Gestione delle proposte di transazione fiscale nelle procedure di composizione della crisi di impresa.
Sommario
PREMESSA
1 INQUADRAMENTO NORMATIVO
1.1 L'ISTITUTO DELLA TRANSAZIONE FISCALE: RATIO LEGIS ED EVOLUZIONE NORMATIVA
1.2 L'ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO
1.3 IL CONCORDATO PREVENTIVO
2 IL RUOLO DEL PROFESSIONISTA "ATTESTATORE"
2.1 IL REQUISITO DELL'INDIPENDENZA
2.2 LE CONSEGUENZE DEL MANCATO RISPETTO DEL REQUISITO DELL'INDIPENDENZA
2.3 LE ATTIVITÀ PROPEDEUTICHE ALL'ATTESTAZIONE
3 VALUTAZIONE DELLA PROPOSTA DI TRATTAMENTO DA PARTE DELL'UFFICIO
3.1 LE VALUTAZIONI DA SVOLGERE NEL CONCORDATO PREVENTIVO
3.2 LE VALUTAZIONI DA SVOLGERE PER GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE
3.3 IL GIUDIZIO DI MANIFESTA INATTENDIBILITÀ
3.4 LA CONDOTTA DEL CONTRIBUENTE
3.4.1 Attività distrattive o decettive
3.4.2 Precedenti fiscali del contribuente
3.4.3 Fattispecie di frode
3.5 IL RUOLO DELLA FINANZA ESTERNA
3.6 IL FATTORE TEMPORALE NELLA DILAZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO E LE PERCENTUALI DI RISTORO
4 I CREDITORI STRATEGICI
5 CONCLUSIONI
Con la circolare n. 16 del 23 luglio 2018 sono state illustrate le modifiche introdotte dalla "Legge di Stabilità 2017"[1]alla disciplina del trattamento del credito tributario nell'ambito delle procedure di gestione della crisi di impresa[2], finalizzate a riportare il soddisfacimento di detto credito nell'ambito delle regole ordinarie del concorso fra creditori.
Successivamente, è intervenuto il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14[3], che ha dato attuazione alla legge delega 19 ottobre 2017, n. 155, per la riforma della disciplina dell'insolvenza. Tale decreto ha riunito in un medesimo testo normativo la trattazione dei differenti istituti, attualmente contenuti nel Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. "legge fallimentare", di seguito anche LF) e in alcune leggi speciali, dando vita al Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza.
L'entrata in vigore del Codice, originariamente prevista a decorrere dal 15 agosto 2020 (applicabile con riferimento ai procedimenti avviati successivamente a tale data), a seguito della grave crisi epidemiologica da COVID-19, intervenuta nel 2020, è stata rinviata al 1° settembre 2021[4].
Tale rinvio, come chiarito nella relazione illustrativa del provvedimento, si è reso necessario per due ordini di ragioni:
- anzitutto, il sistema delle cosiddette misure di allerta, volte a consentire l'individuazione anticipata della crisi di impresa, nell'attuale contesto economico avrebbe rischiato di risultare eccessivamente penalizzante;
- inoltre, l'introduzione di uno strumento giuridico profondamente rinnovato è stato ritenuto scarsamente compatibile con la situazione di sofferenza economica nella quale si trovano attualmente gli operatori, per i quali appare difficile confrontarsi con una disciplina in molti punti inedita.
In sostanza, quindi, il Legislatore ha ritenuto opportuno «che l'attuale momento di incertezza economica venga affrontato con uno strumento comunque largamente sperimentato come la Legge Fallimentare, in modo da rassicurare tutti gli operatori circa la possibilità di ricorrere a strumenti e categorie su cui è maturata una consuetudine».
Inoltre, l'articolo 3, comma 1-bis, del decreto legge 7 ottobre 2020, n. 125[5], convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020, n. 159, ha apportato le seguenti modifiche alla legge fallimentare:
a) all'articolo 180, quarto comma, è stato aggiunto il seguente periodo: «Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria»;
b) all'articolo 182-bis, quarto comma, è stato aggiunto il seguente periodo: «Il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria»;
c) all'art. 182-ter:
1. al primo comma, terzo periodo, dopo le parole «natura chirografaria» sono state inserite le seguenti: «anche a seguito di degradazione per incapienza»;
2. al quinto comma, il secondo periodo è stato sostituito con il seguente: «In tali casi l'attestazione del professionista, relativamente ai crediti tributari o contributivi, e relativi accessori, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale; tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale» e, dopo il terzo periodo, è stato inserito il seguente: «Ai fini della proposta di accordo su crediti aventi ad oggetto contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, copia della proposta e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata all'ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore».
Il citato comma 1-bis è stato introdotto nel testo del decreto durante l'esame parlamentare e, di conseguenza, le nuove disposizioni sono entrate in vigore a partire dal giorno successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione[6], avvenuta il 3 dicembre 2020.
In tale nuovo e complesso scenario, l'Agenzia delle entrate è chiamata a profondere il massimo impegno nel garantire una tempestiva gestione delle procedure di composizione della crisi di impresa, fornendo - nell'esercizio della propria azione - un adeguato supporto agli operatori che si trovano ad affrontare l'attuale congiuntura economica, nell'ottica di favorire la ripresa produttiva e la conservazione dei livelli occupazionali.
Un ruolo cruciale è parimenti attribuito agli imprenditori e ai professionisti che sono coinvolti nella gestione di tali procedimenti, cui è richiesta una fattiva e leale cooperazione, in ossequio ai principi di collaborazione e buona fede che devono improntare i rapporti tra i contribuenti e l'Amministrazione finanziaria.
Sulla base di tali premesse, con il presente documento, dopo un breve excursusnormativo, si forniscono:
- nuove istruzioni agli Uffici in materia di valutazione delle proposte di trattamento del credito tributario presentate dai contribuenti, che sostituiscono quelle sinora impartite al riguardo; nonché
- indicazioni in ordine ai rapporti con i rappresentanti dell'imprenditore in stato di crisi e con il Commissario giudiziale,
al fine di puntualizzare gli esiti delle interferenze che vengono a crearsi tra le azioni di questi ultimi e le attività istruttorie degli Uffici.
Sono, inoltre, fornite indicazioni relative alla cosiddetta "finanza esterna" e al trattamento riservabile ai cosiddetti "creditori strategici".
Al fine di fornire elementi utili all'inquadramento giuridico degli argomenti enunciati in premessa, nei paragrafi che seguono si forniscono precisazioni in riferimento agli istituti della transazione fiscale, dell'accordo di ristrutturazione e del concordato preventivo.
1.1 L'istituto della transazione fiscale: ratio legis ed evoluzione normativa
In termini generali, si rileva che la ratio sottesa all'istituto della transazione fiscale (art. 182-ter,LF) inizialmente nato per tutelare, in misura prevalente, gli interessi erariali e l'azione amministrativa, si è evoluta nel senso di contemperare i predetti interessi con la massima salvaguardia della continuità aziendale e dei connessi livelli occupazionali. Le finalità dell'istituto si sono in tal modo assestate nell'ottica di individuare soluzioni condivise tra gli operatori economici e il Fisco, così da consentire un equo contemperamento tra gli interessi dei primi e quelli erariali.
Tanto premesso, al fine di porre le indicazioni fornite nel presente documento nel giusto contesto, si ritiene opportuno illustrare sinteticamente taluni concetti, già richiamati nei precedenti atti di prassi, relativi all'evoluzione della disciplina applicabile all'istituto della transazione fiscale.
Nel suo assetto attuale, la transazione fiscale rappresenta una particolare procedura "transattiva" tra Fisco e contribuente, collocata nell'ambito del concordato preventivo[7]e degli accordi di ristrutturazione8, che consente il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario.
Al riguardo va osservato che l'istituto della transazione, mutuato dal diritto civile[8], è apparso del tutto innovativo nell'ordinamento tributario, poiché ha permesso un parziale superamento del principio di indisponibilità del credito erariale, in ragione della necessità di tutelare altri interessi di pari rilievo costituzionale[9].
Nella sua prima configurazione, la transazione fiscale era ammessa per i soli tributi iscritti a ruolo ed a beneficio di quanti si fossero mostrati insolventi nel corso di una procedura di esecuzione coattiva, oppure fossero stati assoggettati a procedure concorsuali. In quel contesto, lo strumento della "transazione dei ruoli" trovava giustificazione nell'esigenza di migliorare l'attività di riscossione dei tributi ed era utilizzabile nei soli casi di maggiore proficuità dell'accordo transattivo rispetto alle procedure di esecuzione forzata. Pertanto, come precisato con la circolare n. 8/E del 2005, il principio di economicità dell'azione amministrativa assurgeva «ad elemento qualificante dell'istituto ed al tempo stesso elemento importante di valutazione per la sua applicazione».
A partire dal 2005, invece, si sono susseguiti numerosi interventi legislativi che, onde salvaguardare le attività economiche ed i livelli occupazionali, hanno potenziato gli strumenti di risoluzione concordata della crisi di impresa, introducendo, in particolare, nella legge fallimentare:
- dell'articolo 182-bis relativo agli accordi di ristrutturazione dei debiti[10];
- nonché dell'articolo 182-ter[11], con il quale è stato inaugurato il nuovo istituto della transazione fiscale, introdotto dall'art. 146 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5[12].
