Circolari IRES/5. Il nuovo regime di tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria. Decreto Legislativo 12 dicembre 2003, n. 344
Circolare Agenzia Entrate n. 52 del 10.12.2004
INDICE
1. | Premessa |
2. | La nuova definizione di capital gain nell'ambito dei redditi diversi di natura finanziaria |
2.1 | Ambito soggettivo |
2.2 | Ambito oggettivo |
2.2.1 | Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate |
2.2.2 | Plusvalenze assimilate a quelle realizzate mediante cessione di partecipazioni qualificate |
2.2.2.1 | Cessione di strumenti finanziari |
2.2.2.2 | Cessione di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza |
2.2.3 | Plusvalenze derivanti dalla cessione di titoli e strumenti finanziari esteri |
2.2.4 | Casi particolari |
2.2.5 | Plusvalenze realizzate mediante cessione di partecipazioni non qualificate |
2.2.6 | Plusvalenze assimilate a quelle realizzate mediante cessione di partecipazioni non qualificate |
3. | Modalità di determinazione del capital gain |
3.1 | Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate |
3.1.1 | Partecipazioni in società residenti in Stati o territorio a fiscalità privilegiata |
3.2 | Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate |
4. | Modalità di applicazione dell'imposta sul capital gain |
5. | Plusvalenze realizzate da soggetti non residenti |
6. | Entrata in vigore e regime transitorio |
1. Premessa
Il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, recante la riforma dell'imposta sul reddito delle società (IRES), in attuazione della legge delega 7 aprile 2003, n. 80, ha apportato rilevanti modifiche al regime fiscale dei redditi diversi di natura finanziaria.
In particolare, in attesa della omogeneizzazione dell'imposizione su tutti i redditi di natura finanziaria secondo i principi dettati dall'articolo 3, comma 1, lettera d), della citata legge delega, sono state modificate le disposizioni degli articoli 81 e 82 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ora confluite negli articoli 67 e 68 del TUIR secondo la numerazione risultante dalle modifiche apportate dal medesimo D.Lgs. n. 344 del 2003.
Tali modifiche discendono, altresì, dall'attuazione della disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), n. 5), della legge delega laddove è prevista l'inclusione parziale nell'imponibile degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate su partecipazioni societarie qualificate al di fuori dall'esercizio di impresa, al fine di attenuare la doppia imposizione economica.
Inoltre, l'articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 344 del 2003 ha apportato le opportune modifiche di coordinamento a talune disposizioni del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 concernenti la tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria derivanti dal possesso di partecipazioni qualificate e non, con particolare riferimento al regime della dichiarazione e al regime del risparmio amministrato.
2. La nuova definizione di capital gain nell'ambito dei redditi diversi di natura finanziaria
Per effetto delle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 344 del 2003 al testo unico delle imposte sui redditi, la disciplina delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni, titoli o diritti che attribuiscono il diritto di acquistare partecipazioni (cosiddetto "capital gain") è contenuta negli articoli 67 e 68 del TUIR.
2.1 Ambito soggettivo
Le fattispecie che danno luogo a redditi diversi di natura finanziaria sono elencate nell'articolo 67 del TUIR, laddove è specificato che sono tali "se non costituiscono redditi di capitale ovvero sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni e di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente". Pertanto, possono essere possessori dei predetti redditi diversi:
- le persone fisiche residenti, purché il reddito non sia conseguito nell'esercizio di attività d'impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente;
- le società semplici e i soggetti ad essi equiparati ai sensi dell'articolo 5 del TUIR;
- gli enti non commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, se l'operazione da cui deriva il reddito non è effettuata nell'esercizio di impresa commerciale;
- le persone fisiche, le società e gli enti di ogni tipo, non residenti, senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, quando il reddito si considera prodotto nel medesimo territorio ai sensi dell'articolo 23 del TUIR;
- le persone fisiche, le società e gli enti di ogni tipo, non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, se il reddito è prodotto nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 23 del TUIR al di fuori dalla stabile organizzazione.
In sostanza, quindi, le novità introdotte dal decreto legislativo n. 344 del 2003 in materia di tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria non hanno modificato l'ambito soggettivo entro il quale le fattispecie elencate nell'articolo 67 costituiscono redditi diversi.
Con particolare riferimento agli enti non commerciali residenti appare opportuno precisare che l'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge delega n. 80 del 2003, ha previsto l'inclusione di tali enti tra i soggetti dell'imposta sul reddito (IRE). Tuttavia, il legislatore delegato ha ritenuto di non recepire immediatamente tale principio ed ha stabilito che gli enti non commerciali siano ancora ricompresi tra i soggetti a cui si applica l'imposta sul reddito delle società (IRES), in linea generale, con l'aliquota del 33 per cento sul reddito imponibile formato dalla sommatoria delle diverse categorie reddituali individuate dal testo unico, compresi i redditi diversi.
In merito a tale argomento, si fa presente inoltre che l'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, abrogando il comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, ha soppresso la riduzione alla metà dell'aliquota IRES per le fondazioni bancarie. Tale disposizione si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 12 luglio 2004, data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 168 del 2004.
Come accennato, il nuovo regime fiscale dei redditi diversi di natura finanziaria si inserisce nell'ambito di un quadro normativo basato sul principio di inclusione parziale nell'imponibile degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate su partecipazioni societarie, finalizzato alla riduzione degli effetti di doppia imposizione economica.
A completamento del predetto quadro normativo occorre inoltre considerare che è stata prevista l'esenzione delle plusvalenze (e l'irrilevanza delle minusvalenze) realizzate dai soggetti passivi dell'IRES, dalle società di persone e dalle persone fisiche titolari di reddito d'impresa - cosiddetta "participation exemption" - allorché si verifichino i requisiti previsti dall'articolo 87, comma 1, lettere da a) a d), del TUIR.
