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Risoluzione Agenzia Entrate n. 51 del 04/04/2006
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Disciplina fiscale applicabile ai fini IRPEF ed IVA alla cessione di quote latte e diritti di reimpianto vigneti
Risoluzione Agenzia Entrate n. 51 del 04/04/2006I rappresentanti della associazioni di categoria degli agricoltori hanno chiesto un parere, da rendere nell'ambito dell'attività di ordinaria consulenza giuridica di cui alla circolare n. 99 del 2000, in merito alla tassazione dei proventi derivanti dalla cessione di quote latte e alla cessione dei diritti di reimpianto dei vigneti, poste in essere da produttori agricoli che determinano il reddito su base catastale. Le due fattispecie possono essere esaminate congiuntamente poiché entrambe implicano la necessità di verificare se tali proventi rientrino nella determinazione catastale del reddito o viceversa costituiscano una operazione commerciale non riconducibile nell'ambito dell'attività agricola.
Le associazioni istanti affermano che tali proventi non costituiscono componenti di reddito autonomamente tassabili in quanto sono compresi nella determinazione catastale del reddito agrario.
Al riguardo richiamano, tra l'altro, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ravenna, n.138 dell'11 dicembre 2002, in cui si afferma che i diritti di reimpianto di viti, trasferibili con normale contratto di compravendita soggetta a registrazione obbligatoria e a comunicazione ai competenti organi provinciali e regionali, costituiscono un bene immateriale, strumentale dell'azienda agricola. Tale qualificazione consente alla Commissione di concludere che, poiché il costo di acquisto del diritto è compreso nella determinazione del reddito agrario, anche la relativa cessione, se effettuata da un agricoltore che determina il reddito catastalmente, non genera alcuna plusvalenza autonomamente tassabile ma costituisce una componente di tale reddito catastale.
La Commissione tributaria aggiunge, inoltre, che il corrispettivo percepito dalla vendita dei diritti "de quo" rappresenta un reddito sostitutivo del reddito agrario derivante dalla coltivazione dei vigneti e che, quindi, anche per tale aspetto, esso risulterebbe compreso nel reddito catastalmente determinato posto che, ai sensi dell'art. 6 del Tuir, i proventi realizzati in sostituzione di redditi costituiscono redditi della medesima natura di quelli sostituiti o perduti.
Analoga decisione è stata assunta dalla Commissione tributaria provinciale di Cremona la quale, con sentenza n. 113 del 24 agosto 2001 pronunciata in merito alle quote latte, ha argomentato che il diritto ad attuare una specifica produzione agricola, nel caso di specie la produzione di latte, è incorporato nella definizione e quantificazione del reddito agrario e che pertanto il corrispettivo derivante dalla cessione delle quote latte rientra nella specifica tassazione del reddito agrario.
La dottrina ha accolto la tesi della giurisprudenza di merito inquadrando le fattispecie in esame nell'ambito delle cessioni di beni immateriali strumentali allo svolgimento dell'attività agricola.
Per quanto concerne la prassi amministrativa si richiamano due pronunce dell'amministrazione finanziaria, la circolare n. 141 del 1998 e la risoluzione n. 27 del 2003, con le quali è stato riconosciuto, in sostanza, il carattere strumentale che i diritti in questione rivestono rispetto alla attività agricola. In particolare, la circolare n. 141 del 1998 ha chiarito, ai fini IRAP, che la cessione di quote latte, al pari della cessione di beni strumentali, costituisce una operazione riferibile alla attività agricola, alla quale si applica la aliquota IRAP agevolata prevista per tale attività. La risoluzione n. 27 del 2003, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali per i nuovi investimenti (art. 4 della legge n. 383 del 2001 il quale accorda un'agevolazione basata sulla detassazione del reddito d'impresa in misura pari al 50 per cento dell'incremento degli investimenti realizzati dalle imprese rispetto alla media del quinquennio precedente), ha precisato che i costi sostenuti per l'acquisizione di detti diritti di reimpianto, previsti nell'ambito del regime autorizzatorio comunitario, stabilito dal regolamento del Consiglio n. 1493/1999 del 17 maggio 1999 e dal regolamento della Commissione n. 1227/2000 del 31 maggio 2000, rappresentano oneri direttamente imputabili alla realizzazione dell'impianto del vigneto da parte dell'imprenditore agricolo e, quindi, godono del beneficio.
Per un corretto inquadramento reddituale delle ipotesi in esame si premette un breve accenno alla disciplina comunitaria di riferimento.
La cessione delle quote latte e dei diritti di reimpianto dei vigneti trovano la loro regolamentazione a livello comunitario, rispettivamente, nei regolamento CE 3950/92 e nel regolamento CE n. 1493/99, e successive modificazioni.
Per quanto concerne le quote latte, il regolamento citato prevede l'imposizione di un prelievo (fissato nel 115% del prezzo indicativo del latte) sul latte, raccolto o venduto direttamente, eccedente un determinato quantitativo. Sono fissati quindi limiti di riferimento individuali per le aziende (pari al quantitativo disponibile nell'anno 1993) il cui totale non può eccedere il quantitativo globale assegnato a ciascuno Stato. Il quantitativo di riferimento disponibile per l'azienda viene trasferito con l'azienda in caso di vendita, locazione o trasmissione per successione e la parte eventualmente non trasferita viene acquisita dallo Stato e aggiunta alla riserva di cui dispone. Gli stati possono accordare ai produttori che si impegnano ad abbandonare la produzione lattiera una indennità; inoltre possono assegnare, dietro pagamento, quantitativi di riferimento di cui dispongono o, infine, possono autorizzare i trasferimenti tra produttori dei quantitativi di riferimento individuali senza il corrispondente trasferimento di terre.
In relazione al diritto di reimpianto dei vigneti, il regolamento CE n. 1493 del 1999 dispone che ogni nuovo impianto di viti per la produzione di vino deve essere proibito (fino al 31 luglio 2010), salvo le contrarie disposizioni del regolamento medesimo, il quale prevede, in sintesi, che siano attribuiti diritti di reimpianto ai produttori che hanno estirpato una superficie piantata a vite. I diritti devono essere esercitati nell'azienda per la quale sono stati assegnati oppure, in deroga a tale criterio, possono essere trasferiti a un'altra azienda all'interno dello stesso Stato (o all'interno della stessa regione). E' richiesto che gli Stati istituiscano rigorosi controlli ed impongano che gli impianti effettuati illegalmente, contravvenendo alle restrizioni imposte dalla normativa comunitaria, vengano estirpati.
I regolamenti comunitari richiamati attuano un sistema di contingentamento produttivo in base al quale la possibilità di operare nei settori produttivi in esame è riservata ai soli soggetti che in precedenti periodi abbiano attuato la produzione (produzione storica dell'azienda) e nei limiti della quota loro assegnata. Le quote latte e di diritti di reimpianto rappresentano quindi un diritto a produrre.
Le aziende che non sono in possesso di requisiti richiesti, le quali quindi non avrebbero il diritto alla produzione, possono subentrare nel diritto di quegli imprenditori che pur disponendone non intendono utilizzarlo, in via definitiva o temporanea, acquistando o affittando le quote latte ed i diritti di reimpianto dei vigneti a titolo oneroso. I relativi atti di disposizione devono essere effettuati mediante scrittura privata, con firma autenticata e registrazione obbligatoria e comunicate ai competenti organi regionali e provinciali di controllo per le conseguenti annotazioni dei trasferimenti di proprietà o di uso.
Il carattere di necessaria connessione che la titolarità del diritto (acquisito a titolo oneroso o a titolo originario) riveste rispetto al legittimo svolgimento delle attività agricole in questione consente di inquadrare le quote latte o i diritti di reimpianto tra le componenti dell'azienda ed in particolare nella categoria dei beni immateriali, al pari delle licenze, concessioni, ecc. Ne consegue che il trasferimento temporaneo (locazione) o definitivo (cessione) di tali "diritti" regolamentati ad altri soggetti si configura come la cessione di un "bene immateriale" dell'azienda agricola medesima.
La rilevanza o meno di tali cessioni quali componenti negative o positive di reddito agrario va valutata alla luce dei criteri forfetari che presiedono la determinazione di tale particolare tipologia reddituale. Il reddito agrario è determinato sulla base della rendita catastale, nel cui ambito perde rilevanza la effettiva determinazione dei costi e dei ricavi. Tale rendita, stimata nel reddito medio ordinario del terreno, è stabilita secondo la produzione agricola da esso ritraibile in base al genere di produzione praticata. Rientrano nella determinazione di tale reddito, pertanto, le attività che sono riconducibili all'esercizio "ordinario" dell'agricoltura, ossia quelle attività collegate allo sfruttamento del terreno. Anche le cessioni di beni, materiali o immateriali, in quanto utilizzati per lo svolgimento dell'attività agricola si deve ritenere che siano in rapporto diretto col terreno. Secondo quanto interessa le ipotesi in esame, il trasferimento a titolo oneroso, definitivo o temporaneo, di situazioni giuridiche strettamente funzionali all'esercizio della attività esercitata dall'impresa risulta compreso nel reddito agrario al pari delle cessioni di beni strumentali. Ne consegue che i relativi introiti costituiscono elementi reddituali assorbiti dal criterio catastale e non generano plusvalenze autonomamente tassabili.
Per altro verso eventuali costi sostenuti per l'acquisto delle quote latte o dei diritti di reimpianto vigneti restano in ogni caso assorbiti nella determinazione forfetaria del reddito agrario derivante dalla produzione lattiera o vinicola il quale è determinato secondo i medesimi criteri catastali che fanno riferimento alle potenzialità produttive del terreno a prescindere dalla circostanza che i relativi diritti di produzione siano acquisiti a titolo oneroso o gratuito.
Per quanto concerne l'imposta sul valore aggiunto le cessione dei diritti in esame devono essere assoggettate al tributo con aliquota ordinaria essendo poste in essere nell'esercizio di impresa e non essendo comprese nelle operazioni da assoggettare ad aliquota ridotta ai sensi della tabella A allegata al DPR n. 633 del 1972.