La disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sul correlato onere preventivo del contribuente di indicare il proprio domicilio all'Ufficio tributario, e di tenere detto ufficio costantemente informato delle sue eventuali variazioni.
Conseguentemente, il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l'Ufficio procedente ad eseguire le notifiche nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui alla lett. e) dell'art. 60, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione (Sentenza n. 14435 del 23 maggio 2024), esprimendosi in tema di opponibilità del cambio di domicilio fiscale in occasione della notifica degli atti tributari.
La Suprema corte, in particolare, ha chiarito che l'art. 60, comma terzo, d.p.r. 600 del 1973 disciplina le variazioni dell'"indirizzo", e non quelle del "domicilio fiscale" ed ha ricordato che i due concetti non coincidono: il domicilio fiscale è infatti un luogo predeterminato dalla legge secondo criteri obiettivi (art. 58 d.p.r. 600/73); l'indirizzo, invece, è il luogo fisico presso il quale il contribuente può essere reperito, ma sempre nell'ambito del domicilio fiscale stabilito dalla legge (art. 60 d.p.r. 600/73).
Gli effetti della variazione del domicilio fiscale sono stabiliti dall'art. 58 d.p.r. 600/73, il quale prevede un'ultrattività del precedente domicilio fiscale di 60 giorni; gli effetti della variazione dell'indirizzo nell'ambito del medesimo Comune di domicilio fiscale sono invece disciplinati dal successivo art. 60 d.p.r. 600/73, il quale prevede (in seguito all'intervento di Corte cost., 19-12-2003, n. 360) un'ultrattività del vecchio indirizzo di 30 giorni.
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