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Risoluzione Agenzia Entrate n. 140 del 09.05.2002
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Interpello 954- 138/2002 - ART. 11, legge 27-7-2000, n. 212
Risoluzione Agenzia Entrate n. 140 del 09.05.2002Con l'istanza di interpello, inoltrata ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e indirizzata alla Direzione Regionale della....., il Sig. XY ha chiesto di conoscere il parere di questa Agenzia in merito alla possibilità di operare le deduzioni, previste dell'articolo 10, lettera e-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), usufruendo del regime di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47.
Esposizione del quesito
Il richiedente era già iscritto, in qualità di lavoratore dipendente, al 28 aprile 1983, ad una forma di previdenza interaziendale istituita in Italia antecedentemente al 15 novembre 1992. Pertanto, l'istante usufruiva del più favorevole trattamento tributario previsto dalla disciplina transitoria contenuta nel decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124. Tale disciplina prevedeva per i vecchi iscritti a vecchi fondi la totale deducibilità dei contributi versati.
Per due anni (dal settembre 1997 fino ad ottobre 1999) è stato distaccato dal proprio datore di lavoro presso una società controllata residente in Gran Bretagna.
Per tale periodo, l'istante ha aderito ad una forma pensionistica complementare di diritto inglese, senza riscattare la posizione previdenziale maturata in Italia. Il richiedente ha fatto presente, a tale proposito, che nel Regno Unito vige il principio di obbligatorietà della previdenza complementare e che, pertanto, come tutti i dipendenti del settore privato, ha dovuto iscriversi ad una forma di previdenza complementare. In tale occasione, il XY ha sottoscritto una forma di previdenza privata, in alternativa all'iscrizione a forme di previdenza integrativa pubblica, utilizzando la possibilità di scelta prevista dalla normativa nazionale britannica in tale materia.
Nell'ottobre 1999 l'istante, cessato il rapporto di lavoro che aveva comportato il distacco in Gran Bretagna, è stato assunto da un nuovo datore di lavoro in Italia e, a seguito di detta assunzione, in conformità a quanto previsto dall'articolo 10 del citato D.lgs. n. 124 del 1993, ha trasferito la propria posizione previdenziale dal "vecchio fondo pensione italiano" al fondo pensione interno istituito dal nuovo datore di lavoro.
Il richiedente ritiene che, nonostante abbia versato nel 1999 i contributi ad una forma di previdenza del Regno Unito, sia comunque possibile operare la relativa deduzione ai sensi delle particolari disposizioni di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, in base alle quali, fermo restando il generale limite di deducibilità, pari al 12 per cento del reddito complessivo, il limite assoluto è maggiorato della differenza fra i contributi effettivamente versati nel 1999 e l'importo massimo di 10 milioni.
Nel caso di accoglimento della suddetta tesi, l'istante chiede altresì di conoscere quale tasso di cambio deve essere applicato per convertire in lire o in euro l'importo versato nel 1999 in sterline e se l'applicazione di tale particolare regime renda necessario il trasferimento della posizione pensionistica dal fondo pensione inglese a quello italiano.Soluzione prospettata dal contribuente
Sulla base dei considerata nn. 7 e 13 della Direttiva n. 49/98/CE del 29 giugno 1998 e della Comunicazione della Commissione europea del 19 aprile 2001 (COM 2001/214), è consentito tener conto dei contributi versati nel 1999 alla forma pensionistica complementare del Regno Unito. In caso contrario, viene evidenziata una ingiustificata disparità di trattamento a danno dei lavoratori italiani distaccati, in quel periodo, in un altro stato dell'UE.
Viene altresì sottolineato che, nel caso di specie (Regno Unito), al dipendente distaccato non era concessa alcuna libertà di scelta in merito, essendo comunque obbligatoria l'adesione ad una forma pensionistica complementare inglese. Inoltre, la pensione erogata all'istante dalla forma pensionistica inglese verrà assoggettata ad imposizione nello Stato italiano ai sensi dell'articolo 18 della Convenzione Italia Regno Unito contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito.
Con riferimento alle ulteriori richieste, strettamente connesse al quesito principale, a parere dell'interessato, i contributi versati alla forma pensionistica inglese nel corso del 1999 devono essere convertiti in lire o euro secondo il cambio vigente al momento dei versamenti ed inoltre non è necessario trasferire la propria posizione pensionistica dal fondo inglese a quello italiano, mancando un'espressa previsione di un obbligo in tal senso.Risposta dell'Agenzia delle Entrate al contribuente istante
Si rileva, in primo luogo che le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, e successive modificazioni ed integrazioni, non appaiono riferibili a fondi pensione non nazionali.
Infatti, già il Dipartimento delle Entrate con la Circolare n. 235/E del 9 ottobre 1998, ha fornito chiare indicazioni circa la delimitazione dell'ambito applicativo delle disposizioni in materia della previdenza complementare. In particolare, è stato precisato che "...l'esercizio dell'attività dei fondi pensione è subordinata alla preventiva autorizzazione da parte della Commissione di vigilanza sui fondi pensione, la quale trasmette ai Ministri competenti l'esito del procedimento relativo a ciascuna istanza di autorizzazione. E' prevista, inoltre, l'iscrizione nell'apposito albo tenuto dalla Commissione di vigilanza anche dei fondi già esistenti alla data di entrata in vigore della richiamata disciplina".
Inoltre, con riguardo alla possibilità, prefigurata dall'istante, di applicare direttamente le disposizioni della Direttiva n. 98/49/CE appare opportuno osservare, che tale fonte di diritto comunitario non può essere considerata direttamente applicabile nell'ordinamento italiano. Infatti, non sussistono i requisiti necessari, individuati nelle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione (fra cui una prescrizione normativa incondizionata e sufficientemente precisa) per riconoscere ad una Direttiva comunitaria il carattere di self-executing, cioè di fonte di diritto nazionale anche in mancanza di un atto interno di recepimento (cfr. Corte Cost. n. 168 del 18/04/1991).
In ogni caso, la non applicabilità della citata Direttiva al caso di specie è in generale desumibile dall'articolo 10 della stessa e, in particolare, dall'articolo 8 laddove si demanda agli Stati membri la facoltà di stabilire che le disposizioni dell'articolo 6 (adozione di misure nazionali necessarie per consentire che i contributi al regime pensionistico complementare dello Stato di provenienza continuino ad essere versati, in caso di distacco del lavoratore in un altro Stato membro, con esenzione da obblighi contributivi analoghi in quest'ultimo Stato) si applicano unicamente ai distacchi che iniziano dopo il 25 luglio 2001.
Si rileva, inoltre, che la Comunicazione della Commissione Europea del 19 aprile 2001, parimenti richiamata nell'istanza, com'è noto, non costituisce per gli Stati membri dell'UE fonte di diritto in senso tecnico.
Ne consegue, che, ad avviso della scrivente, i contributi versati nel 1999 a forme complementari di diritto inglese non rilevano ai fini della maggiore deducibilità dei contributi previdenziali prevista dall'articolo 4, comma 3, del D.Lgs. n. 47 del 2000.
La risposta di cui alla presente risoluzione, richiesta con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale della....., viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.