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Risoluzione Agenzia Entrate n. 20 del 27.01.2006
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Art. 32, comma 2 del D.P.R. 22 Dicembre 1986, n.917. Associazione XX. Natura agricola dell'attività di produzione del micelio di fungo
Risoluzione Agenzia Entrate n. 20 del 27.01.2006L'Associazione indicata in oggetto ha chiesto alla scrivente chiarimenti in merito all'inquadramento tra le attività agricole di quelle dirette alla produzione di micelio di fungo.
In particolare l'istante, dopo aver dettagliatamente descritto le varie fasi biologiche che caratterizzano lo sviluppo del fungo, chiede di sapere se, contrariamente a quanto già sostenuto da questa Amministrazione con la risoluzione n. 15/E dell'11 marzo 1998 e alla luce delle modifiche normative intervenute all'articolo 2135 c.c. (definizione di imprenditore agricolo), sia possibile classificare ai fini fiscali le attività dirette alla produzione del micelio nell'ambito delle attività agricole e quindi determinare il reddito prodotto su base catastale ai sensi dell'articolo 34 del Tuir.
Per quanto di interesse, sotto il profilo prettamente biologico, si fa presente che con il termine micelio si identifica uno dei tre stadi che caratterizzano le fasi biologiche dell'organismo fungino. Partendo dallo stadio elementare (spora), lo sviluppo dell'organismo dà luogo ad un intreccio di filamenti denominato ifa miceliare o, più semplicemente, micelio. Solo nella successiva fase di accrescimento si determina la formazione della struttura fungina (gambo, carpoforo, apparato radicale) come normalmente conosciuta.
Conseguentemente nella funghicoltura intensiva è possibile individuare tre distinte fasi produttive:
1) produzione del micelio. Questo è costituito da ife, cioè filamenti cellulari che, moltiplicandosi tra loro, danno luogo prima alle spore riproduttive, poi al micelio vero e proprio (intreccio più complesso di tali filamenti che si sviluppa autonomamente nell' humus). Il micelio così ottenuto viene conservato in ambienti sterili, climatizzati e bui e si presenta, allo stadio di prodotto finito, come una muffa bianca che ricopre interamente il seme su cui è fatto sviluppare. Si tratta di una fase produttiva molto delicata e sofisticata dal punto di vista biochimico. Il micelio così prodotto diventa una materia prima per la fase di lavorazione successiva.
2) creazione, inseminazione e cessione del substrato di allevamento. Questa fase consiste nel portare a completamento l'ordinario processo biologico da cui derivano i funghi. In particolare, il micelio viene distribuito nel substrato e comincia a ramificarsi in via sotterranea fino ad invadere completamente lo spazio a disposizione (fase vegetativa). Le imprese operanti in questo settore accumulano e amalgamano i prodotti (in prevalenza organici) che costituiranno l'humus di nutrimento del fungo; generalmente si tratta di letame equino, paglia, pollina, sottoprodotti o materie organiche di scarto derivanti da altre lavorazioni agricole, concimi chimici, torba, gesso agricolo.
Questi elementi vengono miscelati tra loro e il composto derivante viene poi disteso all'aperto, bagnato e indotto a fermentazione spontanea, ma controllata, al fine di eliminare le muffe non necessarie per lo sviluppo dei funghi. Prima di venire "inseminato" con i miceli, l'humus viene collocato (per un periodo di circa 10 giorni) in lettiere o casse, dove subisce "bagni" di vapore, al fine di favorire ulteriormente lo sviluppo della flora batterica necessaria al nutrimento del fungo.
Il processo di riproduzione dei funghi viene ultimato con la fase di inseminazione che prevede l'immissione del micelio nel composto, nonché il successivo compattamento del "composto inseminato" in balle o sacchi, che vengono depositati in locali climatizzati in cui il micelio deve attecchire sul composto; la fase è delicata in quanto su di essa incombono i rischi biologici.
3) accrescimento e raccolta. Le imprese produttrici di sostrato cedono i sacchi e le balle di humus inoculato ai funghicoltori-raccoglitori, i quali effettuano una attività di conservazione nelle condizioni più adatte perché il processo biologico, innescato dai produttori di sostrato (di cui al precedente numero 2), prosegua regolarmente e favorisca lo sviluppo riproduttivo. E' solo nel breve periodo della riproduzione (da 5 a 12 giorni, ma per alcune specie anche meno) che si forma il corpo fruttifero commestibile, cioè il "prodotto" della coltivazione.
Con la richiamata risoluzione n. 15/E del 1998 l'Amministrazione finanziaria ha sostenuto, tra l'altro, che "...l'agrarietà deve essere messa in relazione al ciclo biologico naturale del prodotto e...essa può configurarsi per le fasi che vanno dalla creazione del substrato alla raccolta del fungo...Per quanto riguarda invece la prima fase diretta alla produzione del micelio, va osservato che la stessa,...configura una organizzazione e una struttura che prescindono da quelle proprie dell'attività agricola".
Ciò premesso, al fine di determinare in concreto la disciplina fiscale applicabile all'attività in discorso, si ritiene opportuno ricostruire la normativa che regola la materia.
Con la Legge 5 aprile 1985, n.126 l'attività di funghicoltura è stata inserita tra quelle considerate agricole "per natura" (anche dette attività agricole principali), ai sensi dell'articolo 32 (già art. 29), comma 2, lettera a), del Tuir disponendo, quindi, una presunzione assoluta di agrarietà per questo tipo di attività.
Successivamente, con l'articolo 3, comma 4, lettera a), n. 2 della Legge 23 dicembre 1996, n. 662 (finanziaria per il 1997) la coltivazione dei funghi è stata eliminata dal novero delle attività agricole "per natura".
A seguito della modifica normativa sopra citata, il riconoscimento quale attività agricola della funghicoltura continuava a trovare la propria disciplina nelle lettere b) e c), comma 2 dell'articolo 29 (ora 32) del Tuir.
Il D.Lvo n. 228 del 2001 ha riformulato la definizione di imprenditore agricolo prevista dall'articolo 2135 c.c. In particolare il 2 comma del citato art. 2135 c.c., dispone che sono attività agricole quelle "dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine".
Inoltre, riguardo alle attività agricole connesse prima considerate tali solo se esercitate "nell'esercizio normale dell'agricoltura" è stato valorizzato il diverso criterio della prevalenza che postula un confronto quantitativo tra i prodotti agricoli ottenuti dall'attività agricole principale con i prodotti acquistati da terzi (v. Circolari n. 44 del 2002 e n. 44 del 2004).
A seguito dell'importante intervento normativo che ha interessato la definizione di imprenditore agricolo, anche il legislatore fiscale ha provveduto tempestivamente ad adeguare il testo delle norme vigenti in materia di imposte sui redditi al nuovo articolo 2135 c.c. Infatti, l'articolo 2, comma 6, lettera a) della Legge n. 350 del 2003 (entrata in vigore il 1 gennaio 2004) ha riformulato l'articolo 32, comma 2, lettera c) del Tuir ricomprendendo nel regime dei redditi agrari stimati catastalmente i redditi delle "attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile (attività agricole connesse) dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze su proposta del Ministero delle politiche agricole e forestali".
Con le modifiche normative introdotte dalla Legge n. 350 del 2003 è stato, quindi, superato, il riferimento all'esercizio normale dell'agricoltura per le attività connesse ed, in termini generali, riconosciuto fiscalmente il nuovo ampio concetto di agrarietà legato allo sviluppo del ciclo biologico dell'organismo.
Tanto premesso, la scrivente ritiene che, alla luce delle importanti modifiche normative intervenute nella materia de qua (a far data dal 1 gennaio 2004) e sulla base di un' attenta disamina della letteratura scientifica esistente nella materia oggetto del presente parere, sia corretto includere anche l'attività di produzione del micelio nella categoria delle attività agricole.
Infatti, la produzione del micelio si configura come quell'attività diretta a riprodurre una delle fasi biologiche che regolano lo sviluppo dell'organismo fungino. In tal senso deve ritenersi parzialmente superata la posizione assunta da questa Amministrazione con la risoluzione sopra citata.
Tuttavia, non si ravvisa la possibilità di ricondurre la produzione di micelio nell'ambito di applicazione del comma 2, lettera a) dell'articolo 32 del Tuir e cioè di considerarla quale "attività diretta alla coltivazione del terreno...".
Infatti, nel caso di specie, anche in considerazione delle modalità concrete utilizzate, non sono rinvenibili elementi tali da poter ricondurre l'attività in questione alla sfera materiale del terreno inteso latu sensu come l'elemento fisico in cui viene realizzato il processo produttivo. Si ritiene, infatti, che l'elemento materiale del terreno, nel caso della produzione del micelio sia collegato in maniera così labile all'attività svolta tanto da non potersi ricondurre nell'ambito della lettera a), comma 2 dell'articolo 32 del Tuir
A conforto di tale interpretazione è opportuno, inoltre, ribadire che, l'attività di funghicoltura è stata espressamente eliminata dal novero di quelle contemplate dalla citata lettera a), comma 2, articolo 32 del Tuir mediante l'intervento normativo attuato con l'articolo 3, comma 4, lettera a), n. 2 della Legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Conclusivamente, si ritiene che l'attività di produzione del micelio possa, essere ricompresa nell'ambito di applicazione della lettera b), comma 2 dell'articolo 32 del Tuir, ovvero, se connessa, della lettera c) comma 2, articolo 32 del Tuir.
Per quanto riguarda, in particolare le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili di cui alla citata lettera b), si evidenzia per completezza che, in seguito all'introduzione dell'articolo 56-bis (ex art. 78-bis) del Tuir ad opera dell'articolo 2, comma 6, lettera b) della Legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria per il 2004), se la superficie adibita alla produzione dei vegetali eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste, il reddito relativo alla superficie eccedente ha natura di reddito d'impresa, la cui determinazione avviene su base forfetaria, salva la possibilità per il contribuente di optare per il regime analitico di determinazione del reddito o, per i contribuenti in regime di contabilità semplificata, di applicare le modalità di cui all'articolo 66 del Tuir.
Infatti, ai sensi del comma 1 dell' articolo 56-bis del Tuir, "Per le attività dirette alla produzione di vegetali esercitate oltre il limite di cui all'art. 32, comma 2, lettera b) il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito d'impresa nell'ammontare corrispondente al reddito agrario relativo alla superficie su cui insiste la produzione in proporzione alla superficie eccedente".
La determinazione del reddito d'impresa calcolato su base forfetaria seguirà, quindi, la seguente formula matematica:
Reddito d'impresa forfetario = reddito agrario /superficie di base effettivamente coltivata X superficie eccedente.