a quello chiuso alla data del 31/12/1999. Tale soggetto dovrà rivalutare tutti i beni presenti nel bilancio dell'esercizio chiuso alla data del 31/12/2000 e posseduti alla data del 31/12/2001, appartenenti alla medesima categoria omogenea del bene acquisito, anche se già rivalutati, e sempre nel rispetto del limite del valore economico.
- contribuenti che non hanno eseguito la rivalutazione ex lege n. 342/2000 e che possono ancora eseguirla (società di capitali ed enti commerciali che hanno approvato il bilancio entro l'8 maggio 2001). Tali soggetti, nell'ambito della medesima categoria omogenea, potranno optare per la rivalutazione ai sensi della legge n. 342/2000 con riferimento ai beni esistenti nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 1999, oppure per la rivalutazione ai sensi della legge n. 448/2001 con riferimento ai beni esistenti nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2000, sempre che tali beni risultino anche nel bilancio in relazione al quale la rivalutazione è eseguita.
Ai sensi delle disposizioni contenute nell'art. 11, comma 1, della legge n. 342/2000, e nell'art. 4, comma 8, del d.m. n. 162/2001, la rivalutazione deve essere eseguita sulla base di un unico criterio per tutti i beni appartenenti a ciascuna categoria omogenea.
Si ricorda che, in base all'art. 4 del d.m. citato, non costituiscono categorie omogenee per esercizio di formazione i beni immobili, diversi dagli impianti e dai macchinari, i beni mobili iscritti in pubblici registri e le partecipazioni, in società controllate e collegate, costituenti immobilizzazioni.
Pertanto, le categorie omogenee relative a tali beni, possono comprendere sia cespiti già presenti nel bilancio chiuso entro il 31/12/1999, sia cespiti acquisiti nel corso dell'esercizio successivo.
Essi dovranno essere rivalutati sulla base di un unico criterio, ad esempio valore di mercato o valore di utilizzo, pur essendo possibile applicare le disposizioni della legge n. 342/2000 per i beni presenti nel bilancio chiuso entro il 31/12/1999, e le disposizioni della legge n. 448/2001 per i beni presenti nel bilancio chiuso entro il 31/12/2000.2.2 Riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio
L'art. 3, comma 1, della legge n. 448/2001, rinvia genericamente alla "rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342." Tale sezione, all'art. 14, contiene anche la disciplina del riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio (cd. riallineamento).
L'art. 5 del d.m. n. 86/2002 prevede espressamente la possibilità di applicare le disposizioni dell'art. 14 citato, rinviando anche alle relative disposizioni di attuazione contenute nell'art. 10 del d.m. n. 162/2001.
Al riguardo si osserva che il riallineamento, nell'ottica di una disciplina finalizzata ad assicurare una maggiore rappresentatività e coerenza dei dati di bilancio, costituisce il completamento della rivalutazione.
Il riallineamento, infatti, permette di rendere equivalente la situazione di soggetti che, seguendo legittimi metodi di contabilizzazione, evidenziano in bilancio un diverso valore di un medesimo bene.
Ad esempio, chi ha imputato gli ammortamenti anticipati fiscali di cui all'art. 67, comma 3, del TUIR, a diretta riduzione del valore del bene evidenzia in bilancio un valore minore rispetto a chi ha imputato gli stessi ammortamenti anticipati nell'apposita riserva. Il primo soggetto ha la possibilità di rivalutare il bene con effetto fiscale, mentre il secondo non potrà ottenere il riconoscimento fiscale del maggior valore per la parte che già risulta iscritta in bilancio.
Analoga è anche l'ipotesi di iscrizione (o rivalutazione) in bilancio di maggiori valori di immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate, non rilevanti fiscalmente, in applicazione del cosiddetto equity method.
I soggetti che hanno valutato le partecipazioni in base al costo, anziché con l'equity method, evidenziano un valore di bilancio inferiore e, quindi, possono rivalutare con effetto fiscale le partecipazioni stesse per un importo pari al maggior valore risultante dall'applicazione di tale metodo. In caso di valutazione con l'equity method, il maggior valore già iscritto non potrebbe trovare rilevanza fiscale.
Ai sensi dell'art. 5 del d.m. n. 86/2002, come già nella precedente disciplina, il riallineamento deve essere richiesto nella dichiarazione dei redditi dell'esercizio successivo a quello chiuso entro il 31 dicembre 2000 e per la quale il termine di presentazione scade successivamente alla data di pubblicazione del decreto stesso (8 maggio 2002).