L'istituto della participation exemption non si applica alle persone fisiche, ad eccezione dell'ipotesi in cui si tratti di titolari di reddito d'impresa, per effetto del rinvio alle disposizioni dell'articolo 87 contenuto nell'articolo 58, comma 2, del TUIR; in questo caso, tuttavia, l'esenzione delle plusvalenze è limitata al 60 per cento del loro ammontare.
Si fa presente, infine, che la disciplina prevista per il capital gain si applica altresì in caso di cessione di partecipazioni ricevute a seguito del conferimento dell'unica azienda da parte dell'imprenditore individuale, per effetto di quanto specificamente previsto dall'articolo 175, comma 4, del TUIR.
Tale disposizione prevede, infatti, che "Qualora il conferimento abbia ad oggetto l'unica azienda dell'imprenditore individuale, la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento, è disciplinata dagli articoli 67, comma 1, lettera c) e 68 assumendo come costo delle partecipazioni il valore attribuito alle stesse ai sensi del presente articolo".
Come si ricorda, l'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358 (ora abrogato dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. n. 344 del 2003) prevedeva che, qualora il conferimento avesse ad oggetto l'unica azienda dell'imprenditore individuale, la cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento si considerava effettuata nell'esercizio d'impresa ed era fatta salva l'applicazione dell'articolo 16, comma 1, lettera g), del TUIR, concernente la tassazione separata delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende, sussistendone i presupposti con riferimento alla data del conferimento. La cessione delle partecipazioni, effettuata oltre i tre anni dal conferimento, era invece disciplinata dagli articoli 81, comma 1, lettere c) e c-bis), e 82 del TUIR.
L'applicazione delle imposte sostitutive previste nell'ambito del regime del capital gain si rendevano applicabili alle cessioni delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento soltanto se esse erano effettuate oltre i tre anni dalla data del conferimento, applicandosi il regime ordinario di dismissione dell'impresa nel primo triennio dal conferimento, onde evitare che la norma potesse prestarsi ad essere invocata per assicurarsi il più vantaggioso regime di imposizione sul capital gain.
Ciò premesso, il nuovo articolo 175, comma 4, del TUIR, nel riproporre la disciplina del conferimento dell'unica azienda e della successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento medesimo, ne prevede, comunque, la tassazione secondo il regime del capital gain, assumendo come costo delle partecipazioni il valore attribuito alle stesse ai sensi del medesimo articolo 175, anche se la cessione delle partecipazioni avviene nel corso del triennio.
In particolare, considerato che sono richiamati gli articoli 67, comma 1, lettera c), e 68 del TUIR, il trattamento riservato a tali trasferimenti è sempre quello relativo alla cessione di partecipazioni qualificate, non risultando più possibile far rientrate tale operazione nell'ambito delle cessioni di partecipazioni non qualificate - ricomprese nella lettera c-bis) dell'articolo 67 del TUIR.
Nella sostanza, quindi, il legislatore ha inteso attribuire alla cessione delle partecipazioni in argomento l'analogo trattamento che sarebbe stato riservato alle stesse se il cedente avesse mantenuto la figura di imprenditore. Infatti, per la persona fisica esercente attività d'impresa le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni immobilizzate concorrono alla formazione del reddito nella stessa misura del 40 per cento stabilita dall'articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR per le persone fisiche non imprenditori.
2.2 Ambito oggettivo
Il trattamento tributario delle plusvalenze realizzate da persone fisiche non imprenditori è differenziato a seconda che le stesse derivino o meno da partecipazioni che si possono definire qualificate ai sensi di quanto disposto dall'articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR.
2.2.1 Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate
La nuova formulazione dell'articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR - confermando quanto previsto dal previgente articolo 81, comma 1, lettera c) - considera cessioni di partecipazioni qualificate le cessioni a titolo oneroso di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di:
- società di persone ed equiparate residenti nel territorio dello Stato di cui all'articolo 5 del TUIR (ad esclusione delle associazioni tra artisti e professionisti);
- società ed enti commerciali residenti nel territorio dello Stato (art. 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR);
- società ed enti non residenti nel territorio dello Stato (art. 73, comma 1, lett. d), del TUIR), nel cui ambito sono compresi anche le associazioni tra artisti e professionisti e gli enti non commerciali.
Come già chiarito nella circolare n. 165/E del 24 giugno 1998 di commento alla riforma della tassazione dei redditi di natura finanziaria attuata dal decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono considerate cessioni a titolo oneroso le compravendite (sia a pronti che a termine) e le permute; inoltre, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, del TUIR, ai fini delle imposte sui redditi, le medesime disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso (e quindi il regime del capital gain) si applicano anche agli atti che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e ai conferimenti in società. In particolare, i conferimenti in società sono infatti considerati atti realizzativi soggetti alla disciplina del capital gain se posti in essere da soggetti diversi dagli esercenti attività d'impresa.
Tuttavia permane l'agevolazione consistente nella neutralità delle operazioni di permuta e conferimento di partecipazioni in società residenti in Stati membri della Comunità Europea realizzate ai sensi degli articoli 178, comma 1, lettera e), e 179, comma 4, del TUIR. Si tratta, come noto, di permute e conferimenti di azioni o quote mediante i quali si acquisisce o si integra una partecipazione di controllo in una delle predette società estere ovvero di permute e conferimenti effettuati nell'ambito di operazioni di fusione, scissione e scambio di partecipazioni tra società residenti in Italia e società residenti in altri Stati europei.
Si fa presente, inoltre, che i rimborsi ricevuti dai soci nei casi di cui all'articolo 47, comma 7, del TUIR, ossia a seguito di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale di società ed enti danno luogo a redditi di capitale (in particolare utili) e non a redditi diversi, in quanto le lettere c) e c-bis) del predetto articolo 67, comma 1, non comprendono, tra i presupposti di realizzo delle plusvalenze, il rimborso di partecipazioni.
