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Circolare Agenzia Entrate n. 26 del 16.06.2004
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Circolari IRES/2. Il nuovo regime di tassazione dei dividendi. Decreto Legislativo 12 dicembre 2003, n. 344
Circolare Agenzia Entrate n. 26 del 16.06.2004INDICE
1 Premessa
2 La nuova definizione di utili e di proventi equiparati nell'ambito dei redditi di capitale
2.1 Le partecipazioni al capitale o al patrimonio in senso proprio
2.2 Gli strumenti finanziari partecipativi
2.3 L'assimilazione fiscale degli strumenti finanziari alle azioni
2.4 Le partecipazioni e gli strumenti finanziari partecipativi esteri
2.5 I titoli similari alle obbligazioni
2.6 La remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all'art. 98 del tuir
3 Il regime di tassazione degli utili da partecipazione e dei proventi equiparati
3.1 Utili di fonte italiana e proventi equiparati percepiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio di impresa
3.2 Utili di fonte estera e proventi equiparati percepiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio di impresa
3.3 Utili e proventi equiparati percepiti da persone fisiche nell'esercizio di impresa e da società di persone commerciali
3.4 Utili di fonte italiana e proventi equiparati percepiti da soggetti IRES
3.5 Utili di fonte estera e proventi equiparati percepiti da soggetti IRES
3.6 I costi connessi alla gestione delle partecipazione
3.7 Utili e proventi equiparati percepiti da enti non commerciali
4 Raccordo con il regime delle ritenute e imposte sostitutive sui redditi di capitale
4.1 Le ritenute sugli utili da partecipazione di fonte italiana e sui proventi equiparati
4.2 Le ritenute sulle remunerazioni dei finanziamenti eccedenti di cui all'articolo 98 del tuir
4.3 Le ritenute sugli utili da partecipazione di fonte estera e sui proventi equiparati
4.4 Le ritenute sugli utili da partecipazione e sui proventi equiparati percepiti da soggetti esenti da IRES
4.5 Le ritenute sugli utili e sui proventi equiparati erogati a non residenti
4.6 Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti (Direttiva madre-figlia)
4.7 Imposta sostitutiva sugli utili derivanti dalle azioni in deposito accentrato presso la Monte Titoli S.p.A.
5 Decorrenza del nuovo regime fiscale dei dividendi
6 Regime fiscale transitorio per gli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza1 Premessa
Nel Supplemento Ordinario n. 190 alla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 16 dicembre 2003 è stato pubblicato il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che ha varato la nuova imposta sul reddito delle società (IRES) in attuazione all'articolo 4 della legge delega 7 aprile 2003, n. 80.
Come noto, la suddetta legge n. 80 del 2003, contenente la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, con l'obiettivo di ridurre gradualmente la pressione fiscale e di porre in essere interventi di razionalizzazione e semplificazione, in armonia con modelli recepiti in altri Paesi dell'Unione europea, ha individuato i seguenti principi e criteri direttivi indicati nelle lettere da a) ad o) del comma 1 dell'articolo 4 ai fini dell'istituzione della nuova imposta sulle società:
- applicazione di una aliquota unica ridotta al 33 per cento (art. 4, comma 2), con eliminazione sia del sistema di imposizione duale (Dual income tax) di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1996, n. 466, sia dell'imposta sostitutiva sulle operazioni di ristrutturazione societaria di cui al D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358 (art. 4, comma 1, lett. m;
- introduzione del principio di esenzione dei proventi e irrilevanza degli oneri connessi al possesso di partecipazioni, cosiddetta "participation exemption", con conseguente revisione sostanziale della disciplina dei dividendi e delle plusvalenze (art. 4, comma 1, lett. c;
- determinazione in capo alla società o ente controllante di un'unica base imponibile per il gruppo, dietro opzione facoltativa delle singole società che vi partecipano su base nazionale, cosiddetto "consolidato nazionale", e su base mondiale, cosiddetto "consolidato mondiale (art. 4, comma 1, lett. a) e b;
- introduzione di norme finalizzate al contrasto della sottocapitalizzazione delle imprese, cosiddetta "thin capitalization" (art. 4, comma 1, lett. g;
- riformulazione della normativa in tema di deducibilità degli interessi passivi e degli oneri finanziari in generale, in modo da tenere conto delle modifiche in tema di plusvalenze e dividendi (art. 4, comma 1, lett. f;
- applicazione opzionale per le società di capitali del regime di trasparenza fiscale delle società di persone, cosiddetto "consortium relief" (art. 4, comma 1, lett. h;
- introduzione di disposizioni dirette al cosiddetto "disinquinamento del bilancio" al fine di consentire la deducibilità delle componenti negative di reddito individuate in via forfettaria dalle norme tributarie, quali le rettifiche dell'attivo e gli accantonamenti a fondi, indipendentemente dalla loro imputazione al conto economico (art. 4, comma 1, lett. i.
Inoltre, per esigenze di coordinamento, è stata attuata anche la previsione contenuta nel comma 4 dell'articolo 3 della citata legge delega, secondo cui ai contribuenti esercenti attività d'impresa, sia in forma di società personali sia in forma individuale, soggetti all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), si applicano, in quanto compatibili, le nuove norme contenute nella disciplina della imposta sul reddito delle società, compresa l'inclusione parziale nell'imponibile degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate su partecipazioni societarie qualificate e non, per ridurre gli effetti di doppia imposizione economica.
L'approccio sistematico alla nuova disciplina fiscale della tassazione dei dividendi e delle plusvalenze da cessione di partecipazioni societarie ha reso altresì necessario disciplinare la disposizione di cui al citato articolo 3, comma 1, lettera c), n. 5), della legge delega laddove è prevista l'inclusione parziale nell'imponibile degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate al di fuori dall'esercizio di impresa, su partecipazioni societarie qualificate.
Sono state, inoltre, apportate le necessarie e consequenziali modifiche e integrazioni al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con specifico riferimento alle disposizioni che disciplinano le modalità di applicazione delle ritenute fiscali sugli utili distribuiti da società, anche per tenere conto di talune fattispecie innovative derivanti, tra l'altro, dalla riforma del diritto societario come ad esempio, l'introduzione di nuovi strumenti finanziari.
Modifiche di coordinamento hanno, altresì, interessato le disposizioni di cui al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, in materia di tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria derivanti dal possesso di partecipazioni qualificate e non, con particolare riferimento al regime della dichiarazione e al regime del risparmio amministrato.
Infine, con l'articolo 4 del D.Lgs. n. 344 del 2003 e l'articolo 40 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono state dettate apposite disposizioni transitorie al fine di regolare il passaggio dal vecchio al nuovo regime fiscale.
Ciò premesso, con riferimento alla riforma della tassazione dei dividendi, di cui si occupa la presente circolare, i principi guida sono contenuti:
- nell'articolo 3, comma 1, lettera c), numero 5), della legge delega n. 80 del 2003, per le persone fisiche non esercenti attività di impresa commerciale;
- nell'articolo 3, comma 1, lettera c), numero 6), della stessa legge, per le persone fisiche imprenditori;
- nell'articolo 4, comma 1, lettera d), della stessa legge, per le società.
In attuazione di tali principi direttivi, è stato radicalmente modificato l'attuale sistema di tassazione degli utili societari fondato sul meccanismo del credito d'imposta. La scelta attuata è stata quella di abolire tale meccanismo per sostituirlo con un sistema di esenzione.
E' noto come nel sistema previgente gli utili scontavano una prima tassazione in capo alla società che li produceva, che funzionava da "filtro" o luogo di tassazione provvisoria. La tassazione definitiva, infatti, era destinata a completarsi soltanto nel momento di percezione del dividendo in capo al socio. Quest'ultimo, sulla base del principio di imputazione del dividendo (cosiddetto "imputation system"), che prevedeva l'inclusione dell'utile (e del relativo credito d'imposta) nel reddito complessivo e la successiva detrazione del credito d'imposta dall'imposta dovuta, scontava l'imposizione sugli utili societari con la propria aliquota personale, una volta sterilizzata la tassazione subita dalla società.
La riforma prevede l'abolizione del sistema di imputazione, con l'eliminazione dell'istituto del credito d'imposta e l'affermazione del principio secondo cui la tassazione dell'utile deve avvenire esclusivamente presso il soggetto che lo ha realmente prodotto (società partecipata), essendo irrilevante il successivo trasferimento dell'utile stesso ai soci.2 La nuova definizione di utili e di proventi equiparati nell'ambito dei redditi di capitale
Per effetto delle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 344 del 2003 al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), la nozione di utili nell'ambito dei redditi di capitale è rinvenibile dal disposto dell'articolo 44.
Il regime di tassazione dei dividendi è ora contenuto:
- nell'articolo 47 per le persone fisiche non imprenditori;
- nell'articolo 59 per gli imprenditori individuali e le società di persone commerciali;
- nell'articolo 89 per le società e gli enti commerciali soggetti all'IRES.2.1 Le partecipazioni al capitale o al patrimonio in senso proprio
Gli utili da partecipazione in società, tuttora annoverati tra i tipici redditi di capitale, sono richiamati nell'articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR.
La nuova disposizione fornisce una più puntuale definizione degli utili, i quali risultano caratterizzati dalla circostanza che derivano "dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle società".
La corrispondente disposizione di cui alla lettera e) del previgente articolo 41 del TUIR utilizzava la generica dizione di "utili derivanti dalla partecipazione in società", il che non escludeva comunque un riferimento, seppur implicito, ad ogni tipo di partecipazione e quindi alla partecipazione non solo al capitale delle società, ma anche al patrimonio delle stesse.
La specificazione si coordina con le novità introdotte dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma organica della disciplina civilistica delle società di capitali e delle società cooperative.
Per effetto della nuova formulazione dell'articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR, viene quindi indirettamente confermato che non sono riconducibili fra gli utili da partecipazione i proventi che non trovino contropartita in una partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all'IRES.
Tale assunto trova, tra l'altro, conferma nella previsione contenuta nella successiva lettera f), comma 1, del medesimo articolo 44 del TUIR che qualifica altresì tra i redditi di capitale, ma in maniera distinta ed autonoma rispetto alla categoria degli utili da partecipazione al capitale o al patrimonio in senso proprio, gli utili accordati sulla base di contratti di associazione in partecipazione e di cointeressenza disciplinati dal primo comma dell'articolo 2554 del codice civile.2.2 Gli strumenti finanziari partecipativi
Non sono riconducibili tra gli utili da partecipazione in senso proprio i proventi dei nuovi strumenti finanziari disciplinati dal nuovo titolo V del libro V del codice civile, così come riformulato dal citato decreto legislativo n. 6 del 2003.
Si tratta di:
- strumenti finanziari partecipativi forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti, emessi anche a seguito dell'apporto di opere e servizi ai sensi dell'articolo 2346 del codice civile;
- strumenti finanziari emessi a seguito degli apporti effettuati a favore dei patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui all'articolo 2447-ter, comma 1, lettera e), del codice civile;
- strumenti finanziari comunque denominati, che condizionano i tempi e l'entità del rimborso del capitale all'andamento economico della società di cui all'articolo 2411, comma 3, del codice civile.
Con riguardo a tali strumenti finanziari assume fondamentale rilevanza la circostanza che il sottoscrittore possa vantare esclusivamente diritti patrimoniali (ossia il diritto all'utile o alla liquidazione, ad una certa scadenza, del valore patrimoniale netto dell'apporto conferito) o anche diritti amministrativi (che attengono al funzionamento dell'organo assembleare e all'attività di gestione), ma non il diritto di partecipare al capitale sociale della stessa società.
I nuovi strumenti finanziari partecipativi non attribuiscono, infatti, la qualità di socio (in quanto non correlati al conferimento di valori imputati a capitale), pur potendo essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati (escluso in ogni caso il voto nell'assemblea generale), quali la nomina del consiglio di amministrazione o di un sindaco (v. art. 2351, comma 5, del codice civile). Si rileva tra l'altro che, secondo la formulazione della norma civilistica, detti strumenti finanziari assicurano sempre diritti patrimoniali mentre possono non comportare anche l'attribuzione di diritti amministrativi.
