In virtù di questa distinzione, la Corte di Cassazione (con una sentenza del 16 settembre 2011) ha considerato sproporzionata la sanzione del licenziamento, che è stata quindi annullata.
Il giudizio riguardava un operaio licenziato in tronco per aver abbandonato in seguito ad un attacco d'ira il luogo di lavoro prima del termine del proprio turno, creando notevoli disagi all'azienda.
I giudici di appello hanno dichiarato illegittimo il licenziamento ed ordinato la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro.
I motivi della decisione si basano sul fatto che il licenziamento deve considerarsi di natura disciplinare e che il datore di lavoro, non avendo adempiuto all'onere della preventiva affissione del codice disciplinare, aveva violato una delle garanzie procedimentali legittimanti il recesso e comunque il comportamento del dipendente non rientrava tra le situazioni per la cui gravità era stata prevista la sanzione del licenziamento secondo lo stesso contratto collettivo. Altresì il lavoratore in questione aveva tenuto un atteggiamento collaborativo in quanto ripresentatosi sul posto di lavoro il giorno successivo.
La Cassazione ha ricordato che il principio di tassatività degli illeciti in tema di sanzioni disciplinari non può essere inteso nel senso rigoroso imposto per gli illeciti penali come da concordati e condivisi orientamenti giurisprudenziali.
In altre parole, in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. minimo etico o a norme di carattere penale, non è necessario provvedere all'affissione del codice disciplinare, in quanto il lavoratore può rendersi conto della propria condotta.
Inoltre, durante la verifica in giudizio della correttezza del procedimento disciplinare occorre valutare la proporzione tra la gravità dell'inadempimento del lavoratore e l'adeguatezza della sanzione.
La Cassazione ha ritenuto di escludere che il comportamento del lavoratore potesse essere considerato come "grave insubordinazione" o arrecante un pregiudizio tale da poter costituire giusta causa di recesso.
La Cassazione ha concluso che "i comportamenti contestati costituiscono violazione di doveri fondamentali del lavoratore, per la sanzionabilità dei quali non è necessaria la specifica previsione del codice disciplinare. Inoltre, ha ritenuto irrilevante la mancata affissione del codice disciplinare, perché "deve distinguersi tra illeciti relativi alla violazione di prescrizioni strettamente attinenti all'organizzazione aziendale, per lo più ignote alla collettività e quindi conoscibili solo se espressamente previste, e quelli costituiti da comportamenti manifestamente contrari agli interessi dell'impresa o dei lavoratori, per i quali non è necessaria la specifica inclusione nel codice disciplinare" (Cassazione civile - Sentenza 16 settembre 2011, n. 18995).
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