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Risoluzione Agenzia Entrate n. 197 del 16.05.2008
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Interpello - ALFA Srl - art. 11, legge 27/7/2000, n. 212. Trattamento Iva della lavorazione di beni destinati ad essere esportati da o per conto del committente residente - D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 - art. 9, primo comma, n. 9
Risoluzione Agenzia Entrate n. 197 del 16.05.2008Con l'istanza d'interpello di cui all'oggetto, concernente l'applicabilità dell'art. 9, primo comma, n. 9, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stato esposto il seguente
QUESITO
La società istante ALFA S.r.l. (nel prosieguo "ALFA") opera nel settore chimico, erogando servizi di trasformazione di componenti chimici a favore della propria società controllante ALFA A (nel prosieguo "Committente"), società di diritto svizzero che, tramite un rappresentante fiscale in Italia, commercializza i prodotti finiti in ambito chimico e oftalmico.
La società svizzera committente acquista la merce grezza presso fornitori italiani e la consegna alla società istante addetta alla lavorazione in Italia, registrando la relativa operazione nella contabilità IVA tenuta dal rappresentante fiscale.
Tale merce così lavorata è successivamente esportata in Stati extra UE, ovvero è destinata a Paesi comunitari o al mercato interno.
In particolare, la società istante riceve dalla committente le suddette materie prime allo stato grezzo e le invia all'impianto di lavorazione nel quale, attraverso processi chimici fondamentali, sono trasformate in prodotti intermedi e, infine, nel prodotto finale che, in forma liquida, è a sua volta utilizzato nel settore delle lenti da vista.
Pertanto, tali trattamenti possiedono i requisiti oggettivi per rientrare nel regime di non imponibilità disciplinato dal predetto articolo 9 del DPR n. 633 del 1972, in quanto rientrano tra i servizi di cui all'articolo 176 del Testo Unico Doganale.
La società pone, però, in evidenza che, trattandosi della lavorazione di composti liquidi, i beni risultano intrinsecamente non suddivisibili, con conseguente difficoltà oggettiva a distinguere la parte di prodotto trasformato da esportare e, pertanto, a quantificare con esattezza le prestazioni eseguite sul relativo prodotto che possono effettivamente beneficiare del trattamento di non imponibilità.
Il quesito in esame riguarda il regime IVA da applicare ai corrispettivi riconducibili alla "quota parte" dei predetti servizi di lavorazione che la società esegue in Italia su beni destinati ad essere esportati in Stati extra-comunitari e, più in generale, la procedura da adottare per la relativa fatturazione.SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
La società ritiene che la quota parte delle specifiche prestazioni da essa rese, riferibili alle lavorazioni effettuate su beni destinati ad essere esportati in Paesi extra comunitari, possono considerarsi come "servizi connessi agli scambi internazionali", pertanto, non imponibili ai fini IVA ai sensi dell'articolo 9, primo comma, n. 9) del citato DPR n. 633 del 1972.
La parte che corrisponde alla quota del composto liquido finito, oggetto di cessione all'esportazione, sarà determinata sulla base di specifiche indicazioni della società committente e fatturata in regime di non imponibilità IVA ai sensi del predetto articolo 9.
Il rappresentante fiscale italiano della società committente emetterà poi fattura all'esportazione e la società istante conserverà copia della fattura del compenso di lavorazione, vistata dalla Dogana, come prova dell'avvenuta uscita del bene dal territorio italiano.
Con riferimento ad eventuali variazioni nella predetta ripartizione delle quantità di prodotto cedute, tra clienti nazionali, comunitari o extracomunitari, che possano emergere in un momento successivo alla fatturazione del servizio, la Società propone due soluzioni alternative:
o una nota di variazione in aumento ai sensi dell'articolo 26, primo comma, del DPR n. 633 del 1972, per rettificare l'imponibile che risulterebbe assoggettabile ad IVA, con l'aliquota ordinaria, nel caso in cui risultasse incrementata la quota destinata al mercato italiano e/o comunitario; contemporaneamente, emetterebbe una nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell'articolo 26, secondo comma e ss, del citato DPR n. 633 del 1972, a parziale storno dell'imponibile non assoggettato ad IVA, relativo alla quota parte di lavorazione corrispondente alla merce originariamente destinata a clienti esteri poi risultata in eccesso rispetto all'effettiva quantità esportata;
o una nota di variazione in diminuzione dell'imponibile già assoggettato ad IVA e della relativa imposta, nel caso opposto, ossia se risultasse un incremento della quota destinata al mercato extra-UE; contemporaneamente una nota di variazione in aumento per un ammontare corrispondente al maggiore imponibile di lavorazione relativo al quantitativo di merce effettivamente esportata e da assoggettare al regime di non imponibilità IVA ai sensi dell'articolo 9, primo comma, n. 9);
In alternativa, la società potrebbe:
o fatturare direttamente la totalità dei corrispettivi ricollegabili alle prestazioni eseguite al predetto rappresentante fiscale, applicando l'imposta nei modi ordinari, salvo poi emettere una nota di variazione in diminuzione ai sensi del citato articolo 26 del DPR n. 633 del 1972;
o regolarizzare la fatturazione attraverso l'emissione di una nota di variazione in aumento da assoggettare al regime di non imponibilità IVA ai sensi del più volte citato articolo 9 per un ammontare corrispondente all'imponibile di lavorazione ricollegabile al quantitativo di merce effettivamente esportata.
L'istante ritiene, infine, che la soluzione proposta dall'Agenzia delle Entrate con Risoluzione 2 agosto 2007, n. 200/E, apparentemente assimilabile alla fattispecie in esame, se ne discosta riguardando solo il caso in cui la variazione di destinazione della merce si verifica antecedentemente alla fatturazione della prestazione di "trasformazione/lavorazione".PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
In premessa si evidenzia che le prestazioni di lavorazione sui beni mobili materiali sono territorialmente rilevanti nel luogo di materiale esecuzione (art. 7, quarto comma, lett. b) del D.P.R. n. 633 del 1972), salvo che le medesime siano rese ad un committente soggetto passivo d'imposta in un altro Stato membro e i beni siano spediti o trasportati al di fuori del territorio dello Stato (articolo 40, comma 4-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni nella legge n. 427 del 29 ottobre 1993).
Nel caso in esame, non sussistendo i presupposti per applicare le deroghe di cui al citato articolo 40, comma 4-bis, le prestazioni di lavorazione devono considerarsi territorialmente rilevanti in Italia e come tali ivi soggette ad imposta.
Tuttavia, dette prestazioni possono beneficiare del regime di non imponibilità a IVA previsto dall'articolo 9, primo comma, n. 9 del DPR n. 633 del 1972 a condizione che le lavorazioni siano eseguite per conto di un committente non residente e che i beni siano destinati ad essere esportati da o per conto del prestatore del servizio ovvero del committente stesso.
Si sottolinea che, come precisato con Risoluzione n. 470074 del 30 luglio 1990, l'esportazione può essere effettuata sia dal prestatore del servizio che, in alternativa, dal committente non residente nel territorio dello Stato, purché la lavorazione sia stata commissionata da tale ultimo soggetto.
Con riferimento alla fattispecie in esame, relativamente ai beni che saranno inviati in Paesi terzi, tali condizioni risultano entrambe soddisfatte, in quanto il committente della lavorazione è un soggetto non residente (la società svizzera ALFA A) e i beni ottenuti sono esportati dal committente stesso tramite il proprio rappresentante fiscale.
Ai fini della corretta fatturazione la società istante ritiene che "nonostante la lavorazione venga effettuata su merce di tipo "indistinto" la quota parte di lavorazione eseguita sulla merce destinata all'esportazione potrà essere ragionevolmente estrapolata e valorizzata in proporzione alla quota parte di merce che sarà poi effettivamente destinata all'esportazione".
Si condivide il metodo che la stessa società intende adottare e cioè che:
o la parte del corrispettivo proporzionalmente corrispondente alla quota del composto liquido finito destinata ad essere oggetto di cessione all'esportazione, determinata sulla base delle indicazioni scritte fornite dal Committente sarà fatturata in regime di non imponibilità IVA ex art. 9, primo comma, n. 9), del D.P.R. n. 633 del 1972, citato;
o la parte restante sarà assoggettata ad IVA con applicazione dell'imposta nella misura ordinaria.
Qualora, successivamente alla fatturazione dovesse emergere una diversa destinazione dei beni, l'istante dovrà provvedere alle conseguenti variazioni ai sensi dell'articolo 26 del D.P.R. n. 633 del 1972.
In particolare, considerato che la variazione riguarda esclusivamente l'ammontare dell'imposta e non la base imponibile, in quanto questa è immutata in ragione della complessiva prestazione resa, la società interessata dovrà procedere come segue:
o qualora una parte dei beni, il cui corrispettivo di lavorazione è stato fatturato in regime di non imponibilità ad IVA ex art. 9, n. 9, del D.P.R. n. 633 del 1972, non venga esportata (per eventuale destinazione al mercato nazionale o intracomunitario), dovrà essere effettuata una variazione in aumento dell'imposta, con applicazione dell'aliquota IVA ordinaria, relativamente alla quota del corrispettivo di lavorazione riferito al quantitativo di merce non esportata;
o qualora, invece, parte dei beni, la cui lavorazione sia stata fatturata con applicazione dell'imposta con l'aliquota ordinaria, sia successivamente destinata all'esportazione, potrà effettuarsi una corrispondente variazione in diminuzione dell'imposta, relativamente a tale quota di beni esportati.
Va, in particolare, evidenziato che, ai sensi del predetto articolo 26, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972, le variazioni in aumento sono sempre obbligatorie, con applicazione, in ogni caso, delle previste sanzioni eventualmente ridotte ai sensi dell'articolo 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 ("Ravvedimento operoso").
Al contrario, le variazioni in diminuzione costituiscono una mera facoltà per il contribuente che, ai sensi del comma 3 del ripetuto articolo 26, non può essere esercitata "dopo il decorso di un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile".
La risposta di cui alla presente nota, resa dalla scrivente ai sensi dell'art. 4, comma 1, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209, rileva esclusivamente ai fini della individuazione dell'ambito applicativo e della portata della norma tributaria ai sensi e per gli effetti dell'articolo 11 della legge n. 212 del 2000.
Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.