Ai sensi dell'art. 10 del d.m. n. 162/2001, è consentito riallineare i valori fiscali di tutti o alcuni dei beni ai maggiori valori civilistici degli stessi, iscritti nel bilancio chiuso al 31/12/2000. Tali maggiori valori devono essere ancora presenti nel bilancio cui si riferisce la dichiarazione dei redditi nella quale è richiesta l'applicazione dell'imposta sostitutiva.
Anche alla disciplina del riallineamento si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2, 3 e 4 del d.m. n. 86/2002 che disciplinano, rispettivamente, l'imposta sostitutiva, il differimento degli effetti fiscali della rivalutazione e la disciplina del saldo attivo di rivalutazione, con riferimento alla riserva da costituire ai sensi dell'art. 14, comma 2, della legge n. 342/2000.2.3 Irrilevanza del saldo attivo ai fini DIT
Il rinvio operato alla legge n. 342/2000 non si applica all'art. 13, comma 6, che stabiliva la rilevanza ai fini DIT del saldo attivo di rivalutazione. Si ricorda che l'art. 5 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, ha limitato tale rilevanza agli incrementi di capitale investito già eseguiti entro la data del 30 giugno 2001.
Nel caso di rivalutazione eseguita esclusivamente ai sensi della legge n. 342/2000, da parte dei soggetti che possono ancora applicare tali disposizioni - come chiarito nel paragrafo 2.1 - il saldo attivo rileva ai fini DIT soltanto se il bilancio nel quale la rivalutazione è eseguita chiude entro il 29 giugno 2001.3. Effetti fiscali della rivalutazione
3.1 Considerazioni generali
Nella disciplina della legge n. 342/2000, tutti gli effetti fiscali della rivalutazione decorrono dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale essa è stata eseguita, con l'eccezione delle quote d'ammortamento che, come previsto dall'art. 7 del d.m. n. 162 del 2001, possono essere commisurate ai maggiori valori a partire dallo stesso esercizio.
Diversamente, l'art. 3, comma 2, della legge n. 448/2001, e l'art. 3 del d.m. n. 86/2002, prevedono che tutti gli effetti fiscali della rivalutazione decorrono dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita. Per i soggetti con l'esercizio coincidente con l'anno solare, ad esempio, la rivalutazione potrà essere eseguita con riferimento all'esercizio 2001 e i relativi effetti fiscali decorreranno dal 1 gennaio 2003.
Il differimento degli effetti fiscali era già presente nella disciplina della rivalutazione contenuta nella legge 29 dicembre 1990, n. 408, e nel decreto ministeriale d'attuazione del 14 febbraio 1991. In realtà, la legge n. 408/90 prevedeva l'immediato riconoscimento fiscale dei maggiori valori derivanti dalla rivalutazione, salvo alcune eccezioni. In particolare, gli effetti fiscali decorrevano dal terzo esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione era eseguita, nelle seguenti ipotesi:
- commisurazione delle quote di ammortamento dei beni ai maggiori valori ad essi attribuiti in sede di rivalutazione (art. 3, comma 3);
- determinazione delle plusvalenze e delle minusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa dei beni rivalutati (art. 3, comma 4).
Le spese di manutenzione deducibili ai sensi dell'art. 67, comma 7, del TUIR, erano invece commisurate al maggior valore attribuito ai beni già a partire dall'esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione era eseguita.
Il saldo attivo distribuito concorreva a formare il reddito imponibile della società o dell'ente, e dei soci o dei partecipanti. Ai sensi dell'art. 4, comma 6, della legge n. 408/1990, se la distribuzione avveniva in data anteriore a quella di decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione, i maggiori valori attribuiti ai beni si consideravano fiscalmente riconosciuti a partire dalla stessa data.
La disciplina degli effetti fiscali e del saldo attivo di rivalutazione, così come disegnata dagli articoli 3 e 4 del d.m. n. 86/2002, ricalca nella sostanza quella della rivalutazione eseguita ai sensi della legge n. 408/90.3.2 Ammortamento dei beni rivalutati
Le quote d'ammortamento, anche finanziario dei beni rivalutati possono essere commisurati al nuovo valore solo a partire dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita: nell'ipotesi di esercizio coincidente con l'anno solare, quindi, a partire dall'esercizio che inizia il 1 gennaio 2003.