Tuttavia, occorre tener presente che il citato articolo 47, comma 7, del TUIR fa riferimento al recesso tipico che comporta l'annullamento delle azioni o quote, compreso il caso in cui il rimborso venga effettuato previo acquisto delle azioni o quote da parte della società utilizzando gli utili e le riserve disponibili anche in deroga ai limiti previsti dall'articolo 2357, terzo comma, del codice civile, per l'acquisto di azioni proprie.
Pertanto, come già precisato nella circolare n. 26/E del 16 giugno 2004, emanata per illustrare il nuovo regime fiscale dei dividendi introdotto per effetto della riforma dell'imposizione sul reddito delle società, qualora il recesso avvenga con modalità diverse, ossia mediante acquisto da parte degli altri soci in proporzione alle loro partecipazioni, oppure da parte di un terzo (cfr. art. 2437-quater, commi 1 e 4, del codice civile, per le S.p.A. e art. 2473, comma 4, dello stesso codice, per le S.r.l.), si configura un'ipotesi che va inquadrata più propriamente nell'ambito degli atti produttivi di redditi diversi di natura finanziaria, sempreché si tratti di cessioni a titolo oneroso (cfr. par. 3.1 della predetta circolare n. 26/E).
Ciò premesso, è noto che costituisce "cessione di partecipazioni qualificate" la cessione a titolo oneroso di partecipazioni, titoli e diritti che rappresentino una percentuale superiore al 2 o al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria, ovvero al 5 o al 25 per cento del capitale o del patrimonio, a seconda che si tratti, rispettivamente, di titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri o di altre partecipazioni.
Si ricorda che la nozione di "mercati regolamentati" comprende non solo la borsa ed il mercato ristretto, ma ogni altro mercato disciplinato da disposizioni normative; più specificamente, si intende far riferimento ai mercati regolamentati di cui al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUIF) approvato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché a quelli di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede.
Essendo il criterio della partecipazione al capitale o al patrimonio e quello dei diritti di voto fra loro alternativi, affinché una cessione di partecipazione possa essere considerata qualificata è sufficiente che sia integrato anche uno soltanto di tali due criteri.
Pur non costituendo vere e proprie partecipazioni, per stabilire se sia stata superata la percentuale minima di partecipazione o di diritti di voto, si deve tener conto anche dei titoli o dei diritti attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni qualificate (ad esempio: warrants di sottoscrizione e di acquisto, opzioni di acquisto di partecipazioni, diritti d'opzione di cui agli articoli 2441 e 2420-bis del codice civile, obbligazioni convertibili).
Pertanto, si può verificare un'ipotesi di cessione di partecipazione qualificata anche nel caso in cui vengano ceduti soltanto titoli o diritti che, autonomamente considerati (o che insieme alle altre partecipazioni cedute), rappresentino una percentuale di diritti di voto e di partecipazione superiori ai limiti indicati.
Al fine di individuare le percentuali di diritti di voto e di partecipazione, la nuova formulazione dell'articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR conferma che occorre cumulare le cessioni effettuate nell'arco di dodici mesi. Pertanto, in occasione di ogni cessione si devono considerare tutte le cessioni effettuate dal medesimo contribuente che hanno avuto luogo nei dodici mesi dalla data di essa, anche se ricadenti in periodi d'imposta diversi.
L'applicazione della regola che impone di tener conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi è tuttavia subordinata alla condizione che il contribuente possieda, almeno per un giorno, una partecipazione superiore alle percentuali sopra indicate.
Conseguentemente, fintanto che il contribuente non possieda una partecipazione qualificata, tutte le cessioni effettuate nel corso dei dodici mesi, anche se complessivamente superiori alle predette percentuali per effetto di reiterate operazioni di acquisto e di vendita, non possono considerarsi cessioni di partecipazioni qualificate.
Per contro, dal momento in cui sia stata superata, come possesso, una delle predette percentuali, le cessioni effettuate nei dodici mesi successivi sono considerate cessioni di partecipazioni qualificate (se a loro volta sono superiori alle percentuali stesse) e ciò fino a quando non siano trascorsi dodici mesi dal momento in cui il possesso della partecipazione da parte del contribuente sia sceso al di sotto della percentuale prevista dalla norma.
Pertanto, qualora il contribuente, dopo aver effettuato una prima cessione non qualificata, ponga in essere, nell'arco di dodici mesi dalla prima cessione, altre cessioni che comportino il superamento delle percentuali di diritti di voto o di partecipazione, per effetto della predetta regola del cumulo, si realizza una cessione di partecipazione qualificata.
In altri termini, in sede di dichiarazione, si deve tener conto nella determinazione del reddito complessivo di tutte le plusvalenze realizzate in occasione di cessioni di partecipazioni considerate qualificate.
In tal caso si ritiene che l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento corrisposta fino al superamento delle percentuali possa essere detratta in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, in quanto, come verrà meglio specificato, le plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate concorrono a determinare il reddito complessivo del contribuente, seppure in misura limitata al 40 per cento.
Ai fini della identificazione della natura della partecipazione, qualificata o non qualificata, si evidenzia che la riforma del diritto societario, attuata con decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, fornisce talune nuove indicazioni rilevanti sotto il profilo fiscale. Ci si riferisce, in particolare, alla disciplina delle nuove tipologie di azioni e altri strumenti finanziari, che possono avere riflessi in materia di imposizione dei redditi diversi di natura finanziaria.
In particolare, l'articolo 2346, comma 4, del codice civile dispone che "A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento". Tuttavia, il medesimo comma stabilisce che "L'atto costitutivo può prevedere una diversa assegnazione delle azioni" fermo restando che, secondo quanto disposto dal successivo comma 5, "In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale".
