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Risoluzione Agenzia Entrate n. 62 del 28.02.2002
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Operazione di fusione - Interpello ai sensi dell'articolo 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413
Risoluzione Agenzia Entrate n. 62 del 28.02.2002Con nota del 6/12/2001, la Direzione Regionale ha trasmesso alla scrivente l'istanza di interpello presentata dalla società "XX SPA in liquidazione" (d'ora in avanti XX), con sede legale in ...
Fatto
La società XX che ha come oggetto sociale il commercio dei combustibili, carburanti e lubrificanti, la manutenzione di impianti termici, si trova in stato di liquidazione a seguito di delibera del 18/06/2001 e, al momento di presentazione dell'istanza, non aveva ancora iniziato la distribuzione dell'attivo.
La stessa detiene la partecipazione totalitaria della società "YY SPA" che ha la propria sede legale presso i medesimi locali della controllante. Oggetto sociale della controllata è l'installazione, gestione, manutenzione degli impianti stradali per la distribuzione di carburante. Anche quest'ultima verrà messa in liquidazione nei prossimi mesi.
A causa delle "oggettive difficoltà di ulteriore crescita del settore caratterizzanti gli ultimi anni, l'intero gruppo è destinato alla completa cessazione".
La società istante intende porre in essere un'operazione di fusione per incorporazione la cui decorrenza sarà contestuale alla data di iscrizione nel registro delle imprese, presumibilmente nel mese di maggio 2002.
Detta operazione determinerà un disavanzo da annullamento e "non è intenzione della società incorporante fare alcun uso di detto disavanzo".
Le ragioni economiche addotte a sostegno della legittimità fiscale dell'operazione proposta consistono in:
1) risparmio degli oneri di liquidazione
2) consolidamento delle risorse finanziarie necessarie nella fase di liquidazione.
In particolare l'istante ritiene che in tal modo sarà possibile alienare una serie di infrastrutture e beni strumentali (cisterne, depositi, distributori, ecc) in maniera più rapida, più economica e più vantaggiosa. Inoltre ciò permetterà una pianificazione unitaria dei piani di ammortamento dei debiti e delle azioni di recupero dei crediti, oltre che numerose semplificazioni di ordine contabile-amministrativo.
Per quanto riguarda la situazione contabile-fiscale ante-fusione delle due società viene riportato quanto segue. Si precisa che entrambe le società chiudono il bilancio al 30 giugno di ogni anno.La società XX:
presenta al 30/06/2000 perdite fiscalmente rilevanti, riportabili nei successivi cinque esercizi, per lire 11.151.032.000;
prevede una ulteriore perdita fiscale di lire 8.000.000.000 nell'esercizio 2000/2001;
rileverà nell'esercizio 2001/2002 sopravvenienze attive imponibili per lire 20.000.000.000;
realizzerà nell'esercizio 2001/2002 una plusvalenza da cessione di ramo d'azienda pari a lire 2.700.000.000 da tassare in cinque anni;
rileverà nell'esercizio 2001/2002 perdite su crediti pari a lire 2.000.000.000.La società YY:
a seguito della cessione di un ramo d'azienda, ha realizzato nell'esercizio 2000/2001 una plusvalenza di lire 4.000.000.000 da tassare in cinque anni;
realizzerà nell'esercizio 2001/2002 una plusvalenza pari a lire 2.300.000.000 anch'essa tassata in quinti, a seguito della cessione di un altro ramo d'azienda;
non sono previsti ricavi né costi operativi di importo significativo.Negli esercizi successivi alla fusione la società incorporante dovrebbe realizzare perdite operative legate all'attività di liquidazione per un ammontare di lire 10.000.000.000, di cui circa lire 6.000.000.000 a titolo di perdite su crediti commerciali.
Ciò posto l'istante chiede che la scrivente si pronunci in ordine alla "validità delle ragioni economiche poste a fondamento della fusione ed all'inesistenza di finalità elusive nel comportamento tratteggiato".Normativa di riferimento
In base al disposto dell'articolo 37-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600, alcuni atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, sono, a certe condizioni, inopponibili all'amministrazione finanziaria, la quale ha il potere di disconoscere i vantaggi che ne derivano.
Affinché un'operazione possa configurarsi come elusiva occorre che si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni:
1) deve trattarsi di comportamenti (intesi come serie di atti, fatti e negozi posti in essere anche successivamente nel tempo) che, nel loro ambito, comportano l'utilizzo di una o più delle operazioni indicate al terzo comma dello stesso art. 37-bis;
2) deve trattarsi di comportamenti privi di valide ragioni economiche;
3) deve trattarsi di comportamenti diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento;
4) deve trattarsi di comportamenti tesi a perseguire un risparmio d'imposta disapprovato dal sistema.
Allorché manchi anche uno soltanto di detti requisiti, l'operazione non può essere considerata elusiva.Per quanto riguarda l'applicabilità della norma antielusione all'operazione prospettata, va rilevato che l'art. 37-bis, comma 3, stabilisce che il potere dell'amministrazione finanziaria di disconoscere eventuali vantaggi tributari indebiti si estende a tutti quei comportamenti nel cui ambito siano utilizzate una o più di una serie di operazioni ivi elencate. Tra queste vi rientrano le fusioni.