Con riguardo all'apporto (da intendere in modo generico e atecnico, come prestazione sinallagmatica resa alla società in cambio dell'emissione dello strumento finanziario), il citato articolo 2346, comma 6, del codice civile ammette che possono formare oggetto di apporto sia i beni conferibili ai sensi dell'articolo 2342 del codice civile (denaro, beni in natura e crediti), sia altre prestazioni non conferibili ai sensi della citata disposizione civilistica, tra le quali sono espressamente menzionate le opere e i servizi. Al riguardo la relazione governativa di accompagnamento al decreto legislativo n. 6 del 2003 precisa che: "...perseguendo l'obiettivo politico di ampliare la possibilità di acquisizione di elementi utili per il proficuo svolgimento dell'attività sociale, ma con soluzione necessariamente coerente con i vincoli posti dalla seconda direttiva comunitaria che imperativamente vieta il conferimento di opere e servizi, si è espressamente ammessa la possibilità che in tal caso, fermo rimanendo il divieto di loro imputazione a capitale, siano emessi strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o partecipativi", con esclusione però del diritto di voto nell'assemblea generale degli azionisti.
In ogni caso si tratta di apporti non imputati a capitale; e ciò indipendentemente dal tipo di bene apportato e, quindi, anche nel caso in cui l'apporto sia costituito da denaro o beni in natura, ossia beni astrattamente imputabili a capitale. Del resto, nelle norme civilistiche di riferimento il legislatore utilizza la dizione "apporto" e non "conferimento".2.3 L'assimilazione fiscale degli strumenti finanziari alle azioni
Come accennato, i proventi degli strumenti finanziari che non sottendano una partecipazione al capitale o al patrimonio della società partecipata non sono qualificabili come "utili" in senso proprio. Tuttavia, l'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR, estende ai titoli e strumenti finanziari che comportano la partecipazione ai risultati economici di una società o di un affare il medesimo regime fiscale delle azioni.
In particolare, la citata disposizione, ai fini delle imposte dirette, considera similari alle azioni "i titoli e gli strumenti finanziari la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi".
Tale assimilazione risponde all'esigenza di garantire che la predetta remunerazione possa scontare, sia in capo ai percipienti che in capo alla società erogante, il medesimo regime fiscale cui sono soggetti gli utili da partecipazione.
Occorre innanzitutto rilevare che l'assimilazione alle azioni riguarda esclusivamente gli strumenti finanziari rappresentati da titoli o certificati (la norma fa riferimento ai "titoli e altri strumenti finanziari"). La locuzione "strumenti finanziari", da assumere in conformità alla più restrittiva accezione civilistica, non abbraccia dunque anche i contratti (non cartolarizzati), quali ad esempio, quelli di associazione in partecipazione e di cointeressenza, per i quali pertanto non opera l'assimilazione alle azioni.
In secondo luogo, la norma recata dall'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR, deve essere interpretata in parallelo con il disposto dall'articolo 109, comma 9, lettera a), del TUIR, che - ai fini della determinazione del reddito d'impresa - estende alla remunerazione dei titoli e strumenti finanziari, comunque denominati, di cui all'articolo 44, qualora essa comporti direttamente o indirettamente la partecipazione ai risultati economici della società, lo stesso trattamento previsto per gli utili. Con autonoma previsione, l'articolo 109, comma 9, lettera b), stabilisce l'indeducibilità anche per la remunerazione dei contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza.
In sintesi, il disposto dell'articolo 109, comma 9, lettere a) e b), considera indeducibile in sede di determinazione del reddito d'impresa la remunerazione dovuta:
- su titoli, strumenti finanziari, comunque denominati, di cui all'articolo 44, per la quota della remunerazione che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi;
- in base ai contratti di associazione in partecipazione ed a quelli di cui all'articolo 2554 c.c., allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi.
La norma, in sostanza, nel disporre la non deducibilità ai fini del reddito d'impresa di tali remunerazioni, tratta separatamente i titoli e gli strumenti finanziari dai contratti di associazione in partecipazione o cointeressenza che prevedono un apporto di capitale o un apporto misto (di capitale e di opere e servizi).
Inoltre, occorre tener presente che gli strumenti finanziari la cui remunerazione è considerata indeducibile ai fini del reddito d'impresa ai sensi dell'articolo 109, comma 9, lettera a), sono costituiti non da tutti gli strumenti finanziari, bensì solo da quelli di cui all'articolo 44 del TUIR e cioè da quelli produttivi di redditi di capitale. Il regime d'indeducibilità non risulta pertanto operante per i contratti derivati e gli altri contratti a termine di natura finanziaria (i cui redditi sono espressamente menzionati dall'articolo 67 del TUIR tra i redditi diversi), anche se detti contratti assicurano una partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altra società del gruppo.
Avendo riguardo alla circostanza che la remunerazione dei titoli e degli strumenti finanziari cui si riferisce l'articolo 109 citato può comportare una partecipazione "diretta" o "indiretta" ai risultati economici della società, il regime di indeducibilità risultante operante:
- per i titoli e strumenti finanziari che, dietro corrispettivo di un apporto di capitale, assicurino una partecipazione "diretta" o "indiretta" agli utili, nonché alle perdite delle società che li abbiano emessi;
- per i titoli e strumenti finanziari che, sempre dietro corrispettivo di un apporto di capitale, assicurino una partecipazione "diretta" o "indiretta" agli utili, ma non anche alle perdite delle società emittenti;
- per i titoli e strumenti finanziari che assicurino una partecipazione "diretta" o "indiretta" agli utili ed alle perdite di una società, dietro apporto di opere e servizi, ovvero senza alcun apporto. A quest'ultimo proposito, si rileva infatti che la lettera a) del comma 9 dell'articolo 109 - a differenza di quanto stabilito per i contratti di cui alla successiva lettera b) - considera indeducibile la remunerazione dovuta su strumenti finanziari partecipativi, indipendentemente dalla natura dell'apporto.
Con riferimento, invece, ai titoli e strumenti finanziari per i quali sia configurabile una partecipazione "indiretta" ai risultati economici societari o di un affare - nella dizione utilizzata dall'articolo 109, comma 9, lettera a), del TUIR - occorre considerare che, come specificato nella relazione di accompagnamento al decreto legislativo n. 344 del 2003, "l'indeducibilità non è estesa ai proventi per i quali la connessione con i risultati economici dell'impresa riguardi unicamente l'an, ma non il quantum, della corresponsione dei proventi e/o del rimborso ai sottoscrittori (come nel caso dei titoli con tasso di rendimento prestabilito, per i quali il pagamento degli interessi in una certa misura sia subordinato all'esistenza di utili ovvero alla effettiva distribuzione di dividendi da parte dell'emittente o di altra società del gruppo". In questi casi, infatti, non si realizza neppure una partecipazione "indiretta" ai risultati economici della società.
Sulla base di tale interpretazione, si ritiene che non comportino una partecipazione indiretta ai risultati economici della società emittente le obbligazioni e gli altri titoli irredimibili emessi dalle banche ai sensi dell'articolo 12 del testo unico bancario di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385. Si tratta di titoli i cui proventi sono costituiti da interessi. Tuttavia, in caso di andamento negativo della gestione, l'emittente può sospendere il pagamento degli interessi e, in determinate ipotesi, imputarli a copertura delle perdite.
Nell'ipotesi descritta, infatti, la remunerazione delle predette obbligazioni non assicura una partecipazione agli utili della banca che li ha emessi, essendo tale remunerazione parametrata normalmente a tassi di interesse correnti. Pertanto, l'eventualità che tali interessi, in caso di perdite, siano sospesi ed imputati alla loro copertura, non incide sulla disciplina strutturale dei titoli in argomento, che è quella tipica delle obbligazioni.
Infine, si rileva che il comma 9 dell'articolo 109 del TUIR considera indeducibile la remunerazione dovuta sugli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, non in via integrale, bensì soltanto "per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale gli strumenti sono stati emessi".
Conseguentemente, nell'ipotesi in cui uno strumento finanziario assicuri una remunerazione solo parzialmente parametrata ai risultati economici della società emittente può ritenersi indeducibile la sola quota parametrata ai predetti risultati economici.
In definitiva, quindi, ogniqualvolta per effetto della disposizione contenuta nell'articolo 109, comma 9, lettera a), viene sancita la totale indeducibilità della remunerazione dei titoli o strumenti finanziari, per ragioni di coerenza sistematica, tale remunerazione non può che essere assoggettata al regime fiscale proprio degli utili da partecipazione, sempre che essa sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società.
Per quanto riguarda, invece, l'indeducibilità della remunerazione dovuta sulla base di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza, come già accennato, la lettera b) dell'articolo 109, comma 9, del TUIR considera indeducibile tale remunerazione soltanto qualora tali contratti prevedano un apporto che non sia costituito da opere e servizi.
Di converso, è deducibile ogni tipo di remunerazione dovuta sulla base di contratti di associazione in partecipazione che comportino la sola partecipazione agli utili e alle perdite di un'impresa o di un affare, senza il corrispettivo di un apporto o con apporto costituito da opere o servizi. Conseguentemente la disposizione recata dall'articolo 95, comma 6, del TUIR, secondo cui le partecipazioni agli utili corrisposti "... agli associati in partecipazione sono computate in diminuzione del reddito dell'esercizio di competenza indipendentemente dalla imputazione al conto economico" deve intendersi riferita esclusivamente ai contratti di associazione in partecipazione con apporto di opere e servizi o senza il corrispettivo di un apporto.
Tuttavia, come specifica la relazione al decreto legislativo, qualora vengano emessi strumenti finanziari che incorporano tale tipo di contratti, le remunerazioni ad essi spettanti ricadono nella disposizione recata dalla lettera a) del comma 9 del medesimo articolo 109, anche se l'apporto è costituito da opere e servizi ovvero non è previsto, con la conseguenza che dette remunerazioni sono indeducibili.2.4 Le partecipazioni e gli strumenti finanziari partecipativi esteri
L'articolo 44, comma 2, lettera b), del TUIR, considera, ai fini delle imposte sui redditi, similari alle azioni o alle quote di società a responsabilità limitata, rispettivamente, le partecipazioni al capitale o al patrimonio delle società e degli enti non residenti di cui alla lettera d), comma 1, dell'articolo 73 del TUIR, rappresentate e non rappresentate da titoli, nel caso in cui la relativa remunerazione se corrisposta da una società residente sarebbe stata totalmente indeducibile nella determinazione del reddito d'impresa ai sensi dell'articolo 109, comma 9, del TUIR.
Ciò implica, pertanto, che non possono considerarsi azioni quelle partecipazioni al capitale o al patrimonio di società ed enti non residenti la cui remunerazione non sia totalmente collegata ai risultati economici della società partecipata, ma soltanto a parametri di natura finanziaria (come, ad esempio, nell'ipotesi di azioni la cui remunerazione sia commisurata a determinati tassi di interesse).
Inoltre, occorre tener presente che tale disposizione si riferisce anche alle caratteristiche che debbono essere presenti con riferimento agli strumenti finanziari emessi da società o enti non residenti ai fini della loro assimilazione alle azioni.
Pertanto, gli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti sono similari alle azioni qualora essi rappresentino una partecipazione al patrimonio della società e quando la relativa remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi.
In sostanza, la lettera b) del comma 2 dell'articolo 44 individua, ai fini dell'assimilazione, i requisiti caratterizzanti non solo delle azioni estere, ma anche degli strumenti finanziari di natura partecipativa emessi dai soggetti non residenti.2.5 I titoli similari alle obbligazioni
Da ultimo, occorre segnalare che non è stata modificata la definizione di titoli similari alle obbligazioni prima contenuta nell'articolo 41, comma 2, lettere b) e c), del TUIR (ora riportata nell'articolo 44, comma 2, lettera c), del TUIR).
Continuano ad essere considerati similari alle obbligazioni:
1) i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli, autorizzate ai sensi dell'articolo 29 del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510;
2) i titoli di massa che contengono l'obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscano ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell'impresa emittente o dell'affare in relazione al quale siano stati emessi, nè di controllo sulla gestione stessa.
Qualora le obbligazioni abbiano tali caratteristiche, ai relativi proventi si rende applicabile il regime di tassazione previsto dall'articolo 26, comma 1, del D.P.R. n. 600 ovvero quello di cui al decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239 se si tratta di titoli emessi dai cosiddetti "grandi emittenti" o di titoli obbligazionari e similari emessi da soggetti non residenti.
