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Risoluzione Agenzia Entrate n. 166 del 25.11.2005
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IVA. Differenze riscontrate dal depositante in occasione di inventari periodici presso il magazzino del depositario. Regolarizzazione delle operazioni - Istanza di interpello - Art. 11, legge 212/2000
Risoluzione Agenzia Entrate n. 166 del 25.11.2005Con istanza di interpello, concernente l'interpretazione del dPR n. 633 del 1972, è stato esposto il seguente
QUESITO
La società X (d'ora in poi depositante) svolge attività di produzione e vendita di imballaggi alimentari (vaschette di plastica, etc...); nell'ambito di tale attività ha stipulato diversi contratti di deposito con soggetti terzi (d'ora in poi depositari) al fine di garantire la pronta evasione degli ordini ricevuti dalla propria clientela, tra cui società della grande distribuzione.
I depositari operano anche in proprio, quali distributori, acquistando i prodotti dal depositante per la successiva rivendita; in tal caso i depositari prelevano direttamente i prodotti dai depositi di cui hanno la gestione e diventano, per queste transazioni, clienti del depositante.
I depositari sono contrattualmente responsabili dei prodotti loro affidati e le movimentazioni dei prodotti risultano da tabulati giornalieri e dal registro di conto deposito.
Periodicamente vengono eseguiti presso i depositari inventari fisici al fine di riscontrare le giacenze effettive di prodotti in magazzino rispetto a quelle risultanti dalle scritture contabili; durante tali inventari possono rilevarsi differenze inventariali sia positive (giacenze effettive superiori alle consistenze teoriche contabili), che negative (giacenze effettive inferiori).
Le suddette differenze sono dovute in genere a errori di carico e scarico della merce a causa:
1) delle notevolissime quantità commercializzate;
2) di merce uscita in quantità minori o maggiori rispetto a quanto fatturato e a quanto risulta dai documenti di trasporto;
3) di merce uscita o entrata in deposito con codici sbagliati.
Il depositante dichiara che queste differenze inventariali sono gradualmente cresciute da un minimo di Euro 6.207 su un fatturato di Euro 46.462.418 nel 2002 ad un massimo di Euro 74.536 su un fatturato di Euro 49.201.304 nel 2004.
La società istante precisa che le differenze inventariali negative sono, per prassi consolidata, a carico del depositario-distributore, in quanto si ritiene che tale merce mancante sia stata di fatto "prelevata" per errore dallo stesso operatore in proprio. Le differenze inventariali positive, invece, sono a carico del depositante in quanto si ritiene che il depositario, quale operatore in proprio, abbia di fatto "prelevato" per errore meno merce di quella fatturatagli dalla società.
Tanto premesso il depositante chiede chiarimenti sulle procedure da seguire per regolarizzare le differenze inventariali.SOLUZIONE PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'istante innanzitutto ritiene che, in sede di inventario, sia possibile effettuare una compensazione aritmetica tra il valore delle merci eccedenti e quello delle merci mancanti, sempre che dette merci siano soggette alla stessa aliquota IVA.
In caso di merci mancanti o in presenza di una differenza inventariale netta negativa, il depositante ritiene possibile l'emissione di una regolare fattura con IVA nei confronti del depositario inteso quale soggetto che opera anche in proprio.
Gli importi così fatturati costituirebbero un ricavo per il depositante ed un costo per il depositario.
Invece, in caso di merci eccedenti o in presenza di una differenza inventariale netta positiva, il depositante emetterebbe una nota di credito nei confronti del depositario con relativa regolazione finanziaria dell'operazione.
A seguito della nota di credito il depositante rettificherebbe in diminuzione i propri ricavi, mentre incrementerebbe il proprio magazzino con le merci risultate eccedenti.
Il depositante fa presente che questa procedura, oltre ad essere ampiamente utilizzata nella prassi, è stata verificata dalla società di revisione.
Inoltre, la procedura proposta non creerebbe danni per l'Erario. Ciò in quanto, anche nell'ipotesi di emissione di note di credito, ai fini dell'IVA, la maggiore detrazione del depositante sarebbe compensata dal maggior ammontare dell'IVA a debito del depositario, mentre ai fini reddittuali, a fronte del minor ricavo del depositante e del minor costo del depositario, si avrebbe pur sempre l'incremento delle rimanenze del depositante.PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
La scrivente ritiene preliminarmente che qualora le eventuali differenze inventariali negative riscontrate siano la conseguenza di errori di fatturazione nei confronti del depositario, il depositante è tenuto ad emettere, ai sensi dell'articolo 26, primo comma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, note di variazione in aumento nei confronti del depositario per le merci mancanti, semprechè sia possibile l'individuazione delle fatture di vendita originarie. Tale procedura, ovviamente, è consentita con riferimento alle fatture emesse nei confronti del depositario e, quindi, nella sola ipotesi in cui questi operi anche in proprio. In tale procedura va ricondotta qualunque ipotesi in cui nella fattura originaria di vendita non vengano ricomprese tutte le operazioni per le quali si sia verificato il presupposto impositivo (cfr. risoluzione del 24 luglio 1975, n. 501355).
Nel caso inverso in cui vengano riscontrate merci eccedenti, il depositante emette note di variazione in diminuzione, ai sensi dell'articolo 26, terzo comma del dPR n. 633 del 1972, entro un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile. Anche in tale ipotesi occorre che la nota di variazione in diminuzione sia ricollegabile all'operazione originaria, ciò al fine di impedire forme di elusione degli obblighi del contribuente.
