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Risoluzione Agenzia Entrate n. 150 del 09.07.2003

Depositi a garanzia di finanziamenti concessi ad imprese residenti aventi ad oggetto quote di fondi comuni di investimento immobiliari - Articolo 7, commi da 1 a 4, del decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323
Risoluzione Agenzia Entrate n. 150 del 09.07.2003

Con nota del 18 Aprile 2003, l'Associazione K - ha posto all'attenzione della scrivente un quesito concernente l'applicazione del prelievo del 20 per cento sui proventi di capitale derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e da titoli similari, a garanzia di finanziamenti concessi ad imprese residenti, di cui all'articolo 7, commi da 1 a 4, del decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425.
Come noto, tale disposizione stabilisce che sono assoggettati ad un prelievo del 20 per cento "i proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e da titoli similari, a garanzia di finanziamenti concessi ad imprese residenti".
In merito, l'Associazione istante ha chiesto di conoscere se i proventi derivanti dal deposito di quote di fondi immobiliari, effettuato a garanzia di finanziamenti, debbano o meno ritenersi esclusi dall'ambito di applicazione della norma sopra riportata, in considerazione del fatto che il patrimonio di tali fondi è investito in misura prevalente in beni diversi da quelli indicati dall'articolo 7, comma 1, del D.L. n. 323 del 1996 ai fini dell'applicazione del prelievo.
L'associazione istante, nella considerazione che dai beni in cui investono in misura prevalente i fondi immobiliari si originano proventi che normalmente sono sottoposti ad imposizione progressiva, sostiene che gli stessi non si prestano alle finalità elusive che tale normativa intende colpire.
La stessa Associazione ritiene, inoltre, che tale esclusione operi anche nel caso in cui la garanzia sia prestata nei primi ventiquattro mesi dall'avvio dell'operatività del fondo immobiliare.
Al riguardo, si sottolinea come con la disciplina introdotta dall'articolo 7, commi da 1 a 4, del D.L. n. 323 del 1996, così come chiarito dalla relazione governativa al provvedimento, il Legislatore ha inteso contrastare un diffuso fenomeno elusivo attuato per "trasformare" utili di impresa, tassabili in modo ordinario ai fini delle imposte sui redditi, in interessi o altri proventi soggetti a tassazione alla fonte a titolo definitivo e in misura più contenuta.
E infatti, la previsione di un apposito prelievo sui proventi di capitale derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi da azioni e similari, in aggiunta alla specifica tassazione prevista per i proventi medesimi, consente di limitare i vantaggi tributari che simili operazioni permettono di conseguire.
In sostanza, ai fini dell'applicazione delle norma in esame, occorre che oggetto della garanzia di finanziamenti siano il denaro ed i valori mobiliari e gli altri titoli, diversi dalle azioni e da titoli similari.
Pertanto, ai fini dell'individuazione dell'ambito applicativo della norma in esame, è opportuno analizzare il significato da attribuirsi al termine "valori mobiliari" ed alla locuzione "altri titoli diversi dalle azioni e da titoli similari".
Con riguardo ai "valori mobiliari" si rileva preliminarmente che il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, approvato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ha soppresso tale riferimento sostituendolo con la dizione "strumenti finanziari"
Tuttavia, tenuto conto delle finalità antielusive dell'articolo 7 del D.L. n. 323 del 1996, la nozione di valori mobiliari conserva, nonostante le modifiche intervenute nella normativa di settore, un suo specifico significato idoneo a ricomprendervi ogni documento o certificato da cui risulti l'esistenza di un'operazione caratterizzata da una funzione finanziaria di impiego di capitale, laddove l'operazione stessa sia suscettibile di produrre redditi di capitale tassabili alla fonte in modo definitivo nei confronti dei soggetti cui la disciplina in esame è rivolta.
Per quanto concerne la locuzione "altri titoli diversi dalle azioni e da titoli similari" si ritiene che essa escluda dall'ambito di applicazione della norma i documenti che registrano operazioni preordinate alla provvista di capitale di rischio. Tra i titoli similari alle azioni vanno ricompresi dunque, oltre quelli di cui all'articolo 41, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), anche le quote di partecipazione in società ed enti non rappresentati da titoli (quali, ad esempio, quote di partecipazione in società a responsabilità limitata) come pure le quote di partecipazione in fondi comuni di investimento che effettuano investimenti in misura prevalente (maggioranza) in partecipazioni azionarie ovvero in altre partecipazioni al capitale di rischio.
Pertanto, devono ritenersi esclusi dall'ambito di applicazione del prelievo del 20 per cento previsto dall'articolo 7, commi da 1 a 4, del D.L. n. 323 del 1996 non solo i proventi derivanti da investimenti effettuati direttamente in azioni o altre partecipazione al capitale di rischio, ma anche i proventi relativi a valori mobiliari che indirettamente investono in capitale di rischio.
Da quanto sopra precisato, si desume che risultano dunque esclusi dall'ambito di applicazione del prelievo in argomento i proventi relativi a quote di fondi comuni la cui politica di investimento è caratterizzata dal possesso "stabile" di partecipazioni azionarie e di altre partecipazioni al capitale di rischio, mentre sono da ritenersi soggetti al prelievo stesso i proventi delle quote di fondi comuni che effettuano investimenti a carattere prevalentemente non azionario.
Al riguardo, si precisa come la prevalenza dell'investimento debba essere valutata in base alle indicazioni sulla politica di investimento contenute nel regolamento del fondo ovvero, nel caso in cui il regolamento preveda limiti di investimento variabili (come, ad esempio, nel caso dei fondi cosiddetti "bilanciati"), in funzione della media degli investimenti effettuati nel periodo di durata della garanzia.
Ciò posto, è necessario valutare, in particolare, se tale disciplina si applichi altresì ai proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento di tipo immobiliare la cui politica di investimento è caratterizzata dal possesso "stabile" di partecipazioni azionarie e similari.
Al riguardo, occorre premettere che l'articolo 12-bis del Decreto Ministeriale 24 maggio 1999, n. 228, introdotto dall'articolo 7 del decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 31 gennaio 2003, n. 47, stabilisce che affinché un fondo possa definirsi "immobiliare" il patrimonio deve essere investito, in misura non inferiore ai due terzi del valore complessivo, in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari.
Tale percentuale è ridotta nella misura del 51 per cento qualora il patrimonio del fondo sia altresì investito, in misura non inferiore al 20 per cento del suo valore, in strumenti finanziari rappresentativi di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari o crediti garantiti da ipoteca immobiliare.
I limiti di investimento sopra riportati, secondo quando previsto dal comma 2 del medesimo articolo 12-bis, devono essere raggiunti entro ventiquattro mesi dall'avvio dell'operatività del fondo.
Ciò premesso, tenuto conto che il patrimonio dei fondi comuni di investimento immobiliare è investito in misura prevalente in beni diversi da quelli individuati dall'articolo 7, comma 1, del più volte citato D.L. n. 323 del 1996 e che i proventi derivanti da tali investimenti rappresentano la remunerazione del capitale di rischio (con riferimento agli investimenti in partecipazioni azionarie) ovvero la remunerazione di un capitale non finanziario (con riferimento agli investimenti in beni immobili o diritti reali immobiliari), si ritiene che i predetti proventi siano esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina in esame.
Si ritiene, inoltre, che detta esclusione operi anche nel caso in cui la garanzia sia prestata nei primi ventiquattro mesi dall'avvio dell'operatività del fondo, ovvero nel lasso temporale in cui il patrimonio del fondo, nella sua fase di iniziale formazione, non ha ancora raggiunto le percentuali minime di investimenti richiesti dalla normativa civilistica contenuta nell'articolo 12-bis del D.M. n. 228 del 1999.

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