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Risoluzione Agenzia Entrate n. 392 del 28.12.2007
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Istanza di interpello - art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. ALFA – acquisto contratto di leasing – art. 38-bis, secondo comma, ult. periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972 – rimborso infrannuale IVA per acquisto beni ammortizzabili
Risoluzione Agenzia Entrate n. 392 del 28.12.2007QUESITO
La società ALFA, che svolge attività di compravendita e gestione di immobili urbani e rustici, in data 1ş febbraio 2007 è subentrata, dietro corrispettivo pari a 338.462 euro (di cui 56.410 euro per IVA), alla BETA come utilizzatore in un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto un laboratorio artigianale con uffici, servizi, accessori e relative pertinenze, ossia un bene immobile strumentale appartenente alla categoria catastale D7.
Ciò premesso, l’istante chiede se, nel caso concreto, sussistano i presupposti di cui all’art. 38-bis, secondo comma, ult. periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972 per il rimborso infrannuale dell’IVA.SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DALL’ISTANTE
Secondo la società ALFA, “l’acquisto del contratto di leasing è da considerarsi equiparabile all’acquisto diretto del bene” che ne è oggetto.
L’istante, pertanto, avendo effettuato un acquisto di un bene ammortizzabile per un ammontare superiore ai due terzi dell’ammontare complessivo degli acquisti di beni imponibili ai fini dell’imposta sul valore Direzione Centrale Normativa e Contenzioso aggiunto, ritiene di avere diritto al rimborso infrannuale dell’IVA ai sensi del citato art. 38-bis, secondo comma, ult. periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972.PARERE DELL’AGENZIA DELL’ENTRATE
In via preliminare, si evidenzia che ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209, “il contribuente dovrà presentare l’istanza di cui al comma 1, prima di porre in essere il comportamento o dare attuazione alla norma oggetto di interpello”.
Nel caso di specie, l’istante ha già presentato istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38-bis, secondo comma, ult. periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972, cosicché l’interpello, privo del carattere preventivo rispetto al comportamento adottato dal contribuente, deve considerarsi inammissibile.
Ciò nondimeno, si reputa opportuno esaminare nel merito la questione prospettata, rappresentando qui di seguito un parere che non è produttivo degli effetti tipici dell’interpello di cui all’art. 11, commi 2 e 3, della legge n. 212 del 2000, ma rientra nell’attività di consulenza giuridica secondo le modalità illustrate con la circolare del 18 maggio 2000, n. 99.
Ciò premesso, con riferimento al quesito posto si osserva quanto segue.
Come è noto, il credito IVA di fine anno può essere chiesto, totalmente o parzialmente, a rimborso solo qualora sussista almeno uno dei presupposti indicati nell’art. 30, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 o in altre disposizioni dello stesso decreto, peraltro puntualmente delineati dal legislatore al fine di circoscrivere la platea dei contribuenti che possono utilizzare tale strumento.
In particolare, l’art. 30, comma 3, lett. c) del d.P.R. n. 633 del 1972, prevede, tra l’altro, che il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a 2.582,28, all’atto della presentazione della dichiarazione “limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili…”
L’art. 38-bis, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, che individua i requisiti per ottenere il rimborso in relazione a periodi inferiori all’anno, prestando le garanzie previste, così come integrato dall’art. 52 della legge 21 novembre 2000, n. 342, ha esteso il rimborso infrannuale dell’IVA anche all’ipotesi in cui il contribuente “effettua acquisti ed importazioni di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai due terzi dell’ammontare complessivo degli acquisti e delle importazioni di beni e servizi imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.
La ratio sottostante alla previsione in esame – comune a tutte le ipotesi in cui è consentito ottenere l’IVA a rimborso – è quella di consentire a quegli operatori economici che effettuano operazioni di investimento in beni ammortizzabili un più sollecito recupero dell’IVA assolta sui beni acquistati, evitando, in tal modo, un aggravio dell’esposizione finanziaria del contribuente. Con riferimento al contratto di leasing, questa Agenzia ha già avuto modo di precisare che “il rimborso è ammissibile quando il relativo ammontare riguarda l'IVA afferente l'acquisizione di tali beni, anche in esecuzione di contratti di appalto o di locazione finanziaria” (cfr. circolare 12 gennaio 1990, n. 2) e che “ricorrono i presupposti per l’esecuzione del rimborso dell’IVA afferente i beni acquistati dalle imprese di leasing, sempreché, ovviamente le relative disposizioni in materia di imposizione diretta prevedano la deduzione del costo per quote di ammortamento” (cfr. risoluzione del 2 dicembre 1991, prot. 445585).
