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Risoluzione Agenzia Entrate n. 90 del 12.06.2001
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Requisiti di mutualità delle cooperative - Art. 14 del DPR 29 settembre1 973, n. 601 - Definizione dei parametri di cui all'art. 11 del medesimo decreto
Risoluzione Agenzia Entrate n. 90 del 12.06.2001Con nota del 14 febbraio 2001 prot.29027, la Lega Nazionale delle ..... ha chiesto alla scrivente di pronunciarsi in ordine ai seguenti punti:
- se il requisito di mutualità rilevante ai fini delle agevolazioni fiscali previste per le cooperative agli articoli 10 e segg. del DPR 29 settembre 1973, n. 601 e 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, così come definito all'articolo 14 del medesimo DPR n. 601 del 1973, debba essere integrato tenendo conto anche di eventuali prescrizioni desumibili da norme extra-fiscali;
- quali siano i criteri funzionali alla definizione dei parametri di cui all'art. 11 del DPR 29 settembre 1973, n. 601, in presenza dei quali le cooperative di produzione e di lavoro possono fruire dell'esenzione dall'IRPEG.Primo quesito
L'associazione riferisce di una tesi, avanzata in sede di controllo, secondo cui per usufruire delle agevolazioni fiscali non sarebbe sufficiente il rispetto delle condizioni previste dall'art. 14 del DPR n. 601 del 1973 che rinvia all'art. 26 del decreto legislativo 14 dicembre 1947, n. 1577, essendo altresì richiesta la sussistenza dei requisiti di mutualità desumibili dai principi generali dell'ordinamento giuridico in virtù dei quali l'attività delle cooperative deve essere diretta prevalentemente ai soci. In particolare, con riguardo alle cooperative di produzione e lavoro, i requisiti di mutualità dovrebbero ritenersi sussistenti solo se l'apporto dei soci sia prevalente rispetto a quello offerto dai lavoratori terzi.
L'associazione istante sostiene, invece, che l'art. 14 del DPR 601 del 1973 subordina l'applicazione dei benefici fiscali alle cooperative esclusivamente alla condizione che le stesse:
- siano iscritte nei registri prefettizi o nello schedario generale della cooperazione;
- siano disciplinate dai principi della mutualità previsti dalle leggi dello Stato.
La prima condizione è rispettata - secondo quanto enunciato con la circolare 22 novembre 1988 n. 28/11/1330, le risoluzioni 13 luglio 1995 n. 214/E/IV-13-0048, 17 luglio 1995 n. 214/E/VI-13-0308 e infine con la circolare 30 ottobre 2000 n. 195/E - quando vi sia almeno una delle due iscrizioni previste dalla norma.
Circa la seconda condizione, si osserva che l'art. 14, al comma 2, del DPR n. 601, riconosce la sussistenza dei requisiti di mutualità quando negli statuti delle cooperative sono espressamente ed inderogabilmente previste le clausole indicate nell'art. 26 del d.lgs.c.p.s. n. 1577 del 1947 citato, e cioè:
a. divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente
versato;
b. divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita sociale;
c. devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale - dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati - a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.
Agli effetti fiscali, pertanto, acquisterebbero esclusivo rilievo "gli scopi di pubblica utilità ai quali per obbligo statutario siano destinati - dopo essere stati accantonati durante la vita della società in riserve indivisibili...- gli utili eccedenti quelli che possono essere distribuiti".Interpretazione
Con circolare n. 30 del 23 marzo 2001, l'Agenzia delle Entrate ha illustrato il quadro normativo che regola le agevolazioni fiscali per le Banche Cooperative.
Al riguardo è stato affermato che condizione necessaria per il riconoscimento del requisito di mutualità e per la fruizione della agevolazione di cui all'art. 12 della richiamata legge n. 904/1977 è il rispetto dei parametri di cui all'art. 26 del d.lgs. c.p.s. n. 1577/47 e della condizione di cui all'ultima parte del medesimo articolo 12.