Tuttavia, come evidenziato nel paragrafo 2.3, qualora i proventi dei titoli siano costituiti totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente, di società dello stesso gruppo o di un affare, essi sono assoggettati al medesimo regime fiscale delle azioni ai sensi dell'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR, indipendentemente dalla denominazione formale dei titoli cui i proventi si riferiscono. Continuano, invece, ad essere qualificati quali "titoli atipici" e ad essere assoggettati al trattamento fiscale previsto dall'articolo 5 del D.L. 30 settembre 1983, n. 512, convertito dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, i titoli che non presentino né i requisiti per essere considerati similari alle azioni, in quanto la relativa remunerazione non è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente, di società dello stesso gruppo o di un affare, né i requisiti per essere considerati similari alle obbligazioni perché, ad esempio, non garantiscono la restituzione del capitale ovvero, pur garantendola, assicurano anche una partecipazione diretta o indiretta alla gestione della società emittente o dell'affare in relazione al quale sono stati emessi.2.6 La remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all'art. 98 del tuir
Un'importante novità della riforma, desumibile dal disposto della lettera e) dell'articolo 44 del TUIR, è costituita dalla riconducibilità fra gli utili da partecipazione della remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all'articolo 98 del TUIR, qualora essi siano erogati direttamente dal socio o da sue parti correlate.
Ne deriva un ampliamento della definizione di utili che si ricollega direttamente alle nuove disposizioni finalizzate al contrasto dell'utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione delle società, la già citata "thin capitalization".
Con riserva di dedicare un'apposita trattazione a tale istituto, si rileva come esso risponde all'esigenza di evitare che vengano trasformati gli utili derivanti dalla partecipazione in società - indeducibili in quanto tali in sede di determinazione del reddito di quest'ultima - in oneri finanziari deducibili per la stessa società e assoggettati in capo ai soci ad un regime fiscale più favorevole, consistente nell'applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o di un'imposta sostitutiva. In estrema sintesi, la disposizione prevede a tal fine di procedere al confronto tra:
- il patrimonio netto contabile riferibile a ciascun socio qualificato, ossia del socio che direttamente o indirettamente partecipa al capitale sociale con una percentuale pari o superiore al 25 per cento, e alle sue parti correlate. Si considerano parti correlate al socio qualificato le società da questi controllate e se persona fisica anche i familiari di cui all'articolo 5, comma 5, del TUIR;
- i finanziamenti concessi o garantiti dagli stessi soggetti.
Nel caso di superamento del rapporto massimo tra debito e patrimonio netto contabile, individuato in 4 a 1 (5 a 1 per il periodo d'imposta che inizia a decorrere dal 1 gennaio 2004), gli interessi passivi relativi ai finanziamenti eccedenti diventano in linea di principio indeducibili e ad essi si rende applicabile lo stesso trattamento fiscale degli utili in capo al socio (o alle sue parti correlate) che ha direttamente erogato il finanziamento.
Peraltro, la norma precisa espressamente che tale qualificazione compete anche nell'ipotesi in cui l'eccedenza di tali finanziamenti, rilevante ai fini dell'indeducibilità della relativa remunerazione, sia emersa a seguito di accertamento da parte dell'Amministrazione finanziaria.
L'assimilazione agli utili è comunque prevista esclusivamente per le remunerazioni dei finanziamenti eccedenti che siano direttamente erogati dal socio e dalle sue parti correlate e non anche per le remunerazioni dei finanziamenti eccedenti erogati indirettamente e per quelli semplicemente garantiti dal socio o dalle sue parti correlate.3 Il regime di tassazione degli utili da partecipazione e dei proventi equiparati
Come accennato, con l'istituzione dell'IRES, viene abolito il credito d'imposta sui dividendi e la doppia imposizione economica sugli utili è evitata mediante la parziale esclusione dall'imponibile degli utili stessi, sempreché per essi non sia previsto un regime fiscale sostitutivo con applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o di un'imposta sostitutiva.
Le novellate disposizioni riservano un trattamento fiscale differenziato a seconda della tipologia del percettore degli utili. In particolare, è previsto un differenziato regime fiscale per:
1. gli utili percepiti, al di fuori dell'esercizio di imprese commerciali, dai soggetti passivi dell'IRE;
2. gli utili percepiti, nell'esercizio di imprese commerciali, dai soggetti passivi dell'IRE;
3. gli utili percepiti da società ed enti soggetti all'IRES.
Al riguardo, occorre inoltre specificare che l'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge delega n. 80 del 2003, prevede l'inclusione tra i soggetti dell'imposta sul reddito (IRE) anche degli enti non commerciali.
Tuttavia, il legislatore delegato ha ritenuto di non recepire immediatamente tale principio, tenuto conto del mancato riordino delle aliquote previste per i soggetti IRE nel medesimo comma 1 del predetto articolo 3 (riduzione delle aliquote di imposta a due soltanto: 23 per cento per redditi fino a 100.000 euro e 33 per cento oltre tale importo).
Rinviata l'istituzione dell'IRE, è stato stabilito che gli enti non commerciali siano ancora ricompresi tra i soggetti a cui si applica l'imposta sul reddito delle società (IRES), in linea generale, con l'aliquota del 33 per cento sul reddito imponibile formato dalla sommatoria delle diverse categorie reddituali individuate dal testo unico, ossia dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi (v. artt. 143 e seguenti del TUIR).3.1 Utili di fonte italiana e proventi equiparati percepiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio di impresa
In attuazione del principio di delega previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera c), n. 5), il comma 1 dell'articolo 47 del TUIR ha previsto l'inclusione nella base imponibile dell'IRPEF del socio persona fisica degli utili da partecipazione non percepiti nell'esercizio di un'impresa commerciale. Tuttavia, per ridurre gli effetti di imposizione economica, tale disposizione prevede altresì che tali utili debbano essere inclusi "nell'imponibile complessivo limitatamente al 40% del loro ammontare".
Di converso, come stabilito dall'articolo 3, comma 3, lettera a), del TUIR espressamente richiamato dal comma 1 dell'articolo 47, è in ogni caso escluso l'obbligo di includere i predetti utili da partecipazione nell'imponibile IRPEF qualora essi siano soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.
Pertanto, non devono essere inclusi nell'imponibile IRPEF gli utili percepiti da persone fisiche residenti, al di fuori dell'esercizio d'impresa, in relazione a partecipazioni non qualificate in società italiane. L'articolo 2 del decreto legislativo n. 344 del 2003 ha infatti confermato l'assoggettabilità di tali utili alla ritenuta alla fonte a titolo d'imposta del 12,50 per cento, rendendo però l'applicazione di tale ritenuta obbligatoria e non più facoltativa (cfr. la nuova formulazione dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973).
Al riguardo si ricorda che per partecipazioni non qualificate si intendono le partecipazioni, i titoli e diritti che rappresentano una percentuale non superiore al 2 o al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria, ovvero al 5 o al 25 per cento del capitale o del patrimonio, secondo che si tratti, rispettivamente, di titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri o di altre partecipazioni.
Il comma 1 del nuovo articolo 47 prevede altresì che, indipendentemente dalla statuizione della delibera assembleare, si presumono ai fini fiscali prioritariamente distribuiti l'utile d'esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale indicate nel comma 5 per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta.
Tale disposizione che, in assenza di una specifica e diversa previsione, ha effetto - secondo la disposizione di carattere generale di entrata in vigore della riforma - per le delibere di distribuzione effettuate a decorrere dal 1 gennaio 2004, indipendentemente dalla data di formazione delle riserve, si rende applicabile sempreché le riserve di utili presenti siano liberamente disponibili.
Pertanto, è necessario che la società emittente comunichi agli azionisti (e, in ogni caso, agli intermediari tenuti agli obblighi di sostituzione di imposta) la diversa natura delle riserve oggetto della distribuzione e quale sia il regime fiscale applicabile. In altre parole, se la società pone in distribuzione riserve di capitale (ad esempio, riserve da sovrapprezzo azioni) deve specificare che, in mancanza di utili e di riserve di utili, la distribuzione non costituisce reddito tassabile.
Oppure, deve specificare che, nonostante stia distribuendo civilisticamente riserve di capitale, posto che siano presenti anche riserve di utili disponibili, la distribuzione costituisce utile tassabile ai sensi dell'articolo 47 del TUIR.
Per quanto attiene alla tassazione degli utili, il comma 2 dell'articolo 47 prevede che l'esclusione dalla base imponibile del 60 per cento degli utili da partecipazione sia applicabile anche agli utili derivanti da rapporti di associazione in partecipazione e cointeressenza limitatamente ai casi in cui il valore dell'apporto di capitale sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile alla data della stipula del contratto, a seconda che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.
Qualora, invece, gli apporti di capitale non siano superiori alle predette percentuali, l'articolo 27, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede l'applicazione della ritenuta alla fonte del 12,50 per cento a titolo d'imposta calcolata sul 100 per cento dei relativi utili.
Come accennato, i proventi derivanti dagli strumenti finanziari partecipativi, assimilati alle azioni ai sensi dell'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR, usufruiscono del medesimo regime fiscale degli utili.
Al riguardo, si precisa che, a norma dell'articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR, detti strumenti finanziari qualora siano rappresentativi di quote di patrimonio devono considerarsi al pari delle partecipazioni qualificate o non qualificate a seconda dell'entità della quota patrimoniale rappresentata: sono assimilati alle partecipazioni qualificate gli strumenti che rappresentano complessivamente una partecipazione al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, rispettivamente, secondo che si tratti o meno di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati. Sono assimilati alle partecipazioni non qualificate gli strumenti finanziari che rappresentano una partecipazione al patrimonio non superiore alle predette percentuali.
Come espressamente previsto dal citato articolo 67, comma 1, lettera c), n. 1), sono, invece, sempre assimilabili alle partecipazioni qualificate gli strumenti finanziari che non rappresentano una partecipazione al patrimonio.
Continuando nell'esame dell'articolo 47, al comma 3 è previsto che nei casi di distribuzione di utili in natura il valore imponibile è determinato in relazione al valore normale degli stessi alla data individuata dalla lettera a) del comma 2 dell'articolo 109 (Norme generali sui componenti del reddito d'impresa), cioè alla data di consegna o spedizione dei beni mobili o di stipula dell'atto per i beni immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.
Il comma 5 conferma, inoltre, il principio secondo cui non costituiscono utili le somme e il valore dei beni ricevuti dai soci delle società soggette all'IRES a titolo di ripartizione di riserve di capitale o altri fondi costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta. Le somme o il valore dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute. Si tratta di quanto già previsto nel previgente comma 1 dell'articolo 44 del TUIR.
Al riguardo, si precisa che l'eventuale somma (o valore dei beni) ricevuta dal socio eccedente il costo fiscale della partecipazione si qualifica come utile, trattandosi di un reddito derivante dall'impiego di capitale e non derivante da un evento realizzativo della partecipazione inquadrabile come tale tra le fattispecie che danno luogo a redditi diversi di natura finanziaria.
Nel successivo comma 6 dell'articolo 47 viene riproposto lo stesso principio contemplato nel previgente articolo 44 del TUIR, in base al quale non costituisce realizzo di utili l'assegnazione gratuita ai soci di nuove azioni e l'aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse, in caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale. Tuttavia, viene confermato che se e nella misura in cui l'aumento sia avvenuto mediante passaggio a capitale di riserve o fondi diversi da quelli costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta (indicati nel comma 5 dello stesso art. 47), la successiva riduzione del capitale esuberante è considerata distribuzione di utili. Al riguardo, è specificato che la riduzione del capitale esuberante si imputa con precedenza alla parte dell'aumento complessivo del capitale derivante dai passaggi a capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 5, a partire dal meno recente, ferme restando le norme delle leggi in materia di rivalutazione monetaria che dispongono diversamente.
In linea con l'abolizione del credito d'imposta, non è più riprodotta nello stesso articolo 47, comma 7, la disposizione contenuta nel previgente articolo 44, comma 3, che, con riferimento alle operazioni di recesso, liquidazione e riduzione del capitale esuberante, riconosceva il credito d'imposta relativamente alle sole riserve di utili costituenti il valore delle somme o dei beni ricevuti in occasione delle suddette operazioni.
Continua, invece, ad essere specificato che in tali ipotesi le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate e ciò vale anche per la parte di tali eccedenze che derivano da riserve di capitale.
Inoltre, nella medesima disposizione sono state inserite anche le ipotesi di esclusione del socio e di riscatto delle azioni, ipotesi che derivano dalle modifiche apportate al codice civile dalla riforma societaria.
Al riguardo, l'articolo 27, comma 1-bis, del D.P.R. n. 600 del 1973, risolvendo una problematica esistente sull'argomento, consente l'applicazione della ritenuta alla fonte sugli utili derivanti da partecipazioni non qualificate, soltanto sulla parte delle somme o del valore normale dei beni ricevuti dal socio, in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale della società o ente, eccedente il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate, che costituisce il vero e proprio utile. In tal senso, la norma prevede che la predetta ritenuta si applica sull'intero ammontare delle somme o dei valori corrisposti soltanto qualora il percettore non comunichi al sostituto d'imposta il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Naturalmente la ritenuta va effettuata soltanto per le fattispecie in relazione alle quali l'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 trova applicazione e quindi per gli utili di fonte italiana attribuiti alle persone fisiche residenti, se la partecipazione non è qualificata e non è relativa ad un'impresa commerciale, per gli utili di fonte estera della stessa specie e per gli utili attribuiti ai soggetti esenti da IRES.
Va ulteriormente precisato al riguardo che l'articolo 47, comma 7, del TUIR fa riferimento al recesso tipico che comporta l'annullamento delle azioni o quote. Qualora, invece, il recesso avvenga con modalità diverse, ossia mediante acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alle loro partecipazioni oppure da parte di un terzo concordemente individuato dai soci medesimi (cfr. art. 2473, comma 4, codice civile), si configura un'ipotesi che va inquadrata più propriamente nell'ambito degli atti produttivi di redditi diversi di natura finanziaria, sempreché si tratti di cessioni a titolo oneroso.
Si ritiene, inoltre, che qualora la partecipazione sia immessa in un patrimonio relativamente al quale sia stata esercitata l'opzione per l'applicazione del regime del risparmio gestito di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997, detta opzione trova effetto anche con riferimento agli utili ricevuti nei casi di cui all'articolo 47, comma 7, trattandosi di operazioni che devono intendersi ricomprese nell'ambito di quelle afferenti il patrimonio gestito. Ne consegue che, anche in tali casi, non si applica la ritenuta di cui ai commi 1 e 4 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Infine, si fa presente che continuano a concorrere alla formazione del reddito, in quanto non assoggettabili alla ritenuta alla fonte di cui all'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, gli utili percepiti da società semplici ed equiparate residenti nel territorio dello Stato, in relazione a partecipazioni qualificate e non qualificate in società italiane ed estere. Tali utili concorrono a formare il reddito imputato per trasparenza al socio per il 40 per cento del loro ammontare.3.2 Utili di fonte estera e proventi equiparati percepiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio di impresa
Come già precisato, per effetto delle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 344 del 2003, l'obbligo di includere gli utili da partecipazione nell'imponibile IRPEF non sussiste per gli utili soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi. Non devono essere più inclusi nell'imponibile IRPEF, pertanto, gli utili percepiti da persone fisiche residenti al di fuori dell'esercizio d'impresa in relazione a partecipazioni non qualificate in società estere.
Come meglio verrà specificato nel paragrafo relativo alle nuove disposizioni in materia di ritenute alla fonte, infatti, una rilevante novità consiste proprio nell'estensione agli utili di fonte estera derivanti da partecipazioni non qualificate della ritenuta a titolo d'imposta del 12,50 per cento prevista per gli utili di fonte italiana.
Continuano, invece, ad essere inclusi nel reddito complessivo imponibile ai fini dell'IRPEF gli utili percepiti al di fuori dell'esercizio dell'impresa da persone fisiche residenti, in relazione a partecipazioni qualificate in società estere. E' stata infatti mantenuta ferma l'applicazione sui predetti utili della ritenuta a titolo di acconto del 12,50 per cento. Tale ritenuta è applicata sulla quota imponibile degli utili, ossia sul 40 per cento del loro ammontare al netto delle ritenute eventualmente applicate nello Stato estero.
Allo stesso modo, l'articolo 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, con riferimento agli utili derivanti da contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), ossia di associazione in partecipazione e cointeressenza, conclusi con società estere ed aventi le medesime caratteristiche di quelli stipulati con società residenti nel territorio dello Stato, il regime fiscale applicabile è quello dell'applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d'imposta del 12,50 per cento qualora tali contratti siano assimilabili alle partecipazioni non qualificate, ossia se il valore dell'apporto non sia superiore al 5 o al 25 per cento del patrimonio netto contabile della società.
In caso di superamento di dette percentuali, invece, si rende applicabile la parziale esclusione da tassazione accordata sugli utili da partecipazioni qualificate. Anche in questo caso, sulla parte imponibile degli utili corrisposti all'associato si rende applicabile la ritenuta a titolo d'acconto del 12,50 per cento.
Infine, va rilevato che, a norma dell'articolo 47, comma 4, del TUIR, in deroga al regime di parziale concorrenza alla formazione del reddito imponibile, qualora gli utili derivanti da partecipazioni qualificate siano distribuiti da soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, essi concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile, ad eccezione dell'ipotesi in cui gli utili siano stati imputati al socio ai sensi del comma 1 dell'articolo 167 e dell'articolo 168 ovvero sia stata ritenuta valida la dimostrazione, in seguito all'esercizio del diritto di interpello, che dalla partecipazione in dette società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, non si consegua l'effetto di localizzare ivi i relativi redditi.
In particolare, si tratta di utili distribuiti da soggetti residenti o localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata elencati nella cosiddetta "black list" di cui all'articolo 167 del TUIR ed individuati nel D.M. 21 novembre 2001.
In linea generale, quindi, gli utili distribuiti da tali soggetti concorrono nella misura del 100 per cento alla formazione del reddito del socio residente. Ciò vale, ovviamente, nel caso di partecipazioni qualificate. Ove le partecipazioni non siano qualificate, infatti, è prevista l'applicazione della ritenuta del 12,50 per cento a titolo definitivo sul 100 per cento del dividendo distribuito (al netto delle ritenute applicate nello Stato estero).
Pertanto, gli utili di fonte estera sono parzialmente esclusi da tassazione in Italia solo se relativi a società che risiedono in uno Stato a fiscalità ordinaria, nel presupposto che tali utili abbiano scontato una imposizione congrua nel territorio in cui sono stati prodotti; se questo non accade, l'utile è tassato integralmente nel Paese del percettore al fine di evitare salti d'imposta.
Come già anticipato, gli utili non concorrono alla formazione del reddito imponibile fino a concorrenza della quota di reddito della società partecipata già attribuito al socio residente in proporzione alla partecipazione da esso detenuta e assoggettato a tassazione separata ai sensi degli articoli 167 e 168 del TUIR. Ciò vale anche con riferimento agli utili derivanti da partecipazioni non qualificate per i quali, in tal caso, non si applica la ritenuta a titolo d'imposta di cui all'articolo 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973.
In ogni caso, nonostante il dividendo provenga da uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, è possibile dimostrare, tramite interpello da inoltrare all'Agenzia delle Entrate, che dal possesso delle partecipazioni qualificate non sia conseguito l'effetto di localizzare i redditi nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata.
Si ricorda che le disposizioni che regolano il diritto di interpello, già contenute nella disciplina sulle Controlled Foreign Companies (CFC), sono state attuate nell'ambito del decreto ministeriale del 21 novembre 2001, n. 429. Il diritto di interpello può essere esercitano, nel caso di specie, da qualsiasi soggetto possessore della partecipazione, anche se diversa dalle partecipazioni di controllo e di collegamento, con le medesime modalità previste dalla disciplina sulle CFC. Infatti, l'articolo 47, comma 4, del TUIR stabilisce che l'esercizio dell'interpello avviene "secondo le modalità del comma 5, lettera b), dell'articolo 167" lasciando intendere che l'ambito dei soggetti che possono esercitare l'interpello è più ampio di quello ordinariamente previsto dalla disciplina sulle CFC (soggetti che detengono il controllo o il collegamento dell'impresa partecipata estera - cfr. artt. 167 e 168 del TUIR).
A tal fine - secondo le indicazioni dell'articolo 5, comma 2, del decreto ministeriale 21 novembre 2001, n. 429 - può essere dimostrato, tramite l'esercizio dell'interpello, che i redditi conseguiti dalle imprese estere sono prodotti in misura non inferiore al 75 per cento in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata e ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria. Tale circostanza ricorre qualora la società abbia prodotto direttamente redditi di fonte estera, in misura non inferiore al 75 per cento del totale, tramite, ad esempio, una stabile organizzazione o in virtù del possesso di cespiti immobiliari, localizzati e sottoposti a tassazione fuori dagli Stati o territori a fiscalità privilegiata. Al contrario, se i redditi della società sono formati, anche totalmente, da utili da partecipazione ad essa attribuiti da una partecipata residente in un paese a fiscalità non privilegiata, non può essere invocata l'esimente prevista dalla norma. Tali redditi, infatti, in quanto derivanti da una fonte produttiva (il capitale) situata in un Paese a fiscalità privilegiata, devono considerarsi prodotti in tale Paese non rilevando la circostanza che essi siano indirettamente riconducibili alla attività propria della partecipata (cfr. risoluzione 29 gennaio 2003, n. 18/E).
Al fine di stabilire se il reddito è prodotto in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata inclusi nella cosiddetta black list, resta in ogni caso ininfluente qualsiasi ipotesi di tassazione derivante dalla applicazione di ruling negativi volti a modificare in peius - per volontà del contribuente - l'operatività di specifiche disposizioni previste in via normativa. Lo Stato titolare della potestà impositiva deve, infatti, poter essere individuato sulla base di criteri oggettivi legati alla specificità dell'ordinamento giuridico-tributario, e non di una scelta, eventualmente revocabile, del contribuente (cfr. risoluzione 19 dicembre 2002, n. 358/E).
Nel caso in cui sia stato ottenuto il parere favorevole dell'Agenzia delle Entrate per la disapplicazione della normativa CFC in base alla esimente di cui all'articolo 167, comma 5, lettera a), del TUIR, cioè in considerazione dello svolgimento di un'effettiva attività industriale o commerciale da parte della società partecipata non residente, gli utili distribuiti da quest'ultima concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile del soggetto residente. In tal caso, è comunque consentita la presentazione di una nuova istanza di interpello volta a far valere l'esimente di cui all'articolo 167, comma 5, lettera b), del TUIR, che - come si è visto - attiene alla localizzazione del reddito in Paesi a fiscalità ordinaria.3.3 Utili e proventi equiparati percepiti da persone fisiche nell'esercizio di impresa e da società di persone commerciali
Il trattamento fiscale degli utili da partecipazione in società residenti e non residenti percepiti nell'esercizio di imprese commerciali da persone fisiche e da società di persone è dettata dall'articolo 59 del TUIR il quale rinvia al disposto dell'articolo 47.
In tal caso, secondo quanto stabilito dall'articolo 48 del TUIR, gli utili non costituiscono redditi di capitale, bensì componenti del reddito d'impresa.
Coerentemente con quanto stabilito dalla legge delega, gli utili percepiti da soggetti esercenti attività d'impresa concorrono a tassazione parziale nella misura del 40 per cento. Tale misura di imponibilità, a differenza di quanto previsto per le persone fisiche non imprenditori, si rende applicabile sia agli utili relativi a partecipazioni qualificate sia a quelli derivanti dal possesso di partecipazioni non qualificate.
Il prelievo a titolo definitivo disciplinato dall'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, opera, infatti, solo con riguardo alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche al di fuori dall'esercizio di attività d'impresa.
L'imponibilità parziale si applica anche ai proventi degli strumenti finanziari partecipativi assimilati alle azioni, nonché agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza di cui all'articolo 44, comma 1, lettera f), del TUIR, così come specificamente stabilito dal comma 2 dell'articolo 59.
Con riferimento agli utili di fonte estera, in deroga al regime di parziale concorrenza alla formazione del reddito imponibile, gli utili concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile qualora siano distribuiti da soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, ad eccezione dell'ipotesi in cui gli utili siano stati imputati al reddito del socio per trasparenza ovvero sia stata ritenuta valida la dimostrazione, in seguito all'esercizio del diritto di interpello, che dalla partecipazione in dette società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, non si consegua l'effetto di localizzare ivi i relativi redditi. A quest'ultimo proposito si fa rinvio a quanto precisato nel paragrafo precedente.
Infine, si rileva che, per effetto del rinvio all'articolo 87 contenuto nel comma 2 dell'articolo 58, alle somme ricevute dagli imprenditori individuali nei casi di cui all'articolo 47, commi 5 e 7 (ripartizione di riserve di capitale e recesso, esclusione, riscatto e riduzione del capitale esuberante o liquidazione della società), si rendono applicabili le modalità di tassazione previste per le plusvalenze dal medesimo articolo 87, commi 6 e 7, in capo ai soggetti IRES (cfr. paragrafo 3.4).3.4 Utili di fonte italiana e proventi equiparati percepiti da soggetti IRES
Gli utili da partecipazione conseguiti da società ed enti commerciali soggetti all'IRES residenti nel territorio dello Stato concorrono alla formazione del relativo imponibile, unitariamente considerato come reddito d'impresa. L'articolo 81 del TUIR, al pari della corrispondente previgente disposizione dell'articolo 95, continua infatti a prevedere che "il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73, da qualsiasi fonte provenga è considerato reddito d'impresa...".
L'articolo 89, rubricato "Dividendi ed interessi", al primo comma ripropone il principio di trasparenza per l'attribuzione ai soci degli utili derivanti da società semplice, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato in base all'articolo 5 del TUIR. Tale disposizione era già contenuta nel previgente comma 1 dell'articolo 56.
In linea generale, si precisa che gli utili continuano a concorrere alla formazione del reddito della società o ente ricevente nell'esercizio in cui sono percepiti, in applicazione, quindi, del principio di cassa.
Con riferimento ai criteri di tassazione degli utili percepiti da soggetti IRES, in attuazione del principio di delega, il secondo comma dell'articolo 89 del TUIR prevede l'esclusione dalla formazione del reddito della società o dell'ente percipiente degli utili distribuiti da società ed enti commerciali residenti nel limite del 95 per cento del loro ammontare.
L'applicazione dell'esclusione non è subordinata ad alcuna condizione. Le società ed enti commerciali residenti soggetti all'imposta sul reddito delle società possono quindi beneficiarne anche se gli utili percepiti non siano stati assoggettati ad imposta dalla società distributrice.
In particolare, l'ambito applicativo della norma è riferito agli utili distribuiti "in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione" da società ed enti commerciali residenti.
Ciò comporta l'inclusione in tale disciplina non soltanto degli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all'IRES, ma anche - come espressamente stabilito dal secondo periodo dello stesso comma 2 dell'articolo 89 - delle "remunerazioni dei finanziamenti eccedenti" di cui all'articolo 98 erogati direttamente dal socio o dalle sue parti correlate, nonché delle remunerazioni corrisposte sulla base di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza richiamati all'articolo 109, comma 9, lettera b), del TUIR allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi.
Inoltre, tenuto conto dell'assimilazione alle azioni degli strumenti finanziari di natura partecipativa operata in linea generale dall'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR, l'esclusione parziale da imposizione si applica anche ai proventi derivanti da tali strumenti.
Pertanto, la tassazione al 5 per cento si applica anche alle remunerazioni dei titoli e degli strumenti finanziari costituite totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società del gruppo o ai risultati economici dell'affare in relazione al quale i titoli o gli strumenti finanziari sono stati emessi.
La tassazione degli utili nella misura ridotta al 5 per cento si applica, come espressamente previsto dallo stesso comma 2 dell'articolo 89, anche nei casi di cui all'articolo 47, comma 7, ossia con riguardo agli utili rappresentati dalle somme o dal valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, esclusione, riscatto e riduzione del capitale esuberante o liquidazione anche concorsuale delle società ed enti, una volta scomputato il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate.
Conseguentemente, l'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 344 del 2003 ha soppresso la lettera m) del comma 1, dell'articolo 16 del TUIR (ora articolo 17) che prevedeva l'applicazione della tassazione separata quando il periodo di possesso tra la costituzione della società e il recesso o la riduzione del capitale o la liquidazione è superiore a 5 anni.
La previsione del citato articolo 89, comma 2, come specificato nella relazione di accompagnamento al decreto legislativo n. 344 del 2003, va coordinata con quanto stabilito dall'articolo 87, comma 7, del TUIR.
Come noto, il citato articolo 87 contiene la disciplina del regime di esenzione delle plusvalenze da realizzo di partecipazioni in capo ai soggetti IRES (cosiddetta "participation exemption"). Al comma 7 del citato articolo si prevede che, nei casi di cui all'articolo 47, comma 7 (recesso, esclusione, riscatto e riduzione del capitale esuberante o liquidazione della società), l'esenzione si applica - in presenza dei requisiti ivi stabiliti - "alla differenza tra le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di cui all'articolo 47, comma 5, e il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni".
In sostanza, la richiamata norma rende esente da imposizione soltanto la quota parte della somma ricevuta in occasione della ripartizione del capitale e di riserve di capitale che eccede il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione, mentre la quota parte corrispondente all'utile da partecipazione rimane assoggettata a tassazione secondo le modalità previste per i dividendi.
Per le partecipazioni non qualificate per l'esenzione, cioè prive dei requisiti necessari per l'applicazione della participation exemption, la predetta differenza concorrerà alla formazione del reddito imponibile nel suo intero ammontare.
Al fine di meglio chiarire la fattispecie in esame, si riporta il seguente esempio.
- Prezzo pagato per la partecipazione = valore fiscalmente riconosciuto: 3.000
- Somma complessivamente ricevuta in caso di recesso: 4.500
- Somma ricevuta a titolo di ripartizione capitale e riserve di capitale: 4.000
- Plusvalenza esente (se ricorrono le condizioni di cui all'art. 87) pari alla differenza tra somma ricevuta a titolo di capitale e riserve di capitale (4.000) e valore fiscalmente riconosciuto (3.000) = 1.000
- Utile da partecipazione (ex art. 89) pari alla differenza tra somma ricevuta (4.500) e valore fiscalmente riconosciuto (3.000) = 1.500 - 1.000 (plusvalenza esente) = 500 utile, imponibile nella misura del 5 per cento.
In definitiva, a differenza di quanto previsto per i soggetti non esercenti attività d'impresa, ai fini del trattamento fiscale delle somme erogate nei casi di cui all'articolo 47, comma 7, occorre distinguere l'importo corrisposto a titolo di utili da quello corrisposto a titolo di capitale e riserve di capitale in eccedenza al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Una eccezione alla tassazione parziale degli utili è prevista nella lettera a) dell'articolo 122, comma 1, del TUIR che consente di escludere integralmente da imposizione gli utili distribuiti da società che abbiano optato per l'applicazione della tassazione di gruppo, ossia del cosiddetto "consolidato nazionale" disciplinato dagli articoli 117 e seguenti del TUIR.
Tale disposizione accorda, infatti, alla società o all'ente controllante il diritto a variare in diminuzione la "somma algebrica del reddito proprio e di quello delle società controllate ... per un importo corrispondente alla quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate di cui all'articolo 117, comma 1, anche se provenienti da utili assoggettati a tassazione in esercizi precedenti a quello di inizio dell'opzione".
L'esclusione da imposizione degli utili è altresì prevista dall'articolo 134 del TUIR con riferimento ai dividendi distribuiti dalle società incluse nella tassazione di gruppo con imprese non residenti (cosiddetto "consolidato mondiale").
Altra ipotesi di deroga al regime ordinario è rinvenibile nell'ambito del cosiddetto "regime di tassazione per trasparenza" previsto dagli articoli 115 e 116 del TUIR.
Come noto, sulla base di quanto previsto dal citato articolo 115 del TUIR, l'esercizio dell'opzione per la trasparenza fiscale comporta l'imputazione a ciascun socio del reddito imponibile delle società di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, al cui capitale sociale partecipano esclusivamente società di capitale indicate nella stessa norma.
A tal fine, ciascuna delle società di capitali socie deve detenere una partecipazione nella società partecipata che attribuisca una percentuale del diritto di voto esercitabile nell'assemblea prevista dagli articoli 2364, 2364-bis e 2479-bis del codice civile e di partecipazione agli utili non inferiore al 10 per cento e non superiore al 50 per cento.
L'imputazione a ciascun socio del reddito imponibile della società partecipata avviene indipendentemente dall'effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
Sulla base del citato articolo 115 del TUIR e di quanto previsto nel decreto 23 aprile 2004 del Ministro dell'Economia e delle finanze, recante le disposizioni applicative del predetto regime, gli utili e le riserve di utili distribuiti dalla società partecipata, formatisi nei periodi in cui è efficace l'opzione, non concorrono a formare il reddito dei soci anche laddove eccedenti il reddito imputato per trasparenza.
Tale disposizione si applica anche nel caso in cui gli utili relativi a periodi per i quali sia stata esercitata l'opzione per la tassazione per trasparenza vengano distribuiti successivamente a tali periodi o i soci siano diversi da quelli cui sono stati imputati i redditi, sempreché rientrino tra i soggetti indicati nell'art. 115, commi 1 e 2.
Il regime di tassazione per trasparenza non modifica la disciplina fiscale di cui all'articolo 89 del TUIR relativamente alla distribuzione di riserve costituite con utili di esercizi precedenti all'opzione né quella delle riserve di cui all'articolo 47, comma 5, del TUIR.
Salva diversa esplicita volontà assembleare, si considerano prioritariamente distribuiti gli utili e le riserve di utili realizzati nel periodo di efficacia dell'opzione; tale presunzione si applica anche se gli utili e le riserve sono distribuiti in periodi diversi da quelli in cui è efficace l'opzione.
In caso di esplicita volontà assembleare di distribuzione di riserve di capitale di cui all'articolo 47, comma 5, del TUIR, la disposizione dell'articolo 47, comma 1, in base alla quale si considerano prioritariamente distribuiti l'utile dell'esercizio e le riserve di utili, si applica solo con riguardo alle riserve costituite con utili di periodi d'imposta nei quali non ha operato la tassazione per trasparenza. Ciò vale anche nel caso in cui tale delibera sia effettuata in un periodo d'imposta in cui non vige più il regime di trasparenza.
In sostanza, quindi, la presunzione di cui all'articolo 47, comma 1, non si applica con riferimento alle riserve di utili formatisi in periodi di efficacia dell'opzione per la trasparenza fiscale.3.5 Utili di fonte estera e proventi equiparati percepiti da soggetti IRES
Il comma 3 dell'articolo 89 del TUIR, coerentemente con quanto previsto dalla legge delega, dispone l'applicazione del medesimo trattamento previsto per gli utili distribuiti da soggetti residenti, ossia tassazione nei limiti del 5 per cento, anche a quelli distribuiti dalle società ed enti non residenti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), del TUIR, ad eccezione degli utili distribuiti da soggetti residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato.
In quest'ultimo caso, ossia per gli utili distribuiti da società ed enti residenti negli Stati o territori di cui al citato decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del TUIR, l'esclusione dalla formazione del reddito nella misura del 95 per cento spetta, infatti, esclusivamente se le predette società ed enti, a seguito della presentazione di un'istanza di interpello all'Agenzia delle Entrate abbiano dimostrato che i redditi imputati dalla società partecipata siano stati regolarmente assoggettati a tassazione in un Paese a fiscalità ordinaria, a decorrere dall'inizio del periodo di possesso della partecipazione.
Considerato che la norma rinvia alle condizioni di cui all'articolo 87, comma 1, lett. c) - rilevanti ai fini della "participation exemption" - deve ritenersi che la circostanza esimente appena richiamata, volta a dimostrare la localizzazione del reddito in un Paese terzo, non compreso nella black list, deve ricorrere già dal primo periodo in cui la partecipazione è detenuta. (cfr. paragrafo 3.2).
Al di fuori della fattispecie appena esaminata, gli utili distribuiti da soggetti esteri (che non siano residenti in "Paradisi fiscali") sono esclusi dalla formazione del reddito della società od ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare.
L'estensione agli utili distribuiti dalle società ed enti non residenti si applica al verificarsi della condizione prevista dall'articolo 44, comma 2, lettera b), ossia in presenza di partecipazioni al capitale o al patrimonio di società ed enti non residenti, rappresentate e non rappresentate da titoli, che - come si è detto al paragrafo 2.4 - possono considerarsi similari alle azioni o alle quote di società a responsabilità limitata. Si ricorda che tale assimilazione può farsi valere qualora la remunerazione della partecipazione, ove corrisposta da società residente, sarebbe indeducibile nella determinazione del reddito d'impresa per effetto di quanto previsto dall'articolo 109, ultimo comma, del TUIR. In definitiva, l'esclusione per il 95 per cento si rende applicabile esclusivamente alle partecipazioni al capitale o al patrimonio della società e quando la relativa remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi.
In buona sostanza, il comma 3 dell'articolo 89 ha inteso subordinare l'applicabilità dell'esclusione parziale alla condizione che gli utili di fonte estera (compresi quelli che derivano da strumenti finanziari) siano erogati sulla base di partecipazioni o attività finanziarie di natura partecipativa che assicurino un'effettiva partecipazione ai risultati economici della società emittente o di quelle del suo gruppo o di un affare.3.6 I costi connessi alla gestione delle partecipazione
Conformemente al principio enunciato alla lettera d) dell'articolo 4 della legge delega, il legislatore delegato considera gli utili da partecipazione non esenti, ma esclusi da tassazione. Tale scelta, come si legge nella relazione illustrativa del decreto legislativo, è giustificata dalla necessità di evitare che la detassazione dei predetti utili possa comportare l'indeducibilità dei "costi connessi alla gestione della partecipazione". Stabilisce, infatti, il comma 5 dell'articolo 109 del TUIR che "le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi ... sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi".
Pertanto, le spese sostenute in relazione alla gestione di partecipazioni qualificate per l'esclusione si considerano inerenti alla determinazione del reddito d'impresa anche se gli utili da esse derivanti sono esclusi dalla formazione del reddito imponibile nella misura del 95 per cento del loro ammontare. In sostanza, simmetricamente all'imponibilità parziale degli utili, è riconosciuta la piena deducibilità dei costi connessi alla gestione della partecipazione.
Tuttavia il comma 8 dello stesso articolo 109 prevede che "in deroga al comma 5 non è deducibile il costo sostenuto per l'acquisto del diritto di usufrutto o altro diritto analogo relativamente ad una partecipazione societaria da cui derivino utili esclusi ai sensi dell'articolo 89". La norma, in sostanza, considera indeducibile il costo sostenuto per l'acquisto del diritto di usufrutto o di altro diritto analogo su partecipazioni societarie.
Tenuto conto della finalità della trascritta disposizione, si ritiene che la limitazione alla deducibilità del costo del diritto di usufrutto non si renda applicabile nell'ipotesi in cui la cessione del diritto di usufrutto o di altro diritto analogo non comporti anche il trasferimento della titolarità dei dividendi agli effetti fiscali.3.7 Utili e proventi equiparati percepiti da enti non commerciali
Come già precisato, gli enti non commerciali sono stati provvisoriamente annoverati tra i soggetti cui si applica l'IRES, sia pure con criteri di determinazione della base imponibile differenti.
Per gli enti non commerciali, infatti, continuano a concorrere alla formazione della base imponibile i redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, secondo le regole di determinazione contenute nel Titolo I del TUIR (v. artt. 143 e seguenti del TUIR).
Ciò nonostante, a norma dell'articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 344 del 2003, recante disposizioni di carattere transitorio, fino a quando non verrà attuato il principio della legge delega che prevede la loro inclusione tra i soggetti passivi dell'imposta sul reddito (IRE), gli utili percepiti dagli enti non commerciali nel limite del 95 per cento del relativo ammontare non concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile, in quanto esclusi, anche se conseguiti nell'esercizio di impresa.
La stessa norma stabilisce, inoltre, che sul 5 per cento dell'ammontare degli utili, in qualunque forma corrisposti nel primo periodo d'imposta che inizia a decorrere dal 1 gennaio 2004, si applica una ritenuta alla fonte a titolo di acconto del 12,50 per cento.
Il descritto trattamento fiscale si applica agli utili derivanti sia da partecipazioni non qualificate che da partecipazioni qualificate, nonché, visto il generico riferimento agli "utili percepiti" dagli enti non commerciali contenuto nel citato articolo 4 del decreto legislativo n. 344 del 2003, sui proventi degli strumenti finanziari partecipativi e sugli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza con apporto di capitale o misto, indipendentemente dall'entità dell'apporto.
Dalla formulazione generica della norma si ritiene che la ritenuta a titolo d'acconto del 12,50 per cento sugli utili e proventi assimilati ridotti del 95 per cento, sia applicabile anche nei casi di utili di fonte estera.
In tale ipotesi la ritenuta sulla parte imponibile degli utili si applica, secondo i principi contenuti nell'articolo 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, al netto delle eventuali imposte applicate dallo Stato estero.
Si fa presente, inoltre, coerentemente con i principi generali enunciati nell'articolo 47 del testo unico, che, nel caso in cui i dividendi provengano da una società o ente residente in un Paese a fiscalità privilegiata, la ritenuta a titolo d'acconto si applica sull'intero imponibile senza alcuna riduzione, salva la possibilità di dimostrare, in seguito all'esercizio del diritto di interpello, che dalla partecipazione in dette società non si consegua l'effetto di localizzare i relativi redditi nel predetto Paese di residenza (cfr. paragrafo 3.2).
Con riferimento agli utili derivanti dalle azioni e titoli similari immessi nel sistema di deposito accentrato gestito dalla Monte Titoli S.p.A. di cui all'articolo 27-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, considerato che la norma in commento non fa alcun riferimento all'imposta sostitutiva ivi prevista, si ritiene che sia cura dell'intermediario più vicino all'ente non commerciale applicare, in luogo della predetta imposta sostitutiva, la ritenuta a titolo di acconto del 12,50 per cento all'atto della corresponsione di detti utili.
Agli utili corrisposti agli enti non commerciali si applicano in ogni caso le ordinarie disposizioni operative previste per le ritenute sui dividendi.
Atteso che la disposizione in esame prevede che il descritto regime si rende applicabile agli utili corrisposti agli enti non commerciali nel primo periodo d'imposta che inizia a decorrere dal 1 gennaio 2004, si ritiene che il sostituto d'imposta - già dalla predetta data - debba applicare la prevista ritenuta alla fonte a titolo di acconto fatta salva l'ipotesi in cui l'ente non commerciale, all'atto della riscossione degli utili, attesti che il proprio periodo d'imposta non sia iniziato a decorrere dal 1 gennaio 2004.
Infine, tale regime fiscale non si ritiene applicabile a quegli enti non commerciali che determinano le imposte sulla base di discipline speciali, quali ad esempio i fondi pensione che sono soggetti ad un'imposta sostitutiva dell'11 per cento sul risultato maturato della gestione ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e per i quali gli utili concorrono a formare detto risultato senza subire alcuna ritenuta alla fonte.4 Raccordo con il regime delle ritenute e imposte sostitutive sui redditi di capitale
Le disposizioni in materia di applicazione di ritenute alla fonte ovvero di imposte sostitutive sugli utili corrisposti a fronte di partecipazioni societarie sono essenzialmente contenute negli articoli 27, 27-bis e 27-ter del D.P.R. n. 600 del 1973.4.1 Le ritenute sugli utili da partecipazione di fonte italiana e sui proventi equiparati
Il previgente testo dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevedeva al comma 1 l'applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta del 12,50 per cento sugli utili corrisposti da società ed enti commerciali residenti alle persone fisiche residenti. A tal fine era necessario che la persona fisica attestasse la titolarità di una partecipazione non qualificata, come definita ai sensi del previgente articolo 81, comma 1, lettera c-bis), del TUIR e che tale partecipazione non fosse relativa ad una impresa commerciale ai sensi del previgente articolo 77 del TUIR. In ogni caso, all'atto della riscossione degli utili, il socio poteva rinunciare all'applicazione della ritenuta, nonostante l'opzione precedentemente esercitata, con conseguente applicazione della tassazione in via ordinaria in sede di presentazione della dichiarazione di redditi, usufruendo del credito d'imposta sui dividendi nelle misure previste dagli articoli 11, comma 3-bis e 14 del TUIR.
Se il socio era titolare di una partecipazione qualificata ai sensi dell'articolo 81, comma 1, lettera c), del TUIR gli utili corrisposti non erano assoggettati ad alcuna ritenuta in quanto concorrevano a formare il suo reddito complessivo con spettanza del predetto credito d'imposta.
L'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 è stato modificato dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 344 del 2003, recante norme di coordinamento.
In particolare, tale articolo al primo comma conferma l'obbligo in capo alle società ed enti soggetti all'IRES, residenti nel territorio dello Stato, di operare una ritenuta del 12,50 per cento a titolo d'imposta sugli utili in qualunque forma corrisposti a persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni non qualificate e non relative ad impresa, ora individuate dall'articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del TUIR.
La ritenuta si rende applicabile anche sugli utili derivanti dagli strumenti finanziari assimilati alle azioni ai sensi dell'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR e dai contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza indicati dall'articolo 109, comma 9, lettera b), del TUIR, qualora il valore dell'apporto non sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto a seconda che si tratti, rispettivamente, di società i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati, o di altre partecipazioni.
A norma dell'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, qualora l'associante determini il reddito in base alle disposizioni di cui all'articolo 66 del TUIR (imprese minori), la ritenuta si rende applicabile esclusivamente nei casi in cui l'apporto non sia superiore al 25 per cento della somma delle rimanenze finali e del costo complessivo dei beni ammortizzabili, al netto dei relativi ammortamenti.
La predetta ritenuta si applica anche agli utili distribuiti al socio nei casi di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale della società o ente, sempreché il socio sia una persona fisica residente possessore di partecipazioni non qualificate non relative ad impresa commerciale. In tale ipotesi, il comma 1-bis dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 ha stabilito che la ritenuta a titolo d'imposta del 12,50 per cento si applica sull'intero ammontare delle somme o dei valori corrisposti al socio per effetto di tali eventi, qualora il percettore non comunichi al sostituto d'imposta il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Nel caso in cui il percettore fornisca il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione, il sostituto d'imposta applica la predetta ritenuta sulla differenza.
La ritenuta di cui al comma 1 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 va applicata in ogni caso sul 100 per cento del dividendo, in quanto derivante da partecipazioni non qualificate per le quali non opera la percentuale di esclusione prevista nell'articolo 47 del TUIR.
In sostanza, l'applicazione della ritenuta a titolo d'imposta risulta essere ora l'unico meccanismo di tassazione applicabile ai dividendi derivanti da partecipazioni non qualificate detenute al di fuori di un'impresa commerciale, non essendo più riconosciuta la possibilità di rinunciare volontariamente alla tassazione alla fonte a titolo definitivo a favore della determinazione ordinaria delle imposte in sede di dichiarazione.
E' infatti previsto espressamente dal comma 5 dell'articolo 27 che la ritenuta non deve essere operata soltanto nei casi in cui le persone fisiche residenti e gli associati in partecipazione dichiarino all'atto della percezione che gli utili riscossi sono relativi all'attività di impresa o ad una partecipazione qualificata.
Il comma 2 dell'articolo 27 non reca modifiche di carattere sostanziale. La relativa disposizione regola il trattamento degli utili in natura corrisposti da società ed enti commerciali residenti. E' previsto che in tali casi i soci sono tenuti a versare alla società emittente l'importo corrispondente all'ammontare della ritenuta, determinato in relazione al valore normale dei beni ad essi attribuiti, quale risulta dalla valutazione operata dalla società emittente.
Da tale norma emerge quindi che il socio di una società od ente italiano deve fornire alla società emittente la provvista nella misura corrispondente all'ammontare della ritenuta dovuta. Conseguentemente, nel caso in cui il socio non fornisca la provvista, la società emittente non potrà che sospendere il pagamento del dividendo in natura, non potendo esercitare la rivalsa su somme liquide (cfr. art. 64, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973).
In merito a tale disposizione, si ricorda che, ai fini della determinazione del valore normale occorre fare riferimento a quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 47 dove si prevede che il valore imponibile, in caso di distribuzione di utili in natura, è determinato in relazione al valore normale degli stessi alla data individuata dalla lettera a) del comma 2 dell'articolo 109, ossia alla data di consegna o spedizione dei beni mobili o di stipula dell'atto per i beni immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.
