Mercoledì 28 dicembre 2022

Nel terzo trimestre salgono gli occupati ma scendono le unità di lavoro equivalenti

a cura di: Dott. Gianmaria Vianova
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Nel terzo trimestre salgono gli occupati ma scendono le unità di lavoro equivalenti

Secondo l’ultima fotografia dell’Istat nel terzo trimestre 2022 il numero di dipendenti risulta essere in aumento, sia in termini di occupati (+1,0%) sia di posizioni lavorative nei settori dell’industria e dei servizi (+3,8%). Questa crescita dei dipendenti riguarda inoltre entrambe le categorie di lavoratori, a tempo indeterminato e a termine.

L’incremento dell’occupazione misurata in unità non coincide però con la variazione delle unità di lavoro equivalenti a tempo pieno. Nel terzo trimestre 2022 l’input di lavoro misurato in Ula segna infatti una minima variazione dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Positiva invece la variazione rispetto al terzo trimestre 2021, con un +2,7%.

La crescita delle posizioni lavorative a tempo indeterminato registra una crescita di 365mila unità rispetto allo stesso periodo del 2021. In crescita anche le posizioni a tempo determinato, che mettono a segno +201mila unità.

Istat ha analizzato la durata dei contratti a tempo determinato. Secondo i dati rilevati, nel terzo trimestre 2022 il 31,7% delle nuove posizioni lavorative ha una durata inferiore ai 30 giorni. Il 30,1%  si colloca tra i due e i sei mesi mentre solo lo 0,6% superiore all’anno. Incidono sempre di più sul totale i contratti di breve durata: quasi uno su cinque di quelli attualmente attivi sono inferiori alla settimana. Queste medie però non sono particolarmente significative, essendo la varianza tra i diversi settori particolarmente ampia. Nell’industria in senso stretto i contratti superiori ai 61 giorni sono oltre sei su dieci. Nel commercio e nei trasporti questa quota supera i sette dipendenti su dieci. Ben diversa la condizione del settore dell’informazione e della comunicazione, con poco più del 6% del totale che appartengono a questa durata contrattuale.

Per quanto riguarda il lavoro a chiamata, somministrato e occasionale, invece: “Il lavoro a chiamata (intermittente) e quello in somministrazione sono tipologie contrattuali caratterizzate da una componente di stagionalità e da un’intensità lavorativa minore rispetto al lavoro standard. Queste figure lavorative, che hanno risentito più di altre degli effetti dovuti all’emergenza sanitaria, sono poi tornate a crescere. Nel terzo trimestre 2022, il numero dei lavoratori in somministrazione (482 mila unità) presenta una nuova crescita tendenziale (+14 mila unità corrispondenti a +3,0% in un anno, anche se molto meno sostenuta di quella registrata nei precedenti sei trimestri. Il numero medio delle giornate retribuite6 mostra un leggero aumento tendenziale (21,9 rispetto a 21,8 del terzo trimestre 2021). Nel terzo trimestre 2022, a ritmi via via meno intensi, per il sesto trimestre consecutivo prosegue anche l’aumento del numero di lavoratori intermittenti (+25 mila unità, +10,0% rispetto al terzo trimestre 2021) che si attestano a 271 mila unità. Secondo i dati Inps, i lavoratori a chiamata hanno svolto in media 11,3 giornate retribuite al mese (erano 11,6 giornate un anno prima)”.

Focalizzandosi sulla componente demografica è necessario sottolineare una differenza tra i maschi e le femmine. Le variazioni restano comunque particolarmente contenute, quindi i numeri vanno interpretati con cautela, tuttavia la variazione congiunturale dei maschi si attesta a +9mila unità mentre per le femmine si registra una discesa di 21mila unità. Nelle classi di età salta agli occhi la caduta nella fascia compresa tra i 35 e i 49 anni, con 148mila unità in meno nell’ultimo anno, mentre i compresi tra i 15 e i 34 anni salgono di 157mila unità e gli over50 di ben 28mila unità. La differenza nel tasso di occupazione però è pressoché prossima allo zero, suggerendo una forte incidenza dell’evoluzione della demografia italiana (con aumento dell’età media).

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