Al riguardo, come risulta dalla relativa relazione illustrativa, il Legislatore[13]«ha inteso allinearsi agli altri Stati membri dell'Unione europea ed introdurre una nuova disciplina concorsuale per la regolamentazione dell'insolvenza che semplifichi le procedure attualmente esistenti e sopperisca in modo agile e spedito alla conservazione dell'impresa e alla tutela dei creditori, seguendo la tendenza a considerare preminente, ove possibile, la conservazione dei mezzi organizzativi dell'impresa».
Il quadro normativo, appena delineato, è stato oggetto di successive modifiche, che vengono di seguito sinteticamente richiamate:
- con l'articolo 32, comma 5, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale»[14], è stata confermata, nell'ambito della disciplina della transazione fiscale, la non falcidiabilità del credito IVA (attraverso la sostituzione del primo comma dell'articolo 182-ter della LF);
- per effetto dell'articolo 23, comma 43, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98[15], è stato previsto che: «In attesa di una revisione complessiva della disciplina dell'imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia, gli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza possono accedere alle procedure di cui agli articoli 182- bis e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive
modificazioni» [16];
- con il decreto legge 27 giugno 2015, n. 83,18sono state apportate ulteriori e rilevanti modifiche alla disciplina delle procedure concorsuali applicabili alle imprese in crisi, tra le quali si segnalano quelle relative alla disciplina del concordato preventivo, come l'introduzione della percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari, la previsione di un piano, allegato alla domanda di concordato, che descriva analiticamente le modalità e i tempi di adempimento della proposta, nonché la disciplina dei rapporti processuali pendenti al momento di presentazione della domanda di concordato preventivo e della dichiarazione di fallimento19;
- con l'articolo 1, comma 81, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono state recate ulteriori innovazioni alla disciplina delle procedure concorsuali applicabili alle imprese in crisi, attraverso l'allineamento della disciplina normativa del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione al contesto interpretativo della giurisprudenza comunitaria e nazionale. A tal fine, la revisione legislativa ha inciso su taluni aspetti della disciplina previgente, che comportavano sensibili differenze tra i creditori, così da favorire la proficua conclusione degli accordi aventi ad oggetto la rideterminazione del debito complessivo. Le novità più significative sono rappresentate dalla obbligatorietà del procedimento previsto dall'articolo 182-ter della LF in tutte le ipotesi di concordato preventivo e dall'introduzione della possibilità di falcidiare, all'interno del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, anche i debiti relativi all'IVA e alle ritenute operate e non versate, con il limite della quota realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione;
«mancanza di voto», o «mancanza di adesione», da parte dell'Amministrazione finanziaria (o da parte degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie), qualora l'assenso di quest'ultima sia necessario ai fini del perfezionamento della procedura compositiva. Nell'effettuare tale valutazione il Tribunale può tenere conto anche delle risultanze della relazione redatta dal professionista incaricato dell'attestazione. Inoltre, il citato comma 1-bis ha modificato l'articolo 182-ter della LF, precisando che la relazione del professionista attestatore deve, relativamente ai crediti tributari o contributivi e relativi accessori, avere ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale, modificando il precedente richiamo alle alternative concretamente praticabili.
Gli interventi normativi elencati in precedenza si collocano nel più ampio percorso, legislativo e giurisprudenziale, inaugurato con il citato decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, onde favorire la conservazione dell'impresa e, con essa, la salvaguardia dei livelli occupazionali e la tutela dei creditori, enfatizzando, al contempo, il ruolo, gli obblighi e i profili di responsabilità in capo ai professionisti incaricati di attestare la veridicità dei dati aziendali che supportano l'attuazione del piano di risanamento.
Tanto premesso, nei paragrafi che seguono si illustrano brevemente gli istituti cui il debitore può far ricorso, a seconda dei casi, ai fini della composizione della crisi d'impresa.
1.2 L'accordo di ristrutturazione del debito
L'accordo di ristrutturazione del debito, disciplinato dall'articolo 182-bisdella LF20, è uno strumento negoziale che consente agli imprenditori in possesso dei requisiti di fallibilità di far fronte ad uno stato di difficoltà. Detto istituto, in particolare, permette all'imprenditore in stato di crisi di concordare con i creditori, purché rappresentanti almeno il 60% del totale, le modalità attraverso le quali riportare l'attività aziendale ad una condizione di normalità. L'intesa eventualmente raggiunta non può incidere sulle situazioni soggettive dei creditori non aderenti, che devono essere soddisfatti in maniera integrale21.
Una volta perfezionato l'accordo con i creditori, l'imprenditore deve depositare la documentazione di cui all'articolo 16122, LF, e chiederne l'omologazione al Tribunale. La domanda di omologa deve essere corredata dalla relazione redatta da un professionista, designato dal debitore ed in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), LF, che attesti la veridicità dei dati aziendali e l'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei. L'accordo viene, quindi, pubblicato nel Registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.
A partire da tale momento, e per i successivi sessanta giorni, i creditori per titolo e causa anteriore alla data di pubblicazione non possono avviare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire, se non concordati, titoli di prelazione. Entro trenta giorni da detta pubblicazione, inoltre, i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizioni e il Tribunale, decise queste ultime, procede all'omologazione in camera di consiglio con decreto motivato che, eventualmente, può essere oggetto di reclamo dinnanzi alla Corte di Appello.
In base ai commi 6 e 7 del citato articolo 182-bis, il debitore può richiedere che il dies a quo del divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive inizi a decorrere già durante l'espletamento delle trattative, depositando presso il Tribunale la documentazione di cui all'articolo 161, primo e secondo comma, lettere a), b), c) e d), LF, unitamente ad una proposta di accordo corredata da:
22 Il citato articolo 161 dispone che: «...Il debitore deve presentare con il ricorso:
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta; in ogni caso, la proposta deve indicare l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.
Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano».
- una dichiarazione, avente valore di autocertificazione, attestante che sul contenuto della stessa proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti;
- una dichiarazione del professionista, avente i requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), LF, che attesta che la proposta, qualora accettata, sia in grado di assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.
L'istanza di sospensione è pubblicata nel Registro delle imprese e rende operativo il divieto di avviare o proseguire le azioni esecutive e cautelari, nonché il divieto di acquisire, coattivamente, titoli di prelazione. Il Tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l'udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell'udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti, dispone con decreto motivato, impugnabile innanzi alla Corte di appello, il divieto di avviare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati, assegnando un termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista. Espletato tale adempimento, inizierà l'iter di omologa dell'accordo.
Da ultimo, si evidenzia che, in esito alla modifica recata dall'articolo 3, comma 1-bis, del decreto legge 7 ottobre 2020, n. 125, l'articolo 182-bis, quarto comma, della LF prevede che il Tribunale possa omologare l'accordo anche in caso di «mancanza di adesione» da parte dell'Amministrazione finanziaria (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) quando l'adesione medesima è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale minima di consensi. Nell'esercitare tale facoltà il Tribunale è chiamato a valutare, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista attestatore, se la proposta di soddisfacimento delle posizioni creditorie dell'amministrazione (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) sia maggiormente conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria.
Il concordato preventivo, disciplinato dagli artt. 160 e ss. della LF, è una procedura concorsuale che può essere utilizzata sia per superare lo stato di crisi (c.d. concordato in continuità) sia ai fini liquidatori (c.d. concordato liquidatorio).
La procedura in esame si basa sull'approvazione della proposta del debitore da parte dei creditori, i quali manifestano la loro volontà secondo il criterio della maggioranza, determinata ai sensi dell'articolo 177 della LF.
A differenza dell'accordo di ristrutturazione il concordato preventivo:
- è vincolante per tutti i creditori, compresi quelli dissenzienti, ed è quindi caratterizzato dalla cosiddetta "falcidia passiva";
- consente di mantenere impregiudicati i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso, in base a quanto previsto dall'articolo 184 LF 23.
La domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo deve essere proposta, exarticolo 161, LF, con ricorso al Tribunale del luogo in cui l'impresa debitrice ha la sede principale. A tale fine, in analogia a quanto previsto dall'articolo 9, LF, in ordine alla competenza per la dichiarazione di fallimento, non rilevano i trasferimenti avvenuti nell'anno antecedente al deposito. Il ricorso deve essere sottoscritto dal debitore o, se si tratta di impresa collettiva, dal legale rappresentante, che agisce nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 152 della
23
Il citato articolo dispone che: «1. Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all'articolo 161. Tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso.
2. Salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili».
LF. La domanda è comunicata, a cura della cancelleria del Tribunale, al Pubblico Ministero.
Unitamente al ricorso, in forza di quanto disposto dell'articolo 161, LF, il debitore deve presentare:
- un'aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
- uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
- l'elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
- il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
- un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta che, a sua volta, deve indicare l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.
Il piano e la documentazione devono, inoltre, essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), LF, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo[17]. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.
Allorquando il ricorrente intenda continuare l'esercizio dell'attività di impresa, ai sensi dell'articolo 186-bis, LF:
- il piano deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;
- la relazione del professionista deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
Sempre in caso di continuazione dell'attività aziendale, il piano può, altresì, prevedere una moratoria, fino a un anno dall'omologazione, per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione non hanno diritto al voto.
La domanda di concordato deve essere pubblicata nel Registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito. Da tale momento, in base a quanto statuito dall'art. 168 della LF:
- i creditori non possono iniziare o proseguire né azioni esecutive né azioni cautelari contro il patrimonio del debitore;
- si sospende il computo della prescrizione e le decadenze non si verificano;
- i creditori non possono acquisire diritti di prelazione, se non autorizzati dal giudice;
- le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni che precedono la pubblicazione del ricorso nel Registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori il cui titolo si sia formato anteriormente al concordato[18].
Nel periodo che intercorre tra il deposito della domanda e il decreto di ammissione, il debitore potrà compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione per la gestione dell'impresa, nonché gli atti urgenti di straordinaria amministrazione che siano autorizzati dal Tribunale, previa eventuale assunzione di sommarie informazioni. Eventuali crediti di terzi che dovessero sorgere durante questo lasso temporale saranno considerati prededucibili.
Nell'ottica di incentivare la funzione del concordato quale strumento per il risanamento aziendale, il Legislatore ha previsto che l'imprenditore, dopo il deposito del ricorso, possa, previa autorizzazione del Tribunale, contrarre finanziamenti prededucibili, purché essi siano finalizzati al miglior soddisfacimento dei creditori.
Qualora il ricorso venga considerato ammissibile, il Tribunale decreta l'apertura della procedura di concordato preventivo e conseguentemente:
- individua il giudice delegato;
- ordina la convocazione dei creditori non oltre 120 giorni dal provvedimento di ammissione e stabilisce il termine entro cui effettuare la comunicazione per la loro adunanza;
- nomina il Commissario Giudiziale;
- stabilisce il termine, non superiore a 15 giorni, entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del Tribunale la somma pari al 50% delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ovvero la diversa minor somma determinata dal giudice, comunque non inferiore al 20% di tali spese;
- ordina al ricorrente di consegnare al Commissario Giudiziale, entro 7 giorni, una copia informatica o su supporto analogico delle scritture contabili e fiscali obbligatorie.
Ai sensi dell'articolo 172, LF, il Commissario Giudiziale redige l'inventario del patrimonio del debitore ed una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, depositandola presso la cancelleria almeno quarantacinque giorni prima dell'adunanza dei creditori. Nella relazione il commissario deve illustrare le utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi. Inoltre, se vengono depositate proposte concorrenti, il Commissario Giudiziale riferisce in merito alle stesse, producendo una relazione integrativa che va depositata in cancelleria e comunicata ai creditori almeno dieci giorni prima dell'adunanza. La relazione integrativa contiene, di regola, una particolareggiata comparazione tra tutte le proposte depositate. Analoga relazione integrativa deve essere redatta qualora emergano informazioni che i creditori devono conoscere ai fini dell'espressione del voto.
In sede di adunanza, il Commissario Giudiziale, ex art. 175 della LF, illustra la sua relazione e la proposta definitiva del debitore (ed eventualmente anche le proposte concorrenti presentate dai creditori). La proposta deve essere approvata dalla maggioranza dei crediti ammessi al voto e, nel caso in cui siano previste diverse classi di creditori, la maggioranza deve essere calcolata anche sul numero delle classi. A seguito dell'approvazione dei creditori interviene l'omologazione da parte del Tribunale. In caso contrario, il Tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato e, laddove sia proposta istanza da un creditore ovvero su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di legge dichiara il fallimento del debitore. Il giudice che decreta l'omologazione, dispone anche il deposito delle somme spettanti ai creditori "contestati", "condizionali" o "irreperibili", fissando, altresì, le condizioni e le modalità per il successivo svincolo. L'omologazione deve intervenire nel termine di 9 mesi dalla presentazione del ricorso, ai sensi dell'art. 181, LF, e comporta la chiusura della procedura.
In relazione alle maggioranze necessarie per approvare il piano proposto dal ricorrente, si rileva che, in esito alla modifica recata dall'articolo 3, comma 1-bis, del D.L. del 7 ottobre 2020, n. 125, l'articolo 180, quarto comma, LF, dispone che il Tribunale possa omologare il concordato preventivo anche in caso di «mancanza di voto» da parte dell'Amministrazione finanziaria (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) quando:
a) l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze richieste;
b) la proposta di soddisfacimento dei crediti della predetta amministrazione (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) appaia, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, LF, più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria.
Successivamente, il Commissario Giudiziale sorveglia l'esecuzione del piano, controllando che lo stesso sia eseguito nei termini previsti e, in caso di inadempimento del debitore, deve senza indugio notiziare il Tribunale.
Allorquando, ai sensi dell'articolo 173, LF, il Commissario Giudiziale accerti che il debitore ha:
- occultato o dissimulato parte dell'attivo,
- dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti,
- esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, di modo che quest'ultimo avvii il procedimento finalizzato alla revoca dell'ammissione al concordato, dandone comunicazione, tramite posta elettronica certificata, al Pubblico Ministero e ai creditori. In esito a tale procedimento il Tribunale provvede con decreto e, previa istanza dei creditori (ovvero su richiesta del Pubblico Ministero), accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 della LF, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza. Analoghi provvedimenti sono adottati dal Tribunale anche quando il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati e/o diretti a frodare le ragioni dei creditori, ovvero in caso di riscontrata assenza delle condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato.
2 IL RUOLO DEL PROFESSIONISTA "ATTESTATORE"
Gli interventi legislativi in materia di composizione della crisi di impresa hanno, progressivamente, assegnato ai professionisti che attestano la veridicità dei dati aziendali e l'attuabilità dell'accordo (nel prosieguo anche "attestatori") un ruolo sempre più rilevante, precisandone le richieste competenze tecniche ed i requisiti personali, nonché chiarendo quali contenuti devono essere necessariamente riportati nella relazione di attestazione.
La scelta adottata dal Legislatore di propendere verso soluzioni simil- "privatistiche" della crisi aziendale ha, infatti, enfatizzato la necessità di adottare adeguati presidi a tutela dei terzi e dei creditori. Proprio in ciò risiede la ratiodell'attestazione, che assume la funzione di strumento di garanzia a favore dei terzi e dei creditori, soprattutto se estranei al piano di risanamento, volto a consentire che le scelte e le rinunce di fronte alle quali sono posti siano ponderate ed assunte in base a informazioni corrette, attendibili e sufficientemente complete.
Il lavoro dell'attestatore, quindi, è determinante in quanto deputato a rafforzare la credibilità degli impegni assunti dal debitore mediante il piano, che devono essere finalizzati al riequilibrio della situazione economico-finanziaria e, sostanzialmente, al risanamento dell'impresa.
Inoltre, la relazione di attestazione, in esito alle modifiche recate dal decreto legge 7 ottobre 2020, n. 125, è espressamente indicata (artt. 180 e 182-bis della LF) come uno degli elementi di cui può avvalersi il Tribunale per omologare il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione, anche in mancanza, rispettivamente, del voto o dell'adesione dell'Amministrazione finanziaria
In ragione della rilevanza degli interessi tutelati, il Legislatore, come predetto, ha subordinato l'esercizio della funzione attestativa al possesso di una serie di requisiti, tra cui spicca quello dell'indipendenza, atti ad assicurare che gli accertamenti condotti, le analisi economico-finanziarie e patrimoniali elaborate, le valutazioni prospettiche di convenienza e di sostenibilità del piano industriale o di risanamento, la garanzia sulla veridicità dei dati e il giudizio finale siano effettuati da soggetti in possesso di particolari competenze professionali. Si tratta, quindi, di un ruolo centrale, da assolvere con rigore, competenza e trasparenza per assicurare la corretta riuscita della procedura di composizione della crisi.
2.1 Il requisito dell'indipendenza
Il requisito dell'indipendenza dell'attestatore è stato introdotto nell'ordinamento grazie al Decreto Sviluppo[19].
Antecedentemente, l'art. 67, comma 3, lett. d), del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, stabiliva che: «Non sono soggetti all'azione revocatoria (...)d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'art. 28, lettere a) e b) ai sensi dell'articolo 2501 bis, quarto comma, del Codice civile».
Pertanto, al professionista incaricato dell'attestazione veniva richiesto di:
- essere iscritto nel registro dei revisori legali;
- essere in possesso dei requisiti previsti per la nomina del curatore, ex art. 28 lett. a) e b), LF, ossia l'iscrizione all'albo degli avvocati, dei dottori commercialisti o degli esperti contabili, ovvero l'appartenenza ad una società tra professionisti o ad una associazione professionale.
Nonostante l'assenza di un espresso richiamo normativo, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto implicito nella normativa di riferimento il possesso del requisito dell'indipendenza da parte del professionista27.
Come anticipato, la questione è stata risolta dal Decreto Sviluppo, che ha integrato l'articolo 67 della LF, richiedendo testualmente il possesso del requisito dell'indipendenza e richiamando l'articolo 2399, c.c., che disciplina gli elementi di terzietà che devono essere posseduti dai membri del collegio sindacale delle società di capitale. In tale prospettiva, è stato definitivamente sancito che il professionista attestatore non debba essere legato all'impresa, ovvero a coloro che hanno interesse alla riuscita dell'operazione (come i creditori del contribuente in crisi):
- né da rapporti di natura personale;
- né da rapporti di natura professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio[20].
Per quanto concerne i rapporti personali, è opportuno precisare che devono ritenersi ostativi, oltre a quelli previsti dal suddetto articolo 2399, c.c., anche le ulteriori situazioni che presentano con gli stessi profili di sostanziale identità. In tale ambito può, ad esempio, ricomprendersi la sussistenza di rapporti professionali abituali con il consulente dell'imprenditore che ha predisposto il piano.
Inoltre, è opportuno sottolineare che, in ragione della centralità del ruolo attribuito al professionista attestatore, l'indipendenza non può essere intesa in senso meramente formale, dovendo, invece, essere assicurata da un punto di vista sostanziale, così da garantire l'autonomia di giudizio e l'indipendenza economica dell'attestatore rispetto al debitore.
Elementi utili a corroborare la sussistenza di tale ultimo principio possono, tra l'altro, essere concretamente rinvenuti nelle clausole contrattuali che regolano la modalità di determinazione del corrispettivo dovuto per l'esecuzione della prestazione. Ad esempio, appare opportuno che il compenso venga compiutamente determinato al momento dell'accettazione dell'incarico, così come la relativa corresponsione che deve avvenire attraverso una precisa calendarizzazione, articolata, eventualmente, in uno o più acconti cui si aggiunge il saldo finale, ed in base allo stato di avanzamento dell'attività.
Di contro, possono essere ritenuti sintomatici dell'assenza di indipendenza eventuali accordi negoziali che subordinano il pagamento del corrispettivo al rilascio di un positivo giudizio di fattibilità del piano, ovvero all'intervenuta omologa da parte del Tribunale: il lavoro di asseverazione si configura come una prestazione di mezzi e non di risultato ed è, pertanto, incompatibile con la presenza di premi di risultato (o "success fee") che, per loro natura, incidono negativamente sulla sussistenza delle condizioni di indipendenza.
2.2 Le conseguenze del mancato rispetto del requisito dell'indipendenza
Nel caso in cui il Tribunale, nel corso del procedimento per l'ammissione al concordato preventivo[21]o di omologazione dell'accordo[22], accerti il difetto del presupposto dell'indipendenza, nonostante il professionista abbia rilasciato l'attestazione, oltre alle conseguenze di ordine civile e penale che attengono alla sua personale sfera giuridica, si producono inevitabili effetti che vanno a minare la legittimità della procedura compositiva. Tale ultima considerazione resta valida anche nelle fattispecie di sopravvenuta carenza del requisito.
Qualora la suddetta mancanza[23]venga rilevata in sede di ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell'accordo, la relazione di attestazione potrà essere invalidata dal giudice e dichiarata priva di efficacia, segnando così inesorabilmente la chiusura della procedura. L'assenza del requisito potrà in ogni caso essere rilevata anche mediante l'impugnazione del decreto di omologazione, costituendo vizio idoneo a provocare la revoca del decreto medesimo[24].
Ancorché gli Uffici non siano tenuti ad effettuare un riscontro su quanto dichiarato dal professionista relativamente al possesso del requisito di indipendenza (la cui assenza, come indicato, comporta gravi conseguenze anche sotto il profilo penale), resta inteso che, laddove venissero a conoscenza dell'assenza del predetto requisito in capo all'attestatore, gli stessi dovranno eccepire tale carenza disattendendo il contenuto della proposta e segnalando al Tribunale quanto appreso.
2.3 Le attività propedeutiche all'attestazione
Come sarà meglio precisato nel successivo paragrafo 3, la relazione di attestazione è idonea a far acquisire al piano proposto dall'impresa un valore presuntivo, con specifico riferimento alla sua fattibilità ed alla sua convenienza.
Per svolgere tale funzione, la relazione deve ricomprendere un nucleo minimo ed indefettibile di riscontri ed informazioni, la cui assenza può rappresentare un sintomo di lesione del ruolo di garanzia svolto dalla medesima.
Ciò premesso, di seguito sono declinati, sinteticamente, gli elementi che la predetta relazione deve contenere, nella considerazione che, in assenza di un corpusnormativo specificamente dedicato all'argomento, quelle che vengono fornite sono indicazioni la cui ricorrenza consente, in linea generale, di ritenere la relazione proposta coerente con la finalità che la stessa deve perseguire.
In primo luogo, l'attestatore è chiamato a controllare la veridicità dei dati aziendali, tenendo conto dell'adeguatezza e del corretto funzionamento del sistema amministrativo e contabile che li ha prodotti. L'eventuale sussistenza, a seconda delle dimensioni dell'impresa, di presidi finalizzati al controllo interno e all'individuazione dei principali rischi aziendali (il control risk, l'ineherent risk ed il detection risk)[25]può rappresentare un elemento atto a favorire il giudizio circa l'attendibilità dei dati contenuti nel piano oggetto di attestazione.
Tale attività richiede un'analisi dei dati contabili dell'azienda, con particolare riferimento a quelli che sono direttamente assunti a base della realizzazione del piano.
In adesione al principio di revisione internazionale "(ISA Italia) 500 - elementi probatori"[26], elaborato dall'Associazione italiana delle società di revisione legale (ASSIREVI), l'attestatore verificherà il rispetto delle seguenti asserzioni:
- Esistenza: verifica che una determinata attività o passività siano esistenti ad una certa data;
- Diritti ed obblighi: appuramento che un'attività o una passività siano di pertinenza dell'azienda ad una certa data;
- Manifestazione: controllo che un'operazione (o un evento) di pertinenza dell'azienda abbia avuto luogo nel periodo di riferimento;
- Completezza: verifica che non vi siano operazioni non contabilizzate o per le quali manchi un'adeguata base informativa;
- Valutazione: appuramento che le attività o le passività siano contabilizzate a valori appropriati;
- Misurazione: verifica che le operazioni siano correttamente contabilizzate ed i costi ed i ricavi imputati per competenza;
- Presentazione e Informativa: verifica che una voce o un'operazione siano evidenziate, classificate e corredate da adeguata informativa.
L'attestatore, pertanto, vaglierà la veridicità dei dati accolti nel piano, di quelli contenuti nella documentazione allegata allo stesso e degli elementi necessari alla sua predisposizione, circoscrivendo il proprio perimetro di controllo intorno alle informazioni su cui si fondano le previsioni. La validazione delle informazioni patrimoniali, economiche e finanziarie, che rappresentano i dati di partenza del programma di risanamento o liquidazione, rappresenta una forma di garanzia volta ad attestare che le stesse siano attendibili e in grado di fornire un quadro fedele della situazione dell'azienda e della presumibile evoluzione della gestione.
Tutte le assunzioni alla base del lavoro di attestazione e, soprattutto, la descrizione dei riscontri effettuati, dovranno essere pertanto puntualmente rinvenibili nella relazione di attestazione.
Per quanto concerne la fattibilità tecnico-finanziaria del piano, un passaggio fondamentale è rappresentato dalla diagnosi delle cause della crisi di impresa. Infatti, l'attestatore, basandosi sul contenuto del piano sottoposto al suo giudizio, è chiamato ad accertare, tramite analisi quali-quantitative, che i fattori di criticità siano stati puntualmente individuati e che, data la loro struttura ed intensità, sia possibile superarli.
Considerato che una corretta diagnosi della crisi è una precondizione necessaria per valutare se la strategia proposta nel piano possa essere efficace, nella relazione di attestazione deve potersi individuare quali strumenti diagnostici siano stati utilizzati, la completezza del set informativo messo a disposizione dell'attestatore e i risultati cui lo stesso è pervenuto[27].
Con particolare riferimento al tema della fattibilità del piano, riveste fondamentale importanza la sussistenza di specifiche analisi condotte dell'attestatore sulle principali ipotesi che il management pone a fondamento della strategia di risanamento, che devono essere chiaramente evidenziate nel piano medesimo. In particolare, qualora sia prevista la liquidazione del patrimonio aziendale, dalla relazione dell'attestatore deve potersi evincere l'attendibilità del metodo utilizzato per stimare il valore di realizzo dei cespiti. Inoltre, se il piano fa riferimento a corrispettivi di cessione concordati con terzi acquirenti, dalla stessa relazione deve risultare che l'imprenditore ha compiutamente documentato lo svolgimento delle trattative.
Per quanto concerne, invece, i piani che prevedono la continuazione dell'attività di impresa, occorre verificare che l'action plan predisposto dal management aziendale specifichi le condizioni necessarie per la sua attuazione. A tal fine, la relazione di attestazione deve confermare che i meccanismi causali posti a fondamento dell'action plan siano idonei a raggiungere gli obiettivi prefissati, suffragandone la coerenza interna ed esterna[28].
Particolare attenzione deve essere posta a quelle situazioni nelle quali i risultati prospettati siano migliori di quelli storicamente conseguiti dall'impresa, ovvero superiori rispetto a quelli che sono previsti per il mercato di riferimento. In tali casi, l'attestatore deve corroborare la realisticità delle ipotesi formulate, verificando, da una parte, che le ragioni dell'over performance siano state accuratamente illustrate nel piano, dall'altra, che l'impresa possa ragionevolmente conseguirle, alla luce delle sue specifiche caratteristiche, di futuri mutamenti del contesto competitivo in cui opera, ovvero di altri eventi altamente probabili.
Illustrati, seppur brevemente, quelli che sono gli elementi che si ritiene debbano essere compendiati all'interno della relazione di attestazione, passiamo ad analizzare i criteri di valutazione che devono essere adottati dagli Uffici in sede di esame della proposta di trattamento.
3 VALUTAZIONE DELLA PROPOSTA DI TRATTAMENTO DA PARTE DELL'UFFICIO
L'illustrazione dei contenuti necessari che si ritiene debbano essere riportati nella relazione di attestazione, come sopra declinati, consente di fornire indicazioni agli Uffici finalizzate a garantire un approccio uniforme, su tutto il territorio nazionale, all'attività di valutazione delle proposte di trattamento dei crediti tributari.
Come meglio si dirà nel prosieguo, il fulcro del procedimento argomentativo che porta a ritenere accoglibile una proposta di trattamento del credito tributario deve essere incentrato sulla maggiore, o minore, convenienza economica della stessa rispetto all'alternativa liquidatoria.
In tal senso depone l'azione del Legislatore che, come anticipato, ha previsto che il Tribunale possa omologare il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione pur in mancanza, rispettivamente, del voto o dell'adesione dell'Amministrazione finanziaria, allorquando ritenga, anche in base alle risultanze della relazione del professionista attestatore, che la proposta dell'imprenditore sia migliorativa rispetto all'ipotesi liquidatoria.
Come anticipato al paragrafo 2.3, in sede di valutazione della maggior convenienza della proposta assume, quindi, particolare rilevanza la relazione di attestazione che, qualora ricomprenda le informazioni sopra dettagliate, è in grado di far acquisire un valore presuntivo alle prospettazioni e alle conclusioni contenute nella proposta.
3.1 Le valutazioni da svolgere nel concordato preventivo
La circolare del 23 luglio 2018, n. 16/E, ha chiarito che l'articolo 182-ter della LF richiede che dalla relazione del professionista, previamente attestata, emerga che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari e previdenziali, all'esito della comparazione tra il pagamento proposto con la domanda di concordato e quanto ricavabile nell'alternativa liquidatoria. Ai fini di tale confronto, l'attestazione dovrà contenere degli elementi che tengano conto anche del maggiore apporto patrimoniale, rappresentato:
- dai flussi o dagli investimenti generati dalla eventuale continuità aziendale; oppure
- dall'esito dell'attività liquidatoria gestita in sede concordataria.
Tale apporto non costituisce una risorsa economica nuova, ma deve essere considerato come finanza endogena, in quanto, ai sensi dell'articolo 2740, c.c., il proponente è chiamato a rispondere dei debiti assunti con tutti i propri beni, presenti e futuri.
La proposta così formulata è oggetto di valutazione da parte del Commissario Giudiziale, organo del Tribunale Fallimentare e pubblico ufficiale, attraverso la relazione redatta ex art. 172, LF. Con tale relazione, il Commissario procede alla valutazione della fattibilità giuridica ed economica della proposta e del piano, nonché della loro convenienza rispetto all'ipotesi liquidatoria (i.e. fallimentare).
Pertanto, laddove il Commissario Giudiziale renda un parere favorevole alla proposta di concordato e, conseguentemente, alla connessa proposta di trattamento del credito, l'eventuale diniego da parte dell'Ufficio dovrà necessariamente essere corredato da una puntuale motivazione, idonea a confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni del Commissario medesimo.
3.2 Le valutazioni da svolgere per gli accordi di ristrutturazione
Per quanto attiene, invece, agli accordi di ristrutturazione, l'articolo 182ter, comma 5, LF - nella versione vigente a seguito delle modifiche apportate dal decreto legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020, n. 159 - prevede che l'attestazione di cui al precedente articolo 182-bis, primo comma, «relativamente ai crediti tributari o contributivi, e relativi accessori, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale; tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale».[29]
Di conseguenza, in ordine ai crediti fiscali, l'attestazione del professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lett. d), LF, deve riguardare non soltanto la veridicità dei dati aziendali e l'attuabilità dell'accordo, con specifico riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei, ma anche la convenienza del trattamento proposto rispetto all'alternativa liquidatoria.
Nel caso degli accordi di ristrutturazione il professionista effettua, quindi, una valutazione comparativa oramai del tutto assimilabile a quella richiestagli in caso di concordato preventivo.
3.3 Il giudizio di manifesta inattendibilità
Gli Uffici, tanto nel concordato preventivo quanto nell'accordo di ristrutturazione dei debiti, oltre ad operare un confronto con gli altri creditori per verificare il rispetto del divieto di trattamento deteriore dell'erario, ai fini della valutazione della proposta di transazione fiscale che viene formulata e dell'espressione del voto, o dell'assenso, che ne consegue, sono chiamati ad esaminare il requisito della maggior convenienza economica di tale proposta rispetto all'alternativa liquidatoria.
È, quindi, necessario confrontare l'importo che l'erario può percepire sulla base della proposta oggetto di esame con quello realizzabile, alternativamente, mediante la liquidazione giudiziale dell'impresa, tenendo conto dei valori degli asset aziendali e dell'ammontare conseguibile, in forza delle legittime cause di prelazione, in sede di assegnazione ai creditori delle somme realizzate mediante la liquidazione stessa.
A tal fine è indispensabile che nel piano siano chiaramente quantificati, in termini monetari, gli esiti delle diverse linee di azione, che devono essere vagliate dall'attestatore, in modo da assicurarne la coerenza, la correttezza metodologica e, in definitiva, l'attendibilità.
Nel formare il proprio convincimento gli Uffici dovranno fare riferimento, quindi, agli elementi esposti nel piano attestato dal professionista indipendente e, nel caso di concordato preventivo, anche a quanto attestato e verificato dal Commissario Giudiziale, potendo disattenderne le rispettive risultanze solo allorquando le ritengano manifestamente non attendibili, ovvero non sostenibili, anche alla luce del contesto economico e competitivo di riferimento, nonché della situazione economico-patrimoniale dell'impresa.
In tal caso gli Uffici devono corredare il giudizio di manifesta inattendibilità o insostenibilità con una puntuale motivazione, idonea a individuare in maniera analitica le ipotesi, le prospettazioni e i dati - compendiati nel piano e nella relazione - ritenuti non attendibili. In tale evenienza, si devono portare a conoscenza del contribuente gli esiti delle valutazioni, al fine di consentire - in tempo utile - una interlocuzione nella quale esaminare, attraverso l'utilizzo di parametri di comune dominio, gli elementi di criticità rilevati.
Ad esempio:
- una manifesta inattendibilità relativa alla determinazione del valore di realizzo dei beni immobili va motivata dagli Uffici ricorrendo a parametri pubblicamente disponibili, senza limitarsi all'utilizzo dei valori determinati dall'Osservatorio del mercato immobiliare, ma integrando questi ultimi, per ipotesi, con le informazioni desumibili dai borsini immobiliari, ovvero con i valori di vendita presenti nei siti on-line delle agenzie immobiliari. Inoltre, nei casi maggiormente complessi, gli Uffici si avvarranno del proprio personale esperto in materia di estimo, mettendo a disposizione del contribuente i risultati raggiunti e le metodologie utilizzate. Tale esigenza potrebbe manifestarsi, in special modo, con riferimento agli immobili di particolare pregio architettonico, storico o artistico, ovvero classificati in categorie catastali rispetto alle quali potrebbero non sussistere adeguati benchmark;
- una manifesta inattendibilità concernente le variabili previsionali (come nel caso di ipotesi di crescita del fatturato palesemente incoerenti rispetto alla media dei trend storici) va motivata dagli Uffici richiamando anche eventuali studi settoriali predisposti dalle associazioni di categoria, ovvero da altri soggetti istituzionali impegnati nell'analisi del mercato di riferimento. In tali ipotesi occorre garantire un adeguato contraddittorio, nell'ambito del quale il contribuente possa giustificare la sostenibilità delle sue previsioni in ragione di specifici elementi, quali: il recente, o prossimo, sviluppo di beni immateriali unici e di valore che possono fornire un vantaggio competitivo; la sottoscrizione di contratti conclusi a condizioni particolarmente vantaggiose; il possesso di titoli amministrativi necessari per operare nel settore di riferimento e non accessibili alla generalità degli operatori. Detti elementi devono comunque essere adeguatamente documentati e non meramente asseriti in base alla personale conoscenza del settore;
- una manifesta inattendibilità riguardante i dati che, per loro natura, non possono essere assunti in maniera puntuale (come il tasso di attualizzazione dei flussi di cassa), va motivata dagli Uffici tenendo in considerazione che comunque gli stessi possono collocarsi in un intervallo di valori aventi un medesimo livello di attendibilità. Infatti, a seconda dei casi e delle circostanze specifiche, qualsiasi posizionamento all'interno di un intervallo può, in linea di massima, essere considerato corretto, a meno che il percorso metodologico seguito per la sua individuazione e delimitazione presenti evidenti carenze metodologiche. Un caso nel quale potrebbe concretizzarsi tale ultima ipotesi si può avere nel caso in cui, in assenza di specifici accorgimenti relativi alla quantificazione dei flussi di cassa, vengano prospettati dei tassi di sconto che non valorizzano il rischio di impresa, attestandosi al livello dei tassi riservati a investimenti privi di rischio (cosiddetti free-risk)[30].
Tanto premesso, qualora in sede di esame della documentazione esibita a supporto delle proposte dovessero emergere particolari carenze o criticità, gli Uffici, onde garantire la massima celerità del vaglio istruttorio, avranno cura di avviare un tempestivo confronto con il contribuente, volto a meglio definire i termini della questione e a pervenire ad una soluzione condivisa, assicurando il rispetto dei principi di economicità, trasparenza e non aggravio del procedimento.
Riassumendo, vista la particolare importanza che la legge fallimentare attribuisce al ruolo del professionista attestatore - il quale è tenuto a garantire la veridicità dei dati aziendali e a suffragare la fattibilità del piano di risanamento - e le responsabilità civili e penali che contornano il suo operato[31], l'eventuale contestazione degli elementi del piano attestato deve basarsi su elementi idonei a dimostrarne la manifesta infondatezza.
3.4 La condotta del contribuente
Un altro aspetto in relazione al quale si rende necessario fornire chiarimenti è rappresentato dalla rilevanza che deve essere attribuita alla condotta del contribuente. Si ritiene, infatti, che la stessa non debba generalmente inficiare o pregiudicare la valutazione della convenienza della proposta di trattamento del credito, ma debba essere posta su un piano diverso rispetto a quest'ultima.
3.4.1 Attività distrattive o decettive
Le condotte del contribuente che possono influenzare l'iter di valutazione della proposta sono quelle che si sostanziano in eventuali attività distrattive o decettive che, da un lato, incidono direttamente sulla veridicità dei dati relazionati, dall'altro, causano, alternativamente o cumulativamente, una sottostima delle attività, una loro sottrazione fraudolenta, ovvero una sovrastima delle passività.
Potrebbe, per ipotesi, accadere che il contribuente, prima di attivare le procedure di composizione della crisi abbia:
- simulato la cessione di asset aziendali a soggetti correlati;
- compiuto atti liberali - come la remissione del debito - non giustificati da normali logiche di mercato, quale potrebbe essere la salvaguardia di specifici rapporti commerciali;
- perfezionato operazioni di riorganizzazione aziendale, finalizzate a trasferire artatamente nel proprio patrimonio personale poste dell'attivo, costruendo così una bad company da sottoporre alla procedura compositiva;
- utilizzato fatture per operazioni inesistenti allo scopo di creare costi a carico dell'impresa.
La presenza di tali condotte, incidenti sul profilo della procedibilità/legittimità della procedura di gestione della crisi di impresa, saranno segnalate alle autorità competenti. In caso di concordato preventivo, tali contegni saranno, nello specifico, rappresentati al Commissario Giudiziale che, ricorrendone i presupposti, potrà attivare il procedimento di revoca ex art. 173, LF, ferma, in ogni caso, la rilevanza degli stessi ex artt. 236 e ss. LF.
3.4.2 Precedenti fiscali del contribuente
I precedenti fiscali del contribuente, considerato che gli stessi sono ordinariamente oggetto di verifica nel corso delle attività di controllo formale e sostanziale, non sono generalmente esaminati in sede di valutazione della proposta. Tuttavia, eventuali condotte riconducibili ad una sistematica e deliberata violazione di obblighi fiscali, pur non assumendo autonoma rilevanza[32], dovranno rientrare nell'ambito della predetta valutazione e coerentemente con lo spirito delle norme richiamate in premessa finalizzate a garantire una tempestiva gestione delle procedure di composizione della crisi di impresa.
Particolare attenzione, invece, va riservata ai casi di frode, come ad esempio nel caso di condotte caratterizzate dall'utilizzo di documentazione falsa, da altri artifizi e raggiri, ovvero da operazioni in tutto o in parte simulate, che denotano l'assenza, da parte del contribuente, di collaborazione e trasparenza nei confronti dell'Amministrazione finanziaria[33].
La presenza di tali condotte renderà necessario, in sede di valutazione della proposta di trattamento del credito tributario, ampliare l'ambito oggettivo delle attività di valutazione da porre in essere, le quali non dovranno limitarsi ad analisi di tipo campionario, ovvero all'adozione di criteri basati sulle soglie di materialità degli errori, poiché in tali circostanze la gravità dei comportamenti pregressi deve portare a ritenere le esigenze di tutela dell'interesse erariale prevalenti rispetto alla speditezza della procedura.
Potrebbe rientrare, ad esempio, nella casistica in esame un contribuente, precedentemente protagonista di schemi fraudolenti basati sull'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ricevute da soggetti non residenti, che proponga un piano di risanamento basato sulla presenza di finanza esterna proveniente, appunto, da uno Stato estero, la cui origine non sia adeguatamente documentata. In tale evenienza, unitamente alle ordinarie attività istruttorie, gli Uffici dovranno assicurarsi che il soggetto finanziatore non sia in alcun modo collegato, in termini di tempo e luogo del reato, alla precedente frode, né altrimenti riconducibile alla sfera soggettiva del contribuente, poiché vi è un pericolo concreto che il dissesto possa essere sanato con delle disponibilità di origine delittuosa o comunque artificiosamente sottratte in precedenza dal patrimonio dell'impresa. In una siffatta situazione - oltre a informare le competenti articolazioni interne - per identificare la fonte di finanziamento gli Uffici, a seguito di una ponderata valutazione, potrebbero ricorrere alle complesse procedure di cooperazione amministrativa in ambito internazionale, le cui eventuali negative ricadute in termini di celerità della procedura di composizione della crisi di impresa devono ritenersi giustificate dalla necessità di evitare che il piano di risanamento trovi fondamento nei frutti dei disegni delittuosi, in precedenza realizzati dai soggetti che propongono la procedura transattiva.
Al contempo, dovranno essere valorizzate, in sede di esame della proposta, eventuali (ed effettive[34]) situazioni di discontinuità rispetto alla precedente compagine sociale o agli organi direttivi dell'impresa responsabili della realizzazione dei predetti disegni.
Pertanto, al di fuori delle fattispecie fraudolente, come quelle sopra esemplificate, concretamente idonee a inficiare l'attendibilità della proposta, i provvedimenti di accoglimento o diniego devono essere assunti e motivati in ordine alla maggiore o minore convenienza economica della stessa.
3.5 Il ruolo della finanza esterna
Risulta di particolare pregio per i creditori in sede di verifica della convenienza della proposta di transazione fiscale, sia in riferimento al concordato preventivo sia all'accordo di ristrutturazione, la presenza di finanza esterna, ossia di risorse/utilità economiche messe al servizio del solo fabbisogno concordatario e/o convenzionale, che non fanno parte del patrimonio dell'imprenditore al momento del deposito della domanda di concordato, ovvero di omologa dell'accordo di ristrutturazione.
Si tratta di disponibilità finanziarie che, essendo estranee al patrimonio dell'impresa in stato di crisi, possono essere liberamente utilizzate per il soddisfacimento delle pretese creditorie, non essendo assoggettate alla regola della responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740, c.c.), né al rigido rispetto delle cause di prelazione (art. 2741, c.c.).
Le risorse derivanti dalla finanza esterna sono indissolubilmente legate alla risoluzione concordata della crisi, venendo a difettare in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, e, secondo numerosi arresti giurisprudenziali, la loro presenza involge una presunzione relativa di convenienza della proposta di transazione fiscale[35].
Riguardo, invece, ai flussi di cassa generati dalla continuità aziendale - per quanto non vadano computati, ai fini del raffronto con l'alternativa liquidatoria, nel calcolo della consistenza del patrimonio aziendale esistente alla data di presentazione della domanda di concordato preventivo - gli stessi non sono qualificabili come "finanza esterna" in senso tecnico, in quanto ricavi riconducibili comunque al patrimonio del debitore e, pertanto, destinati al soddisfacimento dei creditori secondo le regole del concorso, quanto meno nel senso di non alterare l'ordine delle cause di prelazione.
Al riguardo, quindi, la distribuzione delle somme provenienti dai flussi di cassa prodotti dalla continuità aziendale dovrà avvenire in modo tale da assicurare in ogni caso un trattamento non deteriore alla pretesa tributaria rispetto ai creditori concorrenti, secondo le prescrizioni dell'art. 182-ter, primo comma, LF, e, nel contempo, il miglior soddisfacimento rispetto all'alternativa liquidatoria.
3.6 Il fattore temporale nella dilazione del debito tributario e le percentuali di ristoro
Con specifico riguardo alla tematica relativa ai tempi di dilazione del debito tributario nell'ambito del concordato preventivo, si evidenzia che la stessa deve essere affrontata senza affidarsi a schemi generalizzati, prestando, invece, la massima attenzione alle caratteristiche specifiche di ciascuna fattispecie.
Infatti, se è vero che un maggiore orizzonte temporale incrementa l'aleatorietà della stima e potrebbe, ordinariamente, richiedere alcuni puntuali accorgimenti - come l'utilizzo di tassi di attualizzazione progressivi, la tendenziale diminuzione dei ritmi di crescita del fatturato, ovvero la prestazione di specifiche garanzie reali o personali - in taluni casi, grazie alle particolari caratteristiche del patrimonio aziendale e/o delle relazioni commerciali del contribuente, alla natura dell'attività imprenditoriale o al regime di concorrenza nel quale la stessa viene svolta, potrebbero manifestarsi condizioni idonee a garantire l'affidabilità delle proiezioni anche rispetto a lassi temporali medio lunghi.
Si pensi, per esempio,
- ad una azienda che ha stipulato contratti attivi di lunga durata, oppure che ha da poco avviato la commercializzazione/produzione di un bene tutelato da un brevetto registrato, che garantirà diritti di esclusiva per tutto il periodo di validità della sua tutela legale,
- ad imprese che sono titolari di licenze e concessioni, pubbliche o private, la cui utilità economica è destinata a durare nel tempo, oppure che possono giovarsi del plusvalore derivante dalla disponibilità di assembled workforce, ovvero derivante dalle sinergie di gruppo, concertate o meno[36].
La varietà delle situazioni realizzabili fa sì che nessuna tempistica debba, aprioristicamente, ritenersi accettabile o inaccettabile, poiché elementi quali le peculiarità della fattispecie concreta, l'entità del debito, l'economicità dell'offerta, l'expertise e il know-howposseduto dall'impresa nel settore di appartenenza e le aspettative di sviluppo del mercato, potrebbero consentire di valutare positivamente anche proposte di pagamento dilazionato basate su archi temporali particolarmente dilatati[37].
Nell'effettuare l'esame delle proposte ricevute, gli Uffici focalizzeranno l'attenzione sulla ragionevolezza delle ipotesi che maggiormente incidono sulle probabilità di successo del progetto di risanamento portato alla propria attenzione. La finalità che in questa sede gli Uffici sono chiamati a perseguire, infatti, è quella di concludere un accordo concretamente gestibile da parte del debitore. Pertanto, occorre evitare di subordinare il raggiungimento dell'intesa al rispetto di tempistiche e modalità di adempimento particolarmente onerose per il contribuente, che, alla luce della situazione economico-finanziaria in cui versa l'impresa, potrebbero risultare, di fatto, impossibili da rispettare. A tal fine si terrà conto degli ordinari flussi finanziari in entrata che l'impresa in crisi potrebbe assicurare, evitando di perseguire benefici del tutto marginali per l'erario.
Gli Uffici, dunque, in sede di valutazione del lasso temporale proposto per l'assolvimento del debito tributario, riserveranno precipua attenzione al grado di attendibilità che riveste il piano di pagamento, anche qualora lo stesso preveda, ad esempio, una rateizzazione distribuita in dieci esercizi (limite ordinario di cui all'art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per la rateizzazione del debito tributario).
Analoghe considerazioni possono essere svolte in riferimento alla percentuale di ristoro offerta per il pagamento del debito tributario. Infatti, non può ritenersi sussistente una percentuale al di sopra o al di sotto della quale la proposta di concordato debba ritenersi certamente meritevole o immeritevole di accoglimento, purché la proposta di soddisfacimento non sia «... inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione ...».
Da ultimo, si precisa, con esclusivo riferimento all'accordo di ristrutturazione, che non possono considerarsi automaticamente ostative, eventuali clausole volte ad estendere gli effetti remissori della transazione a favore dei coobbligati. In tale prospettiva, potranno, ad esempio, essere vagliate eventuali proposte contenenti clausole volte ad estendere ai soci illimitatamente responsabili gli effetti dell'accordo di ristrutturazione, anche prima dell'entrata in vigore del comma 3 dell'articolo 59 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che prevede espressamente siffatta estensione, alle condizioni ivi indicate, a conferma di una voluntas legis volta a colmare una lacuna normativa, affermando un principio già immanente nell'ambito dell'istituto dell'accordo di ristrutturazione per la realizzazione delle sue finalità.
Nel concordato preventivo trova, come noto, applicazione il principio del trattamento non deteriore per l'erario.
Tale principio deve essere rispettato anche nell'ambito dell'accordo di ristrutturazione dei debiti[38], sebbene lo stesso non venga qualificato dalla giurisprudenza di merito come procedura concorsuale, bensì come strumento di natura negoziale rimesso alla libera determinazione delle parti, con facoltà per il debitore di proporre ai creditori trattamenti differenziati a prescindere dalla posizione giuridica derivante dalla garanzia che assiste il credito.
Le uniche ipotesi in cui può riconoscersi, eccezionalmente, un trattamento deteriore per l'erario, sono quelle caratterizzate dalla presenza di creditori "a valenza strategica".
Nell'ambito delle procedure di gestione della crisi di impresa, la legge fallimentare ammette, invero, un trattamento preferenziale in favore dei cc.dd. "creditori strategici", ritenuti tali in funzione dell'imprescindibilità del loro apporto ai fini della continuità aziendale[39].
In tale fattispecie, un trattamento del credito tributario non rigorosamente in linea con le prescrizioni normative relative all'ordine dei privilegi, potrebbe anche ritenersi giustificabile nell'ambito delle valutazioni extra-contabili connesse alla ratio legis della salvaguardia del valore impresa.
Preme, tuttavia, rilevare che la strategicità del creditore dovrà essere giustificata sulla base di elementi oggettivi e concreti e non meramente asserita.
Particolare attenzione deve essere prestata ai casi in cui il contribuente qualifichi come "creditore strategico" un soggetto ad esso correlato, assicurandosi che le condizioni pattuite siano coerenti con le normali logiche di mercato.
L'attuale contesto economico, fortemente condizionato in negativo dalla crisi dovuta al diffondersi della pandemia, potrebbe dar luogo ad un ricorso sempre più diffuso agli istituti volti alla definizione concordata della crisi d'impresa e, in particolare, agli accordi di ristrutturazione ed ai concordati preventivi[40].
In tale contesto, l'Agenzia delle entrate garantirà il massimo presidio rispetto a tali linee di lavoro, così da assicurare che i procedimenti siano conclusi nel minor tempo possibile, tutelando al contempo gli interessi erariali, la continuità aziendale e i connessi livelli occupazionali.
poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali».
In particolare, è stata riconosciuta all'imprenditore - che ha già avviato un procedimento di concordato preventivo o un giudizio per l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti - la facoltà di:
a) chiedere un termine per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di risanamento o di un nuovo accordo;
b) chiedere, in caso di concordato con riserva, la proroga del termine per il deposito del piano e della proposta di concordato con relativa documentazione;
c) chiedere, nell'ambito del giudizio per la sospensione delle azioni esecutive e cautelari in pendenza delle trattative per la stipula dell'accordo di ristrutturazione, la proroga del termine per il deposito del medesimo e della relazione del professionista;
d) usufruire dello slittamento di sei mesi dei termini di adempimento delle suddette procedure, ove già omologate.
[1] Cfr. art. 1, comma 81, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
[2] Disciplinato dall'art. 182-ter del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. "legge fallimentare").
[3] Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2019.
[4] Con l'articolo 5 (Differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23. Detto articolo dispone che: «All'articolo 389 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, il comma 1 è sostituito dal seguente: "1. Il presente decreto entra in vigore il 1° settembre 2021, salvo quanto previsto al comma 2».
[5] Recante «Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020».
[6] Cfr. articolo 15 (Decreti Legge), comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400, a mente del quale: «Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge».
[7]Art. 160 e segg. della LF. 8 Art. 182-bis, LF.
[8] Art. 1965, c.c..
[9] Una embrionale forma dello stesso si può ritrovare nell'articolo 3, comma 3, del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178.
[10] Attraverso il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, che ha apportato diverse modifiche in materia di revocatoria fallimentare e di concordato preventivo.
[11] Questa ultima disposizione è stata inserita, all'interno del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (al titolo III "Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione", capo V "Dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione di debiti"), attraverso l'articolo 146 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, recante la «Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80».
[12] In particolare, l'articolo 182-ter è stato introdotto in attuazione della delega attribuita al Governo, prevista dall'articolo 1, comma 5, della predetta legge di conversione n. 80 del 2005, per l'adozione di uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali previste dalla LF.
[13] Con la delega di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 80 del 2005, dalla quale ha tratto origine l'art. 146 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.
[14] Convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
[15] Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
[16] Seguendo il criterio cronologico, giova segnalare che, seppur in riferimento ai soggetti diversi da quelli
"fallibili", un ulteriore strumento di composizione è stato introdotto dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3,
[17] L'articolo 161, LF, offre anche la possibilità di presentare il piano entro un termine previsto dal Tribunale (cd. concordato in bianco), che deve essere compreso tra i 60 ed i 120 giorni successivi alla presentazione del ricorso. Tale termine è prorogabile di altri 60 giorni.
[18] Per completezza si evidenza che in forza dell'art. 182-sexies, LF, dalla data di presentazione della domanda di concordato non operano gli obblighi di riduzione del capitale sociale, né le cause di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale previste dal codice civile.
rubricata "Disposizioni in materia di usura ed estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento", che reca una specifica normativa applicabile alle situazioni di crisi non assoggettabili alle procedure concorsuali.
In particolare, il Capo II di tale legge, modificato dall'articolo 18 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha previsto tre possibili procedimenti per i soggetti esclusi dall'ambito di applicazione della LF, consistenti nell'accordo di composizione della crisi, nel piano del consumatore e nella procedura alternativa di liquidazione dei beni.
18 Convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2015, n. 132.
19 Tale impostazione è confermata dalla lettura dell'epigrafe del decreto legge n. 83 del 2015 dove si legge che l'intervento normativo risponde, tra l'altro, alla «straordinaria necessità e urgenza di rafforzare le disposizioni sull'erogazione di provvista finanziaria alle imprese in crisi, di promuovere la contendibilità delle imprese in concordato preventivo in modo da incentivare condotte virtuose dei debitori in difficoltà e favorire esiti efficienti ai tentativi di ristrutturazione, di rafforzare i presidi a garanzia della terzietà ed indipendenza degli incaricati che affiancano il giudice nelle gestione delle procedure concorsuali, di prevedere la possibilità di concludere nuove tipologie di accordo di ristrutturazione del debito».
[19] Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. 27Cfr. sentenza della Corte di Cassazione n. 2706 del 4 febbraio 2009, ove è stato statuito che: «quale che sia il ruolo che la legge ha inteso attribuire al professionista nei cui confronti non può non riconoscersi anche una posizione di terzietà pur se connotata da un rapporto di fiducia con l'imprenditore».
[20] La circolare CNDCEC n. 30/IR-2013 a tal riguardo precisa che: «[...] occorre aggiungere in proposito che lo stesso professionista potrebbe "autocensurarsi" quando pur possedendo i requisiti di indipendenza [...] Ritenesse compromessa la propria obiettività di giudizio in ragione di particolari rapporti intrattenuti con l'imprenditore committente (o con gli amministratori, se tratta di società) ovvero con un creditore».
20 La normativa in materia di accordo di ristrutturazione è stata modificata ad opera del decreto legge 27 giugno 2015, n. 83, che ha introdotto importanti novità per il debitore che vuole richiedere finanziamenti volti al soddisfacimento dei creditori ed all'avviarsi della procedura.
Grazie alla modifica dell'art. 182-quinquies, LF, infatti, il debitore può essere autorizzato, anche prima del deposito della documentazione di cui all'art. 161, commi 2 e 3, LF, a contrarre finanziamenti prededucibili, finalizzati al pagamento dei creditori, purché tale fabbisogno sia stato attestato da un professionista designato dal debitore.
Di particolare rilevanza è l'inserimento del nuovo terzo coma dell'art. 182-quinquies, LF, ai sensi del quale: «il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, anche in assenza del piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato in via d'urgenza a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, funzionali a urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale ai sensi dell'articolo. 161, sesto comma, o all'udienza di omologazione di cui all'articolo 182-bis, quarto comma, o alla scadenza del termine di cui all'articolo 182-bis, settimo comma. Il ricorso deve specificare la destinazione dei finanziamenti, che il debitore non è in grado di reperire altrimenti tali finanziamenti e che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un pregiudizio imminente ed irreparabile all'azienda. Il tribunale, assunte sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione, sentito il commissario giudiziale se nominato, e, se del caso, sentiti senza formalità i principali creditori, decide in camera di consiglio con decreto motivato, entro dieci giorni dal deposito dell'istanza di autorizzazione. La richiesta può avere ad oggetto anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda", riconosce al debitore che effettivamente versa in uno stato di fabbisogno finanziario la possibilità di accedere ai finanziamenti fin dalla fase preparatoria degli accordi previo rispetto delle suddette condizioni». 21
Un'eccezione al principio di intangibilità della posizione dei creditori non aderenti è regolata dall'articolo art. 182-septies, LF, che consente, qualora i creditori partecipanti all'accordo di ristrutturazione siano banche ed intermediari finanziari per un importo non inferiore alla metà dell'indebitamento complessivo, al debitore di richiedere che le condizioni e gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria.
[21] Cfr. art. 162, LF.
[22] Cfr. art. 182-bis, LF.
[23] Il vizio relativo alla relazione del professionista rientra tra i requisiti di ammissibilità della proposta di concordato e viene quindi valutato: a) in sede di decreto di ammissione alla procedura (art. 162, LF); b) in sede di revoca dell'ammissione (art 173, LF); c) in sede di omologazione (art 180, LF), fino a quando il decreto diviene definitivo.
A seguito della definitività del decreto di omologazione, il concordato può essere annullato per i vizi indicati nell'art. 138, LF, o risolto per inadempimento (art. 186, LF).
[24] A tale ultimo proposito, giova richiamare l'ordinanza n. 9927 - depositata in data 19 aprile 2017 - della Suprema Corte di Cassazione, in occasione della quale è stato precisato che: «la violazione dell'indipendenza del professionista attestatore, ampiamente accertata nella vicenda in esame, è un vizio radicale, che impedisce al professionista di svolgere in maniera adeguata la propria funzione, di essere ed apparire una figura di garanzia nell'interesse, oltre che del proponente il concordato, di ogni singolo creditore e dell'intera procedura. La sanzione, anche a tutela degli interessi pubblicistici sottesi alla procedura, non può allora essere diversa dall'inammissibilità della proposta di concordato preventivo. Deve infatti trovare applicazione l'art. 162, comma II, l. fall., il quale prevede che quando il giudice, nel corso del procedimento per l'ammissione al concordato preventivo, accerti il difetto dei presupposti (tra l'altro) di cui all'art. 161 l. fall. dichiara inammissibile la proposta di concordato».
[25] Con tali termini si intendono, rispettivamente: a) la possibile inefficacia dei sistemi di controllo atti ad individuare tempestivamente e a rimuovere gli errori significativi; b) il rischio che, a prescindere dall'affidabilità (ed efficacia) dei sistemi di controllo interno, i valori rappresentati nella situazione patrimoniale, economica e finanziaria oggetto di analisi presentino significative alterazioni a loro volta dovute a situazioni oggettive oppure a scelte soggettive del management; c) il rischio che le procedure di verifica non evidenzino un errore significativo, individualmente considerato o aggregato ad altre inesattezze o errori presenti nel saldo di un conto o in una classe di operazioni.
[26] L'ambito di applicazione del citato principio di revisione viene definito nella sua introduzione, ove si precisa che: «il presente principio di revisione illustra ciò che costituisce un elemento probativo nella revisione contabile del bilancio e tratta della responsabilità del revisore nel definire e svolgere le procedure di revisione per acquisire elementi probativi sufficienti e appropriati che gli consentano di trarre conclusioni ragionevoli sulle quali basare il proprio giudizio». Considerato che il procedimento di rilascio dell'attestazione è assimilabile, mutatis mutandis, ad un'attività di revisione avente ad oggetto i dati rilevanti per l'attuazione del piano di risanamento o liquidazione, le indicazioni fornite nel citato principio possono rappresentare delle valide coordinate anche per il professionista attestatore.
[27] A tali fini, può essere utile valutare l'avvenuta elaborazione di eventuali indicatori e quozienti economici, patrimoniali e finanziari, atti a corroborare le valutazioni qualitative, attraverso una rappresentazione diretta e riscontrabile degli elementi di disequilibrio maggiormente significativi. Ad esempio, analisi supportate dai valori della leva operativa e di quella finanziaria, dagli indici di struttura, di rotazione del magazzino e dell'attivo, dalla valutazione dei tempi medi di incasso dei crediti e di pagamento dei debiti, che possono fornire evidenza delle criticità relative alla gestione della tesoreria aziendale.
[28] Con la locuzione "coerenza interna" ci si riferisce alla compatibilità tra le previsioni contenute nel piano e i risultati storicamente conseguiti dall'impresa. Invece, la "coerenza esterna" presuppone che le ipotesi relative alle variazioni del contesto economico in cui opera l'impresa siano suffragabili con dati provenienti da fonti esterne ed attendibili (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, primarie società di consulenza etc.).
[29]Si ricorda che nella precedente versione il predetto comma 5 dell'articolo 182-ter poneva, quale termine di confronto, la convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili.
[30] È ad esempio il caso di un procedimento di attualizzazione basato sull'utilizzo di un tasso di sconto ricavato dalla curva dei rendimenti a scadenza dei titoli di Stato, che non può rappresentare, in assenza di una correzione volta a tener conto del risk premium, adeguatamente il rischio di impresa e, a maggior ragione, quello che connota una situazione di crisi. In materia di costruzione dei flussi di cassa e di determinazione di corretti tassi di sconto, un utile riferimento è rappresentato dal principio contabile nr. 9 rilasciato dall'Organismo italiano di contabilità, nonché dall'International Accounting Standards n. 36.
[31] Cfr. articolo 236-bis (Falso in attestazioni e relazioni) LF, a mente del quale: «Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies, 182-septies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata. Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà».
[32] Il tema riveste particolare delicatezza in quanto, se da un lato non sono meritevoli di tutela situazioni di sistematica e deliberata violazione di obblighi fiscali suscettibili di mettere in discussione i doveri costituzionali in tema di corretto adempimento degli obblighi tributari, occorre dall'altro nondimeno valutare se dette violazioni siano conseguenza di fattori o eventi che hanno inciso negativamente sull'equilibrio economico finanziario dell'impresa.
[33] Tali circostanze, ad esempio, si possono ritenere verificate con riguardo alle fattispecie disciplinate dal decreto legislativo 10 marzo 2000, nr. 74, e, precisamente, agli articoli 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), 8 (Emissione di fatture per operazioni inesistenti), 11 (Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte). La particolare offensività di tali reati è stata, recentemente, ribadita dal Legislatore che, tramite l'articolo 39 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, ha reso ad essi applicabile la confisca c.d. per sproporzione, ex art. 240-bis del codice penale, includendoli anche nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, disciplinata dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
[34] Effettive nel senso di reale e genuino mutamento della compagine sociale o degli organi direttivi, rispetto a cambiamenti riconducibili a meri soggetti interposti.
[35] Torna utile precisare, tuttavia, che - come chiarito dalla Corte di Cassazione - deve trattarsi di somme che non devono transitare dal patrimonio della società in stato di crisi incrementandone l'attivo patrimoniale, ovvero aggravandone il passivo, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo per il rimborso del finanziamento.
[36] Tali ultimi concetti sono compiutamente illustrati nelle "Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations" (2017) elaborate dall'OCSE.
[37] In particolare, possono essere valutate positivamente proposte che prevedano, per l'assolvimento del debito tributario concordato, dilazioni di pagamento superiori a cinque anni, purché sussistano oggettive motivazioni a supporto delle ipotesi adottate dal contribuente. Tali motivazioni debbono infatti essere idonee a garantire l'attendibilità di proiezioni che superino l'orizzonte quinquennale, termine ordinariamente individuato dalla giurisprudenza di merito come durata massima del piano di risanamento in funzione dell'arco temporale di attendibilità delle previsioni economico-finanziarie, così come elaborato dalla dottrina aziendalistica (solitamente compreso tra i tre e i cinque anni).
[38] Tale conclusione è suffragata dalla circostanza che il richiamo - contenuto nel comma 5 dell'art. 182ter LF - alla «proposta di cui al comma 1» deve essere inteso alla proposta formulata secondo i criteri ivi indicati.
[39] L'art. 182-quinquies, quinto comma, LF, dispone: «Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità' aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161 sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori».
[40] Attesa la valenza sociale che riveste l'attività di impresa, il Legislatore ha operato un potenziamento degli istituti in trattazione, tramite le norme di cui agli artt. da 5 a 10 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di
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