E' stato in tal modo confermato l'indirizzo espresso, sia pure in diverso contesto, dal Ministero delle finanze con la circolare del 22 novembre 1988 n. 28 secondo cui le ".... disposizioni tributarie agevolative ... accolgono una nozione di mutualità - ovviamente valida soltanto agli effetti di tali disposizioni - autonoma rispetto a quella piuttosto vaga cui alludono il codice civile e altre leggi non tributarie...", aggiungendo che, "una Cassa Rurale può ben essere in regola con le predette disposizioni del codice civile e del T.U.C.R.A. e non pure con quelle che disciplinano le agevolazioni tributarie, con la conseguenza che, pur rientrando nella disciplina delle cooperative a tutti gli altri effetti, non potrà fruire delle agevolazioni tributarie."
La recente circolare n. 30, dovendosi esprimere sul rapporto esistente tra le norme del testo unico delle casse rurali ed artigiane (T.U.C.R.A.) in tema di riconoscimento del requisito della mutualità e le norme del titolo III del DPR 601/73, giunge alla conclusione che "ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali, il requisito della mutualità deve ritenersi sussistente con riferimento alle sole condizioni poste dall'art. 26 del d.lgs. n. 1577/1947 citato, in applicazione del combinato disposto degli articoli 12 legge n. 904/77 e 14 del DPR n. 601/73". E ciò avuto riguardo, per un verso, alla specialità delle condizioni di fruibilità dei benefici previste dall'ordinamento tributario e, per l'altro, alla stessa evoluzione normativa che ha innovato, anche sul terreno squisitamente civilistico, il concetto di mutualità.
Nel parere rimesso dalla Banca d'Italia, in riferimento alle casse rurali, si sottolineava come le nuove, più "elastiche" disposizioni del T.U.C.R.A. rispetto alle "rigide percentuali", in vigore prima delle modifiche apportate dal Testo Unico alla legge in materia bancaria e creditizia, approvato con decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, rispondono alla necessità di adattare il concetto di mutualità alle nuove esigenze della raccolta del risparmio e dell'esercizio del credito e renderebbero evidente l'inadeguatezza di un'interpretazione acritica dei precedenti vincoli il cui mancato rispetto - come è ovvio - non vale ad escludere il requisito della mutualità.
Tale approccio interpretativo deve essere confermato in generale per tutte le imprese cooperative e dunque anche in riferimento ai criteri per il riconoscimento della mutualità per le cooperative di produzione e lavoro, soprattutto nei casi in cui - come per il T.U.C.R.A - non siano rinvenibili disposizioni civilistiche espresse che subordinano, ad esempio, i requisiti di mutualità alla prevalenza dell'apporto dei soci lavoratori rispetto a quello degli altri lavoratori non soci.
Si osserva, al riguardo, che il concetto di mutualità rilevante sul piano extra-tributario, in assenza di altre eventuali, espresse disposizioni normative, è integrato dal disposto dell'articolo 2511 cod. civ. che prevede possano costituirsi come società cooperative "le imprese che hanno scopo mutualistico".
In conformità a tale previsione, lo scopo mutualistico è vincolato, ai fini tributari, al divieto di remunerazione del capitale versato in misura superiore all'interesse legale e dunque alla indivisibilità del patrimonio, vale a dire ad un criterio puntuale che traduce la generica previsione civilistica, rilevando - di fatto - quale riferimento determinante per dare concreto contenuto al concetto di mutualità.
Tale conclusione è ulteriormente confortata dall'esame delle norme che, in successione temporale, hanno disciplinato i benefici fiscali delle cooperative.
L'art. 151, primo comma, del Testo Unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con DPR 29 gennaio 1958, n. 645, subordinava l'esenzione dall'imposta sulle società a condizioni diversificate in rapporto alla tipologia dei soggetti.
Mentre la lettera b) esentava "le società cooperative a responsabilità illimitata" purché fornissero "beni, servizi ed occasioni di lavoro soltanto ai propri soci" e non effettuassero "operazioni con estranei oltre i limiti in cui sono espressamente previste dalle leggi speciali", al contrario, per tutti i soggetti indicati nella precedente lettera a) - tra cui le cooperative di produzione e lavoro e le cooperative agricole a responsabilità limitata - l'esenzione non era subordinata a criteri di esclusività o prevalenza dell'attività o dei conferimenti dei soci, bensì unicamente al rispetto di condizioni di natura patrimoniale, oltre che dei requisiti di mutualità previsti dall'art. 26 del decreto legislativo n. 1577 del 1947.
Tale impostazione fu modificata, prima con l'art. 8 della legge 17 febbraio 1971, n. 127 e poi, in modo più organico, con il DPR n. 601 del 1973. Il più articolato regime di esenzione - fruibile da una più estesa platea di soggetti, sia in modo totale che per il tramite di abbattimenti diversificati di aliquota - indusse il legislatore ad individuare nel requisito di mutualità un criterio di accesso generalizzato e preliminare rispetto ad altre specifiche condizioni, dettate al fine di graduare, in ragione delle diverse tipologie di imprese cooperative, la misura dei benefici.
E' questo il contesto in cui si colloca - a conclusione del Titolo III, rubricato "Agevolazioni per la cooperazione" e contenente specifiche disposizioni di favore in relazione alle diverse tipologie di società cooperative - l'art. 14 del DPR n. 601 del 1973, che pone come condizione di accesso al regime agevolato il rispetto generalizzato dei requisiti di mutualità, facendo rinvio "espressamente e inderogabilmente" alla osservanza, in diritto e in fatto, delle condizioni del richiamato art. 26 del decreto legislativo n. 1577 del 1947.
Per quanto affermato, il differente apporto di beni, servizi o attività direttamente provenienti dai soci non preclude, in radice, l'esenzione o la riduzione dell'imposta sul reddito, ma ne determina la misura (totale o parziale) con riguardo alle specifiche fattispecie previste negli articoli da 10 a 13, come confermano le stesse recenti modifiche apportate all'art. 11 del medesimo DPR n. 601 del 1973 dall'art. 5, comma 4, della legge n. 133 del 1999.
Del pari, il successivo art. 12 della legge n. 904 del 1977, nell'escludere l'imponibilità degli "utili" d'esercizio destinati alle riserve indivisibili, fa esclusivo riferimento ai requisiti di mutualità dettati dal citato art. 14 del DPR n. 601 del 1973, in quanto opera "a monte" di qualsiasi esenzione (totale o parziale) che agisce sul reddito imponibile, da determinare secondo le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917.
Pertanto, deve essere confermata la valenza generale del principio enunciato con la citata circolare n. 30/E del 2001 secondo cui, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali, in assenza di speciali disposizioni civilistiche, diverse dalla generica previsione di cui all'articolo 2511 cod. civ., il requisito della mutualità deve ritenersi sussistente con riferimento alle sole condizioni poste dall'articolo 26 del d.lg. C.p.S n. 1577 del 1947, in applicazione del combinato disposto degli articoli 12 legge n. 904/77 e 14 DPR n. 601/73.
In presenza del predetto requisito, in particolare, le società cooperative di qualsiasi tipo e i loro consorzi oltre ad escludere dalla formazione del reddito imponibile gli utili accantonati alle riserve indivisibili, ai sensi del citato art. 12 della legge n. 904 del 1977, possono altresì beneficiare, per effetto dell'art. 12 del DPR n. 601 del 1973, della riduzione di un quarto dell'Irpeg dovuta.
Il concorso delle ulteriori condizioni previste dagli articoli 10 e 11 del medesimo DPR n. 601 comporterà, per i soggetti ivi individuati - tra cui le cooperative agricole e di produzione e lavoro - un ulteriore beneficio consistente nella esenzione totale dall'Irpeg o nella riduzione a metà della relativa aliquota.Secondo quesito
Come anticipato, l'associazione istante chiede inoltre che siano precisati i criteri funzionali per la definizione dei due parametri posti a confronto al fine di stabilire se spetti l'agevolazione di cui all'art. 11 del DPR 601/73 citato e come vada calcolato il relativo ammontare.