In proposito, è utile ricordare, che il contratto di leasing o locazione finanziaria, pur non avendo una disciplina legale, è definito dal legislatore, seppure in uno specifico contesto, nell’art. 17 della legge 2 maggio 1976, n. 183, secondo cui “Per operazioni di locazione finanziaria si intendono le operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà per quest'ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito”.
Sotto il profilo fiscale, si ricorda che ai sensi dell’art. 102, comma 7, del d.P.R n. 917 del 1986 “Per i beni concessi in locazione finanziaria l’impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento…indipendentemente dai criteri di contabilizzazione, per l’impresa utilizzatrice è ammessa la deduzione dei canoni di locazione”.
E’, quindi, il concedente, come titolare del diritto di proprietà del bene oggetto del contratto di leasing ad ammortizzare il bene e a realizzare ricavi pari ai canoni che vengono via via a maturazione, mentre l’impresa utilizzatrice deduce i canoni di competenza di ciascun periodo qualora ricorrano i presupposti del sopra citato art. 102, comma 7, del Tuir.
È la posizione del concedente, in definitiva, che la norma intende tutelare, riconoscendo allo stesso il diritto di avere a rimborso l’IVA assolta sull’acquisto o costruzione dei beni ammortizzabili, in tal modo ponendo rimedio alla necessità di sostenere un ingente onere tributario correlato ad operazioni imponibili di non immediata manifestazione finanziaria.
Ciò indipendentemente dal criterio di contabilizzazione dei cespiti in leasing adottato dal soggetto utilizzatore, e quindi anche nel caso in cui questi abbia utilizzato il cosiddetto “metodo finanziario” secondo il principio di contabilità internazionale IAS n. 17, trattando contabilmente il bene come se fosse acquisito in proprietà.
Come evidenziato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 26 maggio 2003 n. 8292 (seppure in relazione al previgente art. 67, comma 8, del Tuir), la norma “riconosce la possibilità di dedurre le quote di ammortamento alla sola impresa concedente del bene”, come formale proprietario del bene e non all’impresa utilizzatrice.
Il medesimo principio è stato peraltro ribadito di recente dalla Commissione tributaria regionale del Lazio con sentenza del 10 luglio 2006, n. 70, secondo cui “i beni acquistati in leasing, fino a quando non sono riscattati al termine del relativo contratto, non possono annoverarsi tra i beni di proprietà di chi li utilizza …e di conseguenza non possono dare diritto al rimborso quali beni ammortizzabili”.
Con risoluzione del 27 dicembre 2005, n. 179, si è escluso che l’IVA assolta sull’acconto del corrispettivo versato in sede di preliminare di vendita di un bene ammortizzabile possa essere chiesta a rimborso, in quanto in tale sede, appunto, non si è ancora verificato l’effetto traslativo e dunque non si è realizzato il presupposto dell’acquisto del bene di cui al citato art. 30, comma 2, lett. c) del d.P.R. n. 633 del 1972.
Ciò premesso, con riferimento alla fattispecie prospettata, si osserva che l’istante non è concedente del bene oggetto del contratto di leasing, bensì ha acquisito il contratto di leasing subentrando nella posizione dell’utilizzatore, né come utilizzatore ha esercitato il relativo diritto di riscatto, acquistando così la proprietà del bene.
In capo alla ALFA., quindi, non si è realizzato il presupposto dell’acquisto del bene di cui all’art. 30, comma 2, lett. c) del d.P.R. n. 633 del 1972.
Nel contratto di cessione del contratto di leasing, infatti, allegato all’istanza (seppure in copia parziale), è tra le parti convenuto che la BETA cede alla ALFA che accetta, il contratto con tutti i relativi obblighi e diritti (opzione inclusa)… la ALFA riconosce la proprietà dei beni oggetto del contratto in capo alla GAMMA, e per effetto della predetta cessione, si impegna a pagare alla GAMMA tutti i canoni…”
Pertanto, in base alle considerazioni sopra esposte, si è del parere che l’istante, per l’IVA assolta sul corrispettivo relativo all’acquisto, come utilizzatore, del contratto di leasing avente ad oggetto un bene ammortizzabile, non abbia diritto al rimborso infrannuale ai sensi dell’art. 38-bis, secondo comma, ult. periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza d’interpello presentata alla Direzione regionale è resa dalla scrivente ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.