La definizione di detto valore normale compete alla società emittente che dovrà tener conto dei criteri previsti dall'articolo 9, quarto comma, del TUIR. Pertanto, se vengono attribuiti titoli (obbligazioni, azioni e altri titoli) quotati, il loro valore è dato dalla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese. Al riguardo, si ricorda che occorre considerare il periodo che va dal giorno di riferimento (pagamento del dividendo) allo stesso giorno del mese solare precedente e che, ai fini del calcolo della media, si devono assumere soltanto i giorni di effettiva quotazione del titolo (cfr. C.M. 25 febbraio 2000, n. 30/E). Inoltre, per delimitare la nozione di titolo "quotato" occorre far riferimento a quanto già precisato nella circolare 24 giugno 1998, n. 165/E, laddove è stato chiarito che per titoli negoziati nei mercati regolamentati si intendono quelli negoziati, sia nei mercati individuati dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), sia quelli di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede. Infine, va osservato che nel caso in cui siano attribuiti titoli denominati in valute estere (diverse dall'euro), la conversione nella valuta europea va effettuata dopo aver calcolato la media dei prezzi dei titoli.
Qualora vengano attribuiti titoli non quotati, il valore normale è da determinarsi:
1) per i titoli partecipativi, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente ovvero, per le società di nuova costituzione, all'ammontare complessivo dei conferimenti;
2) per i titoli obbligazionari e similari, comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri ed, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo.4.2 Le ritenute sulle remunerazioni dei finanziamenti eccedenti di cui all'articolo 98 del tuir
L'equiparazione agli utili delle remunerazioni dei finanziamenti eccedenti di cui all'articolo 98 del TUIR, comporta l'applicazione del regime delle ritenute sui dividendi, che prevede:
- nei confronti del percettore residente persona fisica non imprenditore, in possesso di una partecipazione non qualificata, l'applicazione di una ritenuta a titolo d'imposta del 12,50 per cento (art. 27, comma 1, D.P.R. n. 600 del 1973);
- nei confronti del percettore non residente, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di utili relativi a partecipazioni qualificate o meno, e dalla natura del soggetto non residente, l'applicazione di una ritenuta a titolo d'imposta del 27 per cento (art. 27, comma 3, dello stesso decreto).
Occorre, tuttavia, evidenziare che le richiamate disposizioni possono trovare applicazione limitatamente alle remunerazioni dei finanziamenti corrisposte non prima che sia terminato il periodo d'imposta, considerato che soltanto al termine di tale periodo la società che riceve il finanziamento sarà in grado di individuare definitivamente i finanziamenti eccedenti il rapporto prestabilito dal citato articolo 98 del TUIR.
Conseguentemente si ritiene che la remunerazione dei finanziamenti direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, percepita nel corso del periodo d'imposta cui si riferiscono, debba essere assoggettata inizialmente al regime delle ritenute specificamente previsto per gli interessi derivanti da finanziamenti disciplinato dall'ultimo comma dell'articolo 26 dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973. Quest'ultima disposizione prevede:
- nei confronti del percettore residente persona fisica non imprenditore, l'applicazione di una ritenuta a titolo d'acconto del 12,50 per cento;
- nei confronti del percettore non residente, indipendentemente dalla natura del soggetto e anche se i proventi sono percepiti nell'esercizio di un'attività d'impresa, l'applicazione di una ritenuta a titolo d'imposta del 12,50 per cento (o 27 per cento se residenti in un Paese a fiscalità privilegiata).
Al termine del periodo d'imposta, verificato il superamento dei limiti dei finanziamenti, la società finanziata comunicherà al percettore l'importo delle remunerazioni riqualificate come utile e questi provvederà, qualora necessario, ad esporre correttamente nella propria dichiarazione dei redditi gli utili percepiti, scomputando le ritenute eventualmente subite.
Qualora il finanziamento sia stato erogato da una parte correlata al socio qualificato, per stabilire la ritenuta applicabile sui proventi riqualificati come utili si deve fare riferimento all'entità della partecipazione (qualificata o non qualificata) detenuta dal socio qualificato al quale detta "parte" risulta correlata.
Naturalmente, qualora il soggetto finanziatore non rientri tra i soggetti nei cui confronti sono applicabili le ritenute alla fonte di cui all'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 (ad esempio, perchè la remunerazione è corrisposta a un soggetto societario) la corretta tassazione della remunerazione riqualificata come utile avverrà direttamente nella dichiarazione dei redditi del finanziatore relativa al periodo d'imposta in cui la remunerazione riqualificata è stata percepita.
Si precisa, inoltre, che l'estensione alle predette remunerazioni del regime applicabile agli utili comporta, altresì, l'applicazione del regime di esonero da ritenuta accordato dall'articolo 27-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 nel caso in cui il soggetto che eroga la remunerazione sia una società "figlia" italiana che riveste una delle forme previste nell'allegato alla Direttiva n. 435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio 1990 (cosiddetta direttiva "madre-figlia") e il soggetto che la percepisce sia una società estera che rivesta la qualità di "madre" della società erogante e detenga per il periodo ininterrotto di un anno il possesso di una partecipazione diretta nel suo capitale almeno pari al 25 per cento.
Anche in tale ipotesi, tuttavia, l'applicazione o meno del medesimo regime previsto per gli utili potrà essere effettuato soltanto all'atto della verifica della condizione del superamento del limite massimo di indebitamento. In quest'ultimo caso, quindi, la società estera potrà chiedere il rimborso delle ritenute subite sugli interessi del finanziamento erogato, anche per il tramite della società erogante.4.3 Le ritenute sugli utili da partecipazione di fonte estera e sui proventi equiparati
In base alla previgente formulazione del comma 4 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, sugli utili corrisposti da società ed enti non residenti il sostituto d'imposta residente, che interviene nella loro riscossione, era tenuto ad operare una ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 12,50 per cento degli utili corrisposti a persone fisiche residenti e riferiti a partecipazioni non relative ad una impresa commerciale.
A differenza di quanto disposto per gli utili corrisposti da soggetti residenti (utili di fonte italiana), la ritenuta veniva applicata a titolo d'acconto anche per quelli relativi a partecipazioni qualificate.
Conseguentemente, gli utili di fonte estera percepiti da persone fisiche con riferimento a partecipazioni non relative all'impresa andavano in ogni caso riportati nella dichiarazione dei redditi non essendo prevista la possibilità di optare per il prelievo a titolo definitivo.
Ovviamente sugli utili di fonte estera non spettava il credito d'imposta interno, ossia quello disciplinato dall'articolo 14 del TUIR, in quanto in tal caso non vi era l'esigenza di neutralizzare la doppia imposizione economica. L'IRPEG, infatti, gravava solo sulle società e sugli enti residenti in Italia.
La ritenuta del 12,50 per cento a titolo d'acconto sugli utili di fonte estera veniva applicata dai sostituti d'imposta intervenuti nella loro riscossione. Il dividendo doveva essere dichiarato al lordo delle imposte eventualmente pagate all'estero, con riconoscimento per queste ultime del credito d'imposta a norma dell'articolo 15 del TUIR (cfr. risoluzione n. 104/E del 3 luglio 2001).Utili derivanti da partecipazioni non qualificate
Sulla base di quanto disposto dal novellato comma 4 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, sugli utili corrisposti da società ed enti non residenti nel territorio dello Stato a persone fisiche residenti, in relazione a partecipazioni non qualificate e non relative ad un'impresa commerciale, il soggetto che interviene nella loro riscossione opera una ritenuta del 12,50 per cento non più a titolo d'acconto, ma a titolo d'imposta. In tal modo, gli utili di fonte estera derivanti da partecipazioni non qualificate sono assoggettati allo stesso trattamento fiscale previsto per quelli di fonte italiana, a nulla più rilevando la residenza della società o ente che li ha distribuiti.
La medesima ritenuta è stata estesa anche agli utili corrisposti da società ed enti non residenti agli associati dei contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del TUIR, ossia di associazione in partecipazione e cointeressenza, conclusi con società estere ed aventi le medesime caratteristiche di quelli stipulati con società residenti nel territorio dello Stato, sempreché tali contratti siano assimilabili alle partecipazioni non qualificate, ossia se il valore dell'apporto non sia superiore al 5 o al 25 per cento del patrimonio netto contabile della società.
Occorre tener presente che, qualora l'utile di fonte estera sia percepito direttamente all'estero ovvero senza l'intervento di un intermediario residente, il contribuente è tenuto a riportare l'utile nella dichiarazione dei redditi ai fini dell'autoliquidazione dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento ai sensi dell'articolo 18 del TUIR (corrispondente al previgente articolo 16-bis), ossia dell'imposta dovuta con la stessa misura prevista per la ritenuta a titolo d'imposta che sarebbe stata applicata qualora fosse intervenuto il sostituto d'imposta.
Pertanto, per gli utili derivanti da partecipazioni non qualificate, al pari di quanto previsto per gli utili di fonte italiana, non è mai consentito optare per la tassazione ordinaria in sede di dichiarazione dei redditi.
E' infatti espressamente esclusa per gli utili la facoltà prevista dall'articolo 18 del TUIR di assoggettare a tassazione ordinaria i redditi di fonte estera in sede di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, usufruendo del credito d'imposta per le imposte pagate all'estero, rinunciando, quindi, al regime di imposizione sostitutiva.Utili derivanti da partecipazioni qualificate
Con riferimento, invece, agli utili derivanti dalle partecipazioni qualificate non relative all'impresa il legislatore ha ritenuto opportuno mantenere l'applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo di acconto da applicare su un imponibile ridotto, ossia sul 40 per cento dell'ammontare degli utili.
In sostanza, gli utili di fonte estera derivanti da partecipazioni non qualificate vanno assoggettati a ritenuta a titolo d'imposta ad opera dell'intermediario che interviene nella loro riscossione (anche se l'erogante risiede in un Paese o territorio a fiscalità privilegiata) ovvero, in mancanza, ad imposta sostitutiva da liquidarsi in dichiarazione ai sensi del nuovo articolo 18, senza possibilità di optare per la tassazione ordinaria.
Per gli utili di fonte estera derivanti, invece, da partecipazioni qualificate è stata mantenuta la ritenuta a titolo d'acconto ma sull'imponibile ridotto al 40 per cento, con conseguente obbligo dichiarativo e scomputo del credito d'imposta per le imposte pagate all'estero. La riduzione dell'imponibile non si applica qualora i dividendi provengano da una società residente in un Paese o territorio a fiscalità privilegiata (salvo l'esercizio del diritto d'interpello di cui all'articolo 47, comma 4, del TUIR).Determinazione della base di calcolo delle ritenute
E' stato, inoltre, previsto che la ritenuta, sia a titolo d'imposta sia a titolo d'acconto, si applica sul cosiddetto "netto frontiera" ossia sull'importo dei dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato estero di residenza.
Ciò rappresenta una importante novità, considerato che, come accennato, sulla base della previgente formulazione della norma, la ritenuta del 12,50 per cento a titolo d'acconto doveva essere applicata dal sostituto d'imposta intervenuto nella riscossione, sull'importo dei dividendi al lordo dell'eventuali ritenute applicate nello Stato di residenza della società emittente.
Al riguardo, si precisa che per "netto frontiera" si deve intendere l'importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale.
Pertanto, nell'eventualità che i dividendi abbiano scontato nel Paese della fonte, sulla base della relativa normativa interna, un prelievo in misura superiore rispetto all'aliquota prevista, ad esempio, dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia, la base imponibile della ritenuta di cui al comma 4 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 deve essere decurtata dell'intero importo delle imposte subite nello Stato estero.
Tuttavia, si fa presente che, in caso di utili relativi a partecipazioni non qualificate assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, qualora il contribuente ottenga dall'Autorità fiscale estera il recupero della differenza tra le imposte effettivamente subite e l'aliquota convenzionale, la predetta differenza deve essere assoggettata a tassazione in qualità di dividendo con le stesse modalità previste per gli utili di fonte estera (ritenuta da parte del sostituto d'imposta ovvero, autoliquidazione dell'imposta in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell'articolo 18 del TUIR).
Nel caso, invece, di utili relativi a partecipazioni qualificate, gli stessi concorreranno alla formazione del reddito imponibile al lordo di tutte le imposte estere eventualmente applicate, con la possibilità di scomputo della sola aliquota convenzionale mentre l'eventuale eccedenza non potrà che essere richiesta all'Amministrazione fiscale dello Stato estero e in caso di ottenimento non dovrà essere nuovamente assoggettata a tassazione.
Con riferimento agli utili relativi a partecipazioni qualificate, la ritenuta si applica sul 40 per cento dell'importo già al netto delle ritenute applicate all'estero. Ad es. in caso di utile deliberato dalla società emittente pari a 100, con 20 di ritenute estere, la ritenuta del 12,50 per cento deve applicarsi sul 40 per cento di 80, vale a dire su 32.
Come già illustrato al paragrafo 3.2, gli utili derivanti da partecipazioni in soggetti residenti o localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata non partecipano alla formazione del reddito fino a concorrenza del reddito già imputato al socio italiano ai sensi degli articoli 167 e 168 del TUIR. Pertanto, il sostituto d'imposta deve applicare la ritenuta alla fonte del 12,50 per cento (d'acconto o d'imposta, a seconda della circostanza che la partecipazione sia, rispettivamente, qualificata o non qualificata) sulla parte degli utili eccedente il reddito già imputato al socio.
Al fine di determinare la parte di utili esclusa dall'applicazione della predetta ritenuta, gli intermediari acquisiscono un'apposita dichiarazione dal contribuente interessato. Nella stessa deve essere indicato l'ammontare del reddito del soggetto estero partecipato imputato direttamente allo stesso contribuente che, conseguentemente, non deve essere sottoposto a ritenuta.Utili in natura
Il comma 4 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, inoltre, rende espressamente applicabile ai dividendi di fonte estera la valutazione al valore normale, prevista per i dividendi di fonte italiana, in caso di distribuzione di utili in natura. Al riguardo, si ritiene che, in mancanza della valutazione del valore normale dei beni attribuiti da parte della società estera, il percettore possa comunicare tale valore al sostituto d'imposta che interviene nella riscossione degli utili, fornendo apposita autocertificazione redatta in forma libera.Utili in regime di risparmio gestito
Infine, è stato effettuato un coordinamento delle nuove disposizioni con quanto previsto nell'articolo 7, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 con riferimento al regime del c.d."risparmio gestito".
Sulla base di tale disposizione, si ricorda che gli utili di fonte estera concorrevano alla formazione del risultato di gestione, al lordo della relativa ritenuta, esclusivamente se derivanti da partecipazioni in società estere negoziate in mercati regolamentati.
Per effetto delle modifiche apportate dall'articolo 2, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 344 del 2003 al citato articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997, gli utili di fonte estera concorrono a formare il risultato della gestione, assoggettato ad imposta sostitutiva del 12,50 per cento, se relativi a partecipazioni non qualificate in società estere negoziate e non nei mercati regolamentati.4.4 Le ritenute sugli utili da partecipazione e sui proventi equiparati percepiti da soggetti esenti da IRES
L'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 mantiene la previsione della ritenuta del 27 per cento a titolo d'imposta sugli utili, sia di fonte italiana che di fonte estera, corrisposti a soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle società.4.5 Le ritenute sugli utili e sui proventi equiparati erogati a non residenti
Il comma 3 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, con riferimento agli utili corrisposti a soggetti non residenti (in relazione a partecipazioni non relative a stabili organizzazioni) prevede l'applicazione di una ritenuta a titolo d'imposta del 27 per cento, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di utili relativi a partecipazioni qualificate o meno, e dalla natura del soggetto non residente, persona fisica o società.
Soltanto nel caso in cui la società non residente abbia una stabile organizzazione in Italia, se la partecipazione da cui provengono gli utili è ad essa relativa, non si applica alcuna ritenuta e i dividendi seguono il regime ordinario in capo alla stabile organizzazione.
L'aliquota della ritenuta è ridotta al 12,50 per cento per gli utili pagati agli azionisti di risparmio.
Come già previsto per i periodi antecedenti l'istituzione dell'IRES, i soggetti non residenti, diversi dagli azionisti di risparmio, hanno diritto al rimborso, fino a concorrenza dei quattro noni della ritenuta, dell'imposta che dimostrino di aver pagato all'estero in via definitiva sugli stessi utili mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero.
Lo stesso comma 3 dell'articolo 27 specifica che la ritenuta del 27 per cento si rende applicabile anche sugli utili degli strumenti finanziari assimilati alle azioni ai sensi dell'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR e sugli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione e di cointeressenza.
In ogni caso, si fa presente che rimangono applicabili le ritenute secondo le aliquote ridotte previste nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia.4.6 Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti (Direttiva madre-figlia)
Come noto, l'articolo 27-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 disciplina il caso di utili distribuiti a società residenti in uno Stato Europeo (c.d. "madri") da parte di società residenti (c.d. "figlie"). Tale articolo è stato introdotto, unitamente all'articolo 96-bis del TUIR, a seguito del recepimento della direttiva europea n. 435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio 1990, c.d. "madre-figlia".
Più precisamente, con l'articolo 96-bis è stata prevista la concorrenza alla formazione del reddito imponibile della società madre residente della sola quota del 5 per cento degli utili distribuiti dalla società figlia residente nella Unione europea. Ciò al ricorrere di determinate condizioni, tra cui la circostanza che gli utili siano relativi ad una partecipazione diretta non inferiore al 25 per cento del capitale della partecipata, detenuta ininterrottamente per almeno un anno.
Con la riformulazione dell'articolo 27-bis il legislatore ha compiutamente disciplinato il trattamento degli utili in uscita dall'Italia, prevedendo il rimborso della relative ritenuta operata ovvero direttamente la non applicazione della ritenuta a titolo d'imposta di cui all'articolo 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973 sugli utili distribuiti da società figlia residente in Italia a società madre residente nella Unione europea, al ricorrere delle medesime condizioni previste nell'articolo 96-bis del TUIR. Quest'ultimo articolo, per effetto del nuovo regime di tassazione degli utili societari, è stato conseguentemente abrogato.
Nella riformulazione dei primi due commi dell'articolo 27-bis del D.P.R. n. 600 sono state direttamente esplicitate le condizioni (prima contenute nell'articolo 96-bis del TUIR) al ricorrere delle quali trova applicazione la predetta disciplina.
In particolare, le società che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 25 per cento del capitale della società che distribuisce gli utili, devono:
1. rivestire una delle forme previste nell'apposito allegato alla citata direttiva "madre-figlia";
2. risiedere, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell'Unione Europea;
3. essere soggette nello Stato di residenza ad una delle imposte indicate nel medesimo allegato alla predetta direttiva, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati;
4. detenere la partecipazione ininterrottamente per almeno un anno.
Al riguardo, come già precisato, il regime previsto dall'articolo 27-bis si rende applicabile, oltre che agli utili da partecipazione, anche alla remunerazione dei finanziamenti eccedenti indicati nell'articolo 98 del TUIR, per effetto della sua equiparazione agli utili disposta dall'articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR, con le modalità indicate nel paragrafo 4.2.4.7 Imposta sostitutiva sugli utili derivanti dalle azioni in deposito accentrato presso la Monte Titoli S.p.A.
L'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 344 del 2003, ha apportato alcune modifiche di coordinamento anche all'articolo 27-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 che, con riferimento agli utili derivanti dalle azioni e titoli similari immessi nel sistema di deposito accentrato gestito dalla Monte Titoli S.p.A., prevede l'applicazione di un'imposta sostitutiva, in luogo della ritenuta di cui ai commi da 1 a 3, dell'articolo 27 prevista sugli utili di fonte italiana.
Nella sostanza, la disposizione è stata meramente adeguata alle nuove previsioni del TUIR.
In particolare, il riferimento agli utili derivanti dalle azioni e dai titoli similari è stato sostituito con quello alle azioni e agli strumenti assimilati di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR.5 Decorrenza del nuovo regime fiscale dei dividendi
Ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 344 del 2003, la riforma del sistema fiscale statale ha effetto "per i periodi di imposta che hanno inizio a decorrere dal 1 gennaio 2004".
Pertanto, il nuovo regime di tassazione dei dividendi e la conseguente eliminazione della possibilità di beneficiare del credito d'imposta, è applicabile in relazione ai dividendi incassati nel periodo di imposta che ha inizio a decorrere dal 1 gennaio 2004. In altri termini, la data cui fare riferimento, in linea generale, per definire quale sia il regime applicabile in sede di pagamento degli utili, è la data in cui gli stessi sono percepiti dall'effettivo beneficiario.
I dividendi percepiti nel 2004 da soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, quindi, sono attratti al nuovo regime, anche se si riferiscono ad utili che, realizzati dalle società partecipate nel corso dell'esercizio 2003, sono stati sottoposti a tassazione con le regole in vigore prima della riforma. Ai dividendi percepiti da soggetti con esercizio non coincidente con l'anno solare, al contrario, con riferimento al periodo in corso al 1 gennaio 2004, continua ad applicarsi la disciplina del credito d'imposta anche nel 2004, fatte salve in ogni caso le disposizioni introdotte dall'articolo 40 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.
Ad esempio, nel caso di una società con periodo d'imposta 1 luglio 2003 - 30 giugno 2004 i dividendi percepiti entro il 30 giugno concorreranno ancora integralmente alla formazione del reddito complessivo e potranno fruire del credito d'imposta.
Tuttavia, occorre tener presente che l'articolo 40 del citato decreto-legge n. 269 del 2003 contiene una specifica disposizione transitoria che, nel passaggio dal preesistente al nuovo regime di tassazione dei dividendi, limita la fruibilità dei crediti d'imposta relativi agli utili distribuiti da società ed enti.
In sintesi, la disposizione in parola introduce alcune restrizioni alla disciplina del credito d'imposta relativamente alle distribuzioni di acconti sui dividendi ed alle distribuzioni di utili portati a nuovo o accantonati a riserva, deliberate successivamente al 30 settembre 2003.
In particolare, la norma prevede che alle distribuzioni di riserve di utili non compete il credito d'imposta pieno, ma solo quello limitato, riducendone la misura dal 56,25 per cento al 51,51 per cento.
E', inoltre, stabilito che agli acconti sui dividendi si applica il medesimo regime fiscale dell'utile che sarà deliberato con riferimento al periodo d'imposta in cui è stato distribuito l'acconto
Infine, per prevenire manovre elusive, è stato previsto - attraverso la disposizione contenuta nel comma 2 del medesimo articolo 40 - che le limitazioni all'attribuzione del credito d'imposta si applicano anche alle distribuzioni di utili, relativi al periodo d'imposta chiuso antecedentemente al 31 dicembre 2003, nel caso in cui dopo il 1[ settembre 2003 è stata deliberata la chiusura anticipata dell'esercizio sociale.
Sull'argomento sono stati forniti chiarimenti con la circolare n. 4/E del 3 febbraio 2004 cui si fa rinvio.
Inoltre, con la circolare n. 10/E del 15 marzo 2004 è stato precisato l'impatto dell'applicazione della cosiddetta "clausola di salvaguardia", disciplinata dall'articolo 2, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nell'ipotesi di percezione nel corso del 2003 di dividendi anticipati assoggettati a tassazione secondo le nuove disposizioni del TUIR. In particolare è stato chiarito che la clausola di salvaguardia non riguarda le regole di determinazione proprie dei singoli redditi e non si applica, quindi, neanche ai dividendi percepiti nel 2003 per i quali l'articolo 40, comma 1, del D.L. n. 269 del 2003 ha anticipato in capo al percipiente l'applicazione del regime di tassazione previsto dalla riforma.6 Regime fiscale transitorio per gli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza
Nell'ambito delle disposizioni di carattere transitorio, la lettera o) del comma 1 dell'articolo 4 dispone che il regime fiscale delle remunerazioni dei contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza, che prevede come già evidenziato l'imponibilità parziale o l'applicazione della ritenuta a titolo d'imposta, non si applica nel caso in cui l'associante abbia dedotto le predette remunerazioni in sede di determinazione del proprio reddito imponibile sulla base delle disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 344 del 2003, ossia ai sensi del previgente articolo 62 del TUIR. In questa ipotesi, ai suddetti proventi, percepiti dall'associato a decorrere dal 1 gennaio 2004, continua ad applicarsi il regime fiscale previgente ossia l'imponibilità piena.