Consulenza giuridica – IVA – Attività agricola per connessione svolta da una società cooperativa a favore dei soci
Risoluzione Agenzia Entrate n. 65 del 12.06.2012
Con la richiesta di consulenza giuridica specificata in oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stato esposto il seguente
QUESITO
La questione sottoposta alla scrivente concerne il trattamento tributario ai fini Iva delle operazioni poste in essere da una società cooperativa agricola (o anche da un consorzio di cooperative agricole) che commercializza i prodotti agricoli conferiti dai soci (o dalle cooperative socie).
La cooperativa agricola (o consorzio), svolgendo l’attività di commercializzazione dei prodotti conferiti dai soci (o dalle cooperative socie), pone in essere una delle fattispecie di attività agricole per connessione previste dall’art. 2135, comma 3, del codice civile (attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo).
Nel dettaglio, il socio (o la cooperativa sociale) conferisce i propri prodotti nella cooperativa (o nel consorzio) ed emette una fattura di acconto (non essendo al momento conoscibile il prezzo finale dei prodotti).
Successivamente, la cooperativa (o il consorzio) cede i prodotti conferiti a clienti terzi ed emette fattura con l’indicazione del prezzo di vendita.
Al termine dell’esercizio sociale, la cooperativa (o il consorzio) quantifica i prezzi di realizzo al netto dei costi sostenuti per l’attività svolta e stabilisce l’importo da liquidare al socio (o cooperativa socia) in base alla quantità e qualità dei prodotti conferiti.
Quindi, tenuto conto di quanto già fatturato in acconto, il socio provvede, nei termini indicati dal D.M. 15 novembre 1975, a fatturare la differenza riferita al prezzo da liquidare determinato dalla cooperativa (o dal consorzio).
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DALL’ISTANTE
A parere dell’istante, lo svolgimento di un’attività agricola connessa da parte di una cooperativa (o di un consorzio di cooperative agricole) non dà luogo ad operazioni imponibili ulteriori rispetto alle cessioni di beni dai soci alla cooperativa e dalla cooperativa ai terzi. Il vantaggio che deriva al socio dall’attività svolta dalla cooperativa nei suoi confronti non integra alcuna prestazione rilevante ai fini Iva e, conseguentemente, non sussiste alcun obbligo di fatturazione di tali supposti “teorici” servizi resi dalla cooperativa ai soci. In sostanza, l’attività della cooperativa agricola rappresenta il prolungamento dell’attività del socio, avendo una funzione meramente sostitutiva e sussidiaria dell’operato di quest’ultimo.
In tal senso si è pronunciata anche l’Amministrazione finanziaria, con la Risoluzione del 22 gennaio 1997, n. 6/E, adottata a seguito di un verbale della Guardia di Finanza elevato nei confronti di una cooperativa agricola alla quale si contestava l’omessa fatturazione ai soci di attività agricole connesse, sul rilievo che queste costituissero autonome prestazioni di servizi imponibili ai fini Iva.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Con la presente istanza la confederazione chiede di chiarire se le attività agricole connesse, di cui all’art. 2135, comma 3, del codice civile, svolte dalla cooperativa che commercializza i prodotti del socio, costituiscano autonome prestazioni di servizi da fatturare nei confronti del socio o se siano un’attività propria della cooperativa stessa, remunerata attraverso il prezzo di vendita del prodotto a terzi.
La confederazione istante propone la seconda soluzione, ritenendo che la cooperativa debba attribuire al socio il prezzo di realizzo ricavato dalla vendita del prodotto, al netto dei costi sostenuti per l’attività svolta, e non debba anche fatturare le prestazioni agricole connesse.
Viene a tal fine evidenziato il ruolo della cooperativa agricola, affermando che l’organismo associativo rappresenta una sorta di prolungamento delle attività del socio e che non vi è, pertanto, alcun rapporto di prestazioni di servizio tra socio e cooperativa.
In relazione alla questione prospettata si ritiene utile premettere che le cooperative agricole sono considerate imprenditori agricoli, ai fini civilistici, quando, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, “utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile (…) prevalentemente prodotti dei soci”.
La cooperativa, quindi, è qualificata come produttore agricolo in quanto commercializza i prodotti conferiti dal socio.
Per quanto concerne la disciplina Iva, la cooperativa agricola è inserita dall’art. 34, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, tra i produttori agricoli ai quali si applica il regime speciale (con possibilità di opzione per il regime ordinario) previsto per le cessioni di prodotti agricoli.
