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Risoluzione Agenzia Entrate n. 80 del 15.06.2004
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Istanza di interpello - Articolo 16 legge 27 dicembre 2002, n. 289 - Omessa riassunzione del giudizio a seguito di rinvio da parte della Corte di cassazione- Inconfigurabilità della pendenza
Risoluzione Agenzia Entrate n. 80 del 15.06.2004Con richiesta datata 22 gennaio 2004, il signor XY, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della Soc. Coop. a r.l. "Z", ha richiesto alla scrivente il riesame della risposta della Direzione regionale delle ...... ad un interpello concernente l'esatta applicazione dell'art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Esposizione del quesito
L'istante ripropone il quesito al quale la Direzione regionale delle ...... ha dato risposta con nota prot. n. 30801 del 3 novembre 2003, in quanto, a suo giudizio, i chiarimenti forniti dalla predetta Direzione regionale non sarebbero esaurienti.
In particolare, l'istante chiede di conoscere l'esatta applicazione dell'art. 16 della legge n. 289 del 2002 nell'ipotesi di omessa riassunzione del processo nel termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della sentenza di rinvio della Corte di cassazione, stabilito dall'art. 63 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
In proposito fa presente che l'art. 16, comma 1, della legge n. 289 del 2002 prevede che possono essere definite le liti pendenti anche a seguito di rinvio, senza richiedere l'ulteriore condizione della mancata decorrenza del termine per la riassunzione.
Ciò posto, l'istante non condivide l'interpretazione fornita sull'argomento con circolare n. 12/E del 21 febbraio 2003, secondo cui la lite può considerarsi pendente qualora alla data del 1 gennaio 2003 non sia decorso il termine per la riassunzione del processo. Osserva inoltre che la stessa circolare n. 12/E del 2003, al punto 11.2.1, afferma che "ovviamente il giudizio si considera concluso solo se la Cassazione non ha disposto il rinvio", per cui l'omessa riassunzione nei termini di legge non escluderebbe la pendenza della lite, in quanto in tal caso l'estinzione deve essere dichiarata con decreto del Presidente della sezione o con sentenza della Commissione, ai sensi del comma 4 dell'art. 45 del DLGS n. 546 del 1992.
Viene quindi chiesto se in ipotesi di omessa riassunzione nei termini, in mancanza della dichiarazione di estinzione di cui all'art. 45, comma 4 citato, il procedimento possa considerarsi pendente ai sensi dell'art. 16 della legge n. 289 del 2002.Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L'istante ritiene che nel caso in esame il procedimento deve considerarsi pendente. Pertanto la lite fiscale è definibile ai sensi dell'art. 16 della legge n. 289 del 2002, mediante il pagamento, a suo avviso, del 10% del valore della lite stessa.Parere dell'Agenzia
Preliminarmente si ritiene che la richiesta in esame non possa produrre gli effetti dell'interpello.
Si osserva, infatti, che le disposizioni procedimentali in materia di interpello non prevedono la possibilità di formalizzare una richiesta di riesame di una risposta già resa.
Inoltre, ai fini dell'ammissibilità dell'interpello, il comma 1, lettera b), dell'art. 3 del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209, che regolamenta le modalità di esercizio dell'interpello, richiede come condizione necessaria che l'istanza deve prevedere anche "la circostanziata e specifica descrizione del caso concreto e personale da trattare ai fini tributari sul quale sussistono concrete condizioni di incertezza".
Come precisato nella circolare n. 50/E del 31 maggio 2001, l'interpello deve quindi essere "finalizzato a conoscere il trattamento tributario di determinati atti, operazioni o iniziative riconducibili direttamente alla sfera di interessi del soggetto istante".
Nella presente ipotesi, l'istante ha invece prospettato un quesito relativo a una situazione generica, che ha riguardo a determinate problematiche di carattere generale.
Si rileva, infine, che nel caso di specie non sussistono condizioni di obiettiva incertezza nell'applicazione della norma di cui all'art. 16 della legge n. 289 del 2002, dal momento che, come peraltro indicato dal medesimo istante, con la circolare n. 12/E del 2003 l'Amministrazione finanziaria ha già fornito la soluzione interpretativa in merito alla questione proposta.
