Circolare Agenzia Entrate n. 82 del 06.11.2002

Decreto Legge 24 settembre 2002, n. 209, articolo 1. Disposizioni in materia di fiscalità d'impresa. Primi chiarimenti
Circolare Agenzia Entrate n. 82 del 06.11.2002

1. PREMESSA
Il Decreto Legge 24 settembre 2002, n. 209, pubblicato in G.U. n. 225 del 25 settembre 2002 (di seguito indicato come il "decreto"), detta disposizioni urgenti in materia di fiscalità d'impresa, di crediti d'imposta per le assunzioni, di detassazione per l'autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di bollo.
La presente circolare fornisce i primi chiarimenti in merito ad alcune disposizioni in materia di fiscalità d'impresa contenute nell'originaria formulazione dell'articolo 1, di cui è possibile tener conto, con riserva di tornare sull'argomento qualora la legge di conversione dovesse introdurre disposizioni modificative al decreto in questione.
L'articolo 1 del decreto-legge prevede, in particolare:
a) al comma 1, lettere a) e b), rilevanti modifiche riguardanti le partecipazioni, sia con riferimento ai criteri di determinazione del valore minimo delle stesse sia con riguardo ai criteri di imputazione temporale;
b) al comma 1, lettera c), modifiche alle regole di determinazione della Dual Income Tax, introdotta dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466;
c) al comma 2, disposizioni riguardanti il trattamento fiscale delle imprese di assicurazione;
d) al comma 3, l'effetto delle modifiche introdotte con il decreto-legge sulla determinazione dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche dovuto per il periodo in corso al 25 settembre 2002;
e) al comma 4, l'attribuzione all'Agenzia delle Entrate di un potere di controllo sulle operazioni di cessione di partecipazioni che danno luogo a minusvalenze di rilevante ammontare;
f) al comma 5, la disapplicazione delle disposizioni anti-elusive di cui all'articolo 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 in riferimento all'utilizzo dei maggiori valori provenienti da disavanzi da annullamento e derivanti da operazioni di fusione e scissione, previo pagamento di una determinata somma.

2. MODALITA' DI DETERMINAZIONE DELL'ACCONTO IRPEG
Il comma 3 dell'articolo 1 detta criteri in materia di acconto dell'IRPEG, stabilendo che per la determinazione dell'acconto dovuto per il periodo d'imposta in corso alla data del 25 settembre, si deve assumere quale base per il calcolo dell'acconto, l'imposta che sarebbe risultata dall'applicazione, al periodo precedente, delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo.
Come emerge dal tenore letterale della norma, il legislatore ha inteso connettere la rideterminazione dell'acconto "in funzione" dell'applicazione all'esercizio in corso delle nuove disposizioni in materia di reddito d'impresa.
Pertanto, con riferimento a quanto previsto dal comma 1, l'ambito soggettivo di applicazione della norma in esame riguarda esclusivamente quei soggetti IRPEG per cui già dall'esercizio in corso alla data del 25 settembre siano operative le relative disposizioni, e più precisamente i soggetti il cui periodo d'imposta sia iniziato successivamente al 31 dicembre 2001 e vada a terminare dopo il 31 agosto 2002.
Al riguardo, si precisa che si renderà applicabile la disposizione antielusiva contenuta nell'articolo 37-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ai contribuenti che, con delibera assunta a partire dal 25 settembre 2002 (data di entrata in vigore del D.L. n. 209), hanno anticipato la chiusura dell'esercizio sociale a data anteriore al 1 settembre 2002 al fine di evitare l'applicazione delle disposizioni recate dal comma 1 del decreto.
Con particolare riguardo alle svalutazioni delle partecipazioni, l'elusività dell'operazione può emergere dalla modifica, con effetto retroattivo, dei termini per la chiusura del bilancio che consenta al contribuente di dedurre fiscalmente svalutazioni effettuate, che altrimenti non avrebbero avuto rilevanza fiscale, aggirando sostanzialmente l'applicazione della norma. In tal caso, in mancanza di valide ragioni economiche che giustifichino il comportamento posto in essere dal contribuente, l'amministrazione finanziaria disconoscerà l'indebito vantaggio fiscale conseguito.
Infatti, la connessione tra l'anticipata chiusura dell'esercizio e la svalutazione della partecipazione (operazione espressamente indicata nel comma 3 dell'art. 37-bis) rende palese, in assenza di valide ragioni economiche, il disegno elusivo cui la norma citata si oppone.
Gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate sottoporranno a monitoraggio gli atti da cui risultino chiusure anticipate degli esercizi sociali, avvalendosi anche delle informazioni reperibili presso l'Anagrafe Tributaria ed il Registro delle Imprese, al fine di avere a disposizione, già dal mese in corso, i nominativi dei soggetti che hanno anticipato la chiusura dell'esercizio per adottare le opportune iniziative di accertamento.
I soggetti obbligati dovranno rideterminare l'acconto d'imposta complessivamente dovuto, integrando, in occasione del versamento della seconda rata, anche quanto dovuto per la prima, senza che ciò generi sanzioni ed interessi.
In ogni caso, l'acconto dovuto deve essere rideterminato avendo riguardo alle eventuali modifiche apportate in sede di conversione.
Ovviamente resta salva la facoltà di operare la rideterminazione dell'acconto secondo il metodo previsionale, non senza precisare tuttavia che l'applicazione di tale metodo è nel caso di specie particolarmente rischioso in quanto comporterebbe, in presenza di errori di valutazione, l'applicazione di sanzioni e interessi.

