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Risoluzione Agenzia Entrate n. 44/E del 28.06.2021
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pdf-html RISOLUZIONE N. 44/E
Divisione Contribuenti
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Direzione Centrale Grandi Contribuenti
Roma, 28 giugno 2021
OGGETTO: Chiarimenti sulla disciplina agevolativa in materia di conversione in crediti di imposta delle attivitĂ per imposte anticipate relative a perdite fiscali ed eccedenze ACE. Articolo
44-bis deldecreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, come sostituito dall'articolo 55, comma 1, deldecreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.L’articolo
44-bis deldecreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, successivamente sostituito dall’articolo 55, comma 1, deldecreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come integrato dall’articolo 72, comma1-ter, deldecreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 (di seguito, per brevità , "articolo44-bis”) contiene la nuova disciplina agevolativa riguardante la trasformazione in crediti d’imposta delle "attività per imposte anticipate” (DTA) – relative a perdite fiscali ed eccedenze ACE – a seguito della cessione di crediti pecuniari verso debitori inadempientiIl citato articolo
44-bis, comma 1 (come da ultimo modificato dall’articolo 19, comma 1, lettere a) e b), deldecreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, in corso di conversione), dispone che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2021, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori considerati inadempienti ai sensi del successivo comma 5 (secondo cui, in particolare, "si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto”) può trasformare in credito d'imposta le DTA – anche se non iscritte in bilancio – riferite ai seguenti componenti:Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Grandi contribuenti - Via Giorgione 106 - CAP 00147 Roma
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(i) perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell'articolo 84 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), alla data della cessione;
(ii) importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all'articolo 1, comma 4, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (le c.d. eccedenze ACE), non ancora dedotto né fruito tramite credito d'imposta alla data della cessione.Ai fini della predetta trasformazione, la norma prevede i seguenti limiti:
-i componenti descritti possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti;
-i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro (per ciascuno degli anni 2020 e 2021), determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate (rispettivamente, entro il 31 dicembre 2020 e il 31 dicembre 2021) dalle societĂ tra loro legate da rapporti di controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, e dalle societĂ controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.
La trasformazione in credito d'imposta avviene alla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti; inoltre, a decorrere da tale data, per il cedente:
a) non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite di cui all'articolo 84 del TUIR relative alle attivitĂ per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d'imposta;
b) non sono deducibili, né fruibili tramite credito d'imposta, le eccedenze del rendimento nozionale relative alle attivitĂ per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d'imposta in base alle stesse disposizioni.
Il successivo comma 2 del medesimo articolo precisa che i crediti d'imposta derivanti dalla predetta trasformazione non sono produttivi di interessi e possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in uno dei seguenti modi:
-in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
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-mediante cessione, ai sensi dell'articolo
43-bis o dall'articolo43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;-mediante richiesta di rimborso.
Inoltre, è previsto che i crediti d'imposta, da indicare nella dichiarazione dei redditi, non concorrono alla formazione del reddito d'impresa, né della base imponibile IRAP.
Infine, per avvalersi della facoltà di conversione è necessario esercitare (o aver già esercitato) l’opzione prevista dall'articolo 11, comma 1, del
decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, tramite la comunicazione di cui al punto 1 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 luglio 2016, da trasmettere entro la chiusura dell’esercizio successivo a quello di efficacia della cessione dei crediti deteriorati.Il canone, qualora dovuto, è pari all’1,5 per cento dell’importo delle DTA convertibili in crediti di imposta eccedente rispetto alle imposte versate e deve essere corrisposto annualmente a partire dall’anno di efficacia della trasformazione fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2030.
Ciò premesso, con riferimento alla norma in esame si forniscono i seguenti chiarimenti riguardanti aspetti sia sostanziali che procedurali della disciplina.
In primo luogo, con riferimento al profilo soggettivo della misura, va precisato che tra i soggetti beneficiari dell’agevolazione rientrano anche le società che operano nel settore industriale.
Il dubbio interpretativo, in particolare, trae origine dalle analogie che la disciplina in esame presenta rispetto a quella introdotta con il
decreto-legge n. 225 del 2010, originariamente concepita in favore di banche e altri intermediari finanziari.Al riguardo, sulla base del dato letterale della norma, si osserva che la facoltà di conversione è riconosciuta alle "società ” che presentino perdite fiscali o eccedenze ACE non ancora computate a riduzione dell’imponibile (comma 1 dell'articolo
44-bis citato). Al fine di circoscrivere l’ambito soggettivo di applicazione della misura, il comma 4 precisa che le disposizioni in esame non si4
applicano a "società ” per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ovvero lo stato di insolvenza e non si applicano alle cessioni di crediti tra "società ” che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto (comma 6 dell'articolo
44-bis citato).Alla luce del quadro normativo sopra delineato, considerato in particolare il riferimento generico della norma alle "società ”, senza ulteriori precisazioni, si ritiene che tra i beneficiari rientrino tutte le società , a prescindere dal settore in cui operano.