In particolare si chiede di dare contenuto alle nozioni di:
- retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci;
- materie prime e sussidiarie.
L'associazione istante ritiene che l'evoluzione dei processi produttivi imponga di interpretare in modo nuovo, per le cooperative di produzione e lavoro, i criteri funzionali per la definizione dei parametri in esame.
In particolare, l'associazione istante chiede di conoscere:
- con riferimento alla nozione di retribuzione, "se può ritenersi corretto includere nel suo ambito - tra l'altro - i costi relativi alla prestazione di mensa, alle trasferte di lavoro (compreso il rimborso del vitto, dell'alloggio e del viaggio), alle visite mediche, agli indumenti di lavoro e di antinfortunistica e ai corsi di formazione";
- con riferimento alla nozione di materie prime e sussidiarie, "se può ritenersi corretto includere tra essi - tra l'altro - tutti quei beni, compresi i semilavorati, che vengono immessi nel processo produttivo per essere sottoposti ad una lavorazione che origina il prodotto finito, il semilavorato o il servizio fornito dalla cooperativa o vengono incorporati negli stessi, nonché gli acquisti dei materiali indispensabili nel processo di produzione quali la forza motrice, gas, carburanti"; e ancora "se sia corretto assumere nella determinazione del costo gli oneri accessori di diretta imputazione, a prescindere dalle diverse modalità di rilevazione contabile" e "se sia corretto considerare i soli costi fiscalmente deducibili ed in possesso dei requisiti di competenza, inerenza e certezza di cui all'art. 75 del TUIR".Riferimenti normativi
Ai sensi dell'articolo 11 del DPR n. 601 del 1973, i redditi prodotti dalle cooperative di produzione e lavoro sono totalmente esenti dall'Irpeg qualora l'ammontare delle "retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità" non sia inferiore al cinquanta per cento di "tutti gli altri costi, tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie". L'entità dell'agevolazione è quindi subordinata alla quantificazione di due parametri "certi e non suscettibili di controversia", nell'accezione usata dal legislatore delegato.Nozione di retribuzione
L'art. 11 del DPR 601/73 fa riferimento all'ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci, incluse "le somme erogate...a titolo di integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti aumentati del venti per cento" (art. 11, comma 3).
Una prima interpretazione del concetto di "retribuzione", nel particolare contesto, era stata elaborata dalla risoluzione ministeriale n. 11/50111 del 27 novembre 1975, con la quale si precisava che essa doveva intendersi comprensiva di tutte le remunerazioni costanti ed occasionali erogate sotto qualsiasi forma, entro il limite dei salari correnti aumentati del 20 per cento. Comprendeva dunque le gratifiche, le provvigioni, le cointeressenze, le corresponsioni in natura (vitto, alloggio e simili) e le indennità di anzianità di servizio.
Successivamente, l'art. 6-ter del decreto legge 31 ottobre 1980 n. 693, convertito nella legge 22 dicembre 1980, n. 891, fornì l'interpretazione autentica di quella medesima nozione, disponendo - in conformità all'originario contenuto della legge delega n. 825 del 1971 - che "per retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci ... devono intendersi tutti i costi diretti o indiretti, inerenti all'apporto dell'opera personale prestata con carattere di continuità dai soci, ivi compresi i contributi previdenziali e assistenziali".
E' stata così avvalorata una nozione allargata di retribuzione valida, per espressa previsione normativa, ai soli fini della determinazione del parametro di cui all'art. 11 del DPR 601/73.
Essa comprende, quindi, tutto ciò che viene corrisposto al socio lavoratore in denaro e in natura nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro prestato, anche sotto forma di partecipazione agli utili e a titolo di sussidio o liberalità. Comprende inoltre i contributi previdenziali ed assistenziali, e tutti i costi diretti ed indiretti inerenti all'apporto dell'opera personale prestata dai soci, e dunque anche le spese relative ai corsi di formazione, alle visite mediche o agli indumenti di lavoro che costituiscono oneri aziendali senza i quali non può essere resa, conservata e valorizzata la prestazione del socio lavoratore.