3. TRATTAMENTO FISCALE DEI DISAVANZI DA ANNULLAMENTO
Il comma 5 dell'art. 1 del decreto reca disposizioni in merito al trattamento fiscale dei disavanzi da annullamento derivanti da operazioni di fusione o scissione societaria, disciplinato dall'art. 6 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358.
Si ricorda che il disavanzo da annullamento costituisce una posta di equilibrio contabile che misura l'eccedenza del valore contabile della partecipazione annullata per effetto dell'operazione di fusione o scissione, rispetto al patrimonio netto della società incorporata o scissa indicato nelle scritture contabili dell'incorporante o beneficiaria.
L'iscrizione in bilancio del disavanzo ha lo scopo di conservare il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione annullata.
Dal punto di vista contabile, tale iscrizione avviene attribuendo maggiori valori ai beni iscritti nell'attivo del bilancio.
Come già chiarito al par. 4.2.2 della circolare n. 320/E del 19 dicembre 1997, l'art. 6 del d.lgs. n. 358 del 1997 prevede due ipotesi alternative di riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti per effetto dell'imputazione del disavanzo da annullamento: riconoscimento oneroso, con il versamento di un'imposta sostitutiva del 19 per cento (art. 6, comma 1); riconoscimento in esenzione d'imposta, in relazione a determinate fattispecie nelle quali gli incrementi di valore della partecipazione annullata si considerano gia assoggettati ad imposizione (art. 6,comma 2).
Ai sensi dei commi 3 e 4 dell'art. 6 del d.lgs. n. 358 del 1997, il riconoscimento gratuito è subordinato all'esecuzione di due ulteriori adempimenti formali da parte della società incorporante o beneficiaria: documentazione dei componenti positivi o negativi di reddito, relativi alle azioni o quote annullate, realizzati dalla società medesima e dai precedenti possessori (art. 6, comma 3);
opzione da effettuarsi nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui ha effetto la fusione o la scissione (art. 6, comma 4).

3.1 Finalità della norma introdotta dal decreto
Le operazioni di fusione e scissione rientrano tra quelle indicate nel comma 3 dell'art. 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Di conseguenza l'amministrazione finanziaria, nell'esercizio dei suoi poteri d'accertamento, può disconoscere l'eventuale vantaggio tributario derivante da operazioni nelle quali siano poste in essere fusioni e scissioni, qualora le stesse possano essere considerate elusive, ovvero quando siano prive di valide ragioni economiche e, pertanto, finalizzate ad aggirare obblighi e divieti posti dall'ordinamento tributario e ad ottenere indebiti risparmi d'imposta.
Uno dei principali vantaggi tributari che possono derivare dalle operazioni di fusione e scissione è proprio quello collegato al riconoscimento fiscale, in esenzione d'imposta o con trattamento fiscale agevolato, dei maggiori valori iscritti nell'attivo del bilancio della società incorporante o beneficiaria a seguito dell'imputazione del disavanzo da annullamento.
Infatti, il maggior valore della partecipazione della società scissa o incorporata, rispetto al valore contabile del patrimonio della stessa, viene attribuito ai beni iscritti nell'attivo dell'incorporante o beneficiaria e, ove riconosciuto fiscalmente, incrementa il valore dei beni stessi su cui commisurare le quote di ammortamento deducibili.
La norma contenuta nel comma 5 dell'art. 1 del decreto dà facoltà al contribuente di precludere all'amministrazione finanziaria l'accertamento in funzione antielusiva, "relativamente ai maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell'imputazione dei disavanzi da annullamento" per i quali è previsto il riconoscimento in esenzione d'imposta nei limiti ed alle condizioni previsti dall'art. 6, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 358 del 1997, ovvero la possibilità di applicare l'imposta sostitutiva dell'19% ai sensi del comma 1 del medesimo articolo.
L'ambito applicativo della disposizione deve, in altre parole, intendersi riferito anche ai plusvalori ordinariamente affrancabili mediante il versamento dell'imposta sostitutiva al 19 per cento: ciò in considerazione delle finalità agevolative perseguite attraverso l'intervento in commento che risulterebbero frustrate qualora non si consentisse l'applicazione del descritto trattamento di favore anche rispetto a tali ultimi maggiori valori (costituiti, di frequente, da plusvalori che hanno già scontato l'imposizione in precedenti passaggi di proprietà, ma che risultano sprovvisti della documentazione comprovante l'avvenuto assoggettamento a tassazione).
L'inibizione dell'esercizio dei poteri di accertamento dell'amministrazione finanziaria è subordinata al versamento di una somma - non deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP - pari al 4 per cento dei predetti maggiori valori (quali risultavano al momento in cui si sono prodotti gli effetti dell'operazione straordinaria che li ha generati).
La base di calcolo cui commisurare il versamento, come testimoniato dalla formulazione letterale della disposizione, deve intendersi costituita dall'importo dei citati plusvalori originariamente iscritto in bilancio: qualora, pertanto, il disavanzo sia stato imputato a poste ammortizzabili, il calcolo dovrà essere effettuato sull'intero valore originario e non sulla residua quota da ammortizzare.
Peraltro il contribuente ha facoltà di riferire il pagamento del 4% anche ad una parte soltanto dei plusvalori originariamente iscritti in bilancio, con la conseguenza ovvia che in questo caso gli effetti preclusivi dell'accertamento saranno limitati alla predetta parte.
A conferma di quanto sostenuto in precedenza, la relazione di accompagnamento al decreto chiarisce che l'effetto preclusivo riguarda "eventuali contestazioni relative ai maggiori valori, ai sensi dell'art. 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (...)".
Il pagamento di un importo pari al 4 per cento, pertanto, inibisce all'Amministrazione finanziaria la possibilità di contestare l'elusività di operazioni, anche complesse, nell'ambito delle quali siano state inserite una fusione o una scissione, nell'ipotesi in cui il disavanzo da esse emergente sia stato allocato su beni iscritti, originando maggiori valori degli stessi.
In sostanza, il pagamento della somma sopra indicata impedisce all'amministrazione finanziaria qualsiasi valutazione sull'elusività dell'operazione in relazione ai maggiori valori generati ed alla loro iscrizione in bilancio.
In particolare, l'amministrazione, anche in presenza di un profilo di elusività dell'operazione nel suo complesso, non potrà disconoscere il vantaggio fiscale connesso al disavanzo che essa ha generato e sul quale è stata versata la somma prevista dalla disposizione in esame.
La norma appare particolarmente vantaggiosa per il contribuente, considerata la difficoltà di contrastare il giudizio di elusività su operazioni particolarmente complesse come fusioni e scissioni. Il contribuente, infatti, con il pagamento di una somma del 4 per cento, può evitare qualsiasi contestazione sui maggiori valori iscritti nell'attivo di bilancio, conseguendo un risparmio fiscale proporzionato alle ordinarie aliquote d'imposta.

3.2 Modalità di applicazione della norma
La somma del 4 per cento deve essere corrisposta in un'unica soluzione entro il 30 novembre 2002 e non è deducibile ai fini dell'imposta sui redditi e dell'IRAP.
Occorre, tuttavia, precisare che la possibilità di beneficiare del descritto regime di favore non trova applicazione se - alla data del versamento della predetta imposta sostitutiva - il contribuente abbia avuto formale conoscenza di specifiche contestazioni a suo carico in ordine alle modalità di riconoscimento fiscale dei disavanzi d'annullamento ai sensi dell'art. 6 citato.
La disposizione in commento lascia, comunque, inalterato "(...) il potere dell'amministrazione finanziaria di verificare la sussistenza delle condizioni ed il rispetto dei limiti di cui al citato articolo 6" che consentono l'applicazione dell'imposta sostitutiva del 4 per cento.
Per effetto di tale precisazione normativa, rimangono possibili eventuali verifiche sull'esistenza delle condizioni per fruire del riconoscimento gratuito del disavanzo, ferma restando l'impossibilità di contestare operazioni che, pur giudicate sostanzialmente elusive, risultino formalmente corrette.
In sostanza l'amministrazione mantiene il potere di accertamento in ordine agli aspetti formali connessi all'applicazione delle disposizioni del citato art. 6.
Si sottolinea, infine, che l'operatività della norma è limitata esclusivamente alle operazioni di fusione e di scissione che, indipendentemente dalla data di decorrenza degli effetti fiscali, sono state deliberate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto (25 settembre 2002).
Rimane, in ogni caso, necessario che i maggiori valori originati dall'imputazione del disavanzo da annullamento vengano:
- annotati nelle scritture contabili entro il 30 novembre 2002, data individuata dalla disposizione in commento quale termine ultimo per il pagamento dell'importo del 4 per cento;
- e, quindi, iscritti nel relativo bilancio.

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