La norma tributaria è conforme, pertanto, alla disciplina civilistica che qualifica le cooperative come produttori agricoli in quanto svolgono l’attività sui prodotti agricoli conferiti dai soci.
In ragione di tale connessione soggettiva può ritenersi corretta l’affermazione della confederazione istante che ravvisa un rapporto di continuità tra socio e cooperativa nello svolgimento delle attività agricole, comprese quelle connesse, ai sensi dell’art. 2135, comma 3, del codice civile, quali la manipolazione e la trasformazione, nonché altre attività dirette alla commercializzazione, quali ad esempio la promozione e il marketing.
Nell’ambito delle attività di commercializzazione di tali prodotti le attività connesse non assumono, quindi, la rilevanza di autonome prestazioni di servizi rese ai soci, ma rappresentano una fase dell’attività di commercializzazione svolta dalla cooperativa per conto dei soci.
La cooperativa, infatti, al fine di realizzare una migliore redditività dei prodotti, si sostituisce al produttore realizzando una ottimizzazione dei costi nello svolgimento delle attività di commercializzazione.
In tal senso si era già pronunciata l’Amministrazione finanziaria, nella Risoluzione del 22 gennaio 1997, n. 6, adottata a seguito di un processo verbale elevato dalla Guardia di finanza nei confronti di una società cooperativa agricola alla quale si contestava l’omessa fatturazione ai soci delle attività di manipolazione e trasformazione dei prodotti conferiti.
In tale documento di prassi, infatti, il Ministero delle Finanze, facendo proprio il parere espresso dall’Avvocatura Generale dello Stato, aveva ritenuto che le attività di manipolazione e trasformazione svolte dalla cooperativa sui prodotti agricoli dei soci costituissero, nel quadro della previsione normativa di cui all’art. 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, “un quid strettamente funzionale e quasi inautonomo rispetto all’attività principale di vendita da parte delle cooperative agricole per conto dei soci produttori”.
A parere dell’Avvocatura, ulteriore argomento di ordine sistematico, che consentiva di escludere l’autonoma rilevanza fiscale delle attività funzionali alla vendita (manipolazione, trasformazione…etc.) svolte dalla cooperativa, risultava costituito dall’inquadramento, operato dall’art. 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, del rapporto tra socio e cooperativa nello schema della “commissione alla vendita”.
Tale assimilazione comportava la rilevanza, ai fini Iva, dei soli passaggi dei beni dal committente al commissionario e da questi a terzi e non delle prestazioni inerenti tali passaggi.
L’unico elemento di divergenza tra la previsione del suddetto art. 34 e la previsione di cui all’art. 2, comma 2, n. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 (che disciplinava i rapporti di commissione alla vendita) era ravvisabile, a parere dell’Avvocatura, nella diversa individuazione del momento impositivo che nell’art. 6 del D.P.R. n. 633 del 1972 era correlato alla vendita dei prodotti a terzi da parte del commissionario mentre nell’art. 34 era collegato al pagamento del prezzo da parte della cooperativa al produttore.
Sebbene sia stato abbandonato, nell’art. 34, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972, il riferimento al rapporto di commissione, le conclusioni contenute nella suddetta Risoluzione devono considerarsi ancora attuali, in considerazione delle altre motivazioni poste a fondamento del parere dell’Avvocatura recepito nella risposta che sottolineano il carattere di stretta connessione tra l’attività di trasformazione e manipolazione e quella di vendita.
A conferma di ciò si evidenzia che la prassi amministrativa (vedi Circolare del 24/12/1997, n. 328), che ha commentato tale modifica normativa, ha chiarito che il nuovo testo dell’art. 34 non qualifica più il rapporto tra socio e cooperativa come rapporto di commissione ma non ha precisato che da ciò deriva una autonoma rilevanza della attività di manipolazione e trasformazione nell’ambito di tale rapporto.
La stessa Circolare, peraltro, mentre ha precisato che a seguito dell’abbandono esplicito della disciplina del contratto di commissione dovevano ritenersi superate le direttive impartite con la Circolare del 24 gennaio 1997, n. 14, non ha affermato altrettanto con riferimento alla richiamata Risoluzione 22 gennaio 1997, n. 6, la quale, pertanto, deve essere considerata ancora attuale anche a seguito della modifica normativa.
Sulla base delle considerazioni esposte, si può ritenere che lo svolgimento di un’attività agricola connessa da parte di una cooperativa (o da parte di un consorzio) che commercializza i prodotti dei soci non dia luogo ad operazioni imponibili ulteriori rispetto alle cessioni di beni dai soci all’ente e dall’ente ai terzi.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
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