Ciò comporta che nel caso in esame la norma antielusiva sia applicabile all'operazione prospettata.Parere della scrivente
In via preliminare appare opportuno sciogliere il dubbio sollevato dalla società istante in ordine alla corretta valutazione del confine tra "lecito risparmio d'imposta" ed "elusione".
Sull'argomento la scrivente ha già avuto modo di chiarire che nulla vieta al contribuente di fare attività di pianificazione fiscale, ossia di scegliere, tra più comportamenti consentiti dall'ordinamento, quello fiscalmente meno oneroso.
Non deve trattarsi, tuttavia, di risparmi d'imposta "patologici". Il risparmio è tale quando discende da un "abuso" che il contribuente faccia della legislazione vigente al fine di sfruttarne lacune o difetti e così ottenere risultati che (anche se formalmente legittimi) contrastano con il sistema nel suo complesso.
In definitiva la differenza tra elusione e lecito risparmio d'imposta sta proprio nella "patologia" o meno del risultato conseguito.
Ciò posto, alla luce dei fatti esposti dalla società richiedente, la scrivente ritiene che l'operazione prospettata presenti profili di elusività.
Dal punto di vista delle valide ragioni economiche occorre considerare che una operazione di fusione rappresenta uno dei mezzi per giungere alla crescita delle dimensioni dell'impresa ed alle conseguenti economie di scala. L'obiettivo di fondo è, di norma, il rafforzamento della posizione dell'impresa sul mercato e il miglioramento della propria capacità competitiva. Ciò nell'intento di aumentare la produttività o, in vista di un allargamento del mercato, di acquisire nuovi vantaggi concorrenziali, o, semplicemente, di acquisire particolari conoscenze tecnologiche o professionalità che appaiono necessarie in vista dei cambiamenti in atto.
Possono, altresì, sussistere motivi puramente finanziari come quando l'integrazione risponde all'esigenza di creare complessi in grado di reperire maggiori risorse finanziarie e di aumentare le capacità di credito.
La fusione è, dunque, economicamente motivata allorquando sia finalizzata a determinare delle sinergie produttive, commerciali, finanziarie tra le realtà aziendali che si fondono.
Quanto sopra non emerge dalla fusione in argomento.
L'unica finalità che traspare è quella di "risparmiare gli oneri del gruppo aziendale" e di "consolidare le risorse finanziarie necessarie nella fase liquidatoria".
Ad avviso della scrivente le ragioni addotte non appaiono economicamente fondate. E' pur vero che le fusioni possono avere lo scopo di agire sulla leva dei costi, o avere motivazioni puramente finanziarie, ma pur sempre al fine di aumentare la competitività o la produttività complessiva dell'impresa in un'ottica di crescente vitalità economica.
Nel caso in esame, invece, si persegue un obiettivo "insolito" che è per l'appunto quello di far nascere un nuovo soggetto da porre immediatamente in liquidazione.
L'assenza di valide ragioni economiche, tuttavia, non determina, di per sé, che l'operazione in esame sia elusiva, essendo necessario, a tal riguardo, che si verifichino contemporaneamente tutte le condizioni prima citate.
Occorre, in particolare, verificare se l'operazione persegua un risparmio d'imposta disapprovato dal sistema e se, al contempo, per perseguire detto risparmio si intenda aggirare norme o principi previsti dall'ordinamento.
Dall'esame degli atti trasmessi appare indubbio che l'operazione determinerebbe un consistente risparmio d'imposta in quanto permetterebbe di compensare, successivamente alla fusione, le perdite della controllante (altrimenti inutilizzabili negli esercizi futuri) con le plusvalenze realizzate dalla controllata sulle cessioni dei rami d'azienda (altrimenti assoggettate ad imposizione ordinaria).
E' altrettanto indubbio che tale compensazione aggira il principio posto dall'art. 102 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale stabilisce che la perdita di un periodo d'imposta.......può essere computata in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza nel reddito complessivo di ciascuno di essi.
A maggior sostegno della elusività dell'operazione nel suo complesso vi è la circostanza che la fusione sembrerebbe dover durare, come da prospetti esaminati, il tempo necessario per poter "assorbire" le perdite della controllante che altrimenti, senza la previsione di detta operazione, rimarrebbero inutilizzabili per la mancata previsione di redditi futuri.
Con siffatta operazione si aggirerebbe infine il principio generale dell'ordinamento tributario che vieta la compensazione "intersoggettiva" degli utili e delle perdite: gli utili e le perdite vanno imputati ed attribuiti al soggetto che li ha generati, per cui non è consentito compensare perdite generate da determinate attività con utili "eterogenei" generati da attività diverse, cioè provenienti da soggetti terzi.Conclusioni
Si ritiene che l'operazione descritta presenti evidenti profili di elusività. Le ragioni addotte dall'istante non appaiono economicamente valide in quanto la fusione di cui è questione non è tesa a rafforzare le strutture societarie interessate e a creare organismi più forti e competitivi, ma al conseguimento di indebiti risparmi di imposta e alla successiva liquidazione del gruppo stesso.