Compensazioni crediti infrannuali risultanti dalle istanze IVA TR - Soggetti abilitati all'apposizione del visto
Alla luce delle disposizioni recate dal decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 - convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 26 - sono stati chiesti chiarimenti in merito alle compensazioni dei crediti infrannuali risultanti dalle istanze IVA TR ed ai soggetti abilitati ad apporre il visto di conformità per le compensazioni superiori al limite di 5.000 euro annui.
In particolare, è stato chiesto se:
1. il visto di conformità vada apposto sul modello IVA TR solo al momento dell'effettivo utilizzo in compensazione del credito per un importo superiore a 5.000 euro. In caso di risposta affermativa, dovrebbe essere possibile presentare un modello IVA TR "integrativo" con l'apposizione del visto, ove il contribuente opti per la compensazione oltre il limite di 5.000 euro dopo aver presentato il modello originario;
2. il limite di 5.000 euro per l'apposizione del visto di conformità debba essere calcolato tenendo conto dei precedenti crediti trimestrali indicati con utilizzo in compensazione sull'istanza IVA TR, ovvero effettivamente utilizzati;
3. anche l'importo indicato sull'istanza relativa al 1° trimestre 2017, ovvero effettivamente utilizzato, debba concorrere al limite annuale dei 5.000 euro.
È stato chiesto, inoltre, se il visto di conformità possa essere apposto anche dai dipendenti delle società di servizi in possesso dei requisiti di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (di solito, iscritti negli albi dei dottori commercialisti ed esperti contabili). Tali dipendenti possono, infatti, essere privi di partita IVA in quanto non esercenti in proprio attività libero professionale.
Per quanto di competenza, si osserva quanto segue.
L'articolo 3 del D.L. n. 50 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 26 del 2017, dispone che il visto di conformità di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 241 del 1997, deve essere apposto "sulla dichiarazione o sull'istanza da cui emerge il credito" al fine di poter "utilizzare in compensazione" il credito IVA "annuale o infrannuale" per importi "superiori a 5.000 euro annui".
Stante il dato testuale della norma, non necessita del visto di conformità né l'istanza di rimborso del credito IVA infrannuale, né l'istanza di compensazione per importi pari o inferiori a 5.000 euro annui. Va detto che, in realtà, in caso di istanza di rimborso, l'importo di riferimento entro cui non occorre l'apposizione del visto, contenuto nell'articolo 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è pari a 30.000 euro.
Il visto di conformità è, quindi, obbligatorio se l'istanza con cui viene chiesto di poter compensare il credito IVA infrannuale è di importo superiore a 5.000 euro annui, anche quando alla richiesta non faccia seguito alcun effettivo utilizzo in compensazione.
Deve, pertanto, escludersi la possibilità di prendere a riferimento l'effettivo credito compensato nel trimestre, in analogia rispetto a quanto è stato detto con riguardo ai crediti emergenti dalla dichiarazione annuale.
Al riguardo, va rilevato che la dichiarazione annuale deve essere sempre presentata (salvo le eccezioni di legge) e, quindi, al momento della sua presentazione potrebbe non essere noto al contribuente se l'eccedenza di credito ivi indicata sarà utilizzata in detrazione nell'ambito delle liquidazioni periodiche (cd "compensazione interna"), ovvero in compensazione con altre imposte e contributi (cd "compensazione esterna"), con la conseguenza che ben potrebbe verificarsi il caso in cui la dichiarazione sia presentata senza visto di conformità e in seguito necessiti di essere integrata per consentire l'utilizzo del credito in compensazione esterna.
L'istanza infrannuale, invece, viene spontaneamente presentata dal contribuente solo in presenza dei presupposti di cui all'articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972, e l'eccedenza a credito ivi indicata può essere destinata solo a rimborso o in compensazione. Laddove il contribuente voglia destinare l'uso del credito in detrazione, non ha alcun motivo di presentare il modello IVA TR. Non c'è, quindi, ragione di correlare l'obbligo del visto all'effettivo utilizzo del credito in compensazione.
Ciò non toglie che, laddove sia stato presentato un modello IVA TR con un credito chiesto in compensazione di importo superiore a 5.000 euro erroneamente senza apposizione del visto, l'utilizzo in misura inferiore a detto limite non ne inficerà la spettanza. Va da sé che, nell'eventualità in cui il contribuente decida di compensare l'intero ammontare indicato nel modello, potrà farlo previa presentazione di un modello IVA TR "integrativo" con il visto di conformità, barrando la casella "modifica istanza precedente".
