L'Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione ritenendo censurabile la sentenza della C.T.R. per avere consentito il riconoscimento di una perdita fiscale indicata in una dichiarazione omessa.
La C.T.R. aveva dato ragione alla società contribuente nella considerazione che l'art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e l'art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, avendo lo scopo di rendere possibile la più sollecita correzione da parte dell'Ufficio degli errori individuabili nella dichiarazione sulla scorta di un mero controllo formale, hanno carattere eccezionale e non tollerano applicazione estensiva, sicché al procedimento in questione l'Amministrazione non può far ricorso allorquando sia necessario procedere ad attività di valutazione ed applicazione di norme e principi giuridici, alla qualificazione di fatti e di rapporti, alla risoluzione di questioni di imponibilità o di deducibilità o relative all'applicazione di norme di esenzione o di agevolazione.
Invero la procedura del controllo automatizzato di cui all'art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 consente all'Ufficio di correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi.
In particolare, l'Amministrazione finanziaria, procedendo ad un controllo formale sulla liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alla dichiarazione dei contribuenti o dei sostituti di imposta, nonché ad un controllo formale vero e proprio delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti di imposta, può correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni; ridurre le detrazioni d'imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni; ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge; ridurre í credili d'imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione.
L'accertamento formale consiste, come detto, essenzialmente in un mero riscontro cartolare delle dichiarazioni ed è finalizzato alla verifica della correttezza degli adempimenti in sede di dichiarazione a carico dei contribuenti che consente agli uffici di iscrivere direttamente a ruolo la maggiore imposta dovuta, proprio sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente ed eventualmente attraverso una semplice correzione di errori materiali o dì calcolo degli stessi dati.
L'Ufficio viceversa non può procedere a iscrivere direttamente a ruolo le maggiori imposte che ritenga dovute in base alla dichiarazione, qualora, ai fini della corretta determinazione dell'imposta risultante dalla dichiarazione, occorra risolvere complesse questioni giuridiche.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23382 del 24.08.2021 ha ritenuto del tutto legittimo il ricorso dell'Amministrazione finanziaria alla procedura del controllo automatizzato di cui al citato art. 36 bis, in quanto il recupero d'imposta derivava da un incrocio di dati contabili dichiarati dalla società la cui omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l'anno d'imposta precedente ha determinato il mancato riconoscimento (automaticamente escluso) della perdita fiscale indicata nel modello unico dell'anno d'imposta 2003 (v. Cass. Sez. 6, 16/10/2012, n. 17754); e ciò conformemente all'orientamento giurisprudenziale secondo cui, ove l'Amministrazione finanziaria recuperi, ai sensi degli artt. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis, d.P.R. n. 633 del 1972, un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa.
Il contribuente può però sempre dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l'effettiva esistenza del credito non dichiarato, venendo in tale modo a trovarsi nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione.
Il diritto del contribuente nasce, infatti, dalla legge e non dalla dichiarazione, talché, in presenza dei presupposti, lo stesso, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria (Cass. S.U. 30/06/2016, n. 13378, in tema di imposte sui redditi; Cass. S.U. 08/09/2016 n. 17757, in tema di detrazioni IVA e Cass. S.U. 08/09/2016 n. 17758, in tema di ammissibilità dei controlli automatizzati), cosa che secondo la Cassazione nel caso di specie non è stata fatta e ciò ha determinato l’accoglimento del ricorso dell’Agenzia Entrate.
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In particolare è prevista l’applicazione di una imposta sostitutiva dell’8% (10,5% se le società sono risultate NON operative nei tre esercizi precedenti) sulla eventuale plusvalenza risultante dalla differenza tra il valore normale, in ipotesi di assegnazione, o il prezzo di cessione, in ipotesi di cessione, e il costo fiscalmente riconosciuto dei beni assegnati/ceduti, con la particolarità che in caso di assegnazione il valore normale per i beni immobili può essere, alternativamente al valore normale ex art. 9 del TUIR, assunto pari al “valore catastale” applicando alla rendita catastale i moltiplicatori previsti ai fini dell’imposta di registro. In caso di cessione il corrispettivo, se inferiore al valore normale, determinato alternativamente ex art. 9 TUIR o in base al “valore catastale”, dovrà essere computato in misura non inferiore al valore normale stesso.
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