A causa del differimento degli effetti fiscali, nell'esercizio in cui la rivalutazione è effettuata, ed in quello successivo, gli eventuali maggiori ammortamenti civilistici, calcolati sulla base del maggiore valore dei beni rivalutati, eccederanno gli ammortamenti fiscalmente riconosciuti.
Le quote di ammortamento dei beni rivalutati devono essere commisurate al nuovo valore ad essi attribuito a decorrere dall'esercizio in cui la rivalutazione produce effetti fiscali e fino ad esaurimento di tale valore. Pertanto i maggiori ammortamenti civilistici fiscalmente non riconosciuti saranno recuperati al termine del processo di ammortamento civilistico, nel rispetto dei limiti indicati dall'art. 67 del TUIR.
Al riguardo si veda l'esempio n. 1, in allegato.
Per gli ammortamenti finanziari dei beni gratuitamente devolvibili, continua ad essere applicabile la regola contenuta nell'art. 69, comma 3, del TUIR. A partire dall'esercizio di decorrenza degli effetti fiscali, le quote d'ammortamento deducibili sono aumentate in misura pari al rapporto tra il maggior valore del bene determinato a seguito della rivalutazione e il numero dei residui anni di durata della concessione, come illustrato nell'esempio n. 2, in allegato.3.3 Spese di manutenzione
Ai fini del calcolo del limite del 5 per cento di deducibilità delle spese di manutenzione, ai sensi dell'art. 67, comma 7, del TUIR, il costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili comprenderà gli eventuali maggiori valori attribuiti in sede di rivalutazione solo a partire dall'esercizio dal quale decorrono gli effetti fiscali della rivalutazione.
Fino a tale esercizio, quindi, il costo complessivo di riferimento non potrà tener conto di tali maggiori valori.3.4 Cessione, assegnazione ai soci, autoconsumo o destinazione a finalità estranee al regime di impresa dei beni rivalutati prima della decorrenza degli effetti fiscali
Nel caso in cui si verifichino le ipotesi indicate, la rivalutazione, con riferimento a quei particolari beni, rimane priva di effetti fiscali.
Le medesime conseguenze si producono anche nel caso in cui i beni rivalutati vengono successivamente conferiti prima della decorrenza degli effetti fiscali.
L'art. 3, comma 3, del d.m. n. 86/2002, stabilisce che le plusvalenze o minusvalenze derivanti dalle ipotesi in esame devono essere calcolate con "riguardo al costo dei beni prima della rivalutazione".
Si fa presente che le ipotesi in esame si possono verificare solo nell'esercizio che precede quello di decorrenza degli effetti fiscali. Infatti, i beni oggetto della rivalutazione devono essere ancora posseduti al termine dell'esercizio nel quale è eseguita, che rappresenta anche il primo dei due esercizi nei quali gli effetti fiscali della rivalutazione sono sospesi. Ad esempio, per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, che hanno eseguito la rivalutazione con riferimento all'esercizio 2001, la cessione di un bene rivalutato prima della decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione potrebbe verificarsi solo nell'esercizio 2002.
Per coerenza con i principi generali, la norma va interpretata non nel senso strettamente letterale di prendere a riferimento il "costo" dei beni prima della rivalutazione, ma ovviamente il loro valore fiscale nell'esercizio in cui si verificano le ipotesi in esame, determinato senza tenere conto della rivalutazione eseguita.
Diversamente, le plusvalenze o minusvalenze sarebbero determinate in base ad un valore fiscale diverso da quello effettivo. Ciò si verificherebbe, ad esempio, nel caso di beni che nell'ultimo esercizio sono stati soggetti ad ammortamenti o a svalutazioni fiscalmente rilevanti dei quali, applicando letteralmente la norma, non si terrebbe conto, determinando così le plusvalenze o minusvalenze sulla base di un maggiore valore fiscale.
Al soggetto che ha eseguito la rivalutazione è attribuito un credito d'imposta pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva riferibile alla rivalutazione dei beni oggetto delle ipotesi di cui si sta trattando, nei limiti dell'importo pagato.
Nel caso di rateizzazione dell'imposta sostitutiva, il credito d'imposta spetta, in proporzione alla quota parte d'imposta sostitutiva riferibile a quei particolari beni, solo sulle rate già pagate.
Le residue rate dovranno essere rideterminate considerando che per tali beni la rivalutazione è rimasta priva di effetti fiscali e di conseguenza non è dovuta la relativa imposta sostitutiva.
Il credito d'imposta dovrà essere evidenziato nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui il bene è stato ceduto, assegnato ai soci, ecc..
L'ammontare complessivo dell'imposta sostitutiva riconosciuta a credito, nonché di quella rateizzata e non più dovuta, va portato ad aumento del saldo attivo risultante dalla rivalutazione.
Contestualmente, in base al successivo comma 4 dell'art. 3 del decreto di attuazione, si considera "libera" la parte della riserva di rivalutazione riferibile ai beni oggetto delle ipotesi in esame e a tale parte non si applica più la disciplina dell'art. 13 della legge n. 342/2000.3.5 Svalutazione di partecipazioni nell'esercizio precedente a quello di decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione eseguita
Nell'ipotesi in esame, coerentemente con il principio del differimento degli effetti fiscali della rivalutazione, la svalutazione delle partecipazioni effettuata sulla base del maggior valore rivalutato, non è deducibile per la parte riferibile al maggior valore attribuito in sede di rivalutazione e fiscalmente non riconosciuto.
Solo a partire dall'esercizio di decorrenza degli effetti fiscali, qualora ricorrano ancora le condizioni previste dall'art. 61 del TUIR, sarà possibile dedurre la parte della svalutazione calcolata con riferimento al maggior valore rivalutato, come chiarito nell'esempio n. 3 in allegato.3.6 Attribuzione del saldo attivo di rivalutazione ai soci
La disciplina del saldo attivo di rivalutazione è contenuta nell'art. 4 del d.m. n. 86/2002, e ricalca quella dell'art. 13 della legge n. 342/2000 e dell'art. 9 del d.m. n. 162/2001.
Nel caso di attribuzione del saldo attivo ai soci o partecipanti, l'importo attribuito concorre al reddito imponibile del soggetto che ha effettuato la rivalutazione e dei soci o partecipanti. La norma prevede che al soggetto che ha effettuato la rivalutazione è concesso un credito d'imposta, ai fini IRPEF ed IRPEG, pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva riferibile alla parte di saldo attivo attribuito.
L'importo del saldo attivo attribuito ai soci o partecipanti concorre al reddito anche se si verifica in data anteriore a quella di decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione. In tal caso, l'art. 4, comma 3, del d.m. n. 86/2002, derogando espressamente al principio del differimento di tali effetti, prevede che i maggiori valori attribuiti ai beni si considerano fiscalmente riconosciuti "dalla stessa data".
Tale disposizione, in sostanza, riprende quella contenuta nell'art. 4, comma 6, della legge n. 408/90. Essa deve essere interpretata nel senso che i maggiori valori sono riconosciuti fiscalmente a partire dall'inizio del periodo d'imposta nel quale il saldo attivo distribuito ha concorso al reddito.
Nel caso di distribuzione parziale della riserva, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori opera fino a concorrenza degli importi attribuiti ai soci e il contribuente dovrà indicare i beni per i quali opera tale riconoscimento.3.7 Utilizzo del saldo attivo a copertura di perdite
Il saldo attivo di rivalutazione può essere liberamente destinato a copertura delle perdite, anche nell'esercizio precedente a quello in cui si producono gli effetti fiscali. Tale utilizzo non ha alcuna conseguenza ai fini della rivalutazione, a differenza dell'attribuzione ai soci del saldo attivo che, come detto sopra, concorre al reddito e "libera" i maggiori valori iscritti sui beni rivalutati.
Il riconoscimento fiscale del maggior valore attribuito ai beni rivalutati continuerà a decorrere dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita.
Si osserva, infatti, che nel periodo in cui la rivalutazione non ha rilievo fiscale, il saldo attivo in esame costituisce una riserva in sospensione d'imposta collegata ai plusvalori iscritti nell'attivo e non riconosciuti fiscalmente. Durante tale periodo, la rivalutazione crea un regime di doppia sospensione d'imposta: sull'attivo per i valori attribuiti ai beni e sul passivo per l'importo del saldo attivo.
Pertanto, coerentemente con il regime di doppia sospensione, l'utilizzo del saldo a copertura delle perdite è irrilevante fiscalmente e non determina il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dell'attivo.
Diversamente, l'utilizzo del saldo che ne comporta il concorso al reddito, "libera" anche i maggiori valori sospesi nell'attivo.4. Memorizzazione dell'imposta sostitutiva
L'art. 3, comma 3, della legge n. 448/2001, e l'art. 2, comma 2, del d.m. n. 86/2002, stabiliscono che i soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. a) e b), del TUIR, che effettuano la rivalutazione computano l'imposta sostitutiva liquidata nell'ammontare delle imposte di cui all'art. 105, commi 2 e 3, del TUIR.
Inoltre, nel caso di attribuzione ai soci del saldo attivo, l'art. 4 del d.m. n. 86/2002, prevede che l'importo distribuito concorre al reddito del soggetto che ha effettuato la rivalutazione, al quale è attribuito un credito d'imposta pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva riferibile alla parte di saldo attivo distribuito.
Il concorso al reddito del saldo attivo distribuito, comporta che le imposte ordinarie liquidate sull'importo distribuito saranno anch'esse memorizzate nei canestri ai sensi dell'art. 105 del TUIR.
Di conseguenza, si determina un problema di "doppia memorizzazione" delle imposte liquidate sul saldo attivo: una prima volta, quando è effettuata la rivalutazione, con la liquidazione dell'imposta sostitutiva, e una seconda volta, quando è distribuito il saldo attivo, con la liquidazione delle imposte ordinariamente dovute.
Per tale motivo, l'art. 4 citato prevede che l'ammontare del credito d'imposta riconosciuto deve essere computato in riduzione delle imposte memorizzate nei canestri.
In sostanza, le imposte ordinarie liquidate al momento della distribuzione del saldo attivo, affluiranno ai canestri al netto dell'imposta sostitutiva liquidata in sede di rivalutazione.
In considerazione di quanto sin qui affermato, non è applicabile alla rivalutazione effettuata ai sensi della legge n. 448/2001 la disposizione dell'art. 8 del d.m. n. 162/2001 - articolo peraltro non richiamato dal d.m. n. 86/2002 - che prevede la memorizzazione dell'imposta sostitutiva nell'ipotesi in cui il saldo attivo è ridotto per copertura di perdite d'esercizio.
Anche nelle ipotesi di cessione, assegnazione ai soci, autoconsumo o destinazione a finalità estranee al regime d'impresa dei beni rivalutati, prima della decorrenza degli effetti fiscali, l'art. 3, comma 4, del d.m. n. 86/2002, prevede che l'ammontare dell'imposta sostitutiva riferibile a tali beni deve essere computata in diminuzione delle imposte memorizzate nei canestri.
In questi casi, come si è detto, la rivalutazione non produce alcun effetto fiscale con riguardo ai beni oggetto delle operazioni indicate. Di conseguenza, al soggetto che ha eseguito la rivalutazione è riconosciuto un credito d'imposta per l'importo dell'imposta sostitutiva già pagata riferibile ai medesimi beni e, nel caso di rateizzazione, non è più dovuta l'imposta non ancora pagata.
Parallelamente, l'imposta sostitutiva riconosciuta a credito o non più dovuta dovrà essere computata in diminuzione delle imposte memorizzate nei canestri.
Le norme che prevedono la riduzione delle imposte memorizzate nei canestri potrebbero risultare inapplicabili nel caso in cui, a seguito di distribuzione di dividendi o di altre riserve di utili successivamente alla rivalutazione, i canestri risultino, in tutto o in parte, incapienti rispetto alla riduzione da operare.
Tale situazione può verificarsi non solo nel caso di cessione, assegnazione ai soci, ecc., dei beni rivalutati, prima della decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione, ma anche nel caso della distribuzione del saldo attivo a fronte della quale non vengano liquidate imposte o vengano liquidate in maniera insufficiente.
Ad esempio nel caso in cui, nonostante la distribuzione del saldo attivo che, come detto, concorre al reddito, il soggetto realizzi un minor reddito o una perdita fiscale, ovvero il reddito imponibile sia ridotto o azzerato per il riporto di perdite degli esercizi precedenti.
In tutte le ipotesi di incapienza dei canestri, occorrerà tenere memoria dell'imposta sostitutiva che non ha trovato capienza negli stessi, al fine di computarla in diminuzione delle imposte che dovranno essere memorizzate nei canestri successivamente.5. Versamento dell'imposta sostitutiva
Le modalità di versamento dell'imposta sostitutiva rimangono quelle già disciplinate dall'art. 12, comma 2, della legge n. 342/2000, riportate anche nell'art. 2, comma 1, del d.m. n. 86/2002.
