Risoluzione Agenzia Entrate n. 121 del 29.11.2010

Interpello - Chiarimenti in merito all’obbligo di comunicazione telematica da parte dei soggetti passivi IVA delle operazioni che avvengono con i soggetti residenti nei paesi a fiscalità privilegiata, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla L. 22 maggio 2010, n. 73
Risoluzione Agenzia Entrate n. 121 del 29.11.2010

Con l’istanza d’interpello di cui all’oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 1 del D.L n. 40, è stato esposto il seguente

QUESITO
La società istante ALFA S.R.L., residente in Italia, opera nell’ambito dell’edilizia. Al fine di costruire opere edili negli Emirati Arabi Uniti, la predetta società ha costituito in tale Stato una stabile organizzazione, attraverso la quale realizza operazioni con soggetti residenti nel territorio suddetto.
L’istante pone alla scrivente i seguenti quesiti:
1.se le operazioni poste in essere dalla stabile organizzazione con i soggetti residenti negli Emirati Arabi Uniti incorrono nell’obbligo di comunicazione di cui all’art. 1, comma 1, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40;
2.se è corretto il comportamento adottato dall’istante consistente nel comunicare solo le operazioni che avvengono tra la casa madre italiana ed i soggetti residenti in Paesi “black list”.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’istante ritiene che non sussista l’obbligo di comunicazione per le operazioni compiute dalla stabile organizzazione direttamente nel territorio degli Emirati Arabi Uniti, in quanto la legislazione del predetto Paese non prevede l’imposta sul valore aggiunto e pertanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi non vengono annotate su un apposito registro IVA.
L’istante riferisce, inoltre, che le operazioni con i soggetti economici domiciliati nel Paese “black list” vengono effettuate dalla stabile organizzazione la quale redige un proprio bilancio e tiene una contabilità autonoma rispetto alla casa madre italiana.
Per quanto riguarda, invece, le operazioni che svolge la casa madre residente in Italia con i soggetti economici residenti in Paesi “black list”, l’istante sostiene che sussista l’obbligo di comunicazione in discorso.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
L’art. 1, comma 1, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, stabilisce l’obbligo, per i soggetti passivi d’imposta sul valore aggiunto, di comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ad operazioni effettuate o ricevute nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio, negli Stati o territori individuati dal decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001.
Tuttavia, ai sensi del comma 2 dell’articolo citato, il Ministro dell’Economia e Finanze può estendere l’obbligo in questione anche a Paesi non black list ovvero a specifici settori di attività e particolari tipologie di soggetti, al fine di prevenire fenomeni a particolare rischio di frode fiscale.
In attuazione di tale principio, l’art. 3, comma 1, del D.M. 5 agosto 2010 estende l’obbligo di comunicazione anche “alle prestazioni di servizi che non si considerano effettuate nel territorio dello Stato agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto e che sono rese o ricevute nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio nei Paesi cosiddetti black list di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001 , diversi da quelli esclusi ai sensi dell'art. 1 ”.
Pertanto, la circostanza che le operazioni rese o ricevute dalla stabile organizzazione negli Emirati Arabi Uniti della società residente, nei confronti di operatori economici stabiliti in tale Paese, siano fuori campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto in Italia, non è idonea, in linea di principio, ad escluderle dall’obbligo di comunicazione in esame.
Sul punto, inoltre, è intervenuta la circolare n. 53/E del 21 ottobre 2010 la quale stabilisce che, pur in mancanza di una specifica disposizione normativa, devono ritenersi soggetti all’obbligo di comunicazione in esame “anche gli scambi di beni ovvero le prestazioni di servizi che il soggetto stabilito in Italia realizza nei confronti della stabile organizzazione di un operatore economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list, qualora la stabile organizzazione sia situata in un Paese non incluso tra quelli a regime fiscale privilegiato”.
In tale passaggio, quindi, la circolare citata stabilisce il principio secondo cui anche le operazioni intercorse con la stabile organizzazione situata in un Paese a fiscalità ordinaria sono soggette all’obbligo di comunicazione di cui all’art. 1 del D.L. n. 40 del 2010, se la predetta stabile organizzazione fa capo ad un soggetto economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list.
Il predetto principio appare coerente con la realtà economica e giuridica sostanziale, in base alla quale la stabile organizzazione costituisce un’articolazione della casa madre e non un soggetto distinto dalla medesima.
Ne consegue che anche nella fattispecie oggetto del presente interpello, in cui le operazioni avvengono tra la stabile organizzazione di un soggetto economico residente in Italia, stabilita in un Paese black list, e soggetti economici ivi operanti, va adempiuto l’obbligo di comunicazione di cui all’art. 1 del D.L. n. 40 del 2010.
Infatti, non si può ignorare che da un punto di vista economico la stabile organizzazione agisce nell’interesse della casa madre, soggetto passivo d’imposta residente in Italia.
La ratio di tale impostazione risiede nella prevenzione e nel contrasto delle frodi Iva negli scambi con l’estero.
Infine, stesso obbligo di comunicazione riguarda la casa madre per le operazioni che direttamente compie con soggetti stabiliti in Paesi black list.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.

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