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Risoluzione Agenzia Entrate n. 238 del 19.07.2002
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Interpello ai sensi dell'art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 - Spettanza del credito d'imposta di cui all'art. 8 della legge 388/2000 per gli investimenti realizzati nei punti vendita concessi in godimento a terzi
Risoluzione Agenzia Entrate n. 238 del 19.07.2002Con l'istanza d'interpello di cui all'oggetto, concernente l'esatta applicazione dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è stato esposto il seguente
Quesito
La società "DZZ S.r.l." esercita il commercio, sia all'ingrosso che al dettaglio, di prodotti per l'abbigliamento.
Nel corso del 2001 la società ha realizzato investimenti finalizzati all'apertura su tutto il territorio nazionale di nuovi punti vendita, alcuni dei quali concessi in gestione a soggetti terzi.
La conduzione di tali unità locali avviene secondo previsioni contrattuali fissate di volta in volta, che si richiamano, oltre alla disciplina dell'affitto di ramo d'azienda, di cui all'art. 2561 del Codice Civile, anche allo schema del rapporto di franchising.
Il contribuente chiede se il credito d'imposta di cui all'art. 8 della legge n. 388 del 2000, relativo agli investimenti effettuati nel 2001 nei punti vendita concessi in godimento a terzi, spetti alla società che ha realizzato gli investimenti stessi o alle imprese conduttrici.Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società intende beneficiare del credito d'imposta in argomento anche per gli investimenti realizzati nei punti vendita che concede in affitto.
L'istante ritiene che la concessione in godimento non sia di ostacolo al riconoscimento dei benefici di cui all'art. 8, atteso che i punti vendita, cui sono destinati gli investimenti agevolabili, restano sempre riferibili alla concedente.
I soggetti terzi, infatti, dovendo continuare a svolgere nell'unità locale la medesima attività della società concedente, diffondendone marchio e prodotti, non determinano distrazione degli investimenti dalla sfera economica del soggetto che li ha realizzati.Parere dell'Agenzia delle Entrate
Occorre preliminarmente rilevare che l'istante, nell'esporre la problematica, considera gli investimenti ovunque realizzati.
Con riferimento alla fattispecie rappresentata, invece, l'agevolazione può avere ad oggetto solo gli investimenti effettuati nelle aree "svantaggiate", di cui alle deroghe previste dall'art. 87, paragrafo 3, lettere a) e c) del Trattato che istituisce la Comunità Europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209, e, cioè, in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, nonché Abruzzo, Molise ed in alcuni territori del Centro-nord individuati nella circolare n. 41/E del 18 aprile 2001.
A completamento di quanto sopra si evidenzia che il Decreto Legge n. 138 dell'8 luglio 2002 ha ristretto l'ambito territoriale dell'agevolazione in argomento ai soli territori di cui all'art. 87, paragrafo 3, lettera a) del Trattato sopra citato nonché all'Abruzzo ed al Molise.
In ordine alla possibilità di fruire del credito d'imposta nel caso prospettato si deve, innanzitutto, procedere a dare ai punti vendita del sistema distributivo della società istante una precisa collocazione all'interno dello schema previsto dall'art. 8 e, cioè, valutare se essi possano essere qualificati come autonome strutture produttive.
Al riguardo la citata circolare n. 41/E ha chiarito al punto 6.1 che la struttura produttiva può essere un autonomo ramo d'azienda, inteso come un insieme coordinato di beni materiali, immateriali e risorse umane precisamente identificabili, dotato di autonomia decisionale come centro di costo e di profitto, idoneo allo svolgimento di un'attività consistente nella produzione di un output specifico indirizzato al mercato, ovvero che può trattarsi anche di un'autonoma diramazione territoriale dell'azienda purché costituisca di per sé un centro autonomo di imputazione di costi e non rappresenti parte integrante del processo produttivo dell'unità locale, situata nello stesso territorio comunale.
Nel caso di specie la società si dota di una rete commerciale di distribuzione capillare alle cui unità sono specificamente riferibili approvvigionamenti, vendite, dotazioni strumentali e personale.
Costituendo tali esercizi dei centri di imputazione di costi e profitti, la scrivente ritiene, in conformità ai chiarimenti forniti dalla circolare citata, che essi possono essere qualificati come autonome strutture produttive.
A seguito, poi, della concessione in godimento, occorre valutare se questi punti vendita, una volta affidati a terzi, non siano più riconducibili al soggetto che ha posto in essere l'investimento agevolato.
A questi fini si deve avere riguardo alla norme contenute nel contratto tipo che regolamenta l'utilizzo di tali unità locali.
Come si evince dalla documentazione allegata all'istanza, la concessione in godimento avviene sulla base di contratti "atipici", nei quali la disciplina del fitto d'azienda, di cui all'art. 2561 del Codice Civile, viene integrata da accordi di franchising.
Dallo schema di contratto, da un lato, risultano elementi tipici dell'affitto d'azienda, poiché viene previsto per le imprese conduttrici l'obbligo di pagare un canone fisso di locazione, di svolgere esclusivamente la stessa attività dell'impresa concedente, di eseguire a proprie spese le manutenzioni nonché di restituire, al termine del rapporto, l'azienda nelle condizioni in cui era stata ricevuta.
Dall'altro, la convenzione contrattuale prevede accordi di franchising, atteso che le diverse imprese conduttrici/franchisees devono effettuare gli acquisti dei prodotti da rivendere esclusivamente dalla concedente/franchisor (o da terzi appositamente delegati da questa), servirsi specificamente delle attrezzature indicate nel contratto, utilizzare il marchio, l'insegna ed il logo della società secondo le prescrizioni da questa stabilite di volta in volta, osservare regole predeterminate dalla concedente relativamente alla fissazione dei prezzi, anche per quanto concerne le percentuali di sconto da effettuare durante i saldi.
In deroga all'art. 2561 del Codice Civile la concedente si riserva la deduzione delle quote di ammortamento relative ai beni strumentali agevolabili concessi in godimento.
In base a quanto emerge dalla disciplina di tali rapporti le imprese conduttrici ottengono temporaneamente, per la durata del contratto, l'intestazione dell'autorizzazione comunale al commercio e gestiscono, così, i punti vendita in autonomia di rischio d'impresa, con una propria organizzazione imprenditoriale, sia di risorse finanziarie che umane.
Tuttavia, le condizioni fissate dagli accordi pongono in essere un legame molto intenso tra l'impresa concedente e l'impresa conduttrice.
Infatti, l'uso congiunto degli stessi simboli distintivi e della medesima denominazione, la predisposizione in tutti i punti vendita di un arredamento pressoché conforme a quello della concedente, l'adozione di un rigido programma delle "svendite" permettono di potere diffondere tra i consumatori "l'uniformità di immagine" d'impresa, ingenerando in essi la convinzione di acquistare sempre dallo stesso soggetto.
D'altra parte, la stessa autonomia gestionale dei punti vendita viene compressa nel momento in cui le imprese conduttrici devono preventivamente accettare i criteri determinati dall'impresa concedente in tema di assunzione del personale.
La particolare disciplina contrattuale e le medesime modalità di presentazione sul mercato consentono, così, di affermare che lo stesso punto vendita sia contemporaneamente strumentale all'attività di due soggetti. Benché distinti giuridicamente, essi perseguono un obiettivo comune con identiche tecniche di mercato, dal momento che le imprese conduttrici, dovendo cedere esclusivamente prodotti della concedente, contribuiscono alla redditualità di quest'ultima ed all'attuazione della sua politica commerciale.
In aggiunta a ciò si rileva che lo stesso godimento dell'unità locale è funzionale e subordinato alla vendita dei beni della concedente, in quanto il contratto prevede che l'eventuale inosservanza di tale obbligo da parte dell'utilizzatrice costituisce causa di risoluzione contrattuale.
Alla luce di quanto fin qui emerso si può desumere che, anche dopo l'affitto, vi sia un collegamento esplicito e diretto tra il punto vendita e l'impresa concedente, collegamento che non viene meno in seguito all'affidamento a terzi del punto vendita.
Si può, pertanto, ritenere che la società concedente, in virtù di tale collegamento funzionale, continua sostanzialmente ad utilizzare i punti vendita per operare ed affermarsi sul mercato. Tuttavia, il rischio d'impresa connesso alla gestione del singolo punto vendita ed alla commercializzazione al pubblico dei prodotti rimane principalmente in capo all'utilizzatore.
Di conseguenza, per il concedente i punti vendita, per i quali si è privato della gestione diretta, costituiscono semplici articolazioni territoriali e solo il complesso dei punti vendita presenti nell'ambito dello stesso comune configura un'autonoma struttura produttiva.
Questa precisazione si rende necessaria ai fini del calcolo del credito d'imposta dal momento che l'impresa potrebbe concludere accordi con più soggetti operanti sul medesimo territorio comunale.
La scrivente, pertanto, concorda con la soluzione prospettata dall'istante relativamente alla fruizione per il 2001 del credito d'imposta calcolato anche sugli investimenti relativi alle strutture produttive concesse in godimento a terzi, limitatamente, però, a quelli realizzati nelle aree geografiche "svantaggiate".
Gli ammortamenti relativi a tali beni, dedotti dalla società per deroga contrattuale, rientrano nel calcolo del montante relativo al credito d'imposta.
La risposta di cui alla presente risoluzione, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.