A titolo indicativo ed ai soli fini di cui trattasi, gli elementi che concorrono a determinare "le retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci" possono essere così identificati:
Salario e/o stipendio
Assegni comprese le gratifiche
Straordinari
Integrazione di retribuzioni
Premi
Doppie mensilità
Provvigioni
Cointeressenze
Corresponsioni in natura (vitto - alloggio - simili)
Rimborsi spese, comprese le indennità chilometriche
Indennità di trasferta
Altre spese per il personale (indumenti di lavoro - corsi - visite mediche)
Quote del TFR
Contributi previdenziali ed assistenziali a carico della cooperativa.Nozione di materie prime e sussidiarie
L'altro parametro di riferimento dell'agevolazione prevista dal citato art. 11 è dato da tutti gli altri costi dell'esercizio, in quanto derivanti dall'impiego degli altri fattori produttivi: il capitale e il lavoro di terzi. Tale parametro, pertanto, deve essere calcolato al netto dei costi relativi alle materie prime e sussidiarie, nella considerazione che queste siano destinate ad essere trasformate in conseguenza dell'apporto dei soci.
L'interpretazione del concetto di materie prime e sussidiarie è stata fornita con la risoluzione 27 novembre 1975 n. 11/50111, secondo la quale: "le materie prime possono essere considerate quelle, indispensabili alla produzione, la cui trasformazione o lavorazione origina il prodotto finito o semilavorato, mentre le materie sussidiarie sono quelle, altrettanto necessarie alla produzione, che si vanno ad aggiungere alle materie prime incorporandosi ad esse nel prodotto finito e semilavorato".
Nonostante l'evoluzione del contesto economico in cui anche le imprese cooperative si collocano, il criterio interpretativo non può che rimanere ancorato alle finalità indicate dal legislatore delegante, volte a concedere le ulteriori agevolazioni previste dal citato art. 11 nei casi in cui l'apporto di lavoro dei soci sia significativo (non inferiore al cinquanta o al venticinque per cento) rispetto a quello degli altri fattori produttivi.
Pertanto, il significato dell'espressione "materie prime e sussidiarie" non può essere esteso fino a comprendere tutti i costi diretti e indiretti imputabili a commesse di opere anche notevolmente sofisticate.
Ai fini della norma in esame si ritiene costituiscano "materie prime e sussidiarie" quei materiali grezzi, relativamente semplici, che, venendo incorporati nel prodotto o nel servizio, subiscono un intervento rilevante di trasformazione per effetto dell'attività produttiva della cooperativa.
Non possono invece essere considerati tali quei beni che, pur costituendo il risultato dell'attività di trasformazione di imprese terze, vengono utilizzati nel ciclo produttivo senza subire ulteriori lavorazioni e trasformazioni.
Il costo delle materie prime e sussidiarie comprende anche i relativi oneri accessori, escluse le spese finanziarie e di distribuzione. Gli oneri accessori relativi a trasporti su acquisti, spese di magazzinaggio, spese di importazione, che per loro natura possono essere rilevati contabilmente nella categoria dei costi per materie prime e sussidiarie (voce B6 del conto economico) ovvero in quella dei costi per servizi (voce B7), incidono sulla determinazione del denominatore del rapporto in esame, indipendentemente dalla classificazione contabile adottata, a condizione che si riferiscano alle materie prime e sussidiarie, nella accezione sopra enunciata.
Per quanto riguarda "i materiali indispensabili nel processo di produzione, quali forza motrice, gas, carburanti", essendo essi qualificati anche civilisticamente come acquisti di servizi, non possono considerarsi "materie prime" e, pertanto, vanno compresi nel denominatore del rapporto di cui all'articolo 11 citato.
Ai sensi dell'art. 75 del TUIR, infine, le componenti negative rilevanti ai fini della determinazione del beneficio fiscale di cui trattasi, devono essere certe nell'esistenza e determinabili in modo obiettivo nell'ammontare, e riferirsi ad attività o beni suscettibili di generare ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito.