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Risoluzione Agenzia Entrate n. 3/E del 03.02.2023
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RISOLUZIONE N. 3
Roma, 3 febbraio 2023
OGGETTO:
Regime fiscale IVA applicabile alla fattispecie contrattuale
comunemente nota come sale and lease back - articolo 2 d.P.R. n.
633 del 1972Sono stati chiesti chiarimenti alla scrivente in riferimento al trattamento
fiscale da riservare, agli effetti dell’IVA, alla fattispecie contrattuale
comunemente nota come “sale and lease back” a seguito dell’orientamento della
Corte di Cassazione originariamente espresso con la sentenza n. 11023 del 27
aprile 2021 e confermato con successive pronunce (cfr. ex multis, Cass. Civ. Sez.
V: ordinanze nn. 20327 e 20328 del 23 giugno 2022, ordinanza n. 40930 del 21
dicembre 2021, ordinanza n. 37727 del 1° dicembre 2021, ordinanza n. 37349 del
29 novembre 2021, ordinanza n. 35915 del 22 novembre 2021, n. 36076 del 23
novembre 2021, ordinanza n. 18333 del 25 giugno 2021, ordinanza n. 17710 del
22 giugno 2021).
Il contratto denominato “sale and lease back” costituisce un’operazione
negoziale complessa con la quale un soggetto (esercente attività d’impresa o
attività di lavoro autonomo) vende un bene di sua proprietà (mobile o immobile),
strumentale all’esercizio della propria attività, ad un'impresa di leasing (o società
finanziaria) la quale, dopo aver versato il corrispettivo pattuito, concede
contestualmente (o, comunque, entro un breve lasso di tempo) lo stesso bene, in
leasing, al cedente. Quest’ultimo corrisponde alla società di leasing un canone
periodico per l’utilizzo del bene fino alla scadenza del contratto, momento in cui
l’utilizzatore/cedente potrà eventualmente optare per la continuazione della
Divisione Contribuenti
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e Internazionale2
locazione oppure, alternativamente, per il riacquisto del bene, mediante il
pagamento del prezzo stabilito per il riscatto.
Tale figura contrattuale, molto diffusa nella prassi commerciale, risponde
all’esigenza del venditore/utilizzatore di continuare ad avere la materiale
disponibilità del bene venduto, attraverso il contratto stipulato con la società di
leasing, soddisfacendo, nello stesso tempo, l’esigenza di ottenere una immediata
liquidità attraverso la vendita del bene.
Ai fini che qui interessano, sotto il profilo IVA, con la Circolare del 30
novembre 2000, n. 218 sono stati forniti chiarimenti sul trattamento fiscale delle
suddette operazioni ed è stato chiarito che nell’ambito del contratto di “sale and
lease back” è possibile distinguere diversi rapporti giuridici che possono essere
schematizzati nei termini seguenti:
a) la cessione del bene nei confronti della società di leasing: tale
operazione è soggetta ad IVA, ricorrendo entrambi i presupposti (oggettivo e
soggettivo) di applicazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in particolare, l’operazione
consiste in una cessione di beni a titolo oneroso e l’utilizzatore del contratto di
lease back è un soggetto esercente attività commerciale, ovverossia un soggetto
passivo);
b) la concessione in leasing del bene: tale operazione rientra nel campo di
applicazione dell’IVA, in quanto ricorrono sia il presupposto soggettivo sia
quello oggettivo (l’operazione consiste in una prestazione di servizi resa dietro
corrispettivo), con applicazione dell’aliquota che sarebbe applicabile alla
cessione del bene oggetto del contratto, ai sensi dell’art. 16, terzo comma, del
d.P.R. n. 633 del 1972. Trattandosi di prestazione di servizi, il momento di
effettuazione dell’operazione coincide con il pagamento del corrispettivo, dal che
consegue che l’imposta si applica sui canoni periodicamente addebitati
all’utilizzatore;
c) (eventuale) riscatto del bene: in tal caso si concretizza un’operazione di
cessione del bene, da parte della società di leasing a favore dell’utilizzatore,
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imponibile ad IVA. La società di leasing dovrà emettere la fattura in relazione
alla quota di riscatto del bene.
Per effetto del descritto trattamento fiscale applicabile, ai fini IVA, ai
rapporti giuridici derivanti dal contratto di “sale and lease-back”, in via di
principio, risulta, dunque, detraibile sia l’imposta relativa all’acquisto del bene,
da parte della società di leasing, sia quella afferente i canoni di locazione pagati
dall’utilizzatore.
L’orientamento espresso nella citata circolare n. 218 del 2000, in base al
quale con il contratto di “sale and lease back” si realizza, tra l’altro, il
trasferimento del diritto di proprietà del bene strumentale dal cedente/utilizzatore
alla società di leasing (i.e. società concedente) è stato, altresì, ribadito in
successivi pronunciamenti di prassi (cfr., inter alia, Circ. n. 90/E del 17 ottobre
2001; Circ. n. 8/E del 13 marzo 2009; Circ. n. 38/E del 23 giugno 2010).
Con la sentenza n. 11023 del 27 aprile 2021, i giudici di legittimità hanno
rivisitato il precedente orientamento che considerava imponibile, a fini IVA, il
contratto di sale and lease back, e che sostanzialmente si fondava sulla sopra
scomposizione, ai fini tributari, dell’intera operazione economica nella sequenza
prima descritta.
La Suprema Corte, in particolare, nella menzionata sentenza ha rilevato
espressamente che il “lease back ha, dunque, una causa concreta diversa da
quella del contratto di vendita puro e semplice, trattandosi di un’unica
operazione complessa e con causa finanziaria (il fine di aumentare la liquidità
del venditore-utilizzatore), da considerarsi nella globalità dei suoi elementi
negoziali strettamente connessi onde scongiurarne un’artificiosa scomposizione
a fini tributari. La causa finanziaria del contratto in esame impedisce, quindi, di
assimilare, ai fini IVA, la somma corrisposta dall’acquirente-concedente al
corrispettivo dovuto al venditore in forza del tipico contratto di vendita”.
La conclusione cui perviene la Corte di Cassazione viene motivata, tra
l’altro, alla luce della necessità di interpretare la nozione di “cessione di bene”, ai
fini IVA, secondo i canoni ermeneutici recati dalla normativa unionale, come
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interpretata dalla Corte di Giustizia UE. In particolare, secondo la Suprema
Corte, la nozione domestica di “cessione di bene” – fondata sul dato giuridico
formale del trasferimento del diritto di proprietà sul bene – deve essere
interpretata conformemente al diritto sovranazionale che considera “cessione di
bene” “il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come
proprietario” (cfr. art. 14, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE del 28 dicembre
2006).
Al riguardo, giova rilevare quanto segue.
In primo luogo, il principio interpretativo formulato dalla richiamata
sentenza della Corte di Cassazione trova dichiaratamente fondamento nella
posizione espressa, a livello sovranazionale, dalla Corte di Giustizia UE che, con
la sentenza del 27 marzo 2019, causa C-201/18, ha avuto modo di precisare che
"le operazioni di sale and lease back (...) formano operazioni puramente
finanziare al fine di aumentare la liquidità....(n.d.r. rectius, del cedente-
utilizzatore) e che gli immobili(...) sono rimasti in possesso di ...[n.d.r.
quest’ultimo, che ] ...li ha utilizzati interrottamente e in maniera duratura per le
esigenze delle sue operazioni soggette ad imposta. (...). In tale contesto, dette
operazioni non possono essere qualificate come «cessioni di beni» in quanto i
diritti trasferiti in capo agli istituti finanziari (...) a seguito di dette operazioni,
ossia i diritti di enfiteusi meno i diritti derivanti dal leasing immobiliare di cui è
titolare la Mydibel, non li autorizzano a disporre degli immobili oggetto del
procedimento principale come se ne fossero i proprietari" (cfr. punti 40 e 41).
Nello specifico, la causa esaminata dalla Corte di Giustizia UE - che ha
avuto ad oggetto la disciplina IVA belga - trae origine dalla contestazione
sollevata dall’Amministrazione finanziaria del suddetto Paese riguardo ad un
obbligo di rettifica della detrazione operata dall’utilizzatore che si sarebbe posto
in ragione dell’effettuazione di un’operazione non assoggettata a IVA,
ovverossia la costituzione di un diritto di enfiteusi a beneficio dell’impresa di
leasing che poi ha concesso il bene in locazione finanziaria.
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Un siffatto obbligo è stato, tuttavia, escluso dalla Corte di Giustizia UE
eminentemente nel rilievo che “una simile costituzione non può infatti avere, di
per sé, l’effetto di far venir meno la relazione stretta e diretta tra il diritto alla
detrazione dell’IVA pagata a monte e l’impiego dei beni o dei servizi di cui
trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle” (cfr. punto 29 della sentenza
27 marzo 2019, causa C-201/18).