E' possibile versare l'imposta sostitutiva in un massimo di tre rate annuali di pari importo, alle scadenze indicate nei prospetti di seguito riportati.
Si precisa che sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi pari al 6 per cento annuo da calcolarsi per il periodo che va dalla data di scadenza della prima rata al giorno di effettuazione del versamento.
Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241.Versamento in unica soluzione.
Rata Ammontare della rata Scadenza del versamento Unica 100 % entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta in cui viene eseguita la rivalutazione Versamento in due rate.
Rata Ammontare della rata Scadenza del versamento Prima 50 % entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta in cui viene eseguita la rivalutazione Seconda 50 %
+ interessi 6% annuoentro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al primo periodo d'imposta successivo a quello in cui viene eseguita la rivalutazione Versamento in tre rate.
Rata Ammontare della rata Scadenza del versamento Prima 1/3 del totale entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta in cui viene eseguita la rivalutazione Seconda 1/3 del totale
+ interessi 6% annuoentro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al primo periodo d'imposta successivo a quello in cui viene eseguita la rivalutazione Terza 1/3 del totale
+ interessi 6% annuoentro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al secondo periodo d'imposta successivo a quello in cui viene eseguita la rivalutazione Allegato
Esempio n. 1 - Calcolo degli ammortamenti dei beni rivalutati
Nel bilancio chiuso al 31/12/00 è presente un bene il cui valore civilistico e fiscale è pari a 50. Tale bene viene rivalutato con riferimento all'esercizio 2001 elevando il suo valore a 100. Il coefficiente di ammortamento è del 10%.
Esercizio Valore iniziale Valore
rivalutatoAmm.to
civilisticoAmm.to
fiscaleDifferenza
quoteValore residuo civilistico fiscale civilistico fiscale 2001 50 50 100 10 5 +5 90 45 2002 90 45 10 5 +5 80 40 2003 80 90 10 10 0 70 80 ...... ...... ...... ...... ...... ....... ...... ..... ...... 2009 20 30 10 10 0 10 20 2010 10 20 10 10 0 0 10 2011 0 10 0 10 -10 0 0 Esempio n. 2 - Calcolo degli ammortamenti per i beni gratuitamente devolvibili
Si ipotizzi una concessione di durata ventennale e un valore civile e fiscale del bene gratuitamente devolvibile di 200. Le quote costanti di ammortamento finanziario sono pari a 200/20=10. Al termine del decimo esercizio gli ammortamenti dedotti sono pari 100 e il valore residuo del bene è 100. Nell'undicesimo esercizio è effettuata la rivalutazione del bene portando il valore netto da 100 a 150.
Esercizio Valore iniziale Valore
rivalutatoAmm.to
civilisticoAmm.to
fiscaleDifferenza
quoteValore residuo civilistico fiscale civilistico fiscale Es.n.10 110 110 - 10 10 0 100 100 Es.n.11 100 100 150 15 10 +5 135 90 Es.n.12 135 90 15 10 +5 120 80 Es.n.13 120 130 15 16.25 -1.25 105 113.75 Es.n.14 105 113.75 15 16.25 -1.25 90 97.25 ...... ...... ...... ...... ...... ...... ...... ...... ...... Es.n.19 30 32.5 15 16.25 -1.25 15 16.25 Es.n.20 15 16.25 15 16.25 -1.25 0 0 Esempio n. 3 - Svalutazione delle partecipazioni
Nell'esercizio 1996 è acquisita una partecipazione totalitaria in società non negoziata in mercati regolamentati ad un costo di 2500 Euro. La partecipazione è rivalutata con riferimento all'esercizio 2001 portando il valore a 3000 Euro. Nel successivo esercizio il patrimonio netto della partecipata si riduce del 20% e viene effettuata una svalutazione di 600 Euro, che sarà fiscalmente deducibile in misura pari a 500 per il 2002 e per il residuo 100 nel 2003, quando il valore rivalutato assumerà anche rilevanza fiscale.
Esercizio P.N. della partecipata Valore civilistico Valore fiscale Variazione fiscale 1996 1000 2500 2500 0 ...... ...... ...... ...... ...... 2001 1000 3000 2500 0 2002 800 2400 2000 +100 2003 800 2400 2400 -100