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Risoluzione Agenzia Entrate n. 194 del 17.06.2002
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Disciplina IVA applicabile alla cessione a terzi ed all'assegnazione ad un socio di due immobili strumentali, entrambi acquistati da privati DPR n. 633/1972, art. 2. Interpello .....Art. 11, legge 27-7-2000, n. 212
Risoluzione Agenzia Entrate n. 194 del 17.06.2002Quesito
La società istante è proprietaria di due immobili, già strumentali ed ora non più utili, così pervenuti: uno è stato acquisito per conferimento nel 1992 da parte di un socio, il quale a sua volta l'aveva acquistato da un privato; l'altro immobile è stato acquistato da un privato nello stesso 1992. Quest'ultimo immobile è stato oggetto di un intervento edilizio di trasformazione ed ampliamento conclusosi nel 1994. Tanto premesso, poiché la società intende vendere un immobile ed assegnare l'altro ad un socio, si chiede di conoscere, in buona sostanza, quale sia il trattamento iva applicabile all'operazione.Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Considerato quanto previsto dall'art. 3, c. 7, della L. 448/2001 ed il contenuto della circ. n. 9 del 30/1/2002 e segnatamente il punto 4.1, per quanto concerne l'estromissione degli immobili strumentali da parte dell'imprenditore individuale; ritenuto che il principio enunciato per quanto riguarda l'estromissione dell'immobile dell'impresa (niente iva in entrata, niente iva all'uscita) abbia valenza generale, l'interpellante intende procedere alla vendita di un immobile ed all'assegnazione, ad un socio, dell'altro, senza assoggettare il relativo corrispettivo ad Iva, stante che gli stessi sono stati acquisiti senza applicazione dell'imposta.
L'interpellante ritiene altresì che non occorre procedere ad alcuna rettifica della detrazione Iva relativa alle spese incrementative di cui all'intervento edilizio in quanto lo stesso si è concluso prima dell'anno 1998 e, pertanto, non è più applicabile la rettifica della detrazione ai sensi dell'art. 19 bis del DPR 633/1972.Parere dell'Agenzia delle Entrate
Il quesito posto concerne la problematica dell'assoggettamento ad IVA dei trasferimenti di beni che l'imprenditore ha acquistato da un privato e per i quali, pertanto, non ha operato la detrazione dell'imposta. In particolare nel caso prospettato si tratta di due immobili strumentali, oggetto di interventi edilizi di ristrutturazione ed di ampliamento, uno dei quali ceduto a titolo oneroso e l'altro dato in assegnazione ad un socio.
In ordine a tale fattispecie, tenuto conto della normativa IVA, sia interna che comunitaria, nonché delle recenti sentenze della Corte di Giustizia e delle diverse pronunce dell'amministrazione finanziaria intervenute in materia, occorre analizzare distintamente i seguenti aspetti:
a) disciplina IVA applicabile alle cessioni a titolo oneroso;
b) disciplina IVA applicabile alla assegnazione di beni ai soci;
c) rettifica della detrazione in relazione alle spese di ristrutturazione ed ampliamento dell'immobile per le quali è stata operata la detrazione;a) disciplina IVA applicabile alla cessione a titolo oneroso di un immobile acquistato presso privati.
L'articolo 13, B, c) della VI direttiva CEE (direttiva 77/388 CEE del 17 maggio 1977) dichiara esenti dall'Iva le cessioni dei beni che sono stati destinati esclusivamente ad operazioni esenti e dei beni per i quali la detrazione è preclusa in ragione delle loro caratteristiche oggettive.
Tale disposizione è stata recepita nell'ordinamento interno dall'art. 10, n. 27-quinquies), del D.P.R. n. 633 del 1972, il quale, in conformità alla previsione comunitaria, qualifica come operazioni esenti dall'Iva le cessioni a titolo oneroso che abbiano per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta sensi degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2.