Sul tema, si fa presente altresÏ che, con le risposte ad interpelli pubblicati recentemente (n. 96 e n. 193 del 2021), l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di precisare che rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione della misura, oltre alle "società ”, anche tutti quei soggetti equiparati, ai fini fiscali, alle società di capitali (articolo 81 del TUIR).
Per quanto concerne il profilo oggettivo della misura, si rendono opportuni chiarimenti con particolare riferimento alla definizione di "inadempimento” dettata nel comma 5 dell’articolo
44-bis, al fine di individuare i crediti la cui cessione assume rilevanza per la trasformazione delle DTA in crediti d’imposta.In proposito, va rilevato che il citato comma 5 fornisce una specifica definizione di "debitore inadempiente” (necessaria per individuare quei crediti la cui cessione, a titolo oneroso, costituisce il presupposto per operare la trasformazione delle DTA in crediti d’imposta e conseguentemente per determinare il quantum delle DTA trasformabili), stabilendo, come già anticipato, che "si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto”.
La sopra riportata definizione di "inadempimento” connota – agli effetti della medesima norma – tale situazione in termini oggettivi, individuandola nel mancato pagamento che si protrae per oltre 90 giorni dalla scadenza.
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Tale definizione implica necessariamente, come proprio presupposto logico, l’esistenza di un rapporto creditorio specifico e, come proprio riferimento, le circostanze che il debitore non abbia pagato alla scadenza e che non abbia adempiuto nei 90 giorni successivi.
Ciò comporta che l’inadempimento debba intendersi riferito al singolo credito e, dunque, alla posizione del debitore limitatamente a quel singolo rapporto, cosÏ escludendo che un unico credito non adempiuto nei 90 giorni dalla sua scadenza renda tout court inadempiente il debitore in relazione alla generalità dei suoi rapporti nei confronti sia di quel medesimo creditore sia degli altri creditori.
Infatti, accettando una lettura diversa della definizione del comma 5 (che individui nell’inadempimento una caratteristica propria del debitore e non con riguardo ad un suo singolo credito), si dovrebbe concludere che il debitore inadempiente, con riferimento ad uno specifico credito, sarebbe tale non solo nei confronti del creditore verso il quale sia stato inadempiente per i rapporti con quest’ultimo intrattenuti (inadempiuti e non), ma anche nei confronti della generalità dei suoi creditori, nei confronti dei quali non risulti inadempiente ai sensi della disposizione in commento.
La definizione del comma 5, dunque, richiede che si sia verificato, antecedentemente alla cessione, il fatto "storico” dell’omesso pagamento (per oltre 90 giorni dopo la scadenza) del credito, a prescindere dalle vicende successive (non estintive) che hanno interessato quel rapporto creditorio (come, ad esempio, la successiva modifica del termine di pagamento).
Pertanto, in via esemplificativa, laddove sia stato concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’articolo
182-bis del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, con il quale siano stati previsti una nuova calendarizzazione delle scadenze di crediti già non adempiuti dal debitore da oltre 90 giorni (i.e. vecchi crediti non adempiuti) e, al contempo, l’erogazione di nuovi finanziamenti al medesimo debitore (i.e. nuovi crediti) e che, al momento della cessione delle6
posizioni creditorie interessate da tale accordo, il debitore stia correttamente e tempestivamente adempiendo alle scadenze ivi previste, si ritiene che solo il valore nominale dei "vecchi crediti non adempiuti” possa concorrere al plafond dei crediti utili ai fini dell’articolo
44-bis, poiché esclusivamente nei confronti di questi può ritenersi verificata la condizione di "inadempimento” richiesta dal citato comma 5.Altro aspetto su cui occorre fare chiarezza riguarda le modalitĂ di determinazione della base di commisurazione del canone eventualmente dovuto per effetto dell’opzione e, in particolare, se considerare anche le imposte anticipate calcolate sulle svalutazioni dei crediti ex articolo 106, comma 1, del TUIR, riprese a tassazione, sebbene l’articolo
44-bis non ne faccia menzione.Al riguardo, si osserva che il comma 3 dell'articolo
44-bis prescrive che:•la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d'imposta è condizionata all'esercizio, da parte della società cedente, dell'opzione di cui all'articolo 11, comma 1, del
decreto-legge n. 59 del 2016;•l’opzione, qualora non sia già stata esercitata, deve essere operata tramite la comunicazione di cui al punto 1 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate del 22 luglio 2016, entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti;
•ai fini dell'applicazione del citato articolo 11 del
decreto-legge n. 59 del 2016, nell'ammontare delle attività per imposte anticipate sono comprese anche le attività per imposte anticipate trasformate in crediti d'imposta ai sensi del medesimo articolo44-bis. Come è noto, la disciplina recata dal citato articolo 11, comma 1, del decreto- legge n. 59 del 2016 – espressamente richiamata dall’articolo
44-bis – è stata introdotta per consentire alle imprese interessate alle disposizioni relative allatrasformazione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate, cosiddette "qualificate”, ai sensi dell’articolo 2, commi da 55 a 57, del
decreto-legge n. 225 del 2010, di optare per il mantenimento dell’applicazione delle predette7
disposizioni, con riferimento a quelle attività per imposte anticipate cui non corrisponde un effettivo pagamento di imposte (le c.d. "DTA di tipo 2”).
