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Risoluzione Agenzia Entrate n. 116 del 08.08.2005
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Istanza d'interpello - Art. 16 D.Lgs 153/99 Iva operazioni di riacquisizione da parte dell'ente conferente di un complesso immobiliare non strumentale all'esercizio dell'attività bancaria. Fondazione Cassa di Risparmio di X e Cassa di Risparmio di Y spa
Risoluzione Agenzia Entrate n. 116 del 08.08.2005Quesito
La Cassa di Risparmio di Z ha proceduto, ai sensi del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, al conferimento dell'azienda bancaria e degli immobili di sua proprietà alla Cassa di Risparmio di Y s.p.a., rimanendo titolare del solo pacchetto azionario della società bancaria.
Tra i beni immobili trasferiti alla banca conferitaria figurava anche il complesso immobiliare dell'ex cinema ....... che lo stesso ente, divenuto privato ed assunta la nuova denominazione di Fondazione Cassa di Risparmio di X, intende riacquistare in ossequio alle previsioni normative contenute nell'articolo 14 del D.Lgs. n. 153 del 1999.
Al fine di determinare la spesa da sostenere per l'acquisto del suddetto immobile che, si precisa, si intende destinare in parte a propria sede ed in parte, previa concessione in comodato al consorzio universitario cittadino, a sede della Facoltà di Economia dell'Università ...., la Fondazione chiede di conoscere quale sia il corretto trattamento tributario applicabile a tale operazione.
Al riguardo, gli istanti ricordano che l'articolo 14 del D.lgs. n. 153 del 1999, prevede al comma 1 che "le società conferitarie possono procedere a operazioni di scorporo, mediante scissione o retrocessione a favore della fondazione o della società conferente (...) dei beni non strumentali, nonché delle partecipazioni non strumentali, ricevuti per effetto di conferimenti" (trattasi dei conferimenti effettuati ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218). La medesima disposizione precisa inoltre che le operazioni di retrocessione possono essere effettuate "mediante assegnazione, liquidazione o cessione diretta" degli stessi beni.
Il successivo articolo 16, comma 3, primo periodo, ha previsto che in relazione alle operazioni di assegnazione di cui all'articolo 14, le società conferitarie deliberanti non debbano applicare l'imposta sul valore aggiunto: le operazioni in esame risultano, pertanto, irrilevanti ai fini dell'applicazione di tale tributo.
Tale regime di esclusione dall'IVA risulta, inoltre, applicabile (in virtù del rinvio contenuto nel successivo articolo 17 all'articolo 16, comma 3, del medesimo provvedimento) anche alle operazioni di "cessione diretta" eseguite dalle società bancarie conferitarie oggetto del presente quesito.
Le disposizioni agevolative contenute nel D.Lgs. n.153 del 1999 sono state oggetto di valutazione da parte della Commissione CE al fine di accertarne la compatibilità con le norme del Trattato istitutivo della Comunità Europea ed in particolare con il regime degli aiuti di Stato di cui all'articolo 87.
Per quanto concerne le società conferitarie (banche), con decisione dell'11 dicembre 2001, la Commissione CE ha ritenuto che "il regime di aiuti di Stato cui l'Italia ha dato esecuzione a favore delle banche in base alla legge n. 461 del 23 dicembre 1998 ed al decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999, in particolare in base all'articolo 16, commi 3 e 5 ....è incompatibile con il mercato comune".
La decisione adottata dalla Commissione, fa presente l'istante, riguarda tuttavia solo le agevolazioni previste dal citato decreto a favore del settore bancario; con decisione del 22 agosto 2002, n. 2003/146/Ce la Commissione Europea ha, infatti, ritenuto che le agevolazioni recate dal medesimo decreto a favore delle fondazioni non costituiscono aiuti di Stato e sono pertanto compatibili con il mercato comune.
In considerazione di tale circostanza, gli istanti chiedono di conoscere se l'esclusione dall'applicazione dell'Imposta sul Valore Aggiunto disposto dall'articolo 16, comma 3, del D. Lgs n. 153 del 1999 debba essere riferita esclusivamente alle banche conferitarie o se la stessa, (sulla base della considerazione che il soggetto inciso dall'Iva è la Fondazione), possa essere intesa quale misura agevolativa rivolta alle Fondazioni.
Qualora possa essere perseguita tale ultima interpretazione, infatti, l'esclusione dell'applicazione dell'Imposta sul Valore Aggiunto disposta dall'articolo 16, comma 3, del citato decreto potrebbe trovare ancora applicazione nonostante le censure mosse dalla decisione della Commissione CE dell'11 dicembre 2001.Soluzione interpretativa prospettata dall'istante
Ad avviso degli istanti, la disposizione che prevede l'esclusione dall'IVA per le operazioni di retrocessione deve essere intesa quale misura di favore rivolta alle Fondazioni.
Tale interpretazione trova il suo fondamento nella considerazione che il soggetto destinato a rimanere inciso dall'IVA è la fondazione cessionaria, posto che la banca sarebbe mero tramite del flusso finanziario.
