Risoluzione Agenzia Entrate n.112 del 11.08.2017

Consulenza giuridica. Credito per le imposte pagate da una CFC in un Paese diverso dallo Stato o territorio di residenza o localizzazione (art. 167, comma 6, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917).

Con la consulenza giuridica specificata in oggetto, concernente l'interpretazione dell'articolo 167, comma 6, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è stato esposto il seguente

QUESITO

La Direzione Regionale della _______ espone che la società Alfa S.p.A. (di seguito, Alfa) detiene una partecipazione totalitaria nella società Beta, residente ad Hong Kong e svolgente le funzioni di distributore dei prodotti a marchio Alfa nel territorio asiatico.

A partire dall'anno d'imposta ____, Alfa ha tassato per trasparenza, in applicazione della disciplina CFC di cui all'articolo 167 del TUIR, il reddito di Beta, indicandolo nel quadro RM della propria dichiarazione.

Nell'ambito di un controllo fiscale relativo all'anno ____, Alfa ha documentato il carico fiscale sostenuto a Hong Kong da Beta nel medesimo periodo.

L'articolo 167, comma 6, del TUIR stabilisce, infatti, che dall'imposta calcolata sul reddito della CFC assoggettato a IRES "sono ammesse in detrazione, ai sensi dell'art. 165, le imposte pagate all'estero a titolo definitivo". Tale detrazione opera dopo aver determinato il reddito imponibile al lordo di eventuali stanziamenti presenti in bilancio a titolo di imposte sul reddito dell'esercizio.

Alfa ha inoltre evidenziato la presenza nel quadro RM, colonna 5, tra le imposte assolte all'estero da Beta, di ritenute alla fonte su pagamenti ricevuti dalla medesima per servizi di consulenza resi a due società distributrici del gruppo Alfa per il mercato di Taiwan e Malesia, rispettivamente residenti in questi due Stati, e nei confronti di una società terza, residente nelle Filippine.

Secondo quanto rappresentato da Alfa, i pagamenti ricevuti a fronte dei servizi di consulenza che Beta ha prestato in forza di contratti di distribuzione stipulati con le suddette società sono stati assoggettati ad una ritenuta alla fonte non scomputabile dalle imposte sul reddito dovute a Hong Kong. La dichiarazione dei redditi di Beta riporta, infatti, alla voce "9.14 Foreign tax paid claimed as a tax credit", un importo pari a zero.

Per tali motivi, Alfa ha chiesto il riconoscimento del credito d'imposta ex articolo 165 del TUIR anche per le ritenute applicate in ciascun Paese della fonte sui compensi conseguiti da Beta. A supporto della richiesta, Alfa ha esibito le certificazioni rilasciate dalle amministrazioni fiscali estere, nelle quali il reddito prodotto da Beta viene qualificato dallo Stato della fonte come royalties (con applicazione di una withholding tax pari al 30 per cento per le Filippine, al 10 per cento per la Malesia ed al 20 per cento per Taiwan). Inoltre, Alfa ha evidenziato che l'importo delle ritenute è stato contabilizzato come costo nel bilancio depositato da Beta, per poi essere oggetto di una variazione in aumento al rigo FC7 del Quadro FC compilato per l'imputazione dei redditi di Beta in capo al socio italiano.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA

La Direzione richiedente ritiene che nel caso di specie siano applicabili le medesime precisazioni contenute nel paragrafo 8.2 della circolare del 5 marzo 2015, n. 9/E in relazione alle imposte pagate dalle stabili organizzazioni di imprese italiane in Paesi diversi da quello di localizzazione.

Pertanto, in analogia con la soluzione adottata nel citato documento di prassi, le imposte rilevanti ai fini del foreign tax credit sarebbero soltanto quelle pagate dalla CFC nel proprio Stato di residenza o di localizzazione.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

L'articolo 167, comma 6, del TUIR dispone che i redditi di una società estera, imputati al socio controllante residente ai sensi della disciplina CFC, sono assoggettati a tassazione separata con l'aliquota media applicata sul reddito complessivo del contribuente italiano e, comunque, non inferiore all'aliquota ordinaria dell'imposta sul reddito delle società; stabilisce, inoltre, che "dall'imposta così determinata sono ammesse in detrazione, ai sensi dell'art. 165, le imposte pagate all'estero a titolo definitivo".

Al fine di evitare fenomeni elusivi, la disciplina CFC dispone la tassazione anticipata dei redditi prodotti da imprese, società o enti controllati situati in Paesi c.d. black list, che vengono imputati al socio italiano per "trasparenza" senza attendere l'effettiva percezione degli stessi. A fronte di tale tassazione, che avviene in via separata applicando un'aliquota media non inferiore all'aliquota IRES ordinaria, la norma consente al soggetto residente di computare in detrazione le imposte sui redditi pagate a titolo definitivo dalla controllata non residente sui medesimi redditi.

In virtù dell'espresso rinvio all'articolo 165 del TUIR, ai fini della determinazione delle imposte estere accreditabili, occorre far riferimento alle disposizioni generali dettate in materia di foreign tax credit che trovano applicazione in quanto compatibili con il regime CFC.

Al riguardo, preme innanzitutto evidenziare come nell'ambito del regime antielusivo in esame non assuma alcuna rilevanza la definizione di "reddito prodotto all'estero" che, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 6 dell'articolo 167 del TUIR, coincide necessariamente con i redditi conseguiti dal soggetto estero ed imputati per trasparenza al socio residente in proporzione alle partecipazioni dallo stesso detenute. Nel regime CFC, pertanto, non trovano applicazione né il criterio della lettura "a specchio" dell'articolo 23 del TUIR, né il criterio di collegamento stabilito nella specifica Convenzione contro le doppie imposizioni di volta in volta applicabile: criteri in base ai quali, ordinariamente, nella disciplina delineata dall'articolo 165 del TUIR deve essere verificata la spettanza del diritto al credito in relazione a ciascun elemento di reddito estero.

Coerentemente, non risulta applicabile neanche il meccanismo della "per country limitation" di cui al comma 3 dell'articolo 165 del TUIR che impone di operare il calcolo della detrazione singolarmente per ciascuno Stato estero di produzione del reddito; segregazione rilevante anche ai fini del riporto in avanti e indietro delle eccedenze di imposta estera previsto nel successivo comma 6.

Nel regime CFC il credito è calcolato in via "isolata" con riferimento a tutti i redditi della società estera, imputati per trasparenza in capo al socio italiano, secondo il diverso meccanismo della "per company limitation". In altri termini, i redditi della CFC sono considerati unitariamente a prescindere dal fatto che siano stati realizzati in più di uno Stato estero.

Tali peculiarità giustificano, ad avviso della scrivente, la formulazione contenuta nel secondo periodo del comma 6 dell'articolo 167 del TUIR, che opera un generico riferimento alle "imposte pagate all'estero a titolo definitivo" senza alcuna limitazione territoriale che circoscriva il credito alle imposte pagate nello Stato di residenza della società controllata.

Si osserva che la norma in esame se, da un lato, ribadisce la definitività dell'imposta estera, quale presupposto necessario ai fini del riconoscimento del foreign tax credit anche nel regime CFC, dall'altro non opera alcun richiamo alla condizione del comma 1 dell'articolo 165 del TUIR, secondo cui la detrazione spetta, in caso di reddito prodotto all'estero, solo per le imposte "ivi pagate".

Analogamente a quanto accade per l'ulteriore condizione recata nel medesimo comma 1 dell'articolo 165 del TUIR, consistente nel concorso del reddito estero alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente e la conseguente spettanza del credito "fino a concorrenza della quota di imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo", in quanto previsioni incompatibili con il diverso meccanismo della tassazione separata del reddito della CFC.

La precipua volontà del legislatore di non circoscrivere il riconoscimento della detrazione alle sole imposte pagate nello Stato di residenza della CFC trova indiretta conferma nel D.M. 21 novembre 2001, n. 429 che, in quanto normativa di dettaglio della disciplina CFC, avrebbe potuto chiarire o circoscrivere meglio le modalità attraverso le quali eliminare la doppia imposizione conseguente alla tassazione per trasparenza, in capo al socio italiano, dei redditi della controllata estera. Invece, l'articolo 3, comma 3, del citato decreto attuativo, sul punto, si limita a precisare che possono "essere ammesse in detrazione le imposte pagate all'estero a titolo definitivo dall'impresa, società o ente non residente", ovvero quelle pagate dalla sola CFC.

Per le motivazioni sopra esposte, si ritiene che le imposte estere accreditabili in Italia, in caso di imputazione per trasparenza dei redditi conseguiti dalla società controllata non residente ai sensi dell'articolo 167, comma 1, del TUIR, consistano non solo nelle imposte pagate dalla medesima nel proprio Stato di residenza ma anche in quelle assolte in altri Paesi esteri, nella misura in cui le stesse siano rimaste effettivamente a carico della CFC.

Peraltro, si evidenzia che tale soluzione interpretativa risulta in linea con gli esiti del Report OCSE "Designing Effective Controlled Foreign Company Rules", relativo all'Action 3 del progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), che raccomandano la previsione di disposizioni domestiche idonee a garantire l'eliminazione della doppia imposizione che si determina per effetto dell'applicazione della disciplina CFC. Il medesimo orientamento, volto a riconoscere il credito in relazione a tutte le imposte assolte dalla controllata estera sul reddito imputato al socio per trasparenza, è stato accolto anche nella Direttiva

2016/1164 del Consiglio UE del 12 luglio 2016 recante "norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno" (cfr. articolo 8, par. 7, c.d. Direttiva ATAD).

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