L'istante dovrà dimostrare, in particolare, che vi è identità tra oggetto della fattura e della registrazione originaria da un lato e oggetto della registrazione della variazione dall'altro, in modo che esista corrispondenza tra i due atti contabili (cfr. sentenza Corte di Cassazione del 6 luglio 2001, n. 9188).
Peraltro, diversamente da quanto emerge dalla documentazione allegata all'istanza di interpello, le eventuali rettifiche devono risultare da note di variazione dell'imponibile o dell'imposta distinte dalle fatture originarie.
Solo se non è possibile individuare, neppure avvalendosi dei sofisticati mezzi informatici oggi disponibili, la fattura errata (che consentirebbe la regolarizzazione mediante l'emissione di opportune note di variazione), la società depositante, in occasione degli inventari fisici periodicamente effettuati, può operare la compensazione aritmetica dei valori corrispondenti alle merci eccedenti e a quelle mancanti in magazzino, purché ricadenti sotto la stessa aliquota d'imposta (cfr. risoluzioni del 6 novembre 1979, n. 410071 e del 21 settembre 1981, n. 503238).
Una volta sistemate le partite differenziali tramite apposite note di variazione (per errori di fatturazione) o mediante compensazione (per partite soggette alla medesima aliquota), occorre valutare il trattamento di eventuali ulteriori giacenze effettive di merci in magazzino inferiori o superiori rispetto a quelle risultanti dalle scritture contabili e/o di magazzino.
Nel primo caso, le merci mancanti in magazzino per le quali non sia possibile accertare la perdita (dovuta, ad esempio, a rottura, furto, distruzione o impiego nei processi produttivi) dovranno essere fatturate dal depositante, con applicazione dell'IVA.
Qualora non sia possibile riferire tale differenza alle operazioni intercorse con un determinato cessionario, si è dell'avviso che la fattura di vendita debba essere emessa nei confronti del depositario. In mancanza di un destinatario certo è fondato ritenere, infatti, che la merce mancante sia stata prelevata dallo stesso depositario in qualità di operatore in proprio.
Il depositario dovrà, di conseguenza, emettere un'autofattura per autoconsumo, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, n. 5 del dPR n. 633 del 1972. Tale interpretazione è suffragata, tra l'altro, anche dalla responsabilità del depositario di custodire i beni con la diligenza del buon padre di famiglia, ai sensi dell'articolo 1768 del Codice Civile e come si evince dal punto 3), lettera b) del contratto di deposito allegato all'istanza di interpello.
Nel caso inverso in cui si riscontrino merci eccedenti e il depositario sia - come nel caso prospettato - anche un operatore in proprio che detiene esclusivamente in deposito prodotti del depositante, questo ultimo dovrà aggiornare le proprie scritture di magazzino con opportune analitiche rettifiche che comportino la presa in carico delle merci risultate eccedenti, rilevando contestualmente una corrispondente sopravvenienza attiva. L'emissione di una nota di variazione in diminuzione, come prospettato dall'istante, trova infatti applicazione soltanto nell'ipotesi indicata in premessa, ossia nel caso in cui il depositante possa dimostrare di aver venduto al depositario effettivamente prodotti inferiori rispetto a quanto fatturato.
Resta inteso che tutte le prospettate "sistemazioni" del magazzino operate con metodi diversi dalla emissione di note di variazione ai sensi dell'articolo 26 del dPR n. 633 del 1972 e, precisamente, mediante compensazione ovvero fatturazione o rettifica contabile, sono consentite a condizione che le discordanze vengano rilevate direttamente dal depositante e che trattasi di errori dalle dimensioni molto contenute che, secondo "l'id quod plerumque accidit", è possibile riscontrare nel settore dei depositi come quello in esame. A tal fine, tali discordanze non devono essere rilevanti né in rapporto al volume dei ricavi e alle quantità movimentate, né devono incidere in maniera considerevole sul risultato d'esercizio.
In estrema sintesi la scrivente ritiene che il depositante debba adottare la seguente procedura:
1) nelle ipotesi in cui vengano riscontrati errori di fatturazione dovrà emettere una nota di variazione in aumento ex articolo 26, comma 1 del dPR n. 633 del 1972 per il valore delle merci mancanti, ovvero una nota di variazione in diminuzione ex articolo 26, comma 3 del dPR n. 633 del 1972 per il valore delle merci eccedenti;
2) nelle ipotesi in cui non sia possibile individuare la fattura errata (che consentirebbe la regolarizzazione mediante l'emissione di opportune note di variazione), il depositante potrà operare la compensazione aritmetica dei valori corrispondenti alle merci eccedenti e quelle mancanti, purché ricadenti sotto la stessa aliquota d'imposta;
3) ove non siano praticabili le soluzioni sub 1) e 2), relativamente alle residue differenze inventariali (per le quali, ad esempio, non è stato possibile individuare la fattura errata né operare la compensazione trattandosi di beni ad aliquota IVA diversa), possono praticarsi le seguenti soluzioni:
a) se risultano merci mancanti, per le quali non sia stata accertata la perdita ad esempio per rottura, furto o distruzione, il depositante dovrà emettere fatture assoggettate ad IVA e il depositario dovrà, di conseguenza, emettere un'autofattura;
b) se risultano merci eccedenti e il depositario è un operatore in proprio che detiene esclusivamente in deposito prodotti del depositante, questo ultimo dovrà aggiornare le proprie scritture di magazzino con opportune analitiche rettifiche che comportino la presa in carico delle merci risultate eccedenti e rilevare la corrispondente sopravvenienza attiva.
Come già affermato, presupposto comune ai metodi di sistemazione delle differenze inventariali prospettati ai punti 2) e 3) è il riscontro diretto del depositante nonché l'esiguità delle discordanze.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza d'interpello presentata alla Direzione Regionale ....., viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.