2) In linea con quanto sopra chiarito, il limite di 5.000 euro "annui" per l'apposizione del visto di conformità va calcolato tenendo conto dei crediti trimestrali chiesti in compensazione nei trimestri precedenti. Tale soluzione è, peraltro, conforme a quanto già detto con riguardo al calcolo del limite di riferimento per l'apposizione del visto nelle richieste di rimborso del credito IVA infrannuale (cfr. circolare n. 32/E del 30 dicembre 2014, paragrafo 2.2.1), nonché con quanto detto, in precedenza, con la circolare n. 1/E del 15 gennaio 2010 in merito all'obbligo disposto dall'articolo 10 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, circa la preventiva presentazione dell'istanza ai fini della compensazione di crediti superiori a 10.000 euro (ove, ugualmente, è stato chiarito che gli importi maturati in ciascun trimestre si cumulano ai fini del calcolo del limite di riferimento).
Pertanto, ipotizzando un credito chiesto in compensazione di 3.000 euro nel primo trimestre, è possibile chiedere in compensazione nei trimestri successivi ulteriori crediti fino a 2.000 euro senza l'apposizione del visto di conformità. Se, tuttavia, il credito richiesto supera i 2.000 euro, sull'istanza deve essere apposto il visto, al di là degli effettivi utilizzi dei crediti in parola.
3) Coerentemente con la precisazione precedente, si ritiene che l'importo indicato sull'istanza relativa al 1° trimestre 2017 concorra al limite dei 5.000 euro annui, anche se non utilizzato in compensazione.
Per quanto attiene alle ulteriori questioni, si osserva quanto segue.
L'apposizione del visto di conformità è disciplinata dall'articolo 35 del D.Lgs. n. 241 del 1997, che al comma 3 dispone:
"3. I soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, rilasciano, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l'asseverazione di cui ai commi 1 e 2, lettera a), del presente art. relativamente alle dichiarazioni da loro predisposte."
A sua volta, l'articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 dispone:
"3. Ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro; (...);
b) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze."
Fra i soggetti di cui alla lettera e) figurano quelli individuati dal D.M. 18 febbraio 1999, che all'articolo 1 dispone: "1. Ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni, si considerano altri incaricati della trasmissione delle dichiarazioni stesse, a condizione che l'abilitazione al servizio telematico sia richiesta a nome di uno dei soggetti indicati all'art. 3, comma 3, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322: a) (...); b) le società commerciali di servizi contabili le cui azioni o quote sono possedute per più della metà del capitale sociale da soggetti indicati all'art. 3, comma 3, lettere a) e b), del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998."
Posto, quindi, che gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti ed esperti contabili possono apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni "da loro predisposte", occorre chiare il senso di tale condizione.
A tal fine, rileva l'articolo 23 del citato D.M., ai sensi del quale "1. I professionisti rilasciano il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili.
2. Le dichiarazioni e le scritture contabili si intendono predisposte e tenute dal professionista anchequando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista."
Dal combinato disposto delle norme citate discende che il visto di conformità è apposto da chi tiene le scritture e predispone la dichiarazione, che può essere, oltre al professionista, anche la società di servizi posseduta in maggioranza da professionisti. La trasmissione della dichiarazione, a sua volta, è consentita, fra gli altri, alle società di servizi definite dal citato D.M. 18 febbraio 1999.
Alla luce del delineato quadro normativo, si osserva che le prime due attività (tenuta della contabilità e predisposizione della dichiarazione) potrebbero - in virtù del citato articolo 23 del D.M. n. 164 del 1999 - essere ricondotte al professionista, quantunque svolte formalmente dalla società di servizi di cui il professionista medesimo è dipendente, sempre che "siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista".
In merito alla terza attività (apposizione del visto di conformità), si osserva che l'articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998, si limita a prescrivere l'iscrizione del soggetto autorizzato negli albi ivi indicati, senza richiedere il contestuale esercizio della professione in forma di lavoro autonomo.
Oltretutto, l'articolo 33 del D.Lgs. n. 241 del 1997, al comma 2 consente l'apposizione del visto di conformità da parte dei responsabili dei Centri di assistenza fiscale (C.a.f.) - da individuare tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili - "anche assunti con rapporto di lavoro subordinato."
Per quanto attiene, da ultimo, alla quarta attività (trasmissione della dichiarazione vistata), non si ravvisano preclusioni alla trasmissione della dichiarazione - predisposta e vistata dal professionista dipendente della società di servizi - per il tramite dell'abilitazione della medesima società, ove quest'ultima sia inquadrabile fra le società di cui all'articolo 2 del D.M. 18 febbraio 1999.
Resta ferma la necessità per il professionista - dipendente di effettuare la comunicazione alla Direzione Regionale competente ai sensi dell'articolo 21 del citato D.M. n. 164 del 1999. Si fa presente che l'onere relativo alla copertura assicurativa di cui all'articolo 22 dello stesso decreto può essere sostenuto anche dalla società di servizi.
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