Con la circolare n. 112/E del 1999, è stato precisato che i beni acquistati presso un soggetto privato non concretizzano le ipotesi di indetraibilità di cui agli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Sia la formulazione della normativa comunitaria che quella della normativa interna fanno, infatti, espresso riferimento alle ipotesi di indetraibilità derivanti da ragioni di natura soggettiva, riferite cioè a soggetti i quali, svolgendo esclusivamente attività esenti, non acquisiscono il diritto alla detrazione, o da ragioni di natura oggettiva, riferite cioè a particolari categorie di beni per i quali è previsto uno specifico regime di indetraibilità ai sensi dell'art.19-bis1 (aeromobili, navi e imbarcazioni da diporto, etc). Ciò non consente di estendere la previsione esentativa anche alle cessioni di quei beni per i quali la detrazione non è stata esercitata perché non si è subita la rivalsa dell'imposta. Condizione questa che può verificarsi qualora l'acquisto sia stato effettuato presso un privato (che in quanto tale non ha il potere di esercitare la rivalsa). Ne consegue che la successiva cessione di questi beni, diversamente da quanto affermato dal contribuente, resta assoggettata ad IVA.b) Disciplina IVA applicabile alla assegnazione ai soci di immobili acquistati presso privati.
L'orientamento manifestato con la richiamata circolare n. 112 del 1999, con il quale si affermava che le cessioni onerose e le assegnazioni ai soci integrano lo stesso presupposto oggettivo d'imposta e soggiacciono alla stessa disciplina, è stato recentemente rivisitato con la circolare n. 40 del 13 maggio 2002. In tale occasione, in riferimento alle ipotesi di estromissione agevolata di beni, è stato precisato che l'assegnazione (agevolata) ai soci dei beni realizza un'ipotesi di destinazione a finalità estranee all'esercizio d'impresa, da ricomprendere, unitamente all'autoconsumo, tra le fattispecie di cui all'art. 5, par.6, della VI Direttiva IVA. In base alla richiamata norma comunitaria è equiparato ad una cessione a titolo oneroso il trasferimento nel patrimonio privato di un soggetto passivo di un bene della propria impresa o la destinazione di tale bene a finalità estranee all'esercizio dell'attività imprenditoriale, quando detto bene o gli elementi che lo compongono abbiano consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta.
Alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia europea 17 maggio 2001, causa C-322/99 e C-323/99, la disposizione in esame deve essere interpretata nel senso che un bene dell'impresa destinato all'uso privato dell'imprenditore, o a finalità estranee all'impresa, non deve essere assoggettato ad imposta qualora tale bene non abbia consentito la deduzione dell'IVA in ragione del suo acquisto presso un soggetto che non ha la qualità di soggetto passivo. A tale conclusione l'amministrazione finanziaria era già pervenuta con la risoluzione n. 28 del 17 aprile 1998, con la quale aveva affermato che, ai sensi dell'art. 2, comma 2, n. 5), del DPR n. 633 del 1972, l'autoconsumo di beni acquistati presso soggetti privati costituisce una operazione esclusa dal campo di applicazione dell'IVA.
L'elemento innovativo introdotto dalla richiamata sentenza, recepito nella circolare n. 9 del 30 gennaio 2002 e successivamente ribadito nella richiamata circolare n. 40 del 2002, è costituito dalla ulteriore affermazione della Corte di Giustizia secondo cui, Il concetto di "elementi che compongono il bene " di cui all'art. 5, n. 6 della direttiva CEE n. 77/388 del 1977 deve essere riferita ai soli "beni" e non anche alle prestazioni di servizi e comprende tanto gli elementi presenti nel bene al momento iniziale dell'acquisto che quelli che vi sono stati incorporati in un momento successivo. In base a tali presupposti la Corte conclude che, in caso di autoconsumo di bene acquistato presso un soggetto privato l'IVA si rende applicabile, limitatamente agli elementi che hanno consentito la detrazione e che in caso di lavori eseguiti sul bene successivamente al suo acquisto, per i quali sia stata operata la deduzione, l'IVA si rende applicabile solo qualora tali lavori abbiano dato luogo alla incorporazione nel bene di elementi materiali, configurabili quali componenti del bene medesimo, che abbiano prodotto un incremento duraturo del valore del bene non completamente consumato al momento del prelievo.
Con la richiamata circolare n. 40, con la quale, come detto, è stato recepito il recente orientamento della Corte di Giustizia,è stato chiarito che costituisce operazione rilevante irrilevante ai fini IVA l'assegnazione ai soci di beni per i quali l'imposta non è stata detratta all'atto del relativo acquisto, anche se sugli stessi sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione, recupero, per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta.
In relazione alla fattispecie prospettata con il presente interpello si deve concludere che l'assegnazione al socio di un immobile per il quale non è stata operata la detrazione dell'IVA non deve essere assoggettata ad imposta, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, n. 5) del DPR n. 633 del 1972, anche se su tale immobile sono stati eseguiti lavori di trasformazione ed ampliamento per i quali sia stata operata la detrazione dell'IVA a monte.
Ciò, naturalmente, semprechè i lavori di ampliamento che, in linea di principio, si deve ritenere siano finalizzati a migliorare le condizioni di utilizzazione dell'immobile, non integrino la realizzazione di una nuova unità immobiliare né abbiano una consistenza tale da poter essere successivamente destinati a costituire una autonoma unità immobiliare. In tal caso la parte di immobile realizzata in seguito all'ampliamento, avendo proprie caratteristiche distintive ed economiche, deve essere assoggettata autonomamente al tributo in occasione dell'assegnazione.c) Rettifica della detrazione in relazione alle spese di ristrutturazione e di ampliamento dell'immobile per le quali è stata
operata la detrazione
Con la richiamata circolare n. 40 del 2002, sulla base della sentenza della Corte di Giustizia sopra segnalata, è stato affermato che il contribuente, in relazione all'imposta afferente le suddette spese di manutenzione e riparazione che hanno consentito una deduzione dell'IVA versata a monte, le quali non sono configurabili quali "elementi che compongono il bene", deve operare la rettifica della detrazione a norma dell'art. 19-bis 2, qualora le stesse non abbiano esaurito la loro utilità e non siano incrementative del valore del bene che viene prelevato dall'azienda per finalità estranee all'impresa.
In proposito si evidenzia che nella normativa vigente fino al 31 dicembre 1997, le rettifiche da apportare alle detrazioni d'imposta erano previste, sostanzialmente, soltanto per i beni ammortizzabili ed unicamente nei casi in cui il prorata variasse di oltre 10 punti nei quattro anni successivi al loro acquisto (precedente articolo 19-bis).
Soltanto con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 313 del 1997, le ipotesi di rettifica della detrazione d'imposta risultano ampliate: oltre che per variazioni del prorata sono, infatti, previste rettifiche anche in caso di cambio di destinazione dei beni e dei servizi rispetto alle previsioni iniziali, come pure nei casi in cui si verifichino mutamenti nel regime fiscale delle operazioni attive, nel regime di detrazione dell'imposta sugli acquisti o nell'attività esercitata dal contribuente.
In base alla disposizione transitoria di cui all'articolo 11 del D.Lgs n. 313 del 1997, devono essere operate le rettifiche della detrazione dell'imposta previste dall'articolo 19-bis2, ai commi 1 e 2, riguardanti il cambio di destinazione dei servizi e dei beni, sia non ammortizzabili che ammortizzabili, acquistati o utilizzati a decorrere dal primo gennaio 1998.
Con circolare n. 328/E del 1997 è stato precisato che è da ritenere che le rettifiche in questione siano da operare soltanto per i beni e i servizi acquistati o prodotti dopo il 31 dicembre 1997, non potendosi ipotizzare di rimettere in discussione la detrazione afferente tutti i beni esistenti in quest'ultima data ed utilizzati successivamente, visto che per essi il diritto alla detrazione era stato acquisito in via definitiva sulla base delle precedenti disposizioni del D.P.R. n. 633 del 1972.
In relazione agli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 1997, dovrà procedersi, negli anni successivi, soltanto alle eventuali rettifiche delle detrazioni stabilite per i beni impiegati nell'attività come beni strumentali ammortizzabili, per variazioni del prorata di oltre 10 punti.
Si ritiene, pertanto corretta, in relazione a tale specifica problematica, la soluzione interpretativa prospettata dal contribuente che ritiene non applicabile la rettifica della detrazione in relazione alle spese di ristrutturazione effettuate nell'anno 1994
La risposta, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.