Giova, dunque, evidenziare che la questione che la Corte di Giustizia UE
affronta nella predetta sentenza - richiamata dalla Corte di Cassazione - non
attiene direttamente alla disciplina applicabile, ai fini IVA, alle operazioni
intercorrenti nell’ambito di un’operazione di sale and lease back tra l’utilizzatore
e l’impresa di leasing (prima cessione, concessione in locazione finanziaria,
eventuale riscatto), bensì alla sussistenza in capo all’utilizzatore dell’obbligo di
operare una rettifica della detrazione originariamente esercitata all’atto
dell’acquisto di un bene dallo stesso utilizzato per l’effettuazione di operazioni
imponibili.
L’analisi condotta dalla Corte di Cassazione sullo schema negoziale del
sale and lease back, incentrata sulla valorizzazione della disciplina comunitaria
di riferimento, rinvia, quindi, a una sentenza della Corte di Giustizia UE che non
si è, invero, occupata direttamente della qualificazione agli effetti dell’IVA di
una operazione di sale and lease back, ma che ha trattato della qualificazione di
tale fattispecie negoziale solo al fine di valutare se una rettifica della detrazione
originariamente operata fosse obbligatoria o meno.
Di non poco conto, inoltre, ai fini che qui interessano, è il fatto che i
giudici unionali concludono, in ogni caso, che “è compito del giudice nazionale
valutare se gli elementi che gli vengono presentati configurino l’esistenza di
un’operazione unica, al di là della struttura contrattuale di essa” (cfr. punto 39).
Ciò posto, in considerazione delle peculiarità della fattispecie oggetto
della causa C-201/18 innanzi alla Corte di Giustizia UE e delle conclusioni alle
quali giungono i giudici comunitari, si ritiene che i principi espressi nella
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sentenza richiamata non possano essere applicati in via generalizzata, sic et
simpliciter, a tutte le operazioni di "sale and lease back".
Al riguardo, in linea con i principi espressi dai giudici comunitari, nel
qualificare, ai fini IVA, una determinata operazione di sale and lease back come
operazione composta da cessioni di beni e prestazione di servizi ovvero come
unica operazione a scopo di finanziamento, è necessario valutare attentamente le
singole clausole contrattuali per individuare la concreta regolamentazione del
rapporto che le parti hanno inteso stabilire e, dunque, il conseguente trattamento
fiscale, avendo particolare riguardo alle prerogative in capo all’utilizzatore del
bene concesso in leasing.
Va, quindi, osservato che i principi enunciati dalla Corte di Giustizia UE
in materia di sale and lease back costituiscono delle indicazioni, o meglio, degli
elementi utili al giudice nazionale per determinare "(...) caso per caso, in
relazione alla singola fattispecie, se una data operazione su un bene comporti il
trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario (v., in tal
senso, sentenza del 15 dicembre 2005, Centralan Property, C-63/04,
EU:C:2005:773, punto 63), (...)." (cfr. punti 35 e 39 della sentenza 27 marzo
2019, prima citata).
In altre parole, una volta fissati gli elementi caratterizzanti il sale and
lease back, la concreta applicazione degli stessi non può prescindere da una
valutazione case by case della singola operazione, in cui assume rilievo il
concreto atteggiarsi delle parti coinvolte e la regolamentazione dell'operazione
nel suo complesso.
Tale valutazione, come chiarito, presuppone un esame delle specifiche
fattispecie poste in essere dalle parti nell’esercizio dell’autonomia contrattuale.
Nell'esaminare la sentenza C-201/18, si rileva, peraltro, che la Corte di
Giustizia – lungi dall'avallare una applicazione "automatica" delle conclusioni ivi
raggiunte a tutte le operazioni riconducibili al sale and lease back - ha sancito
alcuni principi interpretativi espressamente riferibili solo a fattispecie analoghe a
quella oggetto del procedimento principale, che è indispensabile, dunque,
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focalizzare per cogliere il contesto fattuale in relazione al quale sono stati
espressi detti principi.
In particolare, i giudici unionali hanno tenuto conto degli aspetti seguenti:
1) gli immobili sono rimasti sempre in possesso della società contribuente,
che li ha utilizzati interrottamente e in maniera duratura per effettuare operazioni
attive soggette ad imposta;
2) gli istituti di leasing hanno ottenuto il diritto di enfiteusi sui beni ceduti
e detta operazione non era soggetta ad IVA;
3) tali istituti di leasing si sono impegnati a non revocare il diritto di
utilizzazione in favore della società utilizzatrice per 15 anni;
4) l’importo totale dei canoni di leasing corrisponde al corrispettivo
versato dagli istituti di leasing alla società utilizzatrice/cedente, maggiorato degli
interessi.
È, dunque, con riferimento alla peculiare fattispecie, che, nei termini
anzidetti, ha costituito oggetto del procedimento innanzi alla Corte di Giustizia
UE, che è stata valorizzata la continuità dell’utilizzazione dei beni da parte della
società quale elemento significativamente rilevante per escludere la
configurabilità di una cessione di beni.
Dall'orientamento della Corte di Giustizia, dunque, sembra emergere,
come utile indicazione per il giudice nazionale, la necessità di valutare e
valorizzare - al di là della causa genericamente "finanziaria" attribuibile al
contratto di sale and lease back - le specifiche clausole contrattuali, oltre che le
circostanze fattuali, in quanto è possibile, in linea di principio, che l’operazione
di sale and lease back sia astrattamente riconducibile nell’ambito di differenti
categorie contrattuali, la cui ricorrenza va adeguatamente valutata in relazione al
caso concreto.
Peraltro, sebbene, nei termini anzidetti, la qualificazione dell’operazione
di sale and lease back debba essere rimessa all’interprete secondo un approccio
case by case, è comunque possibile evidenziare che alcuni peculiari elementi
della fattispecie contrattuale potrebbero costituire degli indici significativi ai fini
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della valutazione dell’operazione agli effetti dell’IVA come cessione di beni
ovvero come operazione avente causa finanziaria.
In particolare, a titolo meramente esemplificativo, inducono a dubitare
della natura traslativa del negozio giuridico e ad avvalorare, dunque, la causa
esclusivamente finanziaria all’operazione:
- la presenza, nell’ambito della regolamentazione del rapporto contrattuale,
di clausole che escludono o limitano significativamente il potere
dell’impresa di leasing di disporre giuridicamente del bene come
proprietario (ad esempio, clausole che espressamente limitano le
prerogative del proprietario, precludendo la possibilità di vendere il bene o
concederlo in garanzia a terzi);
- la previsione di facoltà, contrattualmente concesse all'utilizzatore del bene,
particolarmente incisive e stringenti, tali da far ritenere che sia
quest'ultimo a conservare il diritto di disporre del bene "come se ne fosse
il proprietario" (ad esempio, clausole convenzionali di limitazione della
responsabilità del formale proprietario che, di fatto, evidenziano che
sull’utilizzatore continuano a gravare la maggior parte dei rischi e dei
benefici inerenti alla proprietà legale del bene).
La portata della citata sentenza della Suprema Corte n. 11023 del 27 aprile
2021 deve essere, dunque, correttamente contestualizzata, nel senso che i principi
ivi affermati rilevano nei casi in cui si riscontri una fattispecie contrattuale nella
quale effettivamente l’utilizzatore continui a disporre del bene in leasing
esercitando le prerogative essenziali riconducibili in capo al proprietario.
Ricorrendo tale ipotesi, l’interprete dovrebbe, dunque, valutare l’operazione
di sale and lease back alla stregua di un’operazione di natura finanziaria.
Diversamente, in mancanza di dette prerogative/diritti in capo all’utilizzatore
del bene sarebbe configurabile, nell’ambito dell’operazione di sale and lease
back, una effettiva “cessione del bene” dal concedente/utilizzatore all’istituto di
leasing, come tale assoggettabile ad IVA secondo le regole ordinarie.
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Tanto premesso, in virtù delle considerazioni sopra esposte, ai fini del
regime IVA applicabile all’operazione di sale and lease back, si è dell’avviso
che, nei casi in cui dalla disamina della singola fattispecie contrattuale sia
possibile individuare elementi “sintomatici”, nei termini anzidetti, di una
effettiva cessione del bene dal cedente/utilizzatore alla società di leasing,
possano ritenersi validi e applicabili i chiarimenti resi con la circolare n. 218 del
2000.
Va da sé che, chiariti i principi di natura interpretativa che guidano la
corretta individuazione del regime fiscale applicabile ai contratti di sale and
lease back, la disamina delle singole previsioni contrattuali esula dalle attività
esperibili ai fini dell’istruttoria delle istanze di interpello di cui all’articolo 11
della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Resta fermo che ai fini della corretta qualificazione della fattispecie le
conclusioni sopra riportate non pregiudicano, in ogni caso, il potere
dell’Amministrazione finanziaria di attribuire rilievo, nelle opportune sedi, a
fatti, comportamenti e circostanze, al di là delle clausole contrattuali
formalmente pattuite, dai quali risulti evidente la diversa causa giuridica sottesa
al contratto stipulato.
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Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni
fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle
Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE CENTRALE
CAPO DIVISIONE AGGIUNTO(firmato digitalmente)