Tuttavia, tenuto conto che la mancanza dei presupposti necessari per la corretta presentazione dell'istanza non preclude la possibilità di acquisire il parere dell'Agenzia, ma impedisce che si producano gli effetti tipici dell'interpello (cfr. circolare n. 50/E del 2001), si ritiene opportuno fornire i chiarimenti richiesti in relazione al caso così come prospettato.
La prima parte del comma 1 dell'art. 16 della legge n. 289 del 2002 prevede che "Le liti fiscali pendenti, ai sensi del comma 3, dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio possono essere definite...".
Il comma 3 del medesimo art. 16 stabilisce che
"Ai fini del presente articolo si intende:
a) per lite pendente, quella in cui è parte l'Amministrazione finanziaria dello Stato avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge, è stato proposto l'atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l'atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato"
Inoltre, il secondo periodo del comma 6 dell'art. 16 della legge n. 289 del 2002 prevede che "Per le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente articolo sono altresì sospesi, sino al 1 giugno 2004, salvo che il contribuente non presenti istanza di trattazione, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio".
In merito alle liti pendenti a seguito di rinvio, la circolare n. 12/E del 2003, al punto 11.2.2, ha chiarito che "Sono definibili anche le liti fiscali pendenti a seguito di rinvio davanti alle Commissioni tributarie o all'Autorità giudiziaria ordinaria di merito. Considerato che il secondo periodo del comma 6 sospende, tra l'altro, i termini di riassunzione, si deve ritenere che è consentita la chiusura nelle ipotesi in cui sia stato disposto il rinvio, sia da parte della Cassazione che dei giudici di merito, anteriormente alla data del 1 gennaio 2003, qualora - alla stessa data - non siano ancora spirati i termini per la riassunzione."
Pertanto, nel caso di omessa riassunzione nei termini di legge del procedimento alla data del 1 gennaio 2003, la lite non si può considerare pendente ai sensi dell'art. 16 della legge n. 289 del 2002.
Si aggiunge che il punto 11.2.1 della medesima circolare n. 12/E del 2003 afferma che "Ovviamente il giudizio si considera concluso solo se la Cassazione non ha disposto il rinvio, trattato nel paragrafo successivo", ossia nel già citato punto 11.2.2.
Infine, per quanto concerne la declaratoria di estinzione del procedimento, si precisa che il comma 2 dell'art. 63 del DLGS n. 546 del 1992 prevede che "Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui al comma precedente... l'intero processo si estingue". Ciò implica che, in caso di omessa riassunzione entro il termine perentorio, l'estinzione del processo opera di diritto, a nulla rilevando, ai fini della pretesa pendenza della lite, che vi sia stata o meno una dichiarazione di estinzione per inattività delle parti, a norma dell'art. 45, comma 4, del DLGS n. 546 del 1992.
Al riguardo, la Sezione quinta della Corte di cassazione, con la sentenza 7 luglio 2000, n. 9152, ha ritenuto che ai fini dell'estinzione del processo e della cessazione della litispendenza non è necessario riassumere il giudizio di rinvio, affermando che "è orientamento giurisprudenziale consolidato che l'avvenuta estinzione di un processo può e deve essere accertata jincidenter tantum' anche da un giudice diverso da quello del processo estinto" e sottolineando "la necessità di precludere la pendenza indefinita del processo in caso di inattività delle parti".
Si ritiene pertanto che, anche in mancanza di riassunzione e di declaratoria ai sensi dell'art. 45 del DLGS n. 546 del 1992 da parte del giudice di rinvio, non sussiste pendenza del giudizio estinto per omessa riassunzione entro il termine perentorio stabilito dalla legge.
In ordine all'ipotesi prospettata ne deriva che, in assenza di pendenza del giudizio di rinvio al 1 gennaio 2003, la lite per la quale sia scaduto il termine perentorio per la riassunzione alla medesima data del 1 gennaio 2003 non può considerarsi definibile ai sensi dell'art. 16 della legge n. 289 del 2002. Pertanto, la risposta fornita dalla Direzione regionale delle ...... è corretta.