-
Risoluzione Agenzia Entrate n. 355 del 14.11.2002
-
Istanza di interpello ai sensi dell'art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212.. Applicazione del regime IVA di non imponibilità e trattamento IVA del riaddebito dei costi sostenuti presso terzi da un consorzio ai propri consorziati
Risoluzione Agenzia Entrate n. 355 del 14.11.2002Con l'istanza d'interpello di cui all'oggetto, concernente l'esatta applicazione dell'art. 9, primo comma, punto 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stato esposto il seguente
Quesito
Il raggruppamento di imprese tra le società "JY S.r.l." e "ZX S.p.A." si è aggiudicato un appalto del Ministero dei Lavori Pubblici riguardante la realizzazione delle opere di consolidamento e di adeguamento delle banchine del Porto di.....
In relazione a tali opere e solo per la quota dei lavori da ciascuna aggiudicati, ogni impresa del raggruppamento emette nei confronti dell'ente appaltante fattura senza applicazione dell'IVA, ai sensi dell'art. 9, primo comma, punto 6, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Le stesse imprese, inoltre, hanno costituito, secondo quanto consentito dagli artt. 23 bis della Legge n. 584 dell'8 agosto 1977 e 26 del Decreto Legislativo n. 406 del 19 dicembre 1991, una società consortile per la conduzione dei lavori medesimi, denominata "XX S.c.r.l.".
La società consortile, dovendo riaddebitare ad ognuna delle imprese consorziate-appaltatrici la quota dei costi sostenuti per l'esecuzione di quelle opere, chiede se alla relativa fatturazione di "ribaltamento" degli oneri possa essere applicato lo stesso regime IVA di non imponibilità al quale sono assoggettate le operazioni fatturate dalle singole imprese appaltatrici nei confronti dell'ente appaltante.Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Secondo l'interpretazione dell'istante, l'intervento del consorzio nell'esecuzione dei lavori è da qualificarsi come semplice sostituzione soggettiva delle imprese appaltatrici e non impedisce di riconoscere che alle prestazioni loro rese dal consorzio si applichi il medesimo regime IVA di non imponibilità previsto per le opere di manutenzione portuale che devono essere fatturate dalle stesse imprese appaltatrici nei confronti dell'ente appaltante.
Ciò discenderebbe, in base a quanto rappresentato dal contribuente, dalla funzione giuridica cui è rivolta l'attività del consorzio in oggetto, che sarebbe, secondo la specifica normativa che lo disciplina, di "(...) semplice strumento operativo delle singole imprese (appaltatrici), senza creare un nuovo autonomo soggetto titolare di rapporti giuridici, economici e, conseguentemente, fiscali".
A conferma di quanto sopra sostenuto, la parte cita la risoluzione ministeriale n. 431292 del 5 dicembre 1990, nella quale l'Amministrazione Finanziaria avrebbe affermato, a proposito di una fattispecie analoga al caso rappresentato, "(...) che la società consortile è tenuta ad emettere fatture per il ribaltamento dei costi sostenuti applicando la stessa aliquota IVA riferita alle operazioni poste in essere dalle imprese associate nei confronti dell'ente committente".
In alternativa a quanto prospettato e richiamata la risoluzione n. 888 del 30 maggio 1986, l'istante ritiene che i proventi derivanti dal "ribaltamento" dei costi potrebbero essere considerati come una forma di percezione di "contributi ordinari consortili d'esercizio" e, come tali, andrebbero trattati ai fini IVA.Parere dell'Agenzia delle Entrate
Al fine di determinare il corretto regime IVA cui deve essere sottoposta l'operazione di riaddebito dei costi sostenuti da parte del consorzio, occorre innanzitutto avere riguardo alla natura del principio del mancato assoggettamento ad IVA contenuto nell'art. 9, primo comma, punto 6, del D.P.R. n. 633/1972 e previsto per le opere di manutenzione portuale che le imprese appaltatrici fatturano nei confronti dell'ente appaltante.
In particolare, si evidenzia come l'applicazione del richiamato regime IVA di non imponibilità determini per lo stesso ente appaltante un'agevolazione fiscale che la norma citata concede in via generale al percettore dei servizi di manutenzione portuale.
Al riguardo si ritiene che tale beneficio, in assenza di una specifica previsione normativa che lo consenta, non può essere autonomamente esteso dalle operazioni considerate come agevolabili per espressa disposizione legislativa, oggetto del rapporto di appalto tra l'ente e le imprese appaltatrici, alle operazioni effettuate nei confronti di queste ultime da parte del consorzio.
Il subentro del consorzio stesso alle imprese appaltatrici, disciplinato in modo specifico dagli artt. 23 bis della Legge n. 584 del 1977 e 26 del D. Lgs. n. 406 del 1991, configura un distinto ed autonomo rapporto giuridico rispetto a quello in essere tra l'ente e le imprese appaltatrici medesime.
La normativa citata, prevedendo che "le imprese riunite", aggiudicatarie dell'appalto, "possono costituire tra loro una società consortile, (...) senza che ciò configuri subappalto o cessione di contratto e senza necessità di autorizzazione (...)", sancisce come non si realizzi alcuna successione del consorzio nelle posizioni giuridiche dell'appalto originario, per il quale è prevista l'agevolazione; anzi, in base a quanto chiarito dalla parte:
"a) la società consortile non intrattiene relazioni dirette con l'ente appaltante, le quali, pertanto sono mantenute unicamente con le imprese riunite in forza del citato contratto;
b) le società partecipanti al raggruppamento d'impresa rimangono responsabili dell'esecuzione dell'opera appaltata ed i risultati economici e giuridici si producono direttamente in capo alle imprese riunite;
c) le imprese riunite rimangono responsabili in solido per la realizzazione delle opere".
A conferma della circostanza che un beneficio fiscale può essere "trasmesso" dall'operazione agevolabile ad un'altra solo in presenza di un'espressa previsione normativa, si richiama la risoluzione n. 431292 del 5 dicembre 1990, citata peraltro dall'istante a sostegno della propria interpretazione proposta nell'interpello.
In tale documento di prassi, riguardante un caso di realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, si è sostenuto che il riaddebito dei costi, dal mandatario al mandante, sconta la stessa aliquota ridotta prevista per l'appaltante solo perché una specifica norma, quale quella contenuta nell'art. 8 del D. L. 31 ottobre 1980, n. 693, convertito dalla legge 22 dicembre 1980, n. 891, aveva previsto che il regime IVA agevolato trovasse applicazione sia al rapporto "principale" di appalto delle opere stesse che a quello "secondario" di esecuzione delle medesime.
Ai fini di un corretto inquadramento del trattamento IVA relativo al "ribaltamento" degli oneri, dal consorzio ai consorziati, si fa presente che la stessa operazione di riaddebito dei costi ed i conseguenti adempimenti di natura contabile consentono di identificare, nel consorzio medesimo ed in ciascuna delle imprese consorziate, dei differenti centri di imputazione di interessi giuridici ed economici, aventi distinti obblighi di rendicontazione ed autonome soggettività tributarie.
Ciò posto, si può argomentare che il subentro del consorzio, al solo scopo di sostenere i costi in nome proprio ma per conto dei suoi consorziati, può essere ricondotto alla più generica figura giuridica del "mandato senza rappresentanza", per il quale trova applicazione l'articolo 3, terzo comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972, che qualifica come prestazione di servizi l'operazione posta in essere dal mandatario senza rappresentanza che rende o riceve servizi per conto del mandante.
Inoltre, come più volte chiarito dalla scrivente, tra cui in ultimo nella risoluzione n. 323/E dell'11 ottobre 2002, tale norma produce altresì l'effetto di equiparare i servizi resi o ricevuti dal mandatario a quelli da lui resi al mandante, omologandone il trattamento ai fini IVA.
E' per effetto della qualificazione giuridica posta dal legislatore in relazione ai rapporti tra mandante e mandatario senza rappresentanza che nella risoluzione n. 550168 del 21 febbraio 1989 si è affermato che il "ribaltamento" verso i consorziati, dei costi sostenuti dal consorzio in nome proprio ma per loro conto, deve essere assoggettato ad IVA.
Invece, il documento di prassi n. 888 del 30 maggio 1986, richiamato dalla parte nella soluzione proposta, non è da ritenersi conferente con il caso in rassegna; infatti, le somme percepite dal consorzio istante non possono avere una qualificazione giuridica diversa da quella di corrispettivi percepiti a fronte di prestazioni di servizi rese e, proprio perché tali, devono essere assoggettate alla disciplina dell'IVA.
In conclusione, considerata l'autonomia dei rapporti relativi ai soggetti interessati dall'istanza, si ritiene che il regime agevolativo IVA di non imponibilità, di cui al citato art. 9, primo comma, punto 6, del D.P.R. n. 633/1972, cui soggiacciono le prestazioni ricevute dall'ente appaltante, non possa essere esteso agli addebiti fatturati dalla società consortile ai propri consorziati.
Di conseguenza, nelle fatture di "ribaltamento" emesse nei confronti dei propri consorziati il consorzio, quale mandatario senza rappresentanza, dovrà esporre, a titolo di rivalsa, l'IVA pagata ai fornitori per i servizi acquistati nell'interesse dei consorziati medesimi, quali mandanti.
Infine, si rileva che, qualora il consorzio fosse chiamato ad operare in veste di mandatario con rappresentanza, i terzi, in relazione alle operazioni effettuate nei confronti del consorzio, dovrebbero emettere fattura direttamente in capo ai consorziati.
La risposta fornita con la presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.