L'opzione comporta l'applicazione della disciplina di cui al medesimo articolo 11, con obbligo di pagamento di un canone annuo (qualora dovuto) per ciascun esercizio di applicazione, pari all’1,5 per cento della differenza tra l'ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate, come risultante alla data di chiusura dell’esercizio precedente (comma 2 dell’articolo 11).
Con riferimento all'ammontare delle attivitĂ per imposte anticipate di cui al comma 2, il successivo comma 3 prevede che sia determinato ogni anno sommando algebricamente:
a) la differenza, positiva o negativa, tra le "DTA qualificate” (cui si applicano i commi da 55 a 57 del citato articolo 2 del
decreto-legge n. 225 del 2010), iscritte in bilancio alla fine dell'esercizio per il quale si deve determinare il canone, e quelle iscritte alla fine dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2007;b) l’importo delle DTA qualificate nel frattempo trasformate in crediti d'imposta. Per quanto attiene alle modalità di esercizio dell’opzione e di determinazione
del canone da versare, occorre fare riferimento a quanto stabilito nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 luglio 2016, attuativo delle disposizioni di cui al citato articolo 11 del
decreto-legge n. 59 del 2016, e ai chiarimenti forniti dalla scrivente con la circolare n. 32 del 22 luglio 2016 (cfr. risposta all’interpello n. 193 del 2021).Come precisato nella citata circolare in riferimento al profilo oggettivo della disciplina (par. 1), per attività per imposte anticipate che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, definite "DTA qualificate”, si intendono le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio (di cui all’articolo 2, comma 55, del
decreto-legge n. 225 del 2010) relative, cioè:-a svalutazioni e perdite su crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile
ai sensi del comma 3 dell’articolo 106 del TUIR,
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-alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti non ancora
dedotte dalla base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;
-al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Inoltre, come previsto dal comma 3 del citato articolo
44-bis, ai fini dell'applicazione dell’articolo 11 deldecreto-legge n. 59 del 2016, nell'ammontare delle attività per imposte anticipate vanno ricomprese anche le attività per imposte anticipate trasformate in crediti d'imposta ai sensi del medesimo articolo44-bis, calcolate sulle perdite fiscali pregresse e sulle eccedenze ACE.Alla luce delle considerazioni sopra esposte, ai fini della determinazione della base di commisurazione del canone, si ritiene che le imposte anticipate calcolate sulle svalutazioni effettuate ai sensi dell’articolo 106, comma 1, del TUIR, riprese a tassazione, non debbano essere considerate in quanto non rientranti tra quelle "qualificate” ai sensi dell’articolo 2, commi da 55 a 57, del
decreto-legge n. 225 del 2010, né ai sensi del medesimo articolo44-bis. Ulteriore chiarimento da rendere in questa sede, riguarda l’eventualitĂ che il contribuente provveda ad una trasmissione tardiva (oltre il 31 dicembre 2020) della comunicazione finalizzata all’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 11 del
decreto-legge n. 59 del 2016, in assenza di obbligo di versamento del canone.Atal riguardo, occorre considerare che, in base all’articolo
44-bis: -la trasformazione delle DTA in crediti d'imposta "è condizionata” all'esercizio
dell'opzione di cui all’articolo 11 del
decreto-legge n. 59 del 2016 (comma 3);-l’opzione, ove non già operata in precedenza, "deve essere esercitata” tramite la
comunicazione da trasmettere all'indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente "entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti” (comma 3);
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-"l’opzione ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha
effetto la cessione” (comma 3);
-"la trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti” (comma 1, penultimo periodo).
A decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione:
-le perdite e le eccedenze ACE convertite non sono piĂą utilizzabili ai fini della compensazione con gli imponibili futuri;
-i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione possono essere utilizzati in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del Dlgs n. 241 del 1997, oppure ceduti ai
sensi dell’articolo
43-bis e43-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, ovvero chiesti a rimborso (comma 2).Dalle predette disposizioni si evince che il diritto a fruire del credito d’imposta matura già a decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti deteriorati, indipendentemente dalla data di esercizio della suddetta opzione, dalla data di efficacia della stessa, o del versamento del relativo canone (cfr. risposta all’interpello n. 35 del 2021). Come peraltro sottolineato nella relazione illustrativa al decreto, «la disposizione è volta ad incentivare la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l’obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l'attuale contesto di incertezza economica». Di conseguenza, la possibilità di fruire del credito d’imposta in tempi rapidi, già a decorrere dalla data di efficacia della cessione dei crediti deteriorati, è in perfetta coerenza con la ratio della norma.
Tuttavia, occorre considerare che, per effetto di quanto previsto dal comma 3, il diritto alla fruizione del credito d’imposta nasce, in ogni caso, "condizionato” all’esercizio dell'opzione di cui all’articolo 11 del
decreto-legge n. 59 del 2016, da effettuare, come sopra evidenziato, "entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti” (comma 3). Si ritiene, pertanto, sulla base del dato letterale della norma, che la trasmissione della PEC entro il termine previsto rientri tra quegli adempimenti che, sebbene abbiano "natura formale”,10
sono comunque richiesti al fine di dare attuazione alla misura in esame. Ne deriva che, in assenza dell’esercizio dell’opzione - sia in presenza dell’obbligo di versamento del canone, che in assenza di tale obbligo - la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d’imposta non si perfeziona, con la conseguenza che la società decade dal diritto a fruire dell’agevolazione.
Ciò detto, nella fattispecie in esame rileva comunque la previsione recata dall’articolo 2, comma 1, del
decreto-legge n. 16 del 2012, in base al quale: "la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:a)abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b)effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il
termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c)versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista”. La citata norma, in sostanza, prevede una particolare forma di ravvedimento
operoso (c.d. remissione in bonis) volto ad evitare che mere dimenticanze relative a comunicazioni ovvero, in generale, ad adempimenti formali non eseguiti tempestivamente precludano al contribuente, in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma, la possibilitĂ di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali.
Con la circolare n. 38/E del 28 settembre 2012, è stato precisato che la norma intende salvaguardare la scelta operata dal contribuente "in buona fede” che presenta la comunicazione ovvero assolve l’adempimento richiesto tardivamente, ed è strutturata in modo tale da sanare quei soli comportamenti che non abbiano
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prodotto danni per l’erario, nemmeno in termini di pregiudizio all’attività di accertamento, escludendo che il beneficio possa essere fruito nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento dell’adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità .
La norma presuppone che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende fruire (c.d. comportamento concludente) ed abbia soltanto omesso l’adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente. L’ambito di applicazione dell’istituto della remissione in bonis, pertanto, è circoscritto alla fruizione di benefici di natura fiscale (o all’accesso ai regimi fiscali opzionali), subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione o di altro adempimento di carattere formale, purché tali adempimenti formali siano previsti a pena di decadenza dal beneficio o dal regime opzionale.
Ciò premesso, nel rilevare come la disciplina agevolativa recata dall’articolo
44-bis deldecreto-legge n. 34 del 2019, date le caratteristiche sopra richiamate, rientri nell’ambito applicativo del suddetto istituto, si ritiene che, in caso di mancato invio nei termini della predetta comunicazione, il contribuente possa avvalersi dell’istituto della cd. remissione in bonis di cui all’articolo 2 del decreto- legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, sempreché risulti in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalle disposizioni di riferimento, alla data originaria di scadenza del termine previsto per il perfezionamento dell’opzione (vale a dire il 31 dicembre 2020), ed abbia tenuto, successivamente alla cessione dei crediti, un comportamento coerente con quanto previsto dalle medesime disposizioni sopra richiamate.A tal fine, il contribuente può esercitare l’opzione prevista anche in un momento successivo al termine previsto – purché entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile – mediante l’inoltro della comunicazione alla PEC della Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente, ed il versamento della sanzione in misura fissa pari a 250 euro, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 dicembre 1997, n. 471.
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Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE CENTRALE
(firmato digitalmente)