Per il cedente (banche conferitarie), infatti, l'Imposta sul Valore Aggiunto non rappresenta mai un costo; al più può costituire una maggiorazione del prezzo che può rendere meno agevole la cessione del bene.
La conferma che il vantaggio fiscale (IVA) prevalente sia riferito alle fondazioni appare confermato altresì dalle disposizioni contenute nel comma 5 dell'articolo 16 del d.lgs. n.153 del 1999 che prevede l'applicazione in misura fissa dell'imposta del registro, ipotecaria e catastale (che sono per legge a carico dell'acquirente) per le operazioni di assegnazione. Tale previsione non può che essere intesa quale misura di favore rivolta alle fondazioni che procedono alla riaquisizione dei beni e deve essere quindi riconosciuta anche a seguito della decisione della Commissione.
Non sarebbe quindi coerente negare l'agevolazione Iva tenuto conto che le due imposte colpiscono in definitiva la medesima operazione traslativa.
A parere degli istanti, pertanto, ancorché la disposizione agevolativa Iva è stata collocata dal legislatore nel corpo del comma 3 dell'articolo 16 dedicato alle società conferitarie, non può che essere intesa quale misura di favore rivolta alle fondazioni; la stessa risulta quindi applicabile anche a seguito della ricordata decisione CE.Parere della Direzione
Al fine di un corretto inquadramento della problematica oggetto della presente istanza di interpello, appare opportuno esaminare in via preliminare le vicende che hanno interessato le disposizioni agevolative introdotte dalla legge n. 153 del 17 maggio 1999 (cd legge Ciampi).
In attuazione della delega contenuta nella legge 23 dicembre 1998, n. 461 (relativa al riordino della disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione del settore bancario), è stato emanato il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, il quale ha introdotto alcuni vantaggi fiscali a favore delle banche e delle fondazioni bancarie al fine di favorire la completa ristrutturazione ed il consolidamento del settore bancario.
Le menzionate disposizioni, sia quelle relative alle banche che quelle riguardanti le fondazioni bancarie, hanno costituito oggetto di separato esame da parte della Commissione europea, sotto il profilo dell'eventuale incompatibilità con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato.
La Commissione europea, più precisamente, si è pronunciata sulle predette questioni con le seguenti decisioni:
- decisione 11 dicembre 2001 (n. 2002/581/CE, caso C54/A/2000/CE, pubbl. in G.U.C.E. L. 184 del 13 luglio 2002), nella quale è stata sancita l'incompatibilità tra le agevolazioni riconosciute dalla legge Ciampi alle banche e la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato;
- decisione 22 agosto 2002, (n. 2003/146/CE, caso C54/B/2000/CE, pubbl. in G.U.C.E. L. 55 del 1 gennaio 2003), nella quale è stata riconosciuta la compatibilità tra le agevolazioni riconosciute dalla legge Ciampi alle fondazioni bancarie e la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato.
Nella decisione relativa alle banche (in tale sede rilevante) la Commissione europea ha affermato che "il regime di aiuti di Stato (disciplinato all'articolo 87 del Trattato CE), cui l'Italia ha dato esecuzione a favore delle banche in base alla legge n. 461 del 23 dicembre 1998 ed al decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999, in particolare in base all'articolo 16, commi 3 e 5, all'articolo 22, comma 1, all'articolo 23, comma 1, all'articolo 24, comma 1 ed all'articolo 27, comma 2 del decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999, è incompatibile con il mercato comune" (cfr. articolo 1 della decisione n. 2002/581/CE dell'11 dicembre 2001).
Alla luce della predetta pronuncia, è stato adottato il decreto legge 15 aprile 2002, n. 63 (convertito dalla legge 15 giugno 2002, n. 112), con il quale è stata disposto (articolo 5, comma 1), che, nell'attesa della definizione dei ricorsi contro la predetta pronuncia, "il regime delle agevolazioni rese disponibili in favore delle banche in forza della legge 23 dicembre 1998, n. 461, e, conseguentemente, degli artt. 16, commi 3 e 5, ....., del decreto legislativo 17 maggio 1999, n.153 è sospeso", a partire dal periodo di imposta 2001.
Resta fermo, in ragione del loro speciale regime giuridico, quanto disposto in tema di fondazioni dalla citata legge n. 461 del 1998 e dal medesimo decreto legislativo n. 153 del 1999.
Successivamente, con il decreto legge 24 dicembre 2002, n. 282, (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27), in ulteriore attuazione degli adempimenti conseguenti alla predetta decisione comunitaria, è stato imposto alle banche di versare - entro il termine ultimo del 31 dicembre 2002 - l'importo equivalente alle imposte non corrisposte in conseguenza delle predette disposizioni.
La Commissione europea, come in precedenza ricordato, ha esaminato le medesime norme agevolative anche in relazione alle fondazioni bancarie e con la decisione n. 2003/146/CE del 22 agosto 2002, le stesse sono state dichiarate compatibili con la disciplina di cui all'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE.
Più in particolare con l'articolo 1 della citata decisione la Commissione Europea ha stabilito che "la misura cui l'Italia ha dato esecuzione con l'articolo 12, comma 2, l'articolo 13, l'articolo 16, commi 4 e 5 e l'articolo 27, comma 2 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 destinata alle fondazioni che non esercitano direttamente attività nei settori elencati nell'articolo 1, comma 1, lettera c) bis di detto decreto, .....non costituisce aiuto ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE".
L'articolo 2 della citata decisione stabilisce, inoltre, che "La misura cui l'Italia ha dato esecuzione con l'articolo 13, l'articolo 16, comma 6, e l'articolo 17 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 destinata alle società conferitarie che non esercitano attività bancaria, non offrono alcun servizio a terzi e sono interamente possedute da fondazioni di cui all'articolo 1 della presente decisione non costituisce aiuto...".
L'articolo 3 stabilisce inoltre che "qualora le fondazioni intervengano direttamente in un'attività economica nella quale sono presenti scambi tra Stati membri...... qualsiasi agevolazione fiscale che possa andare a beneficio di tali attività è atta a costituire aiuto di Stato e deve essere in tal caso notificata...".
Dalla lettura degli articoli ricordati appare evidente che la compatibilità delle misure a favore delle fondazioni con il mercato comune non viene affermata dalla Commissione Europea in via generale; le possibilità di beneficiare delle disposizioni agevolative sopraricordate viene, infatti, limitata e vincolata alle condizioni espressamente contemplate nei citati articolo.
Nella citata decisione vengono, inoltre indicate in modo distinto negli articoli 1 e 2 rispettivamente le previsioni rivolte alle fondazioni da quelle che ancorché rivolte alle società conferitarie (banche) concretizzino una agevolazione per le fondazioni; tra queste ultime vengono, infatti, fatte salve a determinate condizioni le previsioni contenute nell'articolo 16, comma 6 e articolo 17 del decreto n. 153 del 1999.
Nell'ambito di tali disposizioni rivolte alle società conferitarie non viene, invece ripresa la disposizione contenuta nel comma 3 dell'articolo 16 che dispone l'esclusione dall'Iva delle operazioni di retrocessione oggetto della presente istanza di interpello; con riferimento a tale disposizione resta quindi ferma la pronuncia contenuta nella decisione dell'11 dicembre 2001, riguardante le disposizioni in favore delle banche, che ne disponeva l'incompatibilità con il mercato comune.
A parere della scrivente non può, inoltre, fondatamente sostenersi che la mancata applicazione dell'Imposta sul Valore Aggiunto all'operazione in esame non concretizzi una agevolazione per la società conferitaria che ne dovrà tenere conto in sede contrattuale nella determinazione del prezzo.
L'applicazione dell'Iva all'operazione di cessione incidendo sulla determinazione del prezzo, influenza, infatti, l'economicità dell'operazione anche in capo alla società conferitaria.
Si rileva altresì che nell'ipotesi di disapplicazione dell'imposta, la banca cedente potrebbe trovare benefici sotto il profilo procedurale in termini di mancata esecuzione degli adempimenti a cui sarebbe stata tenuta qualora fosse stata chiamata ad applicare l'IVA (oneri di registrazione e fatturazione del corrispettivo incassato, nonché di esecuzione della rivalsa e di riversamento dell'imposta all'Erario).
D'altra parte la stessa Commissione europea ha riconosciuto come "un'esenzione fiscale sul trasferimento di cespiti dalla fondazione bancaria alla banca conferitaria non deve necessariamente essere valutata allo stesso modo di un'operazione analoga di retrocessione dalla banca conferitaria alla fondazione". L'esigenza di tenere distinti i due piani appare inoltre confermata dal fatto che il conferimento di beni alla banca "potrebbe aver avuto l'effetto di facilitare la trasformazione delle banche pubbliche in società per azioni", mentre "la retrocessione di detti cespiti alle fondazioni, eventualmente rivalutati in esenzione fiscale, ha il fine (e l'effetto) di migliorare gli indici di redditività della banca" (cfr. decisione 11 dicembre 2001, paragrafo 53)
In considerazione di quanto sopra osservato, non appare, quindi, possibile affermare che la banca cedente non tragga alcun vantaggio dal mancato assoggettamento ad IVA della cessione.
Si ritiene, pertanto, che in costanza di sospensione delle disposizioni agevolative contenute nella legge n. 153 del 1999 ed in attesa della definizione dei ricorsi contro la medesima decisione innanzi alle Autorità giudiziarie dell'Unione Europea, per le operazioni di retrocessione effettuate mediante cessione diretta a titolo oneroso, oggetto della presente istanza di interpello, non si produrranno gli effetti agevolativi previsti dall'art. 16, comma 3, dello stesso decreto.
Nel caso di specie, pertanto, l'operazione riferita alla retrocessione mediante trasferimento a titolo oneroso del bene della Società Conferitaria (Cassa di risparmio di Y S.p.A.) alla Fondazione (Fondazione Cassa di Risparmio di X) rientrerà nel campo di applicazione dell'IVA.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.