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Risoluzione Agenzia Entrate n. 449 del 21.11.2008
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Interpello ai sensi dell'art. 11 della legge n. 212 del 2000 - risoluzione del contratto - presupposto e termine per l'emissione della nota di variazione - articolo 26, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Risoluzione Agenzia Entrate n. 449 del 21.11.2008Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'articolo 26, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stato esposto il seguente
QUESITO
La società "ALFA S.r.l.", già "BETA S.r.l.", (di seguito, istante), premette che con scrittura privata del ... 2002 si impegnava nei confronti della "Gamma S.r.l." (committente) a realizzare un complesso di servizi e opere necessarie alla costruzione di un centro di riabilitazione oncologica, previa acquisizione di immobili, delle aree circostanti e delle autorizzazioni di rito.
Con il medesimo contratto, la società committente si obbligava, tra l'altro, a versare all'istante (commissionario), in acconto, parte dei compensi stabiliti su semplice richiesta dello stesso e dietro presentazione di regolare fattura.
In dipendenza del predetto contratto, la società istante, nel biennio 2002-2003, emetteva fatture di acconto per complessivi ... euro, oltre l'Iva (calcolata nella misura del 20 per cento) pari a ... euro, che veniva computata tra quella dovuta.
Con decreto penale del Tribunale di ... del ... 2004, depositato il ... 2004, veniva disposto il sequestro del complesso dei beni aziendali nonché delle quote rappresentative dell'intero capitale sociale di entrambe le suddette società, ai sensi dell'articolo 2-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575 ("Disposizioni contro la mafia") e veniva nominato un amministratore giudiziario dei beni sequestrati (tra l'altro amministratore unico della società istante).
Con provvedimento del Giudice Delegato presso il Tribunale di ..., del ... 2008, si invitava l'istante amministratore giudiziario "a ritenere risolto il contratto per sopravvenuta impossibilità oggettiva della prestazione", non imputabile alle parti contraenti ma dovuta all'adozione della citata misura di prevenzione (sequestro penale) che "ha comportato, infatti, l'assoluta indisponibilità del bene immobile, inibendo alla società proprietaria la facoltà di disporne, finendo così per incidere sulla causa del rapporto".
Al fine di regolare le reciproche posizioni debitorie e creditorie delle due società (committente e commissionario) con particolare riguardo all'Iva, l'istante chiede se sia applicabile al caso in esame la disposizione di cui all'articolo 26, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972.SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Nonostante sia decorso più di un anno dall'emissione delle menzionate fatture, l'istante ritiene che la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta faccia sorgere il diritto ad emettere la nota di credito ai sensi del secondo comma dell'articolo 26, del d.P.R. n. 633 del 1972.
Tale soluzione non trova ostacolo nel dettato normativo che richiede la necessità di una "dichiarazione" che giustifichi l'estinzione del contratto.
Difatti, dal tenore letterale del secondo comma del citato articolo 26, si desume che la "dichiarazione" è riferibile alla sola ipotesi della nullità dell'atto giuridico dal quale abbia tratto origine l'operazione soggetta ad imposta e non anche, come nella fattispecie, alle diverse ulteriori cause di caducazione degli effetti del contratto successivamente indicate dalla norma stessa (quali, l'annullamento, la revoca, la risoluzione, la rescissione e simili).
In subordine, anche qualora il diritto di portare in detrazione l'imposta assolta in conseguenza di un contratto, poi risolto, fosse subordinato alla "dichiarazione" di estinzione del contratto, secondo l'istante, non è possibile ritenere tale esclusivamente l'accertamento del fatto estintivo che consegua ad una pronuncia definitiva resa dall'Autorità giudiziaria a seguito di un ordinario giudizio in sede civile. La "dichiarazione" potrebbe, infatti, ravvisarsi anche in una decisione resa da un soggetto terzo dotato di potere cogente.
Alla luce dell'interpretazione sopra prospettata, l'istante intende emettere, ai sensi dell'articolo 26, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, una nota di credito per un ammontare imponibile di ... euro e la relativa Iva (nella misura del 20 per cento) pari a ... euro. Tale nota di variazione sarà registrata a norma dell'articolo 25 del d.P.R. n. 633 del 1972, portando in detrazione, ai sensi dell'articolo 19 dello stesso decreto, l'imposta pari a ... euro, corrispondente alla variazione.PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Preliminarmente si osserva che in sede di interpello, quale istituto finalizzato esclusivamente all'interpretazione delle norme tributarie, non è dato procedere alla valutazione dei fatti sottostanti l'originaria emissione delle fatture nonché dell'esistenza di operazioni imponibili e, conseguentemente, non è consentito in questa sede confermare l'esistenza o meno in capo all'istante dei presupposti per poter operare la variazione ed esercitare il diritto alla detrazione del credito. Di seguito si fornisce, pertanto, un parere volto a definire l'ambito di applicazione dell'articolo 26, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ed in particolare delle condizioni che si devono realizzare affinché lo stesso si possa considerare applicabile.
L'articolo 26, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dispone che "se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili (...), il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'art. 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'art. 25. Il cessionario o committente, che abbia già registrato l'operazione ai sensi di quest'ultimo articolo, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell'art. 23 o dell'art. 24, salvo il suo diritto alla restituzione dell'importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa."
La richiamata disposizione individua le ipotesi in cui è possibile variare in diminuzione l'imponibile e l'imposta senza limiti temporali, mentre il successivo terzo comma individua i casi in cui la variazione può essere eseguita al massimo entro un anno dal verificarsi dell'operazione originaria. Per effetto del combinato disposto del secondo comma dell'articolo 26 e dell'articolo 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, tuttavia, la nota di variazione deve essere emessa, comunque, al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (risoluzione 18 marzo 2002, n. 89/E; risoluzione 16 maggio 2008, n. 195/E; risoluzione 21 luglio 2008, n. 307/E).
In conformità all'orientamento della giurisprudenza di legittimità, è da ritenere che il provvedimento dichiarativo (nel testo "dichiarazione") è riferito solo "solo all'ipotesi dell'accertamento della nullità dell'atto imponibile, e non anche alle diverse ulteriori cause di caducazione degli effetti di quell'atto di seguito elencate, a cominciare dall'annullamento e, via via, sino alla revoca, alla rescissione, alla risoluzione e simili." (Cass. 17 giugno 1996, n. 5568). Pertanto, verificatasi una causa di estinzione di un contratto, in relazione alla quale il cedente o il prestatore abbia già emesso fattura per il prezzo ed assolto il conseguente obbligo di pagamento dell'Iva, il medesimo soggetto ha diritto di emettere la nota di variazione e di detrarre l'imposta, a norma dell'articolo 26, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, "senza che sia necessario un formale atto di accertamento (negoziale o giudiziale) del verificarsi dell'anzidetta causa di risoluzione" (Cass. 8 novembre 2002, n. 15696; Cass. n. 5568 del 1996). Ciò che conta è non tanto la modalità con cui si manifesta la causa della variazione dell'imponibile Iva, quanto piuttosto che della variazione e della sua causa si effettui la registrazione ai sensi degli articoli 23, 24 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. 6 luglio 2001, n. 9195).
Tanto premesso, nel caso prospettato, occorre individuare quale sia il presupposto (evento) che consente la variazione di cui all'articolo 26, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 e quando lo stesso possa dirsi verificato al fine di stabilire la decorrenza del termine di cui all'articolo 19 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Per effetto della misura di prevenzione di cui alla legge n. 575 del 1965, dal momento del sequestro fino a quello della confisca o della revoca, l'amministratore giudiziario provvede alla custodia, alla conservazione ed all'amministrazione dei beni sequestrati anche al fine di incrementarne, se possibile, la redditività (circolare 7 agosto 2000, n. 156/E).
I beni sequestrati, in attesa della confisca o della restituzione al proprietario, configurano un patrimonio separato che l'amministratore giudiziario gestisce in via provvisoria, proseguendo l'attività dell'indagato, salvo particolari divieti previsti dalla legge e disposti dall'autorità giudiziaria.
In linea generale, il provvedimento che dispone il sequestro, avente natura provvisoria e cautelare, non comporta tout court la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione qualora l'amministratore giudiziario, continuando nell'esercizio dell'attività d'impresa, adempia anche alle obbligazioni contrattuali.
Nel caso di specie, invece, come affermato dal contribuente nell'istanza, con il decreto penale del 2004 sono stati disposti il sequestro dei beni ex articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965 e, altresì, i divieti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 10 stessa legge (quali il divieto di ottenere licenze, concessioni, autorizzazioni, iscrizioni in albi, contributi o finanziamenti). Ciò ha comportato, con immediatezza e a decorrere dalla data del sequestro,"l'impossibilità giuridica della utilizzazione dei beni immobili in sequestro (...) finendo così per incidere sulla causa del rapporto" con conseguente risoluzione del contratto per oggettiva impossibilità sopravvenuta; lo stesso amministratore giudiziario si è trovato "nella oggettiva impossibilità economica di portare avanti l'iniziativa" imprenditoriale (cfr. provvedimento del ... 2008).
Alla luce delle su esposte considerazioni, si ritiene che il decreto penale che ha disposto la misura di prevenzione del sequestro dei beni, rappresenta l'evento che ha determinato l'impossibilità sopravvenuta di eseguire la prestazione. Pertanto, dalla data di esecuzione del sequestro il contratto deve intendersi risolto con decorrenza del termine entro cui emettere la nota di variazione per esercitare il diritto alla detrazione ai sensi dell'articolo 19. Ciò conformemente alla citata giurisprudenza, secondo cui la risoluzione contrattuale non necessita di una apposita dichiarazione.
Non rileva, peraltro, ai fini della variazione ex articolo 26 il successivo provvedimento del ... 2008 con il quale il Giudice delegato "invita l'amministratore giudiziario a ritenere risolto il contratto per sopravvenuta impossibilità oggettiva della prestazione", prendendo atto, nella sostanza, dell'intervenuta risoluzione del contratto nell'espletamento delle proprie funzioni ("le funzioni di giudice delegato si esauriscono nel semplice coordinamento dell'attività di temporanea amministrazione dei beni sottoposti a vincolo") (Cass. penale del 15 gennaio 1996, n. 148).
Considerato che, nel caso di specie, il contratto si intende risolto dal momento in cui è stato disposto il sequestro penale dei beni (2004) deve, pertanto, confermarsi il parere reso dalla Direzione Regionale, ritenendosi ormai decorso il termine di cui al combinato disposto degli articoli 19 e 26, secondo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, entro cui l'istante avrebbe potuto emettere la nota di variazione, coincidente con il termine (30 ottobre 2007) di presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo (2006) a quello in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (2004).
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici.