Decreti ingiuntivi emessi a favore del fideiussore che ha agito in via di regresso nei confronti del debitore principale garantito - Tassazione ai fini dell'imposta di registro - Art. 8, comma 1, lettera b), della Tariffa, Parte I. Orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Nei diversi gradi di giudizio pendono numerose controversie relative alla tassazione, ai fini dell'imposta di registro, dei decreti ingiuntivi recanti condanna al pagamento di somme a carico del debitore garantito a favore del fideiussore precedentemente escusso dal creditore del rapporto obbligatorio principale
(quest'ultimo ricadente in ambito Iva).
In tale ipotesi, i ricorrenti sovente ritengono applicabile agli atti giudiziari in commento l'imposta di registro in misura fissa, in applicazione del principio di alternatività Iva/registro di cui all'art. 40 del Testo Unico dell'Imposta di Registro approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sostenendo la natura accessoria della fideiussione, in luogo dell'applicazione dell'imposta proporzionale ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera b), della Tariffa, Parte prima, allegata al medesimo d.P.R.
La Corte di Cassazione - a partire dall'anno 2015 - ha ripetutamente affermato l'applicabilità del predetto articolo 8, comma 1, lettera b), della Tariffa alla fattispecie in esame confermando la legittimità dell'operato dell'Ufficio.
Con ordinanze del 20 dicembre 2018, n. 33009/10/11, la Sezione V della Suprema Corte, richiamando il più risalente indirizzo giurisprudenziale ripreso in una isolata pronuncia (n. 19365 del 20 luglio 2018[1]), ha ritenuto di rimettere le cause al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, stante la difformità delle tesi affermate.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ritenendo non condivisibile la citata pronuncia n. 19365 del 2018, nelle sentenze nn. 18520/21/22 del 10 luglio 2019 ha espresso il seguente principio di diritto "In tema d'imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all'imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto, ma esercita un'azione di rimborso di quanto versato".
Premessi brevi cenni al quadro normativo di riferimento, si illustra l'orientamento espresso dalla consolidata giurisprudenza di legittimità.
L'art. 1950 del codice civile prevede che "Il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, benché questi non fosse consapevole della prestata fideiussione. Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatte dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui...".
Sovente, il fideiussore agisce in regresso attraverso la richiesta al giudice di emettere un decreto ingiuntivo a carico del debitore garantito.
Ai fini dell'imposta di registro, l'art. 37 del d.P.R. n. 131 del 1986 dispone che "... i decreti ingiuntivi esecutivi ... sono soggetti all'imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato...".
L'art. 8, comma 1, lettera b), della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, dispone che sono tassati con imposta proporzionale nella misura del 3% gli atti dell'autorità giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, "recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura".
Al riguardo, va richiamata altresì la Nota II) al citato art. 8 della Tariffa, la quale dispone che "Gli atti di cui al comma 1, lettera b), e al comma 1 bis non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 40 del testo unico".
L'art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986, che codifica il principio di alternatività Iva/registro, dispone, infatti, che "Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta si applica in misura fissa".
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con le richiamate sentenze nn. 18520/21/22 del 2019, ha ribadito che "... quando il garante chiede l'emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore principale quanto ha versato al creditore, non fa affatto valere il credito da corrispettivo per la prestazione resa al debitore ...", ma si limita "... a ristorarsi di quanto versato, mediante l'esercizio di azione di rivalsa nei confronti del debitore. Sicché il titolo giudiziario ottenuto dal garante, concernendo la somma già da lui versata, non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto: non dispone una prestazione soggetta a iva, ossia quella di garanzia, già eseguita e verosimilmente remunerata col premio; ...".
Tale orientamento conferma le recenti pronunce della Corte di Cassazione sulla specifica questione (ex multis, sentenze 19 gennaio 2018, n. 1339; 19 gennaio 2018, n. 1341; 2 febbraio 2018, n. 2551; 17 maggio 2017, n. 12240).
In particolare, secondo i giudici di legittimità, allorquando il fideiussore chiede l'emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore garantito quanto ha versato al creditore, non fa valere il credito "da corrispettivo" per la prestazione di servizi resa al debitore medesimo, bensì si limita a esercitare i diritti già spettanti al creditore, a seguito del pagamento da lui eseguito.
La Suprema Corte, al riguardo, ha evidenziato che la natura accessoria del contratto di fideiussione ha una valenza civilistica, mentre in ambito tributario e, segnatamente nell'ambito dell'imposta di registro, in cui viene colpita la singola manifestazione di ricchezza e la connessa capacità contributiva, viene in rilievo il principio dell'autonomia dei singoli negozi, escludendosi espressamente "l'unitarietà e inscindibilità dell'operazione complessiva".
Del resto il diritto di regresso nasce come diritto nuovo ed autonomo in capo al suo titolare per effetto dell'avvenuto pagamento nei confronti del creditore, e ciò sia rispetto al rapporto intercorso tra il creditore e il debitore principale ed alla natura della relativa obbligazione, sia rispetto a quello derivante dal contratto di fideiussione. Con il regresso, infatti, il fideiussore che ha pagato agisce nei confronti del debitore principale rimasto inadempiente per il recupero delle somme tassativamente indicate nell'art. 1950 c.c. e ciò a prescindere dai rapporti pregressi.
L'azione del garante, quindi, si configura come eventuale e autonoma rispetto alla polizza pregressa e alla obbligazione ad essa sottesa: il solvens esercita un diritto - quello alla restituzione degli esborsi sostenuti - che sorge in via originaria, per effetto dell'avvenuto pagamento e solo successivamente allo stesso.
Pertanto, pur rientrando "l'assunzione di fideiussioni" nel campo di applicazione dell'Iva, seppure in regime di esenzione ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l'azione di regresso, per il suo carattere autonomo e meramente "restitutorio", come sopra precisato, non risulta alla stessa ricollegabile.
Analogamente, il carattere autonomo dell'azione in argomento ne esclude la connessione con il debito che costituisce l'obbligazione principale garantita.
Ne consegue che la fattispecie in esame non coinvolge l'applicazione del principio di alternatività IVA/registro, che emerge, in tema di tassazione degli atti dell'autorità giudiziaria recanti "una condanna al pagamento di somme o valori", dal combinato disposto dell'art. 8, comma 1, lettera b), della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e della Nota II) in calce al medesimo articolo.
In tal senso, nella sentenza della Corte di Cassazione 19 gennaio 2018, n. 1341, quanto al rapporto tra garante e debitore, si legge, conformemente a numerose precedenti pronunce, che "...l'affermata unitarietà ed inscindibilità dell'operazione è esclusa dal fatto che il titolo da cui scaturisce il debito principale è del tutto distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale è derivata la prestazione di garanzia, stipulata tra debitore principale e garante in forza del terzo creditore, considerato che il contratto di fideiussione stipulato tra fideiussore e debitore ha ad oggetto l'impegno del primo di prestare la garanzia nei confronti del creditore, a fronte, di norma, di una commissione, che ne costituisce il corrispettivo, mentre il pagamento da parte del garante escusso segna l'esecuzione della polizza fideiussoria e, quindi, l'esaurimento della prestazione di garanzia".
Né le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ritenuto ricorrere nel caso di specie l'istituto della surrogazione di cui agli articoli 1201 e seguenti del codice civile.
In conclusione, in materia di imposta di registro, ai fini dell'individuazione del corretto trattamento fiscale da applicare alla statuizione di condanna contenuta in un decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore principale nell'ambito dell'azione di regresso, assume rilievo esclusivamente la circostanza che trattasi di provvedimento monitorio recante una "condanna al pagamento di somme o valori", con applicazione dell'imposta proporzionale nella misura del 3 per cento ai sensi dell'art. 8 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.
L'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, è conforme alla posizione interpretativa espressa dall'Amministrazione finanziaria (Risoluzione 22 febbraio 2017, n. 22/E).
[1] Nella sentenza n. 19365 del 2018, la Corte ha affermato che "rispetto alla sentenza di condanna ottenuta dal fideiussore nei confronti del debitore inadempiente per il recupero di somme assoggettate ad IVA, ai sensi dell'art. 8 della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, trova applicazione l'imposta in misura fissa, atteso che la surrogazione del fideiussore al creditore principale comporta una peculiare forma di successione nel credito e la novazione dal lato soggettivo ma non incide sull'identità oggettiva dell'obbligazione, che conserva la sua natura ai fini tributari".
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