Pertanto, l'assegnazione delle azioni avviene in linea di principio in proporzione ai conferimenti effettuati. Tuttavia, sempreché venga rispettato il principio della copertura integrale del capitale sociale, l'atto costitutivo può stabilire una diversa assegnazione delle azioni che non rispetti la regola della proporzionalità tra conferimenti e azioni; un socio può, quindi, ricevere meno azioni rispetto a quanto conferito, mentre un altro socio ne può riceverne in misura maggiore al proprio conferimento.
Tale disposizione appare dettata dalla esigenza di tener conto degli apporti di utilità che non possono formare oggetto di conferimenti veri e propri (come ad esempio prestazioni di fare o di non fare, il consenso all'uso del nome, etc.).
Ai fini fiscali, in caso di cessione di azioni acquisite sulla base di un conferimento non proporzionale - al fine di verificare la natura qualificata o meno della partecipazione ceduta - occorre far riferimento in ogni caso alla percentuale di capitale sociale ovvero di diritti di voto nell'assemblea ordinaria assicurata dalla partecipazione ceduta.
Si osserva inoltre, con riferimento alla società a responsabilità limitata, che l'articolo 2468, comma 3, del codice civile consente che, nell'atto costitutivo delle S.r.l., siano attribuiti a singoli soci particolari diritti amministrativi riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili. Sulla base di tale previsione, quindi, sono possibili clausole contrattuali che riservino a uno o più soci percentuali degli utili disancorate dalla misura della partecipazione, oltre che - per quanto attiene ai particolari diritti amministrativi - la possibilità di nomina degli amministratori o di veto su determinati atti gestori.
Anche in tal caso, nonostante i diritti di voto potrebbero non essere proporzionali al capitale posseduto e al diritto agli utili, si ritiene che si debba fare riferimento alla percentuale di capitale sociale o di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria assicurati dalla partecipazione ceduta.
Infine, occorre tener presente che l'articolo 2351, comma 3, del codice civile stabilisce che: "Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale può prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporre scaglionamenti."
Al riguardo, si ritiene che, al fine di determinare la natura qualificata o meno delle azioni con voto limitato o scaglionato, occorrerà far riferimento alla effettiva percentuale di diritti di voto assicurata globalmente da tali partecipazioni. Anche in tali ipotesi si deve comunque tener presente che se la partecipazione supera, nell'arco di dodici mesi, sulla base delle regole di "scaglionamento" dei diritti di voto indicate nello statuto della società, la percentuale indicata dalla lettera c), comma 1, del predetto articolo 67, la relativa cessione rientra nell'ambito oggettivo di applicazione di tale disposizione.
2.2.2 Plusvalenze assimilate a quelle realizzate mediante cessione di partecipazioni qualificate
A norma dell'articolo 67, comma 1, lettera c), ultimo periodo, nn. 1) e 2), del TUIR, sono assimilate alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate quelle realizzate mediante la cessione di:
1) strumenti finanziari di cui alla lettera a), comma 2, dell'articolo 44 quando non rappresentano una partecipazione al patrimonio;
2) contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza di cui alla lettera f), comma 1, dell'articolo 44 qualora il valore dell'apporto sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile alla data di stipula del contratto secondo che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni;
3) contratti di cui alla medesima lettera f), comma 1, dell'articolo 44 qualora il valore dell'apporto sia superiore al 25 per cento della somma delle rimanenze finali e del costo complessivo dei beni ammortizzabili, al netto dei relativi ammortamenti, nel caso in cui l'associante determini il reddito in base alle disposizioni di cui all'articolo 66 del TUIR (imprese minori).
2.2.2.1 Cessione di strumenti finanziari
La riforma del diritto societario prima citata ha introdotto la previsione di nuovi strumenti finanziari per mezzo dei quali le società raccolgono i mezzi necessari per lo svolgimento dell'attività sociale.
Tali particolari strumenti rispondono all'esigenza di acquisizione di apporti patrimoniali di soci o di terzi anche nel caso in cui tali apporti, non potendo formare oggetto di conferimento, non sono imputabili a capitale sociale.
Trattasi, in particolare, degli strumenti finanziari partecipativi emessi anche a seguito dell'apporto di opere o servizi ai sensi dell'articolo 2346, comma 6, del codice civile, degli strumenti finanziari emessi a seguito degli apporti effettuati a favore di patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui all'articolo 2447-ter, comma 1, lettera e), del codice civile, e degli strumenti finanziari che condizionano l'entità del rimborso del capitale all'andamento economico delle società di cui all'articolo 2411, comma 3, del codice civile.
Come già chiarito nel paragrafo 2.2 della circolare del 16 giugno 2004, n. 26/E, i proventi degli strumenti finanziari non sono qualificabili come "utili" da partecipazione per il fatto che essi non sottendono una partecipazione al capitale o al patrimonio della società emittente nel senso richiesto dalla lettera e), comma 1, dell'articolo 44 del TUIR.
Tuttavia, per effetto dell'assimilazione alle azioni degli strumenti finanziari italiani di natura partecipativa ad opera della lettera a), comma 2, del medesimo articolo 44 del TUIR, la partecipazione al patrimonio va intesa, con riferimento ai predetti strumenti, come diritto alla restituzione del capitale apportato.
L'assimilazione alle partecipazioni trae conforto anche dal disposto del comma 1 dell'articolo 27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 secondo cui i proventi derivanti dai predetti strumenti finanziari devono essere assoggettati alla ritenuta a titolo d'imposta del 12,50 per cento, ogniqualvolta il valore dell'apporto non sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato dalla società emittente.
La stessa disposizione contenuta nell'articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, infine, considera come cessione di partecipazione qualificata la cessione di strumenti finanziari assimilati alle azioni "quando non rappresentano una partecipazione al patrimonio".
Attuata in linea di principio l'assimilazione degli strumenti in esame alle partecipazioni, occorre considerare i presupposti in presenza dei quali la cessione di strumenti finanziari di natura partecipativa può dar luogo alla cessione di una partecipazione qualificata. Le conclusioni sono diverse a seconda che tali strumenti trovino o meno contropartita in un apporto di capitale.
Nel primo caso, essendo il diritto alla restituzione dell'apporto di capitale equiparabile ad un diritto di partecipazione al patrimonio, per quanto si è appena precisato, si configurerà una cessione di partecipazione qualificata soltanto se il valore dell'apporto sia superiore al 5 o al 25 per cento del patrimonio netto contabile della società emittente, secondo che le relative partecipazioni siano o meno quotate, qualora il valore dell'apporto sia pari o inferiore al 25 per cento della somma delle rimanenze finali e del costo complessivo dei beni ammortizzabili, al netto dei relativi ammortamenti, nel caso in cui l'associante determini il reddito in base alle disposizioni di cui all'articolo 66 del TUIR (imprese minori).
3. Modalità di determinazione del capital gain
L'articolo 68 del TUIR contiene le disposizioni relative alla determinazione dei redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni.
Rispetto al contenuto del previgente articolo 82 del TUIR, una rilevante novità è costituita dalla modalità di determinazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate e di quelle ad esse assimilate ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, che saranno ampiamente esaminate nei paragrafi successivi.
La disciplina previgente
Come noto, l'articolo 82, commi 3 e 4, del TUIR nel testo in vigore alla data del 31 dicembre 2003, poneva l'obbligo di distinguere i redditi diversi di natura finanziaria in due diverse masse. Nella prima massa erano destinate a confluire soltanto plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate di cui alla lettera c), comma 1, del previgente articolo 81 del TUIR. Nella seconda massa confluivano, invece, le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate di cui alla lettera c-bis), comma 1, del medesimo articolo, nonché quelle derivanti dalla cessione di titoli non partecipativi, certificati, valute, metalli preziosi, crediti pecuniari e altri strumenti finanziari dagli altri redditi diversi di natura finanziaria elencati nelle successive lettere da c-ter) a c-quinquies).
I redditi diversi di natura finanziaria, così classificati, prima della riforma in commento, non erano soggetti alle imposte sui redditi ordinarie, ma ad un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi ad aliquota proporzionale. Base di commisurazione dell'imposta sostitutiva era il risultato ottenuto effettuando la somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito riconducibili in ciascuna delle due masse sopra individuate.
Sulla prima massa l'imposta sostitutiva era applicata con l'aliquota del 27 per cento, mentre sulla seconda massa l'aliquota era del 12,50 per cento.
Nel caso in cui, all'interno di ciascuna delle due predette masse, l'ammontare delle minusvalenze (o perdite) fosse superiore a quello delle plusvalenze (o redditi) l'eccedenza era portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che tale situazione venisse distintamente indicata per le due masse nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui essa si era verificata.
Per effetto di questa distinzione, le minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate (quelle cioè della prima massa) non potevano essere portate in deduzione dalle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, nonché dai redditi derivanti dagli altri redditi diversi di natura finanziaria (quelli cioè della seconda massa) e viceversa.
La nuova disciplina
Le disposizioni relative alla determinazione delle plusvalenze indicate nell'articolo 67, comma1, lettere c), c-bis) e c-ter) sono ora confluite nel comma 6 dell'articolo 68 del TUIR.
Così come era previsto nel comma 5 del previgente articolo 82 del TUIR, le plusvalenze relative alla cessione di partecipazioni sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito (ovvero la somma percepita o il valore dei beni rimborsati), ed il costo (ovvero il valore d'acquisto), aumentato di ogni onere inerente alla sua produzione (bolli e altre imposte indirette, commissioni, spese notarili, ecc), con l'esclusione degli interessi passivi.
La determinazione del costo o valore di acquisto
Con riferimento all'individuazione del costo cui contrapporre il corrispettivo ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze, si riassumono le seguenti precisazioni, rinviando per un quadro maggiormente dettagliato, alla citata circolare n. 165/E del 1998.
Il costo di acquisto dei titoli partecipativi deve intendersi comprensivo anche dei versamenti in denaro o in natura, a fondo perduto o in conto capitale, nonché della rinuncia ai crediti vantati nei confronti della società da parte dei soci o partecipanti.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 47, comma 5, del TUIR, sono portati in diminuzione del valore di acquisto le somme ed il valore normale di beni ricevuti dai soci di società soggette all'IRES, a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con sovrapprezzi di emissione di azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale o e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta.
Il costo unitario di acquisto di azioni, quote od altre partecipazioni acquisite a seguito di delibere di aumento gratuito di capitale è determinato, per espressa disposizione del predetto comma 6 dell'articolo 68, ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle azioni quote o partecipazioni di compendio; vale a dire quelle acquistate prima dell'aumento e quelle acquistate dopo.
Relativamente alle partecipazioni nelle società indicate nell'articolo 5 del TUIR, il vigente comma 6 dell'articolo 68 del TUIR prevede per tutti i tipi di società personali (ivi comprese quelle immobiliari e finanziarie) che, ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze il costo o valore d'acquisto deve essere aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e che dal costo si scomputano, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio.
Si ricorda che la corrispondente disposizione contenuta nell'articolo 82, comma 5, del TUIR, in vigore fino al 31 dicembre 2003, riservava tale criterio per la determinazione del costo delle partecipazioni nelle società indicate nell'articolo 5, ma diverse da quelle immobiliari e finanziarie.
Come noto, la finalità della disposizione in esame è evidentemente quella di evitare che i redditi già tassati e le perdite già dedotte possano essere tassati (o nel caso di perdite dedotte) nuovamente in sede di cessione della partecipazione.
Tenuto conto della finalità della norma, si ritiene che detto criterio trovi ora applicazione anche in caso di cessione di quote di partecipazione in società che abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del TUIR.
Nel caso di acquisto per successione si assume come costo di acquisto il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti di tale imposta. Per i titoli esenti dal tributo successorio si assume come costo il valore normale alla data di apertura della successione.
Al riguardo, tenuto conto della soppressione dell'imposta sulle successioni e donazioni operata per effetto dell'articolo 13 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, si ricorda che per le successioni aperte successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge (25 ottobre 2001) si deve assumere come costo il costo sostenuto dal de cuius.
Ciò, in quanto, il mancato assoggettamento ad imposta sulle successioni fa venir meno il presupposto per consentire una "rivalutazione" della partecipazione ereditata (cfr. circolare n. 91/E del 18 ottobre 2001).
Nel caso di acquisto per donazione il contribuente deve assumere il costo del donante e, cioè, quello che il donante avrebbe assunto come costo o valore di acquisto se, invece di donare l'attività finanziaria di cui abbia il possesso l'avesse ceduta a titolo oneroso.
Inoltre, nell'ipotesi di attività finanziarie per le quali è stata presentata la dichiarazione di emersione (cosiddetto "scudo fiscale") di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito dalla legge 23 dicembre 2001, n. 409, in mancanza del costo di acquisto, può essere assunto l'importo indicato nella dichiarazione stessa (cfr. circolare n. 99/E del 4 dicembre 2001).
Infine, si fa presente che, ai fini della determinazione del costo di partecipazioni detenute alla data del 1 luglio 1998, si continuano ad applicare i criteri indicati nelle disposizioni di carattere transitorio di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 461 del 1997 ovvero quelli di cui all'articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 che hanno consentito di rideterminare il valore d'acquisto di partecipazioni in società non quotate (cfr. da ultimo la Circolare n. 35/E del 4 agosto 2004).
3.1 Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate
Per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 344 del 2003 al comma 3 dell'articolo 68 del TUIR, il 40 per cento delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, e quelle ad esse assimilate, sommato algebricamente al 40 per cento delle relative minusvalenze, concorre a formare il reddito complessivo.
L'eventuale eccedenza delle minusvalenze, determinate nella misura del 40 per cento, è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 40 per cento dell'ammontare delle plusvalenze della stessa specie realizzate nei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che siano state indicate nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze stesse sono state realizzate.
Naturalmente, in assenza di plusvalenze, le minusvalenze non possono essere portate in deduzione di altri redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente.
In sostanza, quindi, le plusvalenze e le minusvalenze realizzate per effetto della cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate ed assimilate, continuano ad essere assoggettate a tassazione in maniera distinta e separata rispetto agli altri redditi diversi di natura finanziaria.
Tuttavia, innovando rispetto alla precedente disciplina, l'articolo 2 del D.Lgs. n. 344 del 2003 - abrogando il comma 1, dell'articolo 5 del D.Lgs. n. 461 del 1997 - ha soppresso l'imposta sostitutiva del 27 per cento prevista nella precedente disciplina.
Pertanto, tali plusvalenze concorrono alla determinazione del reddito complessivo e la base imponibile è costituita dal 40 per cento del loro ammontare.
Conseguentemente, le plusvalenze relative alla cessione di partecipazioni qualificate, dal momento che concorrono alla formazione del reddito complessivo, sono ora assoggettate anche alle addizionali regionali e comunali.
3.1.1 Partecipazioni in società residenti in Stati o territorio a fiscalità privilegiata
In deroga ai criteri ordinari di determinazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, il comma 4 dell'articolo 68 stabilisce che concorrono integralmente a formare il reddito complessivo del contribuente le plusvalenze relative a partecipazioni in società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del TUIR.
In particolare, si tratta di partecipazioni qualificate in società o enti residenti o localizzati in Stati o territori elencati nella cosiddetta "black list" ed individuati nel D.M. 21 novembre 2001.
In linea generale, quindi, le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate in società residenti in detti Paesi o territori concorrono nella misura del 100 per cento alla formazione del reddito del socio residente.
Così come previsto ai fini della tassazione degli utili distribuiti dagli stessi soggetti esteri, le predette plusvalenze sono parzialmente escluse da tassazione in Italia (nel limite del 60 per cento) solo se relative a società che risiedono in uno Stato a fiscalità ordinaria.
In ogni caso, a norma dello stesso comma 4 dell'articolo 68, nonostante la partecipazione sia relativa ad un soggetto residente in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, è possibile dimostrare, tramite interpello da inoltrare all'Agenzia delle Entrate, che dal possesso delle partecipazioni qualificate non sia conseguito l'effetto di localizzare i redditi nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata.
Tale dimostrazione deve essere fornita presentando preventivamente istanza d'interpello all'Agenzia delle Entrate, ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e secondo le modalità di cui al comma 5, lettera b), del predetto articolo 167.
L'esercizio dell'interpello può essere effettuato da qualsiasi soggetto possessore della partecipazione, anche se diversa dalle partecipazioni di controllo e di collegamento, con le medesime modalità previste dalla disciplina sulle CFC. Infatti, l'articolo 68, comma 4, del TUIR stabilisce che l'esercizio dell'interpello avviene "secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167" lasciando intendere che l'ambito dei soggetti che possono esercitare l'interpello è più ampio di quello ordinariamente previsto dalla disciplina sulle CFC (soggetti che detengono il controllo o il collegamento del soggetto partecipato estero - articoli 167 e 168 del TUIR).
Alla luce di quanto appena esposto appare assolutamente rilevante poter determinare con certezza lo Stato o territorio di residenza delle società partecipate.
Nel caso di una società situata in un Paradiso fiscale che trasferisca la propria residenza in un Paese non incluso nella black list prima della cessione della partecipazione qualificata, il socio italiano cedente può sottoporre ad imposizione il 40 per cento del relativo reddito, a condizione che si sia effettivamente perfezionato il requisito della residenza in detto Paese.
A tal fine, si deve tener conto delle regole specificamente previste per l'acquisizione della residenza stabilite dal diritto interno di ciascuno dei Paesi.
In molti casi, non è sufficiente il mero trasferimento della sede sociale effettuato immediatamente prima della cessione della partecipazione, essendo rilevante il mantenimento nel tempo del trasferimento stesso o dell'effettivo svolgimento dell'attività principale per la maggior parte del periodo d'imposta.
Resta in ogni caso salva la possibilità di contestare i fenomeni di trasferimento della residenza che possono riflettersi sul trattamento fiscale della cessione della partecipazione, in applicazione della norma antielusiva generale di cui all'articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973.
3.2 Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate
Con riferimento al trattamento fiscale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, le disposizioni in commento non hanno apportato modifiche alla previgente disciplina.
Pertanto, continua ad essere previsto che sono sommate algebricamente le plusvalenze e le minusvalenze di cui alle lettere c-bis) dell'articolo 67, derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate e di quelle assimilate, con le plusvalenze e le minusvalenze di cui alle lettere da c-ter) a c-quinquies) del medesimo articolo.
Si tratta, in particolare di tener conto anche delle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso ovvero dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo, di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato e dalla cessione a termine di valute estere o rivenienti da depositi e conti correnti (lett. c-ter), nonché dei redditi e delle perdite derivanti da contratti derivati (lett. c-quater) e delle plusvalenze e altri proventi derivanti dalla cessione di crediti pecuniari, di contratti produttivi di redditi di capitale e di strumenti finanziari e, infine, dei proventi costituiti dai differenziali positivi dei contratti aleatori (lett. c-quinquies).
Nel caso in cui all'interno della massa così formata, l'ammontare delle minusvalenze (o perdite) sia superiore a quello delle plusvalenze (o redditi), l'eccedenza è portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze della stesse specie dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che tale situazione sia evidenziata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui essa si è verificata.
Sulle plusvalenze di cui alle lettere da c-bis) a c-quinquies), del comma 1 dell'articolo 67, determinate secondo le modalità descritte, è rimasta ferma l'applicazione dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 12,50 per cento a norma dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
4. Modalità di applicazione dell'imposta sul capital gain
Come già accennato, l'articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 344 del 2003, ha abrogato il comma 1 dell'articolo 5 del D.Lgs. n. 461 del 1997 - che prevedeva l'applicazione dell'imposta sostitutiva nella misura del 27 per cento sulle plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate.
Pertanto, tali redditi devono concorrere alla formazione del reddito complessivo nella misura del 40 per cento, prevista dall'articolo 68, commi 3 e 4, del TUIR, in sede di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Le plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni non qualificate continuano, invece, ad essere indicate separatamente nella dichiarazione dei redditi e sulle stesse continua ad applicarsi l'imposta sostitutiva nella misura del 12,50 per cento.
Tale imposta deve essere versata con le modalità previste per il versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione dei redditi. Tuttavia, come noto, per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, nonché per gli altri redditi diversi di natura finanziaria di cui alle lettere da c-ter) a c-quinquies) del comma 1 dell'articolo 67, in alternativa al regime dichiarativo, è prevista la possibilità di optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento tramite intermediari abilitati, evitando in tal modo al contribuente la redazione della dichiarazione relativamente a tali redditi.
In particolare, i regimi alternativi rispetto a quello ordinario della dichiarazione dei redditi sono:
- il regime del risparmio amministrato, disciplinato dall'articolo 6 del D.Lgs. n. 461 del 1997, caratterizzato dalla tassazione ad opera di intermediari abilitati, dietro specifica opzione da parte del contribuente, in base al realizzo dei redditi diversi di natura finanziaria. Tale regime prevede la possibilità di compensare le plusvalenze con le minusvalenze precedentemente conseguite presso lo stesso intermediario e di riportare a nuovo le eccedenze negative;
- il regime del risparmio gestito, disciplinato dall'articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997, caratterizzato dalla tassazione ad opera di un intermediario abilitato, dietro specifica opzione da parte del contribuente, sulla base del principio della maturazione dei redditi.
Tale regime prevede: l'imputazione al patrimonio gestito sia dei predetti redditi diversi di natura finanziaria sia dei redditi di capitale; la determinazione algebrica del risultato netto assoggettabile all'imposta sostitutiva da parte dell'intermediario, con conseguente compensazione tra componenti positivi (redditi di capitale, plusvalenze e altri redditi diversi) e negativi (minusvalenze e spese); l'esclusione dal risultato di gestione dei redditi che concorrono a formare il reddito complessivo, dei redditi esenti e di quelli soggetti a ritenuta d'imposta o ad imposta sostitutiva.
Tali regimi opzionali comportano l'esclusione dal monitoraggio fiscale, sia interno che esterno, assicurando in tal caso al contribuente l'anonimato.
Si ricorda che entrambi i regimi, amministrato e gestito, non prevedono la possibilità di includere le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, le quali rimangono soggette in via esclusiva al regime della dichiarazione dei redditi.
Pertanto, l'opzione per tali regimi non può essere esercitata e, se esercitata, perde effetto, qualora siano superate le percentuali previste dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR, tenendo conto di tutte le partecipazioni, titoli e diritti complessivamente posseduti dal contribuente, comprese quelle detenute nell'ambito di rapporti di risparmio amministrato e di risparmio gestito. In tal caso, l'opzione non ha effetto limitatamente alle partecipazioni per le quali si è verificato il suddetto superamento (cfr. C.M. n. 165/E del 1998, paragrafi 3.3.7 e 3.4).
5. Plusvalenze realizzate da soggetti non residenti
Ai fini della imponibilità dei redditi diversi di natura finanziaria realizzati da soggetti non residenti, si ricorda che l'articolo 23, comma 1, lettera f), del TUIR stabilisce che si considerano in ogni caso prodotti nel territorio dello Stato le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate in società residenti.
La stessa disposizione ha stabilito tuttavia che la presunzione assoluta di territorialità non opera per le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate di cui alla lettera c-bis) dell'articolo 67 del TUIR, se queste sono negoziate nei mercati regolamentati. Tale esclusione si rende applicabile a prescindere dal luogo in cui le partecipazioni siano detenute.
La non imponibilità nel territorio dello Stato riguarda anche le cessioni di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, a condizione che siano anch'essi negoziati in mercati regolamentati.
Al fine di poter usufruire della predetta previsione di non imponibilità la qualità di "soggetto non residente" deve essere documentata mediante una dichiarazione da parte dell'interessato, in forma libera, con firma non autenticata, nella quale il soggetto interessato dichiari di non essere residente in Italia secondo le disposizione della normativa fiscale italiana in materia di imposte dirette (cfr. circolare n. 207/E del 26 ottobre 1999).
Inoltre, occorre tener presenti le disposizioni contenute nell'articolo 5, comma 5, del D.Lgs. n. 461 del 1997 che prevedono un apposito regime di non imponibilità per le plusvalenze e i redditi indicati nelle lettere da c-bis) a c-quinquies) dell'articolo 67 del TUIR, e quindi per tutti i redditi diversi derivanti da operazioni finanziarie, con esclusione delle plusvalenze derivanti da cessioni a titolo oneroso di partecipazioni qualificate.
Tale regime - a differenza della non imponibilità prevista dall'articolo 23 del TUIR - non si applica a tutti i soggetti non residenti, bensì soltanto ai soggetti che risiedono in Stati che consentano un adeguato scambio di informazioni con le Autorità fiscali italiane. Tali Stati sono indicati nel decreto ministeriale 4 settembre 1996 e nelle successive modifiche ed integrazioni (cosiddetta "white list").
Per poter usufruire della non imponibilità prevista dall'articolo 5, comma 5, del D.Lgs. n. 461 del 1997, i soggetti non residenti devono presentare un'autocertificazione che può essere redatta secondo lo schema indicato nel decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2001 ovvero contenere gli elementi in esso indicati.
Si ricorda che possono usufruire di tale regime anche gli investitori istituzionali esteri costituiti in uno di tali Paesi e gli enti ed organismi internazionali costituiti in base ad accordi resi esecutivi in Italia, nonché tutte le banche centrali e gli organismi che gestiscono le riserve ufficiali di Stati esteri.
Rimane comunque ferma la possibilità di applicare le disposizioni contenute nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni vigenti in Italia. Pertanto, quando i predetti accordi bilaterali prevedono la tassazione esclusiva del capital gain relativo ad attività finanziarie nel Paese di residenza dell'alienante, tali redditi possono essere esentati in Italia a prescindere dai requisiti richiesti dalle normative interne sopra illustrate. In tali casi, qualora il sostituto applichi direttamente le disposizioni Convenzionali, dovrà acquisire un certificato di residenza fiscale rilasciato dall'Amministrazione competente dello Stato di residenza dell'alienante.
6. Entrata in vigore e regime transitorio
L'articolo 4 del D.Lgs. n. 344 del 2003 fissa in linea generale l'entrata in vigore delle disposizioni in esso contenute dal 1 gennaio 2004, fatta eccezione per specifiche norme i cui effetti decorrono dal periodo d'imposta che ha inizio da tale data.
Pertanto, ai redditi diversi di natura finanziaria percepiti dalle persone fisiche non esercenti attività d'impresa, le disposizioni commentate nei paragrafi precedenti si applicano dal 1 gennaio 2004.
Inoltre la relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 344 del 2003 precisa che: "per le cessioni di partecipazioni effettuate in data antecedente l'entrata in vigore della Riforma il cui corrispettivo è incassato dopo tale data si applicano le nuove disposizioni".
Conseguentemente, nel caso in cui l'attività finanziaria sia stata ceduta antecedentemente al 1 gennaio 2004 ma il corrispettivo non sia stato ancora percepito, alle relative plusvalenze si applica il nuovo regime.
Nell'ipotesi di pagamento dilazionato, alle somme incassate dal 1 gennaio 2004 si applica il nuovo regime, anche se le relative plusvalenze sono state realizzate in data antecedente.
Occorre infine tener presente che l'articolo 4, comma 1, lettera f), del D.Lgs. n. 344 del 2003 prevede che l'eventuale eccedenza delle minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, ancora non utilizzate alla fine del periodo d'imposta in corso al 2003, può essere portata in deduzione dalle future plusvalenze nella stessa misura del 40 per cento. Al riguardo, si precisa che, stante la finalità della predetta disposizione la quale tiene conto della circostanza che le plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate sono ora imponibili in misura parziale, qualora la plusvalenza concorra integralmente alla formazione del reddito imponibile (in quanto relativa a partecipazioni in società residenti in Paesi inclusi nella black list), l'eccedenza delle minusvalenze pregresse potrà essere utilizzata in misura integrale.
Si fa presente, infine, che l'eventuale eccedenza di minusvalenze relative alla cessione di partecipazioni non qualificate, ancora non utilizzate alla fine del periodo d'imposta in corso al 2003, può essere portata in deduzione